LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Decadenza azione disciplinare: quando scattano i termini?

Un dipendente pubblico, sanzionato con la sospensione, ha impugnato il provvedimento sostenendo la decadenza dell’azione disciplinare per superamento dei termini. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che il termine per contestare l’illecito non decorre dai primi accertamenti ispettivi, ma dal momento in cui l’ufficio competente acquisisce una “notizia di infrazione” completa e dettagliata, idonea a formulare un addebito preciso. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Decadenza Azione Disciplinare: La Cassazione Chiarisce il Dies a Quo

Nel diritto del lavoro, e in particolare nel pubblico impiego, il rispetto dei termini è fondamentale per garantire la legittimità dei procedimenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: la decadenza azione disciplinare. La pronuncia chiarisce con precisione da quale momento, o dies a quo, iniziano a decorrere i termini perentori entro cui il datore di lavoro deve contestare e sanzionare un illecito. Questa sentenza offre spunti essenziali per comprendere la differenza tra i primi sospetti e una conoscenza completa dei fatti.

I Fatti del Caso: Il Lavoratore Sanzionato

Un dipendente di un importante istituto previdenziale nazionale veniva sottoposto a procedimento disciplinare e sanzionato con la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per sei mesi. L’accusa era di aver validato, in violazione delle procedure interne, l’iscrizione di aziende e rapporti di lavoro fittizi. La Corte di Appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva confermato la legittimità della sanzione irrogata dal datore di lavoro.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della decadenza azione disciplinare

Il lavoratore decideva di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa principale su un vizio procedurale: la presunta violazione dei termini perentori stabiliti dalla legge. Secondo il ricorrente, il datore di lavoro aveva agito tardivamente, incorrendo così nella decadenza azione disciplinare.

La Tesi del Lavoratore: Termini Scaduti?

Il dipendente sosteneva che il dies a quo per la decorrenza dei termini dovesse essere individuato nel giugno 2015, mese in cui erano stati eseguiti gli accertamenti ispettivi che avevano fatto emergere le irregolarità. Partendo da questa data, sia la contestazione disciplinare (avvenuta a settembre 2015) sia la sanzione finale (novembre 2015) sarebbero state notificate oltre i termini previsti dall’art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001 (all’epoca 40 giorni per la contestazione e 120 per la conclusione del procedimento), rendendo l’intero procedimento nullo.

La Decisione della Cassazione sulla Decadenza Azione Disciplinare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea la tesi del lavoratore. Gli Ermellini hanno chiarito un principio fondamentale per determinare la corretta decorrenza dei termini nei procedimenti disciplinari.

Il Principio del “Dies a Quo”: Quando Inizia a Correre il Tempo?

La Suprema Corte ha stabilito che il termine perentorio per la conclusione del procedimento non inizia a decorrere dal momento dei primi accertamenti o delle prime verifiche. Il dies a quo coincide, invece, con il momento in cui l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari acquisisce una “notizia di infrazione” sufficientemente chiara, precisa e completa. Tale notizia deve essere di contenuto tale da consentire di formulare un addebito in modo corretto e avviare l’istruttoria.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la semplice esecuzione di verifiche ispettive (nel caso di specie, a giugno 2015) non equivale all’acquisizione di una piena “notizia di infrazione”. Questo momento si è concretizzato solo successivamente, quando gli esiti delle indagini sono stati formalizzati e trasmessi agli uffici competenti con una relazione dettagliata. Nel caso specifico, la Corte ha identificato questo momento nella data del 10 agosto 2015. Calcolando da questa data, sia la contestazione del 11 settembre 2015 (31° giorno) sia la sanzione del 25 novembre 2015 (94° giorno) risultavano pienamente all’interno dei termini di legge di 40 e 120 giorni. La Corte ha sottolineato come lo stesso ricorrente, nel suo atto, facesse riferimento a relazioni e acquisizioni documentali avvenute in agosto, contraddicendo di fatto la sua stessa tesi. Pertanto, non vi è stata alcuna decadenza azione disciplinare.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione ribadisce un orientamento consolidato: per garantire il principio del giusto procedimento, il datore di lavoro deve avere a disposizione un quadro fattuale completo prima che i termini perentori inizino a decorrere. Le semplici attività investigative preliminari non sono sufficienti. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché tutela l’amministrazione dal rischio di avviare procedimenti basati su informazioni incomplete, garantendo al contempo che, una volta acquisita la piena conoscenza dei fatti, l’azione disciplinare proceda con la dovuta celerità. Il ricorso è stato quindi giudicato inammissibile e il lavoratore condannato al pagamento delle spese legali.

Da quale momento esatto iniziano a decorrere i termini per la contestazione disciplinare a un dipendente pubblico?
I termini iniziano a decorrere non dal momento dei primi accertamenti, ma da quando l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari acquisisce una ‘notizia di infrazione’ di contenuto tale da consentirgli di dare, in modo corretto, avvio al procedimento disciplinare.

Le semplici verifiche ispettive sono sufficienti a far scattare i termini per l’azione disciplinare?
No. Secondo la Corte, la mera esecuzione di accertamenti e verifiche non è sufficiente. È necessario che l’ufficio competente riceva una notizia completa e strutturata dell’illecito, che permetta una chiara formulazione dell’addebito.

Cosa significa che un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Significa che il ricorso non viene esaminato nel merito perché non rispetta i requisiti formali e sostanziali previsti dalla legge. Ad esempio, quando non si confronta con la reale motivazione della sentenza impugnata o quando mira a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati