Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19355 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19355 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2131/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso da sé medesimo
-ricorrente-
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’AVV_NOTAIO a AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, come da procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del Commissario liquidatore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE
dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende unitamente all’ AVV_NOTAIO, come da procura in calce al controricorso
–
contro
ricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di LANCIANO n. 847/2018, depositato il 23/11/2018.
Udita le relazioni svolte nelle camere di consiglio del 23/01/2024 e dell’8.7.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Lanciano, con decreto del 23.11.2018, in parziale acco glimento dell’impugnazione ex art. 98 legge fall. proposta dal l’ AVV_NOTAIOo AVV_NOTAIO, creditore ammesso allo stato passivo di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, contro l’ammissione de i crediti della commercialista NOME COGNOME, ha decurtato l’ importo riconosciuto alla predetta professionista dal Commissario liquidatore della somma di € 5.760,00, di cui alla fattura n. 21 del 26.4.2010.
Per il resto, il tribunale ha ritenuto corretto il provvedimento col quale l’organo di gestione della procedura aveva ammesso, in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 2 cod. civ, i crediti per complessivi € 163.000 vantati da COGNOME in corrispettivo del l’attività difensiva svolta in favore di RAGIONE_SOCIALE in bonis in vari contenziosi tributari.
Il tribunale ha evidenziato: i) che la domanda era fondata su cospicua documentazione (mandati, parcelle, scritti difensivi, sentenze) e che pertanto risultava per tabulas che ATA aveva conferito alla commercialista una pluralità di incarichi professionali per l’ assistenza e rappresentanza nei giudizi tributari; ii) che il credito di € 140.000 ammesso al passivo quale compenso dovutole per l’attività profusa nei numerosi giudizi, di primo e secondo
grado, aventi ad oggetto l’annullamento di accertamenti IVA relativi agli anni 1999/2002, era documentato da un atto di riconoscimento del debito emesso da RAGIONE_SOCIALE in data anteriore all’apertura della procedura; iii) che gli ulteriori crediti ammessi, di € 12.000,00 e di € 11.000,00 , di cui alle fatture nn. 1 e 3 del 2015, costituivano il giusto corrispettivo, secondo le tariffe ministeriali, dell’attivi tà concretamente svolta da COGNOME, su mandato di RAGIONE_SOCIALE, in altri contenziosi tributari concernenti l’ ICI.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidato a quindici motivi, cui NOME COGNOME e ATA in LCA hanno resistito con separati controricorsi.
Il ricorrente e COGNOME hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
Il collegio ha deciso il ricorso in data 8.7.2024, a seguito di riconvocazione della camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE
In via pr eliminare va respinta l’eccezione avanzata da NOME COGNOME, di inammissibilità del ricorso per asseriti vizi del procedimento notificatorio, eseguito nel termine di legge a mezzo EMAIL, posto che entrambe le parti cui l’atto è stato notificato si sono costituite in giudizio mediante controricorso e che pertanto l’eventuale nullità della notificazione (peraltro eccepita in via totalmente generica e assertiva) risulta sanata dal raggiungimento dello scopo.
Con il primo motivo, che denuncia violazione degli artt. 36 cod. civ. e 75 cod. proc. civ., il ricorrente lamenta il rigetto dell’eccezione di ‘ difetto di legittimazione attiva ‘ della dott.ssa COGNOME, per essere il credito nella titolarità dello RAGIONE_SOCIALE, al quale erano intestate fatture e notule e nei cui confronti risultava emesso l’atto di riconoscimento di debito di ATA.
2.1 Il motivo presenta concomitanti profili di infondatezza ed inammissibilità.
E’ vero che l’associazione professionale, può, in linea di principio, essere titolare di rapporti giuridici, ma sempre a condizione che gli accordi tra gli associati lo abbiano espressamente previsto. L’emissione di fattura da parte dello RAGIONE_SOCIALE , così come la redazione delle note proforma emesse su carta intestata all’associazione professionale, non autorizzano certo a ritenere che l’incarico sia stato conferito all’associazione, anziché al singolo RAGIONE_SOCIALE, e neppure che il credito di quest’ultimo sia stato ceduto all’associazione, con conseguente legittimazione esclusiva della stessa a farlo valere in giudizio: in mancanza di pattuizioni specifiche contenute nello statuto associativo, da tali circostanze potrebbe piuttosto ricavarsi la sussistenza di un mandato all’incasso o dell’indicazione implicita da parte del creditore, ai sensi dell’art. 1188 cod. civ., del destinatario del pagamento.
Va aggiunto, ad ogni buon conto, che stabilire se il mandato sia stato conferito al singolo professionista o all’associazione cui questi appartiene è compito riservato al giudice del merito, il cui accertamento in fatto non è sindacabile in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 comma 1° n. 5 cod. proc. civ..
Nella specie il tribunale ha , per l’appunto, accertato che ATA aveva conferito i mandati alla dott.ssa COGNOME, la quale aveva svolto personalmente l’attività di difesa e di rappresentanza della società nei vari giudizi tributari, ed ha quindi ritenuto che la professionista fosse rimasta titolare dei crediti dedotti in giudizio.
Il ricorrente, mediante l’apparente d enuncia di un vizio di violazione di legge, mira in realtà, inammissibilmente, ad ottenere da questa Corte un diverso apprezzamento in fatto, senza, tuttavia, allegare che gli accordi tra gli associati dello RAGIONE_SOCIALE
prevedevano l’attribuzione della titolarità dei rapporti alla associazione.
COGNOME, col secondo motivo, denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che il tribunale non ha pronunciato sull’eccezione, da lui sollevata con l’impugnazione ex art. 98 legge fall., di ‘illegittimità e inefficacia della scrittura privata di riconoscimento dei debito per € 140.000,00 datata 15.10.2013’.
Con il terzo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 2704 cod. civ., lamenta che il giudice a quo non abbia indicato gli elementi di fatto in base ai quali ha ritenuto la scrittura ricognitiva del debito del 15.10.2013 munita di data certa e perciò opponibile alla procedura.
Con il quarto, che denuncia la violazione degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost., deduce la mera apparenza della motivazione sottesa al rigetto dell’eccezione.
Con il quinto, che denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, assume che il tribunale ha ritenuto provata la domanda della controparte in base a ‘cospicua documentazione’ , ovvero sulla scorta di un dato generico, inidoneo a dar conto dell ‘an e del quantum del credito.
Con il sesto, che denuncia la violazione dell’art. 2697 cod. civ., sostiene che COGNOME non ha assolto al l’onere probatorio su lei gravante.
Con il settimo, che denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c.. e la nullità del provvedimento impugnato, lamenta che il tribunale non abbia pronunciato su un altro motivo di impugnazione, col quale aveva eccepito che il valore delle controversie tributarie in cui COGNOME aveva patrocinato ATA e sul quale calcolare il compenso non era quello, complessivo, di euro 7.873.859, indicato nell’atto di riconoscimento di debito del 15.10.2013, posto che
detto compenso doveva essere liquidato sulla base del valore di ogni singola pratica.
Con l’ottavo , che denuncia la violazione dell’art. 1988 cod. civ. , osserva che il tribunale ha erroneamente fondato l’ammissione del credito di € 140.000 su un atto di riconoscimento di debito che aveva come destinatario lo RAGIONE_SOCIALE e non la persona fisica dell’associata.
10. Il quarto mezzo è fondato.
La motivazione con la quale il tribunale ha ritenuto provato il credito di cui alla scrittura del 15.3.2013 ‘ Non vi sono in atti documenti e/o dati oggettivi che inficiano la validità dell’atto emesso dall’ATA in bonis in data 15.3.2013’ è effettivamente apparente, essendo assolutamente inidonea ad esplicitare le ragioni della decisione, avuto riguardo, peraltro, alla specificità del quarto motivo d ell’impugnazione ex art. 98 legge fall. di COGNOME, che aveva evidenziato l’inopponibilità di tale scrittura alla procedura concorsuale per difetto di data certa: il richiamo del giudice del merito ai ‘documenti in atti’ ed ai ‘dati oggettivi’ che avallerebbero la ‘validità’ della scrittura del 15.3.2013 è, con evidenza, assolutamente generico e non consente di individuare le ragioni per le quali l’eccezione ex art. 2704 c.c. sollevata dall’odierno ricorrente è stata ri gettata.
Contrariamente a quanto dedotto dalle parti controricorrenti, il vizio di motivazione in cui il tribunale è incorso sul punto è rilevante ai fini del decidere, perché il credito di € 140.000,00 è stato ritenuto provato esclusivamente sulla base del riconoscimento di debito di cui alla citata scrittura.
Restano assorbiti il secondo, il terzo, il quinto, il sesto, il settimo e l’ ottavo motivo, che investono per altri profili il medesimo capo della decisione.
Con il nono motivo il ricorrente denuncia l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dal difetto di prova dei crediti di € 12.000,00 e di € 11.000,00 di cui all e fattura nn. 1 e 3 del 2015.
Il motivo è inammissibile , perché, lungi dall’indicare quale sia il fatto decisivo omesso, si limita a contestare in via del tutto generica (ovvero mediante il mero richiamo ai rilievi svolti in sede di impugnazione) che i compensi richiesti per le prestazioni fatturate fossero, secondo quanto accertato dal tribunale, conformi alle tariffe professionali.
Con il decimo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c. e 111 Cost., il ricorrente deduce la mera apparenza della motivazione che sorregge questo secondo capo della decisione.
15 . Con l’undicesimo motivo , che denuncia la violazione dell’art. 3 D.M. 55/2014, tabella 24, e 91 cod.proc.civ., il ricorrente ribadisce la medesima censura e sostiene inoltre che il credito di € 1 2.000,00 vantato da COGNOME per la redazione di un ricorso in riassunzione presso la Commissione Tributaria di Pescara non è conforme alle tariffe, tenuto conto del valore della controversia, di € 104.756 ,00 e del fatto che risultano fatturate le sole voci ‘ RAGIONE_SOCIALE della controversia ‘ e ‘ fase introduttiva ‘.
I motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati: va infatti rilevato, per un verso, che la motivazione censurata è sintetica ma non apparente, tanto è vero che COGNOME è stato in grado di verificare se le prestazioni fatturate fossero state o meno remunerate secondo quanto previsto dalle tariffe e, per l’altro, che essendo COGNOME una commercialista, le tariffe professionali applicabili non sono quelle legali, di cui al D.M. 55/2014, invocate dal ricorrente, ma quelle di cui al D.M. 140/2012, . che al capo III contiene le ‘ disposizioni concernenti i dottori commercialisti ed esperti contabili ‘ .
Col dodicesimo e col tredicesimo motivo, che denunciano rispettivamente la violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost., il ricorrente lamenta che il tribunale abbia omesso di pronunciare o, in via alternativa, di motivare sul l’ eccezione da lui sollevata col ricorso ex art. 98 legge fall., di inammissibilità della domanda di insinuazione per la mancata esposizione dei fatti e la carenza di prova del credito e del privilegio invocato.
I motivi, congiuntamente esaminabili, sono manifestamente infondati.
Premesso che l’eccezione, apparentemente di rito, attiene in realtà alla valutazione (allegazione e prova) dei fatti che giustificavano l’a mmissione del credito allo stato passivo, è sufficiente osservare che il giudice a quo, scendendo all’esame del merito delle censure svolte con l’impugnazione e rilevando che la domanda di COGNOME si fondava su ‘una pluralità di incarichi professionali (assistenza e rappresentanza nei contenziosi tributari) ‘ ed era ‘ basata su cospicua documentazione: mandati, parcelle, scritti difensionali, sentenze’ , e che inoltre il privilegio andava riconosciuto perché il credito era riferito a prestazioni svolte personalmente dalla commercialista, ha all’evidenza respinto l’ eccezione con congrua motivazione.
Col quattordicesimo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 2751 bis n. 2 cod. civ., il ricorrente sostiene che il privilegio sarebbe stato erroneamente riconosciuto anche per compensi relativi ad incarichi esauritisi anteriormente al biennio precedente la cessazione complessiva del rapporto.
Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi.
Il tribunale, infatti, dopo aver rilevato che ‘ è lo stesso opponente ad ammettere che il termine di due anni … decorre a ritroso dalla
conclusione dell’incarico, anche quando si tratti di plurimi incarichi da considerarsi come un unico complessivo rapporto professionale ‘ ha in conclusione ritenuto che, per l’appunto, l’incarico di curare il contenzioso tributario affidato da ATA alla d.ssa COGNOME fosse stato unico e si fosse protratto in data successiva all’apertura del concorso. Il ricorrente, peraltro, non solo non contesta questa ratio , ma, contravvenendo ulteriormente ai requisiti di specificità del ricorso, non indica quali incarichi si fossero conclusi anteriormente al biennio rilevante, che è quello precedente la cessazione del rapporto fra ATA e COGNOME (cfr. Cass. nn. 20755/2015, 18685/2017, 6884/2022), che finisce col confondere con il biennio anteriore all’apertura della procedura.
All’accoglimento del quarto motivo di ricorso conseguono la cassazione del decreto impugnato e il rinvio della causa, per un nuovo esame, al Tribunale di Lanciano in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
Resta assorbito l’ultimo motivo del ricorso, col quale COGNOME lamenta che il tribunale non abbia integralmente compensato le spese del giudizio di impugnazione..
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso, rigetta il primo nonché i motivi dal nono al quattordicesimo e dichiara assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Lanciano, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma i l 23. 1. 2024 e, a seguito di riconvocazione, l’ 8.7.2024
La Presidente
NOME