Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9766 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9766 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18257/2021 R.G. proposto da :
NOME COGNOME e NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende ,
-ricorrenti- contro
NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n.1431/2020 depositata il 21.12.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto ingiuntivo n. 1251/2011, immediatamente esecutivo, il Tribunale di Salerno ingiungeva a NOME NOME, quale procuratore generale ed erede di NOME NOME, il pagamento della somma di € 20.000,00 oltre accessori e spese in favore di NOME NOME e NOME, quali eredi dell’avv. NOME COGNOME a titolo di saldo delle competenze professionali per il patrocinio prestato da quest’ultimo in alcune cause civili a favore di NOME NOME.
Avverso questo decreto, COGNOME NOME proponeva opposizione, chiedendo al Tribunale di Salerno di accertare e dichiarare il difetto di integrità del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., per essere l’opponente solo uno dei dodici eredi di NOME NOME, nonché di accogliere l’opposizione poiché le prestazioni professionali dell’avv. NOME COGNOME sarebbero state interamente pagate ed erano comunque prescritte ex art. 2955 cod. civ., ed in subordine, di dichiarare che COGNOME NOME era tenuto al pagamento dell’importo ingiunto nei limiti della sua quota ereditaria pari a 1/12 per €1.666,66.
Costituendosi, NOME NOME e NOME resistevano all’opposizione, evidenziando che per il pagamento dei debiti ereditari non era configurabile alcun litisconsorzio necessario e che l’accordo transattivo raggiunto con loro da NOME NOME quale procuratore generale di COGNOME NOME, che riconosceva la spettanza del residuo saldo delle competenze professionali di €20.000,00 palesemente smentiva che vi fosse stato il pagamento integrale di quelle competenze ed escludeva la possibilità di invocare la prescrizione presuntiva.
Con sentenza n. 1649/2015, il Tribunale, dopo avere respinto le richieste degli opposti di rimessione in termini per la notifica integrativa nei confronti degli altri eredi legittimi di NOME NOME, trasferitisi in Venezuela e non raggiungibili per difetto di
collaborazione delle autorità locali, dichiarava l’estinzione del giudizio di opposizione per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri eredi di NOME NOME, che era stata imposta agli opposti con precedente ordinanza, e nel contempo revocava il decreto ingiuntivo opposto, ritenendo che la procura generale conferita da NOME NOME a COGNOME NOME, non contenente il conferimento espresso della facoltà di conciliare e transigere, non consentisse di ritenere NOME NOME, e gli altri eredi dello stesso, vincolati dall’accordo transattivo del 30.4.2003, raggiunto in suo nome da NOME NOME con gli eredi dell’avvocato NOME COGNOME
NOME NOME e NOME proponevano appello avverso la predetta sentenza, contestando l’esistenza del litisconsorzio necessario e l’errata dichiarazione di estinzione del giudizio, nonché l’extrapetizione nella quale era incorso il giudice di primo grado dichiarando la revoca del decreto ingiuntivo opposto, ed insistendo per il rigetto dell’opposizione.
Con sentenza n. 1431/2020 del 17/21.12.2020, la Corte di Appello di Salerno, nella resistenza di COGNOME NOME, esclusa la sussistenza del litisconsorzio necessario di tutti i coeredi del debitore defunto nelle cause di pagamento di debiti ereditari, in quanto ciascun coerede rispondeva nei limiti della propria quota, e revocata quindi la dichiarazione di estinzione, pur confermando che l’accordo transattivo del 30.4.2003 raggiunto da COGNOME NOME quale procuratore generale di COGNOME NOME con gli eredi dell’avvocato NOME COGNOME in quanto atto di straordinaria amministrazione non espressamente contemplato dalla procura generale conferita da NOME NOME al figlio NOME, non poteva ritenersi efficace nei confronti di NOME NOME e dei suoi eredi, in parziale riforma della sentenza di primo grado, sulla base del riconoscimento giudiziale di responsabilità parziaria di COGNOME NOME, condannava lo stesso al pagamento della somma pari ad 1/12 di quella
complessivamente dovuta da COGNOME NOME di € 20.000,00, e quindi di €1.666,66, oltre interessi dalla costituzione in mora al saldo, compensava per metà le spese processuali del doppio grado e condannava COGNOME NOME al pagamento della residua metà a favore degli eredi dell’avvocato NOME COGNOME
Avverso questa sentenza, NOME Fabrizio e NOME hanno proposto ricorso a questa Corte, affidandosi a due motivi e NOME NOME ha resistito con controricorso.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale, COGNOME NOME ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli articoli 752 e 754 cod. civ. nonché dell’art. 2697 cod. civ. in relazione agli articoli 115 e 116, c.p.c., in quanto i giudici di seconde cure avrebbero erroneamente interpretato ed applicato le predette disposizioni in tema di ripartizione dei debiti ereditari tra gli eredi e pagamento degli stessi, alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità per l’intero debito ereditario, da parte dell’erede chiamato in giudizio, qualora questi non assolva alla prova dell’esistenza di coeredi e delle quote ad essi spettanti.
Col secondo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli articoli 1388, 1703, 1704, 1708, 1362 e 1369 cod. civ., in quanto la Corte distrettuale avrebbe erroneamente interpretato ed applicato le disposizioni in materia di mandato generale e di mandato con rappresentanza, escludendo dai poteri propri scaturenti dalla procura generale conferita dal padre, NOME NOME, al figlio, NOME, quelli specifici di ‘conciliare e transigere’ e di conseguenza avrebbe escluso infondatamente che l’accordo transattivo concluso il 30.4.2003 da COGNOME AntonioCOGNOME quale procuratore generale di COGNOME GiovanniCOGNOME con gli eredi dell’avvocato
NOME COGNOME potesse produrre effetti per il rappresentato, NOME GiovanniCOGNOME e per i suoi eredi.
Si dolgono i ricorrenti dell’interpretazione formalistica resa dalla Corte distrettuale, influenzata dalla lettura dell’art. 1708 comma 2° cod. civ., piuttosto che dal testo della procura generale in concreto conferita, e non conforme al criterio dell’interpretazione secondo la comune intenzione delle parti emergente dal tenore letterale della procura generale e dal comportamento successivo delle parti (art. 1362 cod. civ.).
Sottolineano altresì i ricorrenti, che la Corte d’Appello abbia equivocato attribuendo loro la deduzione che in altre occasioni COGNOME NOME avrebbe attribuito specifiche procure a conciliare e transigere a COGNOME NOME, mentre in realtà essi avevano allegato e documentato che in due occasioni, proprio sulla base della procura generale in questione, COGNOME NOME aveva conferito mandato alla difesa in giudizi civili in nome e per conto del rappresentato COGNOME NOME, comprensivo della facoltà di conciliare e transigere, a riprova dell’estensione che padre e figlio avevano attribuito alla procura generale.
Evidenziano infine i ricorrenti, che per giurisprudenza consolidata di questa Corte, anche nella procura generale gli atti di straordinaria amministrazione ricompresi nel mandato possono essere individuati facendo riferimento al tipo di negozio che può essere concluso dal mandatario, senza necessità che siano specificamente indicati i singoli atti che possono essere compiuti.
Preliminarmente, sul piano logico, va esaminato il secondo motivo del ricorso, in quanto attinente al titolo posto a base del decreto ingiuntivo di €20.000,00 oltre accessori, che é stato richiesto dagli eredi dell’avvocato NOME COGNOME ossia NOME NOME e NOME, a carico di NOME NOME, quale procuratore generale ed erede di NOME NOME, rappresentato dall’atto di transazione del 30.4.2003, concluso con gli eredi di NOME NOME, da NOME
NOME, in qualità di procuratore generale del padre, NOMECOGNOME
Con tale atto di transazione, rispetto alle attività di patrocinio svolte a favore di COGNOME NOME dall’avv. NOME COGNOME il procuratore generale COGNOME Antonio ha riconosciuto un residuo debito verso gli eredi di NOME NOME di € 20.000,00, mentre il primo motivo riguarda la successiva questione, presupponente l’efficacia del suddetto atto di transazione per il rappresentato, dei limiti in cui il suo erede, COGNOME NOME, possa essere chiamato a rispondere di quel debito ereditario, una volta riconosciutane la sussistenza.
La sentenza impugnata ha ritenuto che la transazione sui residui compensi spettanti all’avv. NOME COGNOME per avere patrocinato in varie cause civili COGNOME NOME, conclusa dagli attuali ricorrenti col procuratore generale di quest’ultimo, COGNOME NOME, il 30.4.2003, non rientrasse in quanto atto di straordinaria amministrazione tra quelli espressamente previsti nella procura generale rilasciata da COGNOME NOME a COGNOME Antonio per atto del notaio NOME COGNOME registrata l’1.9.1981, rep. n. 278191, racc. n. 9977, perché detta procura generale non menzionava specificamente l’attribuzione al procuratore generale della facoltà di transigere e conciliare possibili liti, ed in conformità all’art. 1708 comma 2° cod. civ., doveva ritenersi circoscritta principalmente agli atti di ordinaria amministrazione, pur attribuendo al procuratore generale il compito di amministrare in nome e per conto del rappresentato tutto il suo patrimonio posseduto e da possedere, ut alter ego. Da tale ricostruzione di contenuto della procura generale, l’impugnata sentenza fa discendere la mancanza di effetti della transazione conclusa in suo nome e conto dal procuratore generale NOME Antonio con gli eredi di NOME COGNOME nei confronti di NOME NOMECOGNOME non attribuendo poi alcun rilievo al fatto che in altre occasioni NOME abbia conferito procura all’avvocato NOME
NOME anche per conciliare o transigere le liti promosse in nome e per conto di NOME NOME
Lamentano i ricorrenti che la Corte d’Appello abbia seguito un’interpretazione formalistica dell’art. 1708 comma 2° cod. civ. sulla procura generale, che ai fini dell’inclusione nel mandato conferito, quando si tratti di atti di straordinaria amministrazione, ne richiede la specifica indicazione, mentre secondo la giurisprudenza di questa Corte é sufficiente la menzione del tipo di negozio che il mandatario é autorizzato a concludere senza necessità di ulteriori specificazioni, per cui non poteva ritenersi dirimente la circostanza che nel testo della procura generale non fosse espressamente indicato il ‘ potere di transigere e conciliare possibili liti ‘.
Proseguono i ricorrenti, nella critica all’interpretazione data dall’impugnata sentenza alla procura generale rilasciata da COGNOME NOME a COGNOME NOME, lamentando la violazione dell’art. 1362 cod. civ., non avendo la Corte d’Appello indagato sulla comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, e tenendo conto del comportamento complessivo anche posteriore delle parti.
In proposito i ricorrenti evidenziano, che la procura generale é stata conferita da NOME NOME al figlio NOME NOME davanti al notaio ‘ affinché in suo nome, vece e conto, ut alter ego, provveda ad amministrare tutto il suo patrimonio posseduto e da possedere ‘, e che in essa sono stati espressamente ricompresi una serie di atti negoziali di straordinaria amministrazione del patrimonio del mandante (‘ acquistare, vendere, cedere e permutare beni mobili ed immobili, procedere a divisioni, amichevoli e giudiziarie…pagare debiti accertati, concedere, surrogare e cancellare ipoteche, pegni e privilegi…avanzare istanze, domande e ricorsi…nominare, revocare e surrogare avvocati e procuratori, arbitri e periti, concedendo loro le più ampie facoltà, comprese quelle per eventuali esecuzioni
forzate, avanzare istanze, domande e ricorsi, esibendo atti e documenti ), ed in chiusura é stata attribuita a NOME NOME la facoltà ‘ di fare insomma tutto quanto necessario, anche se qui non indicato specificamente, per l’espletamento del presente mandato ‘. Di fronte all’elencazione di tutti quegli atti di straordinaria amministrazione, consentiti al procuratore generale, ed alla suddetta clausola di chiusura, correlata al comune intento delle parti di attribuire al procuratore, come se fosse un alter ego del padre, l’amministrazione del patrimonio presente e futuro di NOME NOMECOGNOME assume parte ricorrente che non poteva la Corte d’Appello affermare sulla base del testo dell’art. 1708 comma 2° cod. civ., che la procura generale in esame doveva ritenersi circoscritta principalmente agli atti di ordinaria amministrazione, per poi escludere il potere di rappresentanza del procuratore generale per la transazione conclusa con gli eredi dell’avv. NOME COGNOME in quanto atto di straordinaria amministrazione non espressamente menzionato.
Ulteriormente i ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello abbia equivocato quanto da loro dedotto, ossia che in altre occasioni, NOME NOME avrebbe conferito al figlio, NOME NOME, un mandato processuale espressamente contenente anche il potere di rinunciare e transigere, giudicando tale circostanza ininfluente sull’interpretazione della procura generale in esame, mentre in realtà essi avevano allegato e documentato con la memoria ex art. 183 comma 6° n. 2) c.p.c., che sempre in forza di quella procura generale NOME NOME, quale procuratore generale del padre NOME, aveva conferito in due occasioni mandato all’avvocato NOME COGNOME a rappresentare COGNOME Giovanni in due cause civili, attribuendogli, sempre in base a quella procura generale, ‘ la facoltà di conciliare e transigere ‘, che pertanto era stata considerata pienamente ricompresa nella procura generale anche avendo riguardo al comportamento complessivo delle parti.
Da ultimo i ricorrenti osservano che, se all’esito di una corretta interpretazione ex art. 1362 cod. civ. della procura generale dovesse ancora residuare un dubbio, si doveva optare, ai sensi dell’art. 1369 cod. civ., per l’interpretazione più conveniente alla natura ed all’oggetto del contratto, per cui trattandosi di un ampio mandato all’amministrazione del patrimonio presente e futuro di COGNOME Giovanni, dovevano ritenersi consentiti anche atti di straordinaria amministrazione non specificamente menzionati, come la conclusione di transazioni, che erano funzionali all’amministrazione del patrimonio, posto che tra l’altro era consentito a COGNOME NOME promuovere giudizi in nome e per conto di COGNOME NOME conferendo ai legali incaricati ogni più ampia facoltà, e quindi anche quella di conciliare e transigere le controversie attivate o quelle promosse contro il rappresentato.
Va premesso che secondo il consolidato orientamento del giudice della nomofilachia, in tema di interpretazione di negozi giuridici (anche unilaterali, come la procura), il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica dettati dagli artt. 1362 e seguenti del codice civile e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (così Cass. ord. 14.12.2022 n.36516; Cass. ord. 9.4.2021 n. 9461; Cass. ord. 20.1.2021 n. 995; Cass. 26.5.2016 n. 10891; Cass. 10.2.2015 n. 2465). Ne deriva che il ricorrente per cassazione che intenda far valere l’inosservanza dei canoni di ermeneutica negoziale di cui agli artt. 1362 e seguenti del codice civile deve non soltanto fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione, con specifica indicazione delle norme
asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati (Cass. ord. 14.12.2022 n. 36516; Cass. 16.1.2019 n. 873; Cass. ord. 27.6.2018 n.16987; Cass. ord. 15.11.2017 n. 27136). Il secondo motivo di ricorso é conforme ai suddetti canoni, ed é
fondato.
L’impugnata sentenza, facendo riferimento alla nozione di mandato generale offerta dall’art. 1708 comma 2° cod. civ., ossia ad un elemento estraneo alla volontà manifestata da NOME NOME nel conferimento della procura al figlio NOME NOME e contrario in particolare alla clausola di chiusura della procura generale conferita, ha chiaramente violato il canone interpretativo dell’art. 1362 cod. civ., omettendo di ricostruire la comune intenzione delle parti sulla base del tenore letterale della procura concretamente attribuita e del comportamento complessivo delle parti, in particolare in relazione all’uso già fatto in altre occasioni della medesima procura da parte di NOME NOMECOGNOME ed in caso di permanente dubbio circa l’attribuzione al procuratore generale della facoltà di conciliare e transigere, avrebbe dovuto fare applicazione del criterio ermeneutico sussidiario dell’art. 1369 cod. civ..
La Corte d’Appello di Salerno, in sede di rinvio, dovrà quindi procedere ad una nuova interpretazione della procura generale conferita da NOME NOME a NOME NOME, che applichi correttamente il primo ed il secondo comma dell’art. 1362 cod. civ., tenendo conto del contenuto complessivo della procura generale, del comportamento delle parti anche successivo alla conclusione del contratto, ed in caso di permanente dubbio, avvalendosi del criterio sussidiario dell’art. 1369 cod. civ..
Fondato deve ritenersi anche il primo motivo di ricorso, attinente al fatto che la Corte d’Appello, sulla base del riconoscimento da parte di NOME NOME di essere erede di NOME NOME per la quota di
1/12, pur avendo negato l’efficacia della transazione conclusa dal procuratore generale con gli eredi di NOME NOME perché asseritamente esorbitante rispetto ai poteri conferiti a NOME NOME abbia condannato quest’ultimo al pagamento in favore di NOME NOME e NOME della sola quota di 1/12 di €20.000,00, pari ad € 1.666,67, oltre interessi moratori dall’1.4.2010, per avere NOME assolto il suo onere di indicare la quota ereditaria della quale era chiamato a rispondere per i debiti del defunto NOME NOME il tutto sulla base del risalente orientamento espresso dalla sentenza n. 15592/2007 di questa Corte, secondo la quale l’erede per fruire del beneficio previsto dall’art. 754 cod. civ. della responsabilità solo nei limiti della sua quota per i debiti ereditari, deve sollevare in modo completo quella che é una vera e propria eccezione in senso stretto, indicando la sua quota ereditaria.
I ricorrenti richiamano in contrario la più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. 13.8.2020 n. 17122; Cass. n. 2291/1996), secondo la quale chi eccepisce l’esistenza di altri coeredi e la divisione pro quota del debito ereditario, non ha solo l’onere di eccepire che la sua responsabilità é limitata ad una quota dell’intero specificamente indicata, ma anche l’onere di provare l’esistenza, la consistenza numerica, il titolo di successione e la stessa qualifica degli altri eredi, e ciò anche in base al principio della vicinanza alla prova, che certo non può essere richiesta in senso contrario al creditore del defunto, dato che la documentazione relativa ai coeredi é di norma a disposizione del coerede, e lamentano che l’impugnata sentenza, accontentandosi della semplice allegazione fatta da NOME di essere coerede di COGNOME NOME per 1/12, abbia violato gli articoli 115 e 116 c.p.c., l’onere della prova dell’art. 2697 cod. civ., e le norme degli articoli 752 e 754 cod. civ. relativi alla responsabilità del coerede per i debiti ereditari.
In effetti dopo che un primo orientamento di questa Corte (Cass. 5.8.1997 n.7216), seguito dall’impugnata sentenza, aveva stabilito il principio, che il coerede chiamato a rispondere di un debito ereditario per l’intero, era sufficiente che indicasse la quota per la quale era erede per sottrarsi alla responsabilità per l’intero, dovendo formulare la relativa eccezione in modo completo, più recentemente questa Corte, pur partendo dal principio che si tratti di un’eccezione in senso stretto che va articolata compiutamente, ha stabilito che chi eccepisce l’esistenza di altri coeredi, nonchè la divisione ” pro quota ” del debito ereditario, ha ” l’onere di provarne l’esistenza, la consistenza numerica (agli effetti della eccepita divisione del debito in proporzione della rispettiva quota ereditaria), il titolo alla successione e la stessa qualifica di eredi ” (così Cass. 13.8.2020 n. 17122; Cass. 19.3.1996 n. 2291/1996).
A tale indirizzo questo Collegio ritiene di aderire, in quanto come tutte le eccezioni, anche quella in esame, basandosi sul fatto che ci siano degli altri eredi che debbano concorrere pro quota al pagamento del debito ereditario richiesto per l’intero, presuppone che di tale fatto venga fornita prova da colui che invoca il fatto estintivo parziale dell’obbligazione del defunto, che tra l’altro é il coerede che é stato convenuto in giudizio dal creditore del deceduto, che invece in quanto estraneo alla sua successione, non é di regola nella disponibilità della documentazione relativa all’esistenza, consistenza numerica, al titolo di successione ed alla qualifica degli altri coeredi, per cui sarebbe assurdo porre a suo carico la prova di un fatto negativo rappresentato dalla mancanza di altri coeredi.
L’impugnata sentenza, contraddicendo la negata vincolatività della transazione conclusa dal procuratore generale nei confronti di COGNOME NOME ed accontentandosi della mera allegazione da parte di COGNOME NOME della sua qualità di coerede per la quota di 1/12, non ha posto a base della sua decisione una prova fornita dalle
parti, ma una semplice allegazione di NOME avversata dalla controparte, in contrasto con l’art. 115 c.p.c., e violando altresì l’onere della prova gravante su quest’ultimo, che aveva sollevato l’eccezione di essere un semplice coerede insieme a NOME COGNOME COGNOME, NOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME in Steves, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME tutti residenti in Venezuela, ed avrebbe quindi dovuto dimostrare l’eccezione provando l’esistenza, la consistenza numerica , il titolo alla successione e la stessa qualifica di eredi dei predetti, da tenere distinta dalla mera chiamata all’eredità non seguita da accettazione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso di NOME Fabrizio e NOMECOGNOME cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 12.3.2025