SENTENZA TRIBUNALE DI ROMA N. 12871 2025 – N. R.G. 00041024 2024 DEPOSITO MINUTA 21 09 2025 PUBBLICAZIONE 22 09 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA SESTA SEZIONE CIVILE
nella persona del Giudice dott.ssa NOME COGNOME in funzione di Giudice Unico, nella causa civile di primo grado iscritta al n. 41024 del R.G.A.C.C. dell’anno 2024, all’esito dell’udienza, sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127ter c.p.c., fissata per il 10.9.2025, ha pronunciato, previa lettura delle note scritte depositate dalle parti costituite, la seguente
SENTENZA EX ART. 127-TER C.P.C.
TRA
( C.F. ), elettivamente domiciliata a Roma in INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresentata e difende, anche disgiuntamente, assieme agli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce all’atto di citazione in riassunzione. C.F.
–
ATTRICE –
E
(C.F. e P.I. , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di procura generale alle liti per atto del notaio del 20.9.2024. P. P.
– CONVENUTA –
(già (C.F. ) , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura capitolina, che la rappresenta e difende in persona dell’avv. NOME COGNOME in virtù di procura generale alle liti per atto del notaio del 9.7.2024. P.
-CONVENUTA –
CONCLUSIONI :
per l’attrice, ‘Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, Nel Merito disporre la disapplicazione degli impugnati provvedimenti, con ogni conseguenza di legge. Respingersi la domanda di rimessione in termini di dichiarandola inammissibile. In ogni caso con vittoria di spese documentate e compenso da liquidarsi ai sensi del D.M. 55/14 e ss. mm., oltre al rimborso spese generali nella misura del 15%, c.p.a. 4%, i.v.a. 22% e successive spese occorrende . In via Istruttoria ammettere prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova: ‘Vero che la signora dal 01.07.2000, sin dall’assegnazione, ha vissuto e vive, con continuità e stabilmente, nell’alloggio RAGIONE_SOCIALE. sito a Roma, in INDIRIZZO Sc. INDIRIZZO, int.INDIRIZZO, insieme a suo figlio ‘. ‘Vero che la signora era costretta ad assentarsi dalla suddetta abitazione in Roma, occasionalmente e per lo stretto tempo necessario, per poter assistere la sorella gravemente malata e bisognosa di assistenza, come accaduto in occasione dell’unico sopralluogo di cui è cenno nella relazione di servizio della Polizia locale del 13.06.2 018?’;
per la convenuta ‘Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, per quanto sopra esposto, rigettare le domande avverse, unitamente alla domanda cautelare di sospensione. Con vittoria di spese di lite ‘;
per la convenuta ‘Voglia Codesto Ill.mo Tribunale adito, previo rigetto della domanda cautelare, In via preliminare, dichiarare inammissibile per tardività, Sempre in via preliminare, dichiarare il difetto di legittimazione passiva di In via principale, nel merito, rigettare il ricorso in quanto infondato in fatto ed in diritto. Con vittoria di spese di giudizio.’
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione in riassunzione a seguito della declinatoria di giurisdizione operata dal T.A.R. del Lazio con la sentenza n. 13516/2024, pubblicata in data 4.7.2024 (proc. n.r.g. 5802/2019), notificato in data 1°.10.2024, conveniva in giudizio l’ esponendo:
-che, in data 17.5.2019, aveva depositato presso il Tribunale amministrativo il ricorso per l’annullamento, previa sospensione cautelare, della determinazione dirigenziale n. 72, prot. n. 11059 del 12.2.2019, emessa da con cui le era stata comminata la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio di RAGIONE_SOCIALE sito a Roma, in INDIRIZZO sc. B, int.1; della nota di trasmissione, prot. 12761 del 20.2.2019, della sopra detta determinazione dirigenziale, che invitava la sig.ra a rilasciare tale alloggio entro 30 giorni, per una nuova assegnazione; dell’atto di comunicazione dell’avvio del procedimento ex artt. 7 e ss., l. 241/90, prot. 74171 del 13.7.2018, di di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compresa la ‘ relazione di servizio ‘ del V Gruppo di Polizia Locale di prot. 37068/18 del 7.6.2018;
-che i fatti traevano origine da un accesso del 7.6.2018 ad opera della Polizia Locale presso l’abitazione di proprietà dell’ di cui risultava assegnataria in base al contratto di concessione in locazione di alloggio di e.r.p. stipulato in data 3.7.2000 (accesso eseguito dagli operanti ai fini di verificare la dimora abituale della di lei nuora, che aveva ivi richiesto l’iscrizione insieme al marito, nonché figlio della sig.ra
già facente parte del nucleo abitativo sin dalla sottoscrizione del contratto);
-che, nella relazione di servizio prot. 37068/18, redatta a seguito dell’accesso, si leggeva che ‘ l’assegnataria dell’appartamento non vi abitasse proprio visto l’arredamento delle stanze, la disposizione dei letti e le informazioni assunte con grande incertezza dal figlio e la nuora della in merito a dove fosse, dove si trovasse, e dove alloggiasse la signora ‘;
-che, sulla base della relazione evidenziata, veniva emanata dall’ la determinazione dirigenziale n. 72, con la signora cui veniva dichiarata decaduta dall’assegnazione per violazione dall’art. 13, comma I, lett. b), L.R. 12/1999 per mancata stabile occupazione dell’alloggio, seguita dalla nota di trasmissione, prot. 12761 del 20.2.2019, che invitava la conduttrice a rilasciare tale alloggio entro trenta giorni;
-che l’ si costituiva dinanzi al Giudice amministrativo, eccependo: 1) difetto di giurisdizione; 2) la tardività dell’impugnazione; 3) il proprio difetto di legittimazione passiva; 4) la decadenza automatica dalla assegnazione ai sensi dell’art. 13 della L.R. 12/1999; 5) l’arbitraria presenza (residenza) nell’immobile della nuora della ricorrente, che pure si costituiva nel procedimento;
-che il T.A.R. Lazio, con la sentenza supra richiamata, dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, invitando le parti interessate a riassumere la causa innanzi al giudice ordinario.
Si costituiva tempestivamente in giudizio la sola , deducendo:
-l’inammissibilità della richiesta di annullamento degli atti amministrativi indicati nell’atto di controparte ai sensi della L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E;
-il difetto di legittimazione passiva di in relazione alle contestazioni mosse alla relazione del V Gruppo Polizia Locale di prot. 38679 del 13.6.2018;
-l’infondatezza della domanda.
Ritenuta matura per la decisione, la causa veniva rinviata per l’udienza di discussione ex art 127ter c.p.c., previa assegnazione di termine per note conclusive.
Nelle more della scadenza per termine, si costituiva nel procedimento in data 6.8.2025 anche formulando istanza di rimessione in termini.
Tutte le parti depositavano note di trattazione scritta, rassegnando le proprie conclusioni come più sopra trascritte.
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1. Sulla giurisdizione.
Giova pregiudizialmente osservare che il giudizio è correttamente incardinato dinanzi al Giudice ordinario: il rapporto dedotto nel procedimento vede infatti i contendenti su un piano paritetico.
Invero, se la fase preliminare di assegnazione dell’alloggio in materia di edilizia residenziale pubblica ha natura pubblicistica, con conseguente giurisdizione del Giudice amministrativo per tutte le controversie incorse sino al momento dell’aggiudicazione dell’alloggio, nella fase successiva l’assegnatario è titolare di un diritto soggettivo, azionabile innanzi al G.O. rispetto alle controversie relative a cause sopravvenute di estinzione o risoluzione del rapporto (cfr. Cass., sez. unite, n. 8.3.2012, n. 3623: ‘ In tema di edilizia economica e popolare il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e ordinario anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo di cui al d. lg. n. 104 del 2010 trova il suo criterio distintivo nell’ess ere la controversia relativa alla fase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione dell’alloggio, che segna il momento a partire dal quale l’operare della p.a. non è più riconducibile all’esercizio di pubblici poteri, ma ricade invece nell’am bito di un rapporto paritetico soggetto alle regole del diritto privato ‘).
Va affermata, dunque, la giurisdizione del Tribunale ordinario e correttamente identificato l’oggetto del giudizio nell’accertamento dell’esistenza o meno dei presupposti per il perdurare dell’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica in favore dell’istante
Sulla legittimazione passiva di
Preliminarmente, deve procedersi in dispositivo a revocare la dichiarazione di contumacia di costituitasi con comparsa depositata in data 6.8.2025.
Nella comparsa di cui trattasi, la convenuta ha chiesto di essere rimessa in termini, deducendo che un malfunzionamento del sistema telematico nel giorno della sua costituzione (16.12.2024) avrebbe determinato la mancata acquisizione della costituzione tempestivamente depositata.
Orbene, dalla documentazione allegata da alla costituzione, risulta che la stessa non solo abbia visionato nella schermata telematica la presenza dell’errore nel deposito, ma abbia altresì ricevuto una comunicazione in merito da parte del
tribunale ( 41024/ -/ / Costituzione delle parti (con o senza chiamata di terzo) / 1), che recitava: ‘ Errore imprevisto nel deposito, sono necessarie verifiche da parte dell’ufficio ricevente ‘.
La tabella disponibile presso il Portale dei Servizi Telematici del Ministero della Giustizia riferisce che nel caso in cui si verifichi un simile errore è onere del depositante provvedere nuovamente all’adempimento non finalizzato, circostanza che non si è verificata nel caso di specie, in quanto non si è attivata in tempi ragionevolmente contenuti e rispettosi del principio della durata ragionevole del processo per rinnovare il deposito o richiedere la rimessione in termini, datata soltanto 6.8.2025 (si veda in proposito quanto affermato da Cass. 18.10.2022, n. 30514: ‘ La serie di messaggi PEC che scandisce il deposito telematico di atti (descritti dalle ‘specifiche di interfaccia tra punto di accesso e gestore centrale’), così come le indicazioni date dalla cancelleria alle parti, sono una specie di istruzioni che l’amministrazione della giustizia dà alle parti e, pertanto, sono fonti di affidamento qualificato, meritevole di essere considerato nell’ambito del procedimento di rimessione in termini ‘).
Deve pertanto rigettarsi la domanda di rimessione in termini formulata da , che, essendosi costituita tardivamente, è decaduta dalla facoltà di proporre eccezioni e domande riconvenzionali e di articolare mezzi di prova.
Va rilevato, tuttavia, che la difesa di si sostanzia in eccezioni rilevabili d’ufficio, in primis la propria carenza di legittimazione passiva.
La questione relativa alla legittimazione passiva sostanziale non costituisce un’eccezione processuale in senso tecnico, bensì una mera difesa di merito che attiene alla titolarità passiva del rapporto sostanziale controverso; tale difesa può essere sollevata e rilevata in qualsiasi stato e grado del giudizio, anche d’ufficio da parte del giudice, senza essere soggetta alle preclusioni processuali che caratterizzano le eccezioni processuali in senso stretto (così Cass. 23.10.2018, n. 26878; Cass. 11744/2018). La legitimatio ad causam , quale condizione dell’azione (la cui mancanza arresta la trattazione ed il giudizio sul merito), consiste infatti nell’affermazione della titolarità attiva e passiva e sorge dalla relazione tra i soggetti e il rapporto giuridico
indicato in domanda, in base alla quale si identificano le parti fra cui può essere ammessa la statuizione del Giudice, per cui può essere riconosciuta per il solo fatto dell’affermazione della titolarità del rapporto sostanziale; in altri termini, la legittimazione dipende da ciò che l’attore ha indicato in domanda e si può definire come la corrispondenza tra colui nei cui confronti è chiesta la tutela e colui in capo al quale si afferma l’esistenza del dovere asseritamente violato (‘ La legitimatio ad causam si ricollega al principio dettato dall’art. 81 c.p.c., secondo il quale nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, e, trattandosi di materia attinente al contraddittorio e mirandosi a prevenire una sentenza “inutiliter data”, comporta la verifica, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo (col solo limite della formazione del giudicato interno), in via preliminare al merito, della coincidenza dell’attore e del convenuto con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, sono destinatari degli effetti della pronuncia richiesta ‘: cfr. Cass. 24.12.2020, n. 29505).
Ebbene, la parte attrice chiede l’annullamento ( rectius , disapplicazione) della determinazione dirigenziale e della nota di trasmissione emesse dall’ e della relazione di servizio del V Gruppo di Polizia Locale di quale unico atto di competenza di quest’ultima convenuta. Ora, per relazio ne di servizio deve intendersi una segnalazione, una comunicazione interna all’amministrazione di appartenenza del personale operante con cui si informa il superiore gerarchico sugli esiti di indagini svolte: trattasi, quindi, di un atto endoprocedimentale, non immediatamente lesivo, né quindi impugnabile, ma solamente funzionale all’emanazione del provvedimento deliberativo da parte dell’
convenuta, quindi, dotato di legittimazione passiva rispetto alla domanda attorea è l’ in quanto nei confronti di non risulta verificatasi la predetta coincidenza tra soggetto verso cui viene richiesta la tutela e chi avrebbe emesso l’atto illegittimo dotato di valenza lesiva nei confronti della sig.ra
3. Sul merito.
Esaurite le questioni pregiudiziali, occorre soffermarsi sul merito della domanda.
La parte attrice nell’atto introduttivo ha domandato l’annullamento degli atti amministrativi sopra menzionati che, per quanto suddetto, devono ridursi alla
determinazione dirigenziale e alla nota di trasmissione di a partire dalla prima memoria ex art. 171ter n. 1, c.p.c., ha instato, invece, per la disapplicazione dei medesimi provvedimenti.
La parte convenuta, per contro, eccepisce l’inammissibilità della richiesta di annullamento, nonché della relativa disapplicazione, in quanto l’A.G.O. non potrebbe annullare un atto amministrativo, né potrebbe disapplicare un atto non avente contenuto costitutivo, come si ritengono quelli impugnati.
Non colgono nel segno, sul punto, le deduzioni dell’ la quale sostiene che la precisazione dell’originaria domanda di annullamento in domanda di disapplicazione sia illegittima e, laddove ritenuta legittima, possa essere avanzata soltanto in via incidentale rispetto ad una domanda di riconoscimento di un diritto.
In relazione alla prima questione, occorre ricordare che le parti possono modificare e precisare le domande, purché si mantengano nei limiti del petitum e della causa petendi originariamente richiesti. Laddove la vicenda sostanziale rimanga immutata, non venga alterato il contraddittorio, non sia compromessa la potenzialità difensiva della controparte, né vi sia l’allungamento dei termini processuali, si ritiene che la precisazione della domanda di annullamento in disapplicazione possa essere effettuata ai sensi dell’art. 183 c.p.c. ( ‘la modificazione della domanda ammessa a norma dell’art. 183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi)’ : cfr. Cass., sez. unite, 15.6.2015, n. 12310; conformi Cass. 25.5.2018, n. 13091 e Cass. 14.2.2019, n. 4322).
Nel caso di specie, la precisazione della domanda, avvenuta sin dalla prima memoria ex art 171ter cpc, attiene non alla causa petendi , né al petitum mediato, bensì al petitum immediato, ossia il provvedimento chiesto innanzi a questo Giudice. Ai sensi dell’art. 4, L. 20.3.1865, n. 2248, all. E, la proposizione di una domanda di annullamento ( petitum immediato) di un atto amministrativo, per quanto atto paritetico a valenza privatistica, non può essere accolta. Tuttavia, occorre soffermarsi sulla natura dell’azione di annullamento, che si compone necessariamente di una implicita azione di accertamento, per verificare l’esistenza del diritto asseritamente leso dall’atto impugnato, e una successiva azione di effettivo annullamento di tale atto: orbene, se
il Tribunale ordinario non ha le facoltà per svolgere la seconda fase dell’azione di annullamento, ben può, viceversa, procedere alla preliminare verifica dell’accertamento del diritto sottostante, che è implicita e sottesa all’azione di annullamento. Pertanto, anche la precisazione della domanda di annullamento in domanda di disapplicazione continua a presupporre una preliminare e imprescindibile fase di accertamento del diritto sotteso, che così come non è necessario esplicitare nella domanda di annullamento, allo stesso modo può essere desunta dalla stessa domanda di disapplicazione.
Nel merito, deve, pertanto, essere esaminata la domanda di accertamento dell’avvenuta risoluzione del contratto di locazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica tra le parti in causa, conseguenza dell’accertamento dei presupposti per ritenere l’attrice decaduta dall’assegnazione dell’alloggio stesso.
Dagli atti del giudizio, risulta che l’ abbia provveduto ad emanare la determinazione dirigenziale n. 72 del 12.2.2019 (cfr. all. 7 alla comparsa), quale provvedimento ricognitivo di un fatto estintivo già verificatosi, con cui veniva accertata la decadenza dall’assegnazione di cui all’art. 13, I comma, lett. b), per mancata stabile occupazione dell’alloggio.
La tesi attorea è che l’istruttoria a base del provvedimento sia incompleta e insufficiente a giustificarne l’adozione, che avrebbe richiesto un accertamento, anche per mezzo di plurimi accessi, nel corso di diversi mesi, in orari diversi e tenendo in considerazione le esigenze, anche lavorative, dell’assegnataria. E’ vero, infatti, che ‘ Proprio perché il provvedimento di decadenza dall’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica deve essere espressione del giusto contemperamento degli interessi in gioco (sia quello pubblico alla destinazione dell’alloggio a chi sia bisog noso, sia quello privato alla piena e completa utilizzazione dello stesso da parte di chi ne sia legittimo assegnatario), esso impone l’espletamento di un’approfondita e adeguata istruttoria e deve fondarsi su una congrua motivazione da cui emergano in modo chiaro ed incontrovertibile gli elementi valutati e l ‘ iter che ha giustificato la determinazione assunta’ (C.d.S., 9.11.2009, n. 6989; 6.12.2007, n. 6243; 21.5.2007, n. 256), così come è vero che ‘ Un’assenza breve e discontinua non può far venire meno la stabile occupazione dell’alloggio, dovendo ammettersi che, secondo l’ id quod plerumque accidit, la presenza
dell’assegnatario nell’alloggio possa non essere costante ed uniforme per motivi di studio, lavoro o malattia’ (cfr. C.d.S., 21.8.2009, n. 4998; conforme C.d.S. 25.11.2012, n. 329).
Il Tribunale mantiene, dunque, il potere di verificare l’accertamento della verificazione dei fatti posti alla base del provvedimento sanzionatorio, per come espresse nella relazione di servizio del 7.6.2018, posta a base della determinazione dirigenziale (all. 5 alla comparsa .
Questo Giudice ritiene, nondimeno, che la circostanza che l’attrice non occupasse stabilmente l’alloggio, nel quale oggi pretende di permanere, sia adeguatamente dimostrata dal contenuto dell’accertamento riversato nella relazione di servizio redatta dalla Polizia Locale di Nella relazione, che, a mente dell’art. 2700 c.c., fa piena prova sino a querela di falso delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, si legge infatti che ‘ Dalle indagini espletate si è potuto verificare che l’assegnataria dell’appartamento non vi abitasse proprio, visto l’arredamento delle stanze, la disposizione dei letti e le informazioni assunte con grande incertezza dal figlio e la nuora della in merito a dove fosse, dove si trovasse e dove alloggiasse la signora ‘: i pubblici ufficiali riferiscono, dunque, di avere avuto materiale percezione della destinazione dell’appartamento ad abitazione del nucleo familiare della coppia, effettivamente rinvenuta in loco , e di avere domandato ai coniugi ove l’assegnataria alloggiasse, senza che questi sapessero fornire risposta.
Dalle risultanze di tale atto, non impugnato dalla convenuta, il Tribunale non può discostarsi: deve aggiungersi, inoltre, che l’accesso in parola era avvenuto proprio in seguito alla richiesta di iscrizione anagrafica della nuora dell’odierna istante, la quale vi aveva trasferito la propria residenza in data 6.6.2018 (cfr. all. 4 alla comparsa), prima che fosse esaminata l’istanza di ampliamento del nucleo familiare presentata con riferimento al suo nominativo dalla sig.ra poi respinta (cfr. all. 2 e 3).
L’attrice obietta che la sua temporanea assenza era dovuta all’assistenza prestata in favore di congiunto disabile e documenta il proprio assunto mediante produzione della certificazione INPS n. 297894 dell’8.11.2017, attestante l’avvenuta concessione, in favore della sig.ra del beneficio della fruizione di giorni di permesso ex lege
104/1992. La documentazione, tuttavia, è inconferente: sia perché non vi è prova che l’assenza della sig.ra fosse dovuta all’assistenza prestata per il familiare disabile nel giorno dell’accesso (come pure l’attrice avrebbe potuto premurarsi di dimostrare, documentando l’avvenuta richiesta al datore di lavoro del permesso per quella data), sia -e soprattutto -perché la relazione non si basa sulla temporanea assenza della sig.ra dall’immobile, ma soprattutto sulla distribuzione degli spazi interni all’appartamento adatta a una giovane coppia e l’assenza di uno spazio (camera) destinata all’assegnataria, nonché dalle risposte evasive degli occupanti circa il luogo di dimora della predetta.
Alle superiori considerazioni si aggiunge una diversa, ulteriore notazione.
Quand’anche la sig.ra fosse effettivamente dimorante nell’appartamento, risulta dalla relazione di servizio e dalla visura anagrafica che nello stesso risiedeva anche la nuora dell’attrice, circostanza che costituisce violazione dell’art. I comma, 1 3, lett. a), L.R. Lazio n. 12/1999 (‘ aver ceduto a terzi, in tutto o in parte, l’alloggio assegnatogli ‘).
Come è stato sul punto condivisibilmente osservato, ‘ In tema di assegnazione di alloggio popolare, se l’assegnatario non chiede l’autorizzazione all’ampliamento del nucleo familiare in relazione ad un soggetto che intende risiedere stabilmente nell’alloggio, significa che ove tale residenza comunque si abbia, si verifica un’ipotesi di cessione parziale dell’alloggio, non consentita ; infatti il nuovo inquilino fruisce pro quota dell’alloggio; certo tale fruizione parziale dell’alloggio si verifica anche nel caso di ampliamento autorizzato del nucleo familiare: la differenza è che nel caso di ampliamento autorizzato del nucleo familia re la cessione pro quota dell’alloggio è lecita e rientra nella fattispecie di ampliamento del nucleo familiare, mentre nel caso di ampliamento non autorizzato del nucleo familiare si verifica un’ipotesi di cessione pro quota dell’alloggio, illecita ‘ (cfr. T.A.R. Venezia -Veneto, n. 728/2009, in Foro Amministrativo TAR, 2009, 3, 647; v. anche T.A.R. Lombardia Milano, n. 716/2012, in Red. amm. TAR 2012, 03: ‘ A fronte del diniego all’ampliamento del nucleo familiare e del mancato riscontro all’istanza di riesame, mancano i presupposti per riconoscere il subentro dei familiari nella titolarità di un alloggio di edilizia economico -popolare ‘; T.A.R. LazioRoma, n. 9030/2008, in Foro Amministrativo TAR, 2008, 10, 2774: ‘ La cessione anche parziale dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica ad un occupante abusivo è motivo, ai sensi dell’art. 13 lett. a), l. rg. n. 12 del 1999, di automatica decadenza
dall’assegnazione. Di conseguenza, anche il genitore che consenta al figlio di utilizzare l’immobile senza chiedere l’autorizzazione alla competente Amministrazione è in posizione irregolare, con la conseguenza che tale situazione determina l’impossibilità che venga attivato l’istituto del «subentro», in quanto esso è previsto per il caso in cui l’alloggio sia regolarmente posseduto dal soggetto al quale si chiede di subentrare ‘).
Seguendo le coordinate tracciate dalla richiamata giurisprudenza, si deve pertanto concludere che l’effettiva concessione in uso (parziale) dell’alloggio, operata dalla sig.ra in favore della nuora, entrata nell’alloggio nel 2018, in pendenza dell’i stanza di ampliamento (poi rigettata per carenza dei presupposti), abbia comunque prodotto la decadenza dall’assegnazione in locazione dell’alloggio medesimo, e quindi la risoluzione del contratto di locazione al tempo concluso con l’Istituto autonomo case popolari, ai sensi e per gli effetti dell’art. 13, I comma, lett. a), L.R. 12/1999; ulteriore circostanza che giustifica la decadenza di dall’assegnazione dell’alloggio.
Non rileva, sul punto, che la determinazione dirigenziale impugnata non faccia menzione dell’ulteriore causa di decadenza, perché, come in precedenza rilevato nel trattare dei profili di giurisdizione, oggetto dell’accertamento del Tribunale è la sussisten za o meno dei presupposti per beneficiare del diritto all’assegnazione e non già la bontà o meno del provvedimento amministrativo: di talché il riscontro ex actis dell’esistenza (anche) di una causa di decadenza diversa rispetto a quella enunciata nel provvedimento amministrativo opera in senso ostativo alla pretesa attorea di accertamento del diritto soggettivo a permanere nell’alloggio e.r.p., non essendo necessar ia la previa emissione del decreto di decadenza da parte dell’ cfr. sul punto Cons. Stato n. 5579/2013: ‘ La decadenza dall’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica rileva in ogni caso, a prescindere dalla presentazione della domanda di subentro, giacché essa attiene alla permanenza dei requisiti necessari a conservare l’assegnazione dell’ alloggio popolare ‘ e Cass. 19.6.2008, n. 16628: ‘ La pronuncia di tale decadenza ha mera natura dichiarativa dell’avvenuta estinzione del diritto all’assegnazione dell’alloggio verificatasi nel momento stesso della violazione del divieto ‘, conforme a Cass. 17.5.2000, n. 6395 e, più di recente, a Cass. 13.4.2017, n. 9559).
Per tutte le ragioni esposte, in definitiva, si impone il rigetto dell’azione sperimentata.
4. Sulla regolamentazione delle spese processuali.
Per effetto della soccombenza, l’attrice va infine condannata alla refusione delle spese di lite, che si liquidano prendendo a riferimento, nei confronti dell’ i parametri medi suggeriti dal D.M. 55/2014, aggiornato al D.M. 147/2022, per le controversie di valore indeterminabile e di limitata complessità (con applicazione dei parametri minimi per la fase istruttoria/di trattazione e la fase decisionale), e, nei confronti di i parametri minimi indicati dal medesimo decreto.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, contrariis rejectis , così provvede:
revoca la dichiarazione di contumacia di
dichiara il difetto di legittimazione passiva di
3.
rigetta l’azione spiegata da nei confronti dell’
condanna a rifondere all’ di Roma le spese processuali, che si liquidano in € 5.261,00 per compenso, oltre spese generali al 15%, C.P.A. e I.V.A. come per legge;
condanna a rifondere a le spese processuali, che si liquidano in € 3.809,00 per compenso, oltre spese generali al 15%, C.P.A. e I.V.A. come per legge.
Così deciso in Roma, 21.9.2025.
Il Giudice NOME COGNOME
Provvedimento redatto con la collaborazione della ott.ssa NOME COGNOME.