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Decadenza appalto: basta la lettera per agire

In un caso di appalto, un lavoratore ha agito contro il committente per ottenere il pagamento di retribuzioni non corrisposte dal suo datore di lavoro (appaltatore). La Corte d’Appello aveva dichiarato l’azione preclusa per decorrenza dei termini, ritenendo inefficace la lettera di diffida inviata dal lavoratore. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che per interrompere la decadenza appalto di due anni, prevista dall’art. 29 del D.Lgs. 276/2003, è sufficiente una richiesta di pagamento stragiudiziale inviata al committente, non essendo necessario avviare una causa legale. Questa interpretazione favorisce una tutela più ampia ed effettiva del lavoratore.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Decadenza Appalto: Una Semplice Lettera Basta a Salvare i Diritti del Lavoratore

Nel complesso mondo degli appalti, la tutela dei lavoratori è una priorità. Una questione cruciale riguarda la responsabilità solidale del committente per i crediti retributivi dei dipendenti dell’appaltatore. La legge stabilisce un termine preciso per agire, ma come si interrompe? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito che per interrompere la decadenza appalto è sufficiente una richiesta scritta, senza la necessità di avviare subito una causa. Questa decisione rappresenta una vittoria per la tutela effettiva dei lavoratori.

I fatti del caso: una richiesta di pagamento contestata

Un lavoratore, dipendente di una società appaltatrice, non avendo ricevuto le proprie spettanze, aveva inviato una richiesta di pagamento stragiudiziale al committente, una grande società di trasporti. Successivamente, aveva avviato un’azione legale. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto la sua domanda, sostenendo che il lavoratore fosse decaduto dal suo diritto. Secondo i giudici di secondo grado, la legge richiede la notifica di un atto giudiziario entro due anni dalla cessazione dell’appalto per interrompere la decadenza, rendendo inefficace la semplice lettera di diffida.

La decisione della Cassazione e l’interpretazione sulla decadenza appalto

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la sentenza d’appello, accogliendo il ricorso del lavoratore. Gli Ermellini hanno stabilito un principio fondamentale: per impedire la decadenza appalto biennale prevista dall’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, è sufficiente una qualsiasi richiesta scritta inviata al committente, anche di natura stragiudiziale.

L’importanza della Ratio Normativa

I giudici hanno sottolineato che un’interpretazione restrittiva, che richiederebbe obbligatoriamente un’azione legale, finirebbe per vanificare la ratio stessa della norma. Lo scopo della legge è, infatti, quello di “assicurare un’ampia ed effettiva tutela del lavoratore”. Imporre l’avvio di un’azione giudiziaria come unico strumento per salvaguardare il proprio diritto sarebbe un onere eccessivo e contrario a questo spirito di protezione.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri. In primo luogo, il silenzio del legislatore: la norma non specifica che l’interruzione della decadenza debba avvenire esclusivamente tramite un atto giudiziario. In assenza di tale specificazione, si applica il principio generale (art. 2966 c.c.) secondo cui è sufficiente un atto che manifesti la volontà di esercitare il diritto. In secondo luogo, la coerenza con lo scopo della norma. L’obiettivo della decadenza appalto è dare certezza ai rapporti giuridici, consentendo al committente di venire a conoscenza di eventuali rivendicazioni entro un tempo ragionevole (due anni) dalla fine dei lavori. Una lettera di diffida assolve pienamente a questa funzione informativa, permettendo al committente di tutelarsi, ad esempio bloccando i pagamenti finali all’appaltatore. La soluzione adottata dalla Cassazione bilancia quindi l’esigenza di certezza del committente con la necessità di una tutela forte e accessibile per il lavoratore.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale favorevole ai lavoratori. In pratica, un dipendente di un appaltatore che vanta crediti di lavoro non è più costretto ad affrontare i costi e i tempi di un’azione legale immediata per salvaguardare i propri diritti nei confronti del committente. Una semplice lettera raccomandata o una PEC, con cui si richiede formalmente il pagamento, è un atto idoneo e sufficiente a interrompere il termine di decadenza biennale. Ciò semplifica notevolmente l’esercizio del diritto e rafforza la rete di protezione nel sistema degli appalti.

Per interrompere la decadenza di due anni nell’azione contro il committente è necessario un atto giudiziario?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che per interrompere la decadenza biennale prevista dall’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 è sufficiente una richiesta di pagamento scritta, anche stragiudiziale, inviata al committente.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto sufficiente una lettera di diffida?
La Corte ha ritenuto sufficiente una diffida perché la legge non richiede esplicitamente un’azione giudiziaria. Inoltre, tale interpretazione è più coerente con la ratio della norma, che è quella di assicurare un’ampia ed effettiva tutela al lavoratore, consentendo al contempo al committente di venire a conoscenza della pretesa entro il termine previsto.

Qual è lo scopo del termine di decadenza previsto dalla legge sugli appalti?
Lo scopo è creare un equilibrio: da un lato, dare certezza ai rapporti giuridici, evitando che il committente possa essere soggetto a rivendicazioni per un tempo indefinito; dall’altro, consentire al committente, una volta informato della pretesa del lavoratore, di tutelare i propri interessi nei confronti dell’appaltatore inadempiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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