Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7496 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7496 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13442-2021 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME PREDEN;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
– intimato – avverso la sentenza n. 74/2021 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 17/03/2021 R.G.N. 388/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE:
1. la Corte d’appello di Cagliari, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto l’appello principale
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 14/12/2023
CC
proposto dalla parte privata e respinto quello incidentale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ; per l’effetto, ha dichiarato il diritto dell’odierno intimato alla rivalutazione contributiva ex lege nr. 257 del 1992, per il periodo di lavoro in cui era stato esposto ad amianto, come meglio specificato nella parte dispositiva;
per quanto qui di rilievo, la Corte di appello ha giudicato non decaduto COGNOME NOME dall’azione giudiziale; a tale riguardo, ha premesso come la controversia riguardasse non «il diritto all’adeguamento della prestazione previdenziale già ottenuta» ma l’accertamento di un diritto autonomo rispetto al trattamento pensionistico in godimento; in relazione a tale distinto diritto, la domanda amministrativa all’RAGIONE_SOCIALE era stata presentata il 20 marzo 2015 e la controversia giudiziale era stata introdotta il 19 luglio 2016; dunque, tempestivamente, nel triennio;
avverso tale pronuncia, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura. La parte privata è rimasta intimata;
chiamata la causa all’adunanza camerale, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui all’art. 380 bis 1, comma 2, cod.proc.civ.
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ. – l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione degli artt. 434 e 342 cod.proc.civ. Deduce che, a fronte di una sentenza di primo grado sorretta da due rationes decidendi, la Corte di appello non avrebbe rilevato l’inammissibilità dell’appello che ne censurava solo una di esse;
nello specifico, il Tribunale aveva, da un lato, giudicato maturata la decadenza ai sensi dell’ art. 47 del D.P.R. nr. 639 del 1970, in ragione della presentazione all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE della domanda di rivalutazione dei contributi ex art.
13 cit. in data 25 giugno 2008 e della proposizione del ricorso giudiziale il 19 luglio 2016, decorso il termine complessivo di anni tre e giorni 300 (valutata, cioè, anche la durata virtuale del procedimento amministrativo). Sotto altro profilo, il Giudice di primo grado aveva considerato il pensionamento come «riconoscimento parziale della prestazione» e ritenuto quindi «altresì» decorso il triennio alla data di proposizione della domanda giudiziale, fissando il dies a quo al momento di entrata in vigore della modifica apportata all’art. 47 cit ., per effetto della legge nr. 111 del 2011, («le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre del riconoscimento parziale della prestazione ovvero del pagamento della sorte»);
per l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, l’atto di appello avrebbe censurato solo il secondo passaggio motivazionale, con conseguente formazione del giudicato in relazione al primo;
con il secondo motivo ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – l’Istituto ricorrente denuncia la violazione del d.P.R. nr. 639 del 1970, art. 47, per non avere la Corte di merito rilevato la decadenza triennale nella fattispecie concreta, nonostante la domanda amministrativa di prestazione fosse stata presentata, una prima volta, già il 25 giugno 2008;
l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE imputa alla Corte di appello di aver erroneamente preso in considerazione la domanda amministrativa del 15 marzo 2015 senza considerare che la decadenza si era già maturata in relazione alla prima domanda;
il Collegio – conformemente ad altro precedente reso in fattispecie sovrapponibile alla presente (Cass. nr. 2613 del
2023) – antepone l’esame del secondo motivo, quale ragione più liquida (fra molte, Cass. nr. 363 del 2019);
11. il secondo motivo è fondato;
12. va premesso il consolidato principio secondo cui la decadenza dall’azione giudiziaria, prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, (conv. con legge nr. 438 del 1992), trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione, dovendo l’art. 47 citato, per l’ampio riferimento alle controversie in materia di trattamenti pensionistici in esso contenuto, comprendere tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la determinazione della sua misura, così da ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale incide il sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla legge nr. 257 del 1992, art. 13, comma 8, (cfr., tra le più recenti, Cass. nr. 41886 del 2021 con richiami a Cass. nn. 618 del 2018, 19729 del 2017, 17433 del 2017);
13. altrettanto consolidato è il principio secondo cui con la domanda intesa all’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge ai fini pensionistici, e dunque intimamente collegato alla pensione, in quanto strumentale
ad agevolarne l’accesso (ovvero, nel caso dei già pensionati, ad ottenerne un arricchimento, ove la contribuzione posseduta sia inferiore al tetto massimo dei quarant’anni), è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli pertinenti al diritto al trattamento pensionistico (così, in specie, Cass. nr. 41886 del 2021; Cass. nr. 17433 del 2017, cit ., con ulteriori riferimenti alla giurisprudenza di questa Corte);
14. rileva, poi, l’insegnamento, altrettanto costante della Corte, che, in tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di determinate prestazioni previdenziali, chiarisce come «l’art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970 (nel testo modificato del D.L. n. 384 del 1992, art. 4 conv., con modif., in L. n. 438 del 1992), preveda una decadenza sostanziale di ordine pubblico; la sua funzione è, infatti, quella di tutelare la certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti sui bilanci pubblici; pertanto, il dies a quo è ancorato alla data di presentazione dell’originaria domanda in sede amministrativa risultando irrilevante, a tal fine, una eventuale riproposizione della domanda o una richiesta dell’assicurato di chiarimenti» (tra le recenti, Cass. nr. 17792 del 2020; v. anche Cass. nr. 8926 del 2011);
15. nella fattispecie concreta, per come riportato puntualmente nel ricorso in cassazione ai fini dell’autosufficienza e della specificità delle censure, risultano presentate, per il riconoscimento del beneficio di cui si discute, due domande amministrative, rispettivamente nel 2008 e nel 2015;
16. erroneamente la Corte di appello ha preso in considerazione la seconda domanda del 2015 in quanto posteriore alla già maturatasi decadenza, in relazione alla precedente domanda del 2008;
17. pertanto, in accoglimento del secondo motivo, assorbito il primo, il ricorso va accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa è decisa nel merito ex art. 384, comma 2, cod.proc.civ., con il rigetto dell’originaria domanda proposta da COGNOME NOME;
18. le spese dei gradi merito sono compensate ex art. 92 cod.proc.civ., poiché i principi esposti si sono consolidati per effetto di pronunce successive al deposito dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado e di quello di appello. Le spese del giudizio di legittimità, invece, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo. Cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda di COGNOME NOME.
Compensa le spese dei gradi di merito. Condanna la parte intimata al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 14