Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17508 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17508 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23560-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
LIQUIDAZIONE CONTROLLATA RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la SENTENZA N. 2102/2023 della CORTE D ‘ APPELLO di FIRENZE del 18/10/2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 28/5/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE, con ricorso, ha , tra l’altro, chiesto l’apertura della procedura di liquidazione controllata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
1.2. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito alla domanda deducendo l’insussistenza dei requisiti previsti dall’art. 268, comma 2, c.c.i.i., e, nell’ipotesi di ritenuta sussistenza dei requisiti, ha chiesto, ai sensi dell’art. 271 c.c.i.i., la concessione di un termine per l’integrazione della domanda e l’access o a una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento ex art. 65 c.c.i.i.
1.3. Il tribunale di Livorno, con sentenza 23/06/2023, ha ritenuto la sussistenza del requisito previsto dall’art. 268, comma 2, c.c.i.i., sul rilievo che il credito postergato della RAGIONE_SOCIALE era stato concesso indicando un termine per la restituzione del finanziamento , ed ha, quindi, disposto l’apertura nei confronti della RAGIONE_SOCIALE della procedura di liquidazione controllata.
1.4. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto reclamo avverso tale sentenza che la corte d ‘ appello, con la pronuncia in epigrafe, ha respinto.
1.5. La corte, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che: -‘ per quanto postergato, il debito già scaduto rimane certamente tale ‘ e , pertanto, dev ‘ essere computato ai fini di cui all’art. 271 c.c.i.i.; – la richiesta di accesso ad una procedura prevista dal capo II, titolo IV, c.c.i.i., era inammissibile, per non essere stata formalizzata una domanda di accesso ad una procedura di composizione della crisi, per cui il tribunale, pur omettendo però di motivare sul punto , aveva ‘ correttamente … ritenuto di non dover concedere il termine richiesto ‘.
1.6. La RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 14/11/2023, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.
1.7. La RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
1.8. La Liquidazione Controllata è rimasta intimata.
1.9. Le parti costituite hanno depositato memorie.
1.10. La ricorrente, in particolare, ha eccepito l’inammissibilità del controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2467 c.c. e 268, comma 2, c.c.i.i., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che, ai fini del superamento della soglia prevista dall’art. 268, comma 2, c.c.i.i., doveva essere computato anche il debito scaduto, sia pur postergato, nei confronti del socio RAGIONE_SOCIALE, omettendo, tuttavia, di considerare che: – il credito del socio nei confronti della società alla restituzione del finanziamento, sebbene sia scaduto il termine previsto per l’adempimento ex art. 1813 c.c., non è , ove sussistano le condizioni previste dall’art. 2467, comma 2°, c.c., esigibile; – la postergazione prevista dalla norma opera, infatti, come una condizione legale integrativa del regolamento negoziale circa il rimborso, e comporta, pertanto, un impedimento alla restituzione della somma mutuata; – la società, pertanto, sino a quando non sono venute meno le condizioni previste dall’art. 2467, comma 2°, c.c., può, anzi deve, rifiutare il rimborso del finanziamento; – la postergazione, differendo l’esigibilità del credito oltre la data eventualmente pattuita dalle parti, comporta, quindi, che, fino al verificarsi della condizione sospensiva (come il pagamento dei creditori o il superamento dello squilibrio finanziario), il credito non è esigibile e, quindi, non è scaduto; – la postergazione legale, ponendosi come condizione sospensiva del diritto al rimborso, proroga ex lege la scadenza del finanziamento sino al momento del suo avveramento sicché, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, il debito postergato non è scaduto sino al verificarsi della condizione sospensiva cui è sottoposto ex
lege , indipendentemente dal fatto che le parti abbiano pattuito una data di rimborso in violazione di una norma imperativa, e quindi non può essere computato ai fini del raggiungimento della soglia prevista dall’art. 268, comma 2, c.c.i.i.
2.2. Il motivo è infondato. Non v’è dubbio, come questa Corte ha di recente affermato (Cass. n. 1865 del 2025, in motiv.), che: – il diritto dei soci al rimborso di un finanziamento concesso alla società in una situazione di squilibrio finanziario ovvero in un contesto che avrebbe richiesto un aumento di capitale, è, a norma dell’art. 2467, comma 1°, c.c., postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori; l’art. 2467, comma 1°, c.c. dispone espressamente che il rimborso del finanziamento concesso dai soci alla società nelle condizioni ivi previste è ‘ postergato ‘ rispetto agli ‘ altri creditori ‘, nel senso che il diritto dei soci è posposto rispetto a quelli dei creditori; la postergazione disposta dall’art. 2467 c.c. opera, dunque, non solo nel momento in cui si apre un concorso formale con gli altri creditori sociali ma anche durante la vita della società, configurandosi quale condizione d ‘ inesigibilità legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del ‘ finanziamento ‘ fino a quando non sia superata la situazione prevista dalla norma stessa; – la società, pertanto, è tenuta a rifiutare al socio il rimborso del ‘ finanziamento ‘, ove sussista, sia al momento della concessione del finanziamento, sia al momento della richiesta di rimborso, la situazione di difficoltà economico-finanziaria indicata dalla legge; – in caso di azione giudiziale di restituzione proposta dal socio, il giudice del merito è, pertanto, chiamato a verificare se la situazione di crisi prevista dall’art. 2467, comma 2 °, c.c., sussista, oltre che al momento della concessione del ‘ finanziamento ‘, altresì al momento della sua decisione; -lo stato di eccessivo squilibrio
nell’indebitamento o di una situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, prevista dall’art. 2467 , comma 2°, c.c., costituisce, dunque, un fatto impeditivo del diritto alla restituzione del finanziamento operato dal socio in favore della società, rilevabile dal giudice d’ufficio, in quanto oggetto di un’eccezione in senso lato (cfr. Cass. n. 12994 del 2019).
2.3. Tale impedimento alla restituzione, tuttavia, non può confondersi con quello costituito dalla mancata scadenza del termine, così come previsto e disciplinato dagli artt. 1816 e 1817 c.c., per la restituzione della somma mutuata dal socio alla società: mentre, infatti, il termine rileva ai fini della determinazione del momento a partire dal quale il mutuatario ha l’obbligo di restituire la somma ricevuta, la postergazione prevista dall’art. 2467 c.c. , per contro, individua, se e fino a quando sussistano le condizioni ivi previste, un diverso fatto impeditivo che può, in tutto o in parte, concorrere con la pendenza del termine per l’adempimento ma rimane giuridicamente distinto dallo stesso.
2.4. Ne consegue che il debito della società alla restituzione del finanziamento, ove sia scaduto il termine a tal fine previsto, deve ritenersi, a tutti gli effetti giuridici, come un debito ‘ scaduto ‘ anche se, in ipotesi, (ancora) inesigibile ove (e fino a che) sussista l’impedimento previsto dall’art. 2467 c.c..
2.5. L’art. 268, comma 2, c.c.i.i., nella parte in cui prevede che (in caso di domanda proposta dal creditore) ‘ non si fa luogo all’apertura della liquidazione controllata se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria è inferiore a euro cinquantamila ‘, prende, dunque, in considerazione, quale impedimento all’apertura della procedura di liquidazione controllata, esclusivamente quello
costituito dalla mancata scadenza del termine fissato per l’adempimento dell’obbligazione (nella misura minima prevista dalla norma): non anche quello previsto dall’art. 2467 c.c., sicché la sussistenza delle condizioni ivi stabilite, pur impedendo alla società (fino a che esistono) di procedere all’ adempimento, non escludono che il debitore sia insolvente, nella misura (minima) stabilita dalla norma, e possa essere, come tale, assoggettato alla procedura di liquidazione controllata.
2.6. La diversa conclusione, sostenuta dalla ricorrente, finirebbe, del resto, per giungere ad una conclusione paradossale, e cioè di negare la sussistenza dell ‘insolvenza della società (ai fini dell’apertura della liquidazione controllata) proprio quando la stessa, (pur) avendo debiti restitutori nei confronti dei suoi soci in misura superiore a 50.000 euro e trovandosi nelle condizioni previste dall’art. 2467, comma 2°, c.c., si trova, a ben vedere, nella situazione prevista dall’art. 2, comma 1, lett. b), c.c.i.i., e cioè nell’impossibilità – che può derivare da un impedimento fattuale (come la mancanza della necessaria liquidità : gli ‘ inadempimenti ‘ ) ma anche da un impedimento giuridico (come, appunto, l” eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto ‘ oppure la ‘ situazione finanziaria … nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento ‘: gli ‘ altri fatti esteriori ‘ ) – di soddisfare ‘r egolarmente’ (e cioè nei relativi termini di adempimento e con mezzi normali) ‘ le proprie obbligazioni ‘ .
2.7. Con il secondo motivo, dichiaratamente formulato pur ‘ essendo ormai venuto meno l’interesse della ricorrente all’accoglimento della richiesta formulata nei due gradi di giudizio di merito ‘, la ricorrente, lamentando la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 271 c.c.i.i., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che
l’istanza con la quale la resistente aveva chiesto al tribunale la concessione di un termine per l’integrazione della domanda di accesso a una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, fosse inammissibile in quanto non era indicato a quale misura si intendesse accedere, omettendo, tuttavia, di considerare che: – in forza della norma invocata, ‘ se la domanda di liquidazione controllata è proposta dai creditori o dal pubblico ministero e il debitore chiede l’accesso a una procedura di cui al capo II del titolo IV, il giudice concede un termine per l’integrazione della domanda ‘ e che solo se ‘ alla scadenza del termine di cui al comma 1, senza che il debitore abbia integrato la domanda, ovvero in ogni caso di mancata apertura o cessazione delle procedure di cui al capo III del titolo IV, il giudice provvede ai sensi dell’articolo 270, commi 1 e 2′ ; – la sola procedura di cui al capo II titolo IV c.c.i.i., cui possa ricorrere un’impresa minore , è il concordato minore (artt. 74 segg.), sicché, contrariamente a quanto affermato dalla corte d’ appello, non vi era alcuna necessità che la parte indichi ‘ a quale misura intenda accedere ‘, non avendo possibilità di scelta tra diverse misure; – il giudice di appello, del resto, a fronte dell’omessa pronuncia da parte del tribunale sulla richiesta di concessione di un termine ex art. 271 c.c.i.i., non può pronunciare sulla richiesta, ma deve rimettere gli atti al giudice di primo grado affinché pronunci.
2.8. Il motivo è inammissibile per dichiarato difetto d’interesse .
Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato .
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Il controricorso, infatti, al di là dell’improprio riferimento contenuto nell’intestazione all’Avvocato COGNOME, risulta, per il resto, ritualmente
sottoscritto dall’Avvocato NOME COGNOME così come in favore di quest’ultimo risulta rilasciata la procura speciale del 5/12/2023.
5. La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 7.800,00 , di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima