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Debito fuori bilancio: quando il Comune non paga

Un’impresa esegue lavori urgenti per un ente locale a seguito di una calamità naturale. Nonostante un primo giudizio favorevole, la Corte d’Appello e la Cassazione negano il pagamento perché l’ordine non era supportato da un regolare impegno di spesa. La sentenza chiarisce che, in assenza di una formale procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio, la responsabilità ricade sul funzionario che ha ordinato i lavori e non sull’ente. Il caso sottolinea l’importanza delle procedure contabili formali nei contratti con la Pubblica Amministrazione.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Debito fuori bilancio: quando la Pubblica Amministrazione non è obbligata a pagare

Lavorare per la Pubblica Amministrazione richiede cautele specifiche, soprattutto per quanto riguarda le procedure di spesa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: senza un formale impegno di spesa, il debito per lavori, anche se urgenti e di pubblica utilità, non ricade sull’ente ma sul funzionario che li ha ordinati. Questo caso offre spunti cruciali sul concetto di debito fuori bilancio e sulle tutele per le imprese.

I fatti del caso: lavori urgenti e mancati pagamenti

A seguito di una grave alluvione, una società esegue lavori urgenti di ripristino per conto di un Comune. L’intervento si rivela essenziale per la pubblica incolumità, ma viene eseguito in assenza di un preventivo e formale impegno di spesa da parte dell’ente. Successivamente, la società richiede il pagamento del saldo dei lavori, pari a circa 41.000 euro.

In primo grado, il Tribunale dà ragione all’impresa, condannando il Comune al pagamento. La decisione si basa sulla considerazione che i lavori, essendo urgenti e di pubblica utilità, dovevano essere comunque retribuiti dall’ente che ne aveva beneficiato.

La decisione della Corte d’Appello e il concetto di debito fuori bilancio

Il Comune impugna la sentenza e la Corte d’Appello ribalta completamente la decisione. I giudici di secondo grado applicano rigorosamente le norme sulla contabilità pubblica, in particolare gli articoli 191 e 194 del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL).

Secondo la Corte, quando un’obbligazione viene assunta senza un regolare impegno di spesa, il rapporto contrattuale si instaura direttamente tra il fornitore e il funzionario pubblico che ha ordinato la prestazione. L’ente pubblico rimane estraneo, a meno che non decida di riconoscere formalmente l’obbligazione attraverso la procedura del debito fuori bilancio. Questo riconoscimento, tuttavia, non può essere implicito o desunto da comportamenti concludenti, ma deve avvenire tramite una delibera esplicita del Consiglio Comunale, che valuti l’utilità e l’arricchimento per l’ente.

Il ricorso in Cassazione e la sua inammissibilità

L’impresa ricorre in Cassazione, ma tutti i suoi motivi vengono dichiarati inammissibili. La Suprema Corte evidenzia come l’impresa non abbia colto la ratio decidendi della sentenza d’appello, insistendo su argomenti (come il presunto riconoscimento implicito del debito) che la legge e la giurisprudenza consolidata escludono.

In particolare, la Corte sottolinea che la questione non è se l’ente avesse o meno i fondi per pagare, ma se avesse seguito la procedura inderogabile prevista dalla legge per assumersi l’obbligazione. La mancata osservanza di queste regole contabili ha lo scopo di proteggere le finanze pubbliche e responsabilizzare i funzionari che agiscono al di fuori delle proprie competenze.

Le motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su un principio cardine della contabilità pubblica: la netta separazione tra il patrimonio dell’ente e la responsabilità personale del funzionario che agisce al di fuori delle procedure contabili. Gli articoli 191 e 194 del TUEL sono norme imperative volte a garantire la trasparenza e la copertura finanziaria di ogni spesa pubblica. Un’obbligazione può vincolare l’ente solo se assunta nelle forme prescritte dalla legge, ovvero con un atto formale che impegni le somme necessarie a bilancio. Qualsiasi spesa ordinata verbalmente o senza questa copertura formale crea un vincolo solo con la persona fisica del funzionario. L’istituto del debito fuori bilancio rappresenta l’unica eccezione, ma è una procedura straordinaria e formale che richiede una delibera consiliare, non potendo mai derivare da un riconoscimento implicito o da fatti concludenti. L’azione contrattuale dell’impresa, quindi, non poteva che essere rigettata nei confronti dell’ente.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un monito per tutte le imprese che lavorano con la Pubblica Amministrazione. È fondamentale verificare sempre l’esistenza di un formale e valido ‘impegno di spesa’ prima di iniziare qualsiasi prestazione. Agire sulla base di rassicurazioni verbali o ordini informali da parte di singoli funzionari espone al serio rischio di non essere pagati dall’ente. In tali circostanze, l’unica via per il recupero del credito è agire legalmente contro il funzionario personalmente responsabile. La sentenza riafferma la rigidità delle norme contabili a tutela dell’erario, sottolineando che l’utilità della prestazione non è di per sé sufficiente a far sorgere un’obbligazione a carico dell’ente pubblico.

Un’impresa che esegue lavori urgenti per un Comune senza un formale impegno di spesa ha diritto al pagamento?
No. Secondo la sentenza, se l’ordine di esecuzione dei lavori non è supportato da un regolare impegno di spesa deliberato nelle forme di legge, sorge un rapporto obbligatorio diretto esclusivamente tra l’impresa e il funzionario pubblico che ha dato l’ordine, non con l’ente pubblico.

Il Comune può riconoscere e pagare un debito sorto senza impegno di spesa?
Sì, ma solo attraverso la procedura formale di riconoscimento del “debito fuori bilancio”, come previsto dall’art. 194 del TUEL. Questo richiede una delibera specifica del Consiglio Comunale che accerti la legittimità, l’utilità e l’arricchimento per l’ente. Tale riconoscimento non può essere presunto da comportamenti o altri atti.

Se il Comune non paga, l’impresa può agire per indebito arricchimento contro l’ente?
No. L’azione per indebito arricchimento (ex art. 2041 c.c.) è sussidiaria, cioè non può essere proposta se esiste un’altra azione specifica per ottenere tutela. In questo caso, l’azione specifica è quella da esercitare nei confronti del funzionario che ha ordinato i lavori, quindi l’azione contro l’ente per arricchimento è inammissibile per difetto del requisito della sussidiarietà.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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