Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6475 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6475 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 30107/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
contro
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME intimati avverso la sentenza n.599/2019 della Corte d’Appello di Bari, depositata il 7-3-2019,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28-22025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 454/2012 della Corte d’appello di Bari che aveva accolto la domanda di divisione ereditaria proposta nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME limitatamente al rigetto della sua domanda di rimborso dei pagamenti da lui eseguiti di debiti dei
OGGETTO:
successioni –
debiti ereditari
RG. 30107/2019
C.C. 28-2-2025
genitori defunti, delle spese funerarie e dell’imposta di successione, rigettando altresì la richiesta di prova testimoniale.
La Cassazione con ordinanza n. 11971/2017 depositata il 12-52017 ha accolto il primo e il secondo motivo di ricorso, proposti ex art. 360 co. 1 n. 3 e 5 cod. proc. civ. relativamente al mancato esame dei documenti prodotti attestanti il pagamento di debiti che dovevano essere posti a carico di tutti gli eredi; dopo avere rilevato che « nel caso di specie il ricorrente ha evidenziato come la documentazione prodotta, attestante il pagamento delle spese funerarie, dell’imposta di successione e di altre spese di competenza dei defunti genitori » non era stata esaminata, ha dichiarato: « Ed invero tali pagamenti, secondo quanto risulta dal dettagliato elenco riportato nel corpo del ricorso, riguardavano anzitutto le spese per onoranze funebri, le quali, secondo l’indirizzo interpretativo consolidato di questa Corte, rientrano tra i pesi ereditari che, sorgendo in conseguenza dell’apertura della successione, costituiscono, unitamente ai debiti del defunto, il passivo ereditario gravante sugli eredi ex art. 752 c.c., sicché ai sensi dell’art. 754 c.c. colui che ha anticipato tali spese ha diritto ad ottenerne il rimborso da parte degli altri coeredi, sempre che non si tratti di spese eccessive, sostenute contro la loro volontà (Cass. Civ. Sez. II sent. del 02/02/2016 n. 1994).
In secondo luogo, i pagamenti riguardavano l’imposta di successione che, ai sensi dell’art. 36 d.lgs. 31 ottobre 1990 n.346, costituisce anch’essa debito della massa ereditaria al cui pagamento i coeredi sono tenuti in proporzione delle rispettive quote ereditarie.
Orbene la Corte territoriale, limitandosi a recepire le conclusioni del c.t.u., ha apoditticamente affermato la genericità della documentazione, la mancanza di data certa e di autenticità delle sottoscrizioni, elementi che appaiono peraltro superflui, in relazione alla evidente matrice causale dei pagamenti effettuati, potendo dunque
ravvisarsi una inadeguata valutazione delle risultanze processuali e la carenza motivazionale in ordine all’esclusione del diritto del sig. COGNOME al rimborso ex art. 754 c.c. dei debiti ereditari eccedenti la propria quota ».
La Cassazione ha altresì accolto il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. al fine di sostenere l’erronea valutazione delle ricevute di pagamento prodotte e l’erronea dichiarazione di inammissibilità delle prove testimoniali, dichiarando: « Nel caso di specie, il ricorrente ha peraltro riformulato, in sede di precisazione delle conclusioni, la richiesta relativa all’ammissione dei mezzi istruttori, mentre la mancata espressa richiesta, in quella sede, delle revoca dell’ordin anza, deriva dalla circostanza che il G.I. del Tribunale non aveva adottato alcun provvedimento formale di rigetto delle istanze istruttorie.
La Corte ha, inoltre, erroneamente dichiarato inammissibile la prova testimoniale sulla sussistenza dei pagamenti effettuati dal sig. COGNOME per genericità, laddove i capitoli di prova, riportati nel corpo del ricorso, richiesti a conferma della documentazione prodotta, sono formulati in modo sufficientemente specifico e gli stessi risultano dunque ammissibili e rilevanti.
Non risulta viceversa pertinente, avuto riguardo ai documenti prodotti dall’odierno ricorrente e provenienti da soggetti terzi, il riferimento, contenuto nella sentenza impugnata all’autenticità della sottoscrizione, che si riferisce alle sole scritture private redatte da coloro che sono parti del processo.
In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari, che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio. »
2.NOME COGNOME ha riassunto il giudizio, nel quale NOME COGNOME si è costituito opponendosi alla domanda, mentre gli eredi di NOME COGNOME, citati ex art. 303 cod. proc. civ., sono stati dichiarati contumaci. Con sentenza n. 599/2019 pubblicata il 7-3-2019 la Corte d’appello di Bari ha considerato che NOME COGNOME aveva documentato, con ricevute di pubblici uffici, di avere pagato per imposta di successione £. 1.120.000 il 19-12-1991 e £. 182.500 il 311-1993 e per spese di tumulazione £.12.600 il 7-2-1990 e £.5.590.400 complessivamente il 2-1-1991; ha dichiarato che nessun rilievo aveva il conteggio dattiloscritto di spese funerarie per £.3.212.600 privo di data, di firma e persino di indicazione del defunto interessato e che non poteva portare a diverso risultato la prova per testi dedotta nella parte finale del ricorso in riassunzione, attinente a spese del tutto estranee all’ambito su cui verteva la pronuncia di legittimità. Quindi ha dichiarato che il totale di £. 6.905.500, equivalenti a Euro 3.566,39 doveva essere ripartito tra gli eredi, senza interessi né rivalutazione, non richiesti né nell’appello originario né nell’atto di riassunzione; per l’effetto ha condannato gli eredi di NOME COGNOME in proporzione alle rispettive quote ereditarie, a pagare a NOME COGNOME Euro 1.188,79 e ha condannato NOME COGNOME a pagare a NOME COGNOME Euro 1.188,79, condannandoli altresì tutti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite relative al precedente appello, al giudizio di legittimità e al giudizio di rinvio.
3.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
E’ rimasto intimato NOME COGNOME al quale la notificazione è stata eseguita a mezzo p.e.c. con consegna del messaggio il 3-10-2019 all’indirizzo EMAIL del difensore domiciliatario avv. NOME COGNOME Sono rimasti intimati anche gli eredi di NOME
NOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ai quali, contumaci in appello, la notifica è stata eseguita ex art. 140 cod. proc. civ. il 4-10-2019 e con consegna degli avvisi di ricevimento il 12-102019.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 28-2-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo il ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art. 384 2°comma cod. proc. civ., art. 115 e 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 comma 1° n.3 cod. proc. civ.’; il ricorrente evidenzia che già in allegato alle note del 1411-2001 aveva prodotto cinque fascicoletti relativi a tutte le spese eseguite e che nel primo fascicoletto vi erano documenti relativi ai pagamenti quietanzati da uffici pubblici, per cui lamenta che la sentenza abbia fatto riferimento e riconosciuto solo le spese per la denuncia di successione; deduce perciò la violazione dell’art. 384 co. 2 cod. proc. civ., oltre che degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in quanto i coeredi non avevano mai specificamente contestato tali spese. Aggiunge che non sono stati contestati in maniera specifica neppure i pagamenti di cui al secondo fascicoletto, contenente le ricevute di pagamento canone acqua e fognatura relative al locale macelleria, quelli di cui al terzo fascicoletto, contenente le ricevute di pagamento canone acqua e fognatura relative all’appartamento di INDIRIZZO e quelli di cui al quarto fascicoletto, contenente le ricevute di pagamento canone acqua e fognatura relative alla de cuius Brescia Grazia.
1.1.Il motivo è fondato relativamente alla dedotta violazione dell’art. 384 co. 2 cod. proc. civ. con limitato riferimento alla mancata
disamina dei documenti finalizzati a dimostrare pagamenti diversi da quelli relativi alle spese funerarie e all’imposta di successione.
L’intera pronuncia della Corte d’appello di Bari in sede di rinvio si fonda sull’erroneo presupposto che la sentenza della Suprema Corte che aveva disposto il rinvio l’avesse investita esclusivamente della decisione sul l’accertamento del diritto del coerede a ottenere la rifusione dai coeredi pro quota delle spese funerarie e delle imposte di successione. Al contrario, il ricorrente per cassazione NOME COGNOME aveva censurato la sentenza d’appello per non avere esaminato i suoi documenti e le sue istanze istruttorie, che erano relativi non solo alle spese funerarie e alle imposte di successione da lui pagate, ma anche ad altri debiti in capo agli eredi, che egli assumeva di avere pagato e ai quali aveva fatto specifico riferimento nel suo ricorso per cassazione, eseguendo il « dettagliato elenco » al quale ha fatto riferimento l’ordinanza della Suprema Corte n. 11971/2017 che ha disposto il rinvio. Tale ordinanza non ha accolto il ricorso limitando la pronuncia a spese funerarie e imposte di successione, perché ha fatto riferimento a tali spese soltanto in via esemplificativa, dopo avere dato atto che il ricorso riguardava anche « altre spese di competenza dei defunti genitori », senza dichiarare di limitare l’accoglimento del motivo a spese funerarie e imposte di successione; ha cassato la sentenza impugnata in accoglimento dei motivi così come proposti, che facevano riferimento, si ripete, a tutte le spese per le quali NOME COGNOME sosteneva di avere diritto di chiedere ai coeredi il pagamento della loro quota. Ciò risulta, oltre che dall’intero contenuto della motivazione, dalla specifica statuizione già sopra riportata, laddove l’ordinanza ha dichiarato di ravvisare «una inadeguata valutazione delle risultanze processuali e la carenza motivazionale in ordine all’esclusione del diritto del sig. COGNOME al rimborso ex art. 754 c.c. dei debiti ereditari eccedenti la propria quota». E’ evidente che
se inadeguata valutazione delle risultanze processuali e carenza di motivazione fossero state rilevate soltanto con riferimento ad alcuni dei pagamenti dei quali il ricorrente chiedeva il rimborso pro quota, il dato sarebbe stato specificato e i motivi sarebbero stati accolti con limitato riferimento a quei pagamenti.
Invece, non è fondata la dedotta violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. riferita dal ricorrente al fatto che non sono state integralmente riconosciute le spese funerarie: la sentenza impugnata ha esposto con motivazione immune da vizi logici e giuridici la ragione per la quale non ha riconosciuto le ulteriori spese funerarie, con riguardo al fatto che i relativi documenti non facevano neppure richiamo al soggetto al quale si riferivano, così esponendo il concetto che l’allegazione non aveva il co ntenuto minimo necessario per valutare la non contestazione della controparte.
Infine, rimane assorbita l’ulteriore dedotta violazione dell’art.115 e 116 cod. proc. civ. con riguardo alle spese diverse dalle spese funerarie e dalle imposte di successione, in quanto sarà il giudice del rinvio a esaminare la valenza probatoria dei documenti prodotti al fine di dimostrare le spese diverse da quelle funerarie e d all’imposta di successione, anche sulla base dell ‘esistenza o meno di contestazioni delle controparti.
2.Con il secondo motivo il ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione di norme di diritto art. 215 1° comma n. 2 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 comma 1° n. 3 e 5 cod. proc. civ.’ e lamenta che la Corte d’appello non abbia considerato che le ricevute di pagamento allegate alle note del 14-11-2001 dovevano ritenersi legalmente riconosciute ai sensi dell’art. 215 co. 1 n. 2 cod. proc. civ., in quanto non tempestivamente disconosciute.
2.1.Il motivo è infondato.
Alle scritture private provenienti da terzi estranei alla lite, quali quelle alle quali si riferisce il motivo, non si applica né la disciplina sostanziale di cui all’art. 2702 cod. civ. né quella processuale di cui all’art. 214 cod. proc. civ., in quanto tali scritture costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio è meramente indiziario (Cass. Sez. 2 7-10-2020 n. 21554 Rv 659385-01, Cass. Sez. U 23-6-2020 n. 15169 Rv. 613799-01).
3.Con il terzo motivo il ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione di norme di diritto art. 384 2° comma cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 comma 1° n. 3 cod. proc. civ.’ ed evidenzia che la Corte d’appello in sede di rinvio avrebbe dovuto valutare l’ammissibilità dell e prove testimoniali dedotte; lamenta che la sentenza in maniera apodittica abbia dichiarato che le prove per testi riguardavano spese estranee a quelle oggetto del giudizio di legittimità, che non si comprendeva quali fossero.
3.1.Il motivo è fondato per le ragioni già esposte in relazione al primo motivo.
Sull’erroneo presupposto che il giudizio di rinvio avesse a oggetto soltanto le spese funerarie e le imposte di successione, la sentenza impugnata non ha ammesso neppure le prove orali; ciò, nonostante la loro ammissibilità e rilevanza fosse stata testualmente dichiarata dalla Suprema Corte nel disporre il rinvio, con deduzioni che ulteriormente evidenziavano come l’accoglimento dei motivi di ricorso fosse riferito a tutti i pagamenti per i quali NOME COGNOME sosteneva di avere diritto di rimborso pro quota dai coeredi (laddove l’ordinanza ha dichiarato: « La Corte ha, inoltre, erroneamente dichiarato inammissibile la prova testimoniale sulla sussistenza dei pagamenti effettuati dal sig. COGNOME per genericità, laddove i capitoli di prova, riportati nel corpo del ricorso, richiesti a conferma della documentazione prodotta, sono formulati in modo sufficientemente
specifico e gli stessi risultano dunque ammissibili e rilevanti»). Quindi la sentenza impugnata ha commesso l’ulteriore errore di non consentire al coerede di dimostrare il pagamento dei debiti oggetto della sua domanda.
4.Con il quarto motivo il ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione di norme di diritto artt. 99 e 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 comma 1° cod. proc. civ.’; lamenta che la sentenza impugnata non abbia attribuito gli interessi legali sugli importi riconosciuti dichiarando che gli interessi non erano stati richiesti, in quanto già nelle note del 14-11-2001 NOME COGNOME aveva chiesto il pagamento degli interessi.
4.1.Il motivo è infondato.
Nelle note del 14-11-2001, così come trascritte nel ricorso, NOME COGNOME aveva chiesto il riconoscimento degli interessi con esclusivo riguardo alla somma di £.17.000.000 riportata dall’assegno ivi indicato ; quindi, la circostanza che successivamente in corso di causa egli abbia sempre precisato le conclusioni facendo riferimento a quelle note non comporta che la richiesta di riconoscimento degli interessi potesse ritenersi estesa anche alle somme riferite ai debiti ereditari. Ne consegue che la sentenza impugnata, dando atto che né nell’appello originario né nell’atto di riassunzione erano stati richiesti gli interessi e non riconoscendo perciò gli interessi non è incorsa in alcun vizio; la sentenza ha fatto applicazione del principio consolidato secondo il quale, in tema di obbligazioni pecuniarie, è necessaria espressa domanda per l’ attribuzione degli interessi, corrispettivi, compensativi o moratori, in quanto gli interessi hanno fondamento autonomo rispetto al debito al quale accedono (Cass. Sez. 6-2 25-11-2021 n. 36659 Rv. 663083-01, Cass. Sez. 2 19-9-2016 n. 18292 Rv. 641074-01, Cass. Sez. 2 4-3-
2004 n. 4423 Rv. 570789-01, Cass. Sez. 1 19-2-2000 n. 1913 Rv. 534139-01).
5.In conclusione, sono accolti il primo e il terzo motivo di ricorso, rigettati il secondo e il quarto; la sentenza impugnata è cassata limitatamente ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, che si uniformerà ai principi esposti e a quanto statuito, regolamentando anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il secondo e il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione