LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Datore di lavoro di fatto: chi è il vero responsabile?

La Corte di Cassazione conferma la condanna solidale di un imprenditore, riconosciuto come datore di lavoro di fatto, e della società formalmente datrice di lavoro. La sentenza chiarisce che la responsabilità deriva dall’esercizio effettivo del potere direttivo e organizzativo, a prescindere dalle intestazioni formali. L’imprenditore aveva gestito direttamente il rapporto, emettendo anche assegni a proprio nome, rendendolo pienamente responsabile per le differenze retributive dovute alla lavoratrice. Viene così ribadito il principio della prevalenza della sostanza sulla forma nell’identificazione del vero datore di lavoro.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Datore di Lavoro di Fatto: La Sostanza Prevale sulla Forma

Nel mondo del lavoro, non sempre chi firma il contratto è il vero capo. L’ordinanza che analizziamo oggi mette in luce la figura del datore di lavoro di fatto, ovvero colui che, pur non avendo un ruolo formale, esercita concretamente i poteri direttivi, organizzativi e disciplinari sul lavoratore. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha ribadito un principio fondamentale: per la legge, conta la realtà effettiva del rapporto di lavoro, non solo le apparenze documentali. Questo caso offre spunti cruciali per comprendere chi sia il vero responsabile degli obblighi verso un dipendente quando la struttura aziendale è complessa o volutamente ambigua.

I Fatti del Caso: Lavoro Subordinato Tra Ditta Individuale e Società

Una lavoratrice si è rivolta al tribunale per ottenere il riconoscimento del suo rapporto di lavoro subordinato e il pagamento di significative differenze retributive. La sua particolarità? Sosteneva di aver lavorato per un’organizzazione che faceva capo sia a una ditta individuale, gestita da un imprenditore, sia a una società a responsabilità limitata, riconducibile ai familiari dello stesso. I giudici di primo e secondo grado le hanno dato ragione, riconoscendo l’esistenza di un unico rapporto di lavoro e condannando in solido sia l’imprenditore che la società al pagamento di oltre 34.000 euro.
L’imprenditore, ritenendosi estraneo alla vicenda per almeno una parte del periodo lavorativo, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di non avere la cosiddetta ‘legittimazione passiva’, ovvero di non essere il soggetto corretto contro cui rivolgere la domanda.

La Decisione della Corte: Come si identifica il datore di lavoro di fatto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della sentenza è proprio l’identificazione dell’imprenditore come datore di lavoro di fatto. I giudici hanno stabilito che, per individuare il vero datore di lavoro, bisogna guardare a chi esercita concretamente il potere manageriale. In questo caso, era emerso chiaramente che l’imprenditore gestiva direttamente il rapporto con la lavoratrice, a prescindere dal fatto che agisse in nome della propria ditta individuale o per conto della società dei familiari. Elementi come la modulistica, gli indirizzi email, il sito web e, soprattutto, gli assegni emessi a nome proprio per pagare acconti alla dipendente, sono stati considerati prove inequivocabili del suo ruolo centrale.

L’irrilevanza delle Formalità e la Responsabilità Solidale

Un altro aspetto fondamentale riguarda la responsabilità solidale. L’imprenditore ha tentato di sostenere che, al massimo, ci sarebbe dovuto essere un trasferimento d’azienda dalla sua ditta alla società, ma la Corte ha smontato questa tesi. La sua figura era talmente centrale e pervasiva nella gestione del rapporto che è stato considerato il dominus effettivo per tutta la durata del rapporto, rendendolo pienamente e solidalmente responsabile insieme alla società. La Corte ha quindi privilegiato la sostanza dei fatti rispetto all’inquadramento formale delle due entità imprenditoriali.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, ha chiarito che la ‘legittimazione passiva’ non dipende solo dall’intestazione formale di un’impresa, ma da chi si comporta come effettivo titolare del rapporto di lavoro. L’imprenditore, agendo in nome proprio e per conto della società, e gestendo ogni aspetto del lavoro della dipendente, si è qualificato come il vero centro di imputazione del rapporto. Inoltre, i motivi di ricorso presentati dall’imprenditore sono stati giudicati inammissibili per diverse ragioni tecniche. Ad esempio, la contestazione sul calcolo delle somme dovute è stata considerata una questione di merito, non valutabile in sede di legittimità. Anche il tentativo di introdurre nuovi documenti in appello è stato respinto, poiché nel rito del lavoro la produzione di nuove prove è ammessa solo in circostanze eccezionali, che qui non sussistevano.

Le Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza

Questa ordinanza è un monito importante per imprenditori e lavoratori. Dimostra che cercare di schermare le proprie responsabilità attraverso complesse strutture societarie o intestazioni formali è una strategia che non regge in tribunale. La legge guarda a chi esercita il potere reale. Per i lavoratori, significa che è possibile far valere i propri diritti anche nei confronti di chi, pur agendo nell’ombra, è il vero ‘capo’. Per gli imprenditori, è un richiamo alla trasparenza e alla corretta formalizzazione dei rapporti di lavoro, poiché l’esercizio di fatto del potere datoriale comporta l’assunzione di tutte le responsabilità che ne derivano, incluse quelle economiche.

Chi è il “datore di lavoro di fatto” e come viene identificato?
È la persona che, al di là dell’inquadramento formale, esercita in concreto i poteri tipici del datore di lavoro (direttivo, organizzativo, disciplinare). Viene identificato attraverso prove concrete come la gestione diretta del lavoratore, l’utilizzo di modulistica a proprio nome, la corrispondenza e il pagamento diretto di acconti.

La mancanza di un’impresa formalmente intestata a una persona esclude la sua responsabilità come datore di lavoro?
No. La Corte ha stabilito che la responsabilità non dipende dalla formalizzazione di una ditta individuale, ma dal ruolo effettivo svolto nella gestione del rapporto di lavoro. Agire come imprenditore in nome proprio è sufficiente per essere considerato datore di lavoro di fatto.

È possibile presentare nuovi documenti per la prima volta in appello in una causa di lavoro?
Di norma, no. Secondo l’art. 437 c.p.c., nel rito del lavoro la produzione di nuovi documenti in appello è inammissibile, a meno che non si tratti di documenti formatisi dopo la fine del primo grado di giudizio o che la loro rilevanza sia emersa solo a seguito delle difese della controparte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati