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Debito di gioco: fiches del casinò non pagate

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2053/2024, ha stabilito che il credito di una casa da gioco per la fornitura di fiches non pagate da un cliente costituisce un’obbligazione naturale e non un debito esigibile. La Corte ha chiarito che la vendita di fiches è un contratto strumentale e funzionalmente collegato al gioco d’azzardo. Di conseguenza, si applica l’articolo 1933 del codice civile, che nega l’azione legale per il recupero di un debito di gioco. L’appello della società di gestione del casinò è stato quindi respinto.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Debito di gioco: le fiches fornite dal Casinò non si possono riscuotere

L’acquisto di fiches da una casa da gioco, se non pagate, genera un credito legalmente esigibile o un semplice debito di gioco? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il contratto con cui un casinò fornisce fiches a un giocatore è strettamente collegato al gioco d’azzardo e, di conseguenza, il debito che ne deriva non può essere recuperato in tribunale.

I Fatti di Causa

Una società di gestione di un casinò otteneva un decreto ingiuntivo contro un cliente per il mancato pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore di alcune fiches. Il cliente si era procurato le fiches tramite assegni che erano poi risultati insoluti. Il cliente si opponeva al decreto, sostenendo che si trattasse di un’obbligazione derivante dal gioco d’azzardo, e come tale non tutelabile per legge.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello davano ragione al giocatore, revocando il decreto ingiuntivo. I giudici di merito qualificavano il debito come debito di gioco, inapplicando la tutela legale ai sensi dell’art. 1933 del codice civile. La società del casinò, non rassegnata, proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che l’operazione fosse una semplice compravendita di fiches, un contratto distinto e separato dal successivo impiego nel gioco.

La Decisione della Corte e la natura del debito di gioco

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Gli Ermellini hanno sottolineato che l’operazione con cui un cliente si rifornisce di fiches direttamente dalla casa da gioco, anche tramite assegni, non è un’autonoma compravendita, bensì un acquisto di strumenti necessari per partecipare al gioco.

Il punto centrale della decisione risiede nel nesso funzionale che lega la cessione delle fiches e il contratto di gioco. Esiste una stretta relazione tra l’interesse del casinò (organizzatore del gioco) a vendere le fiches e i potenziali proventi derivanti dalla vincita. Pertanto, se il gioco è privo di tutela legale, lo stesso regime deve applicarsi al contratto strumentale di vendita delle fiches.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento, secondo cui deve considerarsi debito di gioco non solo quello contratto tra i giocatori, ma anche quello contratto dal giocatore con il gestore della casa da gioco per procurarsi la moneta convenzionale (gettoni o fiches) necessaria per giocare. La “causa concreta” dell’accordo complessivo, ovvero lo scopo pratico perseguito dalle parti, è quella di favorire la partecipazione al gioco d’azzardo.

Un aspetto cruciale evidenziato dalla Corte è la distinzione rispetto ai casi in cui i mezzi economici vengono forniti da un soggetto terzo, come una società finanziaria. In quella circostanza, il contratto di finanziamento è autonomo e dotato di una propria causa, e il debito va onorato, anche se il finanziatore è consapevole che il denaro sarà impiegato per giocare. Nel caso in esame, invece, è lo stesso casinò, parte interessata all’esito del gioco, a fornire i mezzi. Questo crea un legame inscindibile che attrae la vendita delle fiches nell’orbita dell’art. 1933 c.c.

Infine, la Corte ha chiarito che spetta al casinò dimostrare che le fiches sono state utilizzate per scopi diversi dal gioco. In assenza di tale prova, si presume che i gettoni acquistati all’interno di una casa da gioco siano destinati all’attività ludica lì praticata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio a tutela dei giocatori. I crediti vantati direttamente dai casinò per la fornitura di fiches non pagate sono qualificati come obbligazioni naturali. Ciò significa che, sebbene un giocatore possa spontaneamente saldare il proprio debito, il casinò non ha strumenti legali per costringerlo al pagamento. La decisione riafferma che il contratto di vendita delle fiches, quando concluso con l’organizzatore del gioco, non è un negozio autonomo ma un atto strumentale all’azzardo, condividendone la medesima sorte giuridica di inesigibilità.

Il debito per l’acquisto di fiches da un casinò è legalmente esigibile?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale debito si configura come un “debito di gioco”. Essendo funzionalmente collegato all’attività di gioco, non è assistito da azione legale per il suo adempimento, ai sensi dell’art. 1933 del codice civile.

Cosa differenzia un prestito per giocare da parte del casinò da un prestito di una società finanziaria?
Se il casinò stesso fornisce i mezzi (come le fiches) per giocare, si crea un nesso diretto con il gioco e il debito è inesigibile. Se, invece, un soggetto terzo non interessato all’esito del gioco (es. una finanziaria) eroga un prestito, quel contratto di mutuo è autonomo, valido e il debito deve essere rimborsato.

Su chi ricade l’onere di provare che le fiches non sono state usate per giocare?
L’onere della prova ricade sul casinò. La Corte presume che le fiches acquistate all’interno di una casa da gioco siano destinate al gioco stesso. Spetta quindi al casinò dimostrare un impiego diverso e lecito delle fiches per poter pretendere il pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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