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Debito postergato: conta per la liquidazione?

Una società ha contestato l’apertura della liquidazione controllata, sostenendo che un debito postergato verso un socio non dovesse essere conteggiato nella soglia minima di indebitamento. La Corte di Cassazione ha stabilito che un debito è “scaduto” al termine del contratto, anche se la sua postergazione lo rende temporaneamente non esigibile. Pertanto, il debito postergato rientra nel calcolo per l’avvio della procedura, e il ricorso è stato respinto.

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Debito Postergato del Socio: Rileva ai Fini della Liquidazione Controllata?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato una questione cruciale nel diritto societario e fallimentare: un debito postergato, contratto da una società verso uno dei suoi soci, deve essere considerato nel calcolo della soglia di indebitamento che determina l’apertura della liquidazione controllata? La risposta affermativa della Corte chiarisce un importante principio sulla distinzione tra scadenza ed esigibilità del credito.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata si trovava ad affrontare una richiesta di apertura della procedura di liquidazione controllata, avanzata da un’altra società che era anche sua socia. Il credito vantato da quest’ultima derivava da un finanziamento concesso alla società partecipata.

La società debitrice si è opposta, sostenendo che tale finanziamento rientrasse nella categoria del debito postergato ai sensi dell’art. 2467 del codice civile. Secondo questa norma, il rimborso dei finanziamenti dei soci è subordinato alla soddisfazione di tutti gli altri creditori, specialmente quando il finanziamento è stato concesso in un momento di squilibrio finanziario. Di conseguenza, secondo la tesi difensiva, il debito non era esigibile e non poteva essere computato per raggiungere la soglia di 50.000 euro di debiti scaduti e non pagati, prevista dall’art. 268 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (c.c.i.i.) per l’avvio della procedura.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto questa interpretazione, aprendo la strada al ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica sul Debito Postergato

Il nucleo del contendere verteva sull’interpretazione del concetto di “debiti scaduti” richiesto dalla legge per avviare la liquidazione controllata. La società ricorrente argomentava che la postergazione legale agisce come una condizione sospensiva che differisce l’esigibilità del credito fino al superamento dello squilibrio finanziario. Pertanto, un debito postergato, anche se il suo termine contrattuale è passato, non potrebbe essere considerato “scaduto” ai fini dell’insolvenza, perché non se ne può pretendere il pagamento.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo una motivazione chiara e lineare che distingue nettamente i concetti di “scadenza” ed “esigibilità” di un credito.

La Distinzione tra Debito Scaduto e Debito Esigibile

I giudici hanno chiarito che i due termini non sono sinonimi:
1. Scadenza: Si riferisce al momento in cui il termine per l’adempimento dell’obbligazione, pattuito tra le parti, è trascorso. Un debito è “scaduto” quando il suo termine di pagamento è passato.
2. Esigibilità: Riguarda la possibilità per il creditore di pretendere giuridicamente l’immediato pagamento. L’esigibilità può essere impedita da fattori esterni, come una condizione o un impedimento legale.

Nel caso del finanziamento soci, la postergazione prevista dall’art. 2467 c.c. non modifica la data di scadenza del prestito, ma agisce come un impedimento legale temporaneo alla sua restituzione. Il debito, quindi, è a tutti gli effetti “scaduto” una volta superato il termine concordato, anche se diventa contestualmente “inesigibile” a causa dello stato di crisi della società.

L’Interpretazione dell’Art. 268 c.c.i.i.

La Corte ha sottolineato che l’art. 268 c.c.i.i. fa esplicito riferimento all’ammontare dei “debiti scaduti e non pagati”, senza richiedere che tali debiti siano anche “esigibili”. La scelta del legislatore non è casuale: l’obiettivo è misurare lo stato di insolvenza di un’impresa basandosi sull’incapacità oggettiva di far fronte alle proprie obbligazioni giunte a maturazione.

Sostenere il contrario, come auspicato dalla ricorrente, porterebbe a una conclusione paradossale. Si negherebbe lo stato di insolvenza proprio nella situazione in cui la società è talmente in crisi da far scattare la norma sulla postergazione, norma che presuppone un “eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto”. In pratica, si userebbe un sintomo della crisi (la postergazione) per negare l’esistenza della crisi stessa.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio di diritto fondamentale: ai fini dell’apertura della liquidazione controllata, un finanziamento soci il cui termine di restituzione sia trascorso deve essere computato nell’ammontare dei debiti scaduti, anche se il suo rimborso è legalmente postergato e, di conseguenza, temporaneamente inesigibile. Questa decisione rafforza gli strumenti di gestione della crisi d’impresa, garantendo che lo stato di insolvenza possa essere accertato sulla base della reale situazione debitoria della società, senza che le norme a tutela dei creditori esterni, come la postergazione, possano essere usate in modo distorto per eludere le procedure concorsuali.

Un debito di un socio verso la propria società, se postergato, conta per l’apertura della liquidazione controllata?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che un debito postergato, una volta che il suo termine contrattuale è spirato, si considera “scaduto” e deve essere incluso nel calcolo dell’indebitamento totale ai fini dell’apertura della liquidazione controllata, anche se non è immediatamente esigibile.

Qual è la differenza tra un debito “scaduto” e un debito “esigibile”?
Un debito è “scaduto” quando il suo termine per il pagamento è passato. È “esigibile” quando il creditore ha il diritto legale di chiederne il pagamento immediato. Secondo questa ordinanza, un debito può essere scaduto ma temporaneamente non esigibile, come nel caso della postergazione legale prevista dall’art. 2467 c.c.

Perché la Corte ha deciso di includere il debito postergato nel calcolo?
La Corte ha motivato che la legge sulla liquidazione controllata (art. 268 c.c.i.i.) si riferisce a “debiti scaduti”, non a “debiti esigibili”. Escludere i debiti postergati creerebbe il paradosso per cui una società eviterebbe una procedura di insolvenza proprio a causa di una condizione (la postergazione) che è essa stessa un sintomo della sua grave crisi finanziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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