Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3834 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3834 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 8589-2016 r.g. proposto da:
AVV_NOTAIO, con gli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in INDIRIZZO , come da procura in atti.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, CRAGIONE_SOCIALE e P_IVA. P_IVA, in persona del suo curatore pro tempore AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME, con sede legale in INDIRIZZO, con l’AVV_NOTAIO, e con domicilio presso il suo studio in INDIRIZZO INDIRIZZO.
-controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Firenze, depositato in data 25 febbraio 2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/1/2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
AVV_NOTAIO chiedeva l’ammissione allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE per la somma di euro 25.000 in sede privilegiata, per prestazioni professionali consistite nell’attività di consulenza ed assistenza in materia di rapporti di lavoro e RAGIONE_SOCIALE, propedeutica all’accesso alla procedura di concordato preventivo.
2.Il g.d. non ammetteva tuttavia l’istante al passivo per mancanza di notula specifica e di un mandato avente data certa ed opponibile alla curatela fallimentare.
Proponeva opposizione allo stato passivo il professionista, deducendo che il conferimento dell’incarico professionale risultava provat o, oltre che dal mandato professionale del 14.1.2013, menzionato nel piano concordatario, anche dallo scambio di email e da tutta la documentazione prodotta, mentre con riferimento al quantum del compenso, anche a voler prescindere dal corrispettivo di euro 25.000 previsto nella predetta scrittura privata, lo stesso ben avrebbe potuto essere determinato sulla base dei parametri fissati dal DM 140/2012 per l’attività extragiudiziale.
Il Tribunale, con il decreto qui oggetto di ricorso per cassazione, ha – nella resistenza del fallimento accolto parzialmente l’opposizione allo stato passivo, ammettendo il creditore istante per la diversa e minor somma pari ad euro 2.500, in via privilegiata ex art. 2751 n. 2 cod. civ., oltre Iva e cap in via chirografaria.
Il Tribunale ha rilevato che: (i) la scrittura privata con la quale era stato conferito l’incarico professionale al COGNOME con la pattuizione del compenso di euro 25.000 non era opponibile al fallimento, non avendo data certa; (ii) era ammissibile l ‘ integrazione documentale intervenuta nel giudizio di opposizione, non applicandosi il regime preclusivo previsto dall’art. 345 c.p.c. per il giudizio di appello; (iii) la documentazione complessivamente esaminata (email; verbali di accordo tra RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, schema o contratto preliminare di affitto d’azienda, piano di riorganizzazione sindacale, verbali di esame congiunto e mobilità,
verbali di conciliazione in sede sindacale) consentiva di ritenere provato che l’avvocato COGNOME avesse svolto le dedotte attività professionali in favore della società poi fallita; (iv) in relazione alla quantificazione del compenso, occorreva però far riferimento ai parametri per l’attività stragiudiziale previsti dal DM 55/2014, nello scaglione della indeterminabilità media e, considerati i valori tra il minimo ed il medio in relazione anche al risultato dell’attività che non aveva comunque condotto all’apertura della procedura concorsuale minore, poteva essere riconosciuto al creditore opponente la somma di euro 2500, oltre Iva e cap.
2.Il decreto, pubblicato il 25.2.2016, è stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il RAGIONE_SOCIALE controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2704 cod. civ., dell’art. 13, 2 comma, della l. n. 247/2012, dell’art. 1 D M n. 55/2014 e dell’art. 115 c.p.c.
1.1 Ricorda il ricorrente che il dettato normativo di cui al sopra ricordato art. 2704 cod. civ. ammette qualsiasi tipo di prova per dimostrare l’anteriorità della scrittura privata rispetto alla dichiarazione di fallimento e che, nel caso di specie, la sc rittura privata di conferimento dell’incarico professionale era stata allegata alla domanda di concordato preventivo 13.9.2013, con la conseguenza che il curatore fallimentare non avrebbe potuto eccepirne l’inopponibilità al fallimento. A tal fine si allegava ‘al fascicolo di primo grado, copia della domanda di manifatture RAGIONE_SOCIALE per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, depositata in cancelleria il 13 settembre 2013 recante, a pag. 38, l’individuazione dei compensi professionali, tra cui l’AVV_NOTAIO , in allegato alla stessa, provvedimento di fissazione udienza collegiale ex art. 161, 6 comma, l. fall., …’. Aggiunge il ricorrente che ulteriormente era stata richiesta prova per testi sulla circostanza relativa all’inseriment o di tale documento nella domanda di ammissione di RAGIONE_SOCIALE alla
procedura concorsuale. Tale circostanza -aggiunge il ricorrente -neanche sarebbe stata contestata, con la conseguenza che la stessa avrebbe dovuto valere, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., come prova del fatto che la pattuizione del compenso fosse stata negozialmente stabilita tra le parti in epoca anteriore alla presentazione della domanda di concordato.
1.2 Il motivo così articolato è inammissibile per genericità di formulazione e per difetto di autosufficienza, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. Invero, le doglianze ricordano solo che il compenso pattuito era stato ‘menzionato’ nella proposta di concordato preventivo e non già che alla domanda di concordato fosse stata allegata la scrittura privata contenente il mandato professionale e il relativo compenso pattuito, circostanza documentale quest’ultima sì idonea a dimostrare, ai sensi del sopra richiamato art. 2704 cod. civ., l’ anteriorità della predetta scrittura privata rispetto alla procedura concordataria e dunque anche alla declaratoria di fallimento.
A ciò va aggiunto che, in omaggio al principio di autosufficienza, il ricorrente avrebbe dovuto allegare al ricorso per cassazione la domanda di accesso al c.p., con i relativi allegati (tra cui -in ipotesi -anche la scrittura privata qui in parola) o co munque localizzare la stessa all’interno dell’incarto processuale, con la necessaria descrizione del mandato professionale nelle parti rilevanti ai fini del decidere (pattuizione del compenso).
Occorre ulteriormente chiarire, in termini ancora più estesi, che la mera menzione di un mandato professionale supposto quale preesistente rispetto ad un atto, depositato in giudizio e da quel momento avente natura di data certa, non conferisce, comunque, alcuna data certa anche al contratto cui il mandato citato ineriva, se non ne sia contestualmente depositato il relativo documento: atteso che l’istituto della data certa, ai fini della opponibilità, riguarda un atto che, con un giudizio di certezza, viene in rilievo nella sua precisa, conoscibile, dunque completa, esistenza, e non è certo sufficiente, a tal fine, la mera menzione del suo contenuto in altro atto.
Nel caso di specie, non vi sono i presupposti per il riconoscimento della data certa, cioè della violazione da parte del giudice di merito dei criteri codicistici enunciati, in quanto con la domanda di concordato preventivo quel mandato
non risultava depositato, ma solo menzionato nel corpo del ricorso e peraltro neanche nella sua integralità (così, anche in fattispecie analoga si legga: Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 34755 del 2023).
Né miglior successo può riscuotere la doglianza articolata in riferimento al contestato diniego della richiesta prova testimoniale, posto che, a rigore, il contenuto del capitolo articolato e riportato nel motivo di ricorso qui in esame tenderebbe solo a dimostrare che del predetto compenso si fosse fatta menzione nella proposta di accesso al concordato e non già che la più volte menzionata scrittura fosse stata allegata alla domanda stessa di concordato, circostanza quest’ultima idonea invece a dimostrare l’anteriorità del documento rispetto alla declaratoria di fallimento.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 2697, 2704 cod. civ., art. 183, 7 comma, art. 187, art. 188, art. 245 c.p.c., sul rilievo della erroneità della decisione impugnata in punto di mancata ammissione del capitolo di prova descritto nel primo motivo di ricorso.
2.1 La doglianza, così articolata, è inammissibile perché, per le ragioni già sopra spiegate in relazione al primo motivo di ricorso, la circostanza sulla quale verteva la prova testimoniale non ammessa non integra certo un fatto decisivo ai fini del decidere. Ed invero, la menzione generica nella proposta di concordato di aver pattuito un compenso per l’attività professionale oggetto del mandato non vale a dimostrare l’anteriorità della scrittura privata asseritamente contenente il menzionato compenso.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 9, 4 comma, DL n. 1/2012, conv. in legge n. 27/2012 ed in relazione all’art. 1, 6 comma, e art. 21, comma 4, e art. 21, comma 7, DM n. 140/2012, nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per difetto assoluto di motivazione, sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nella quantificazione del compenso per aver considerato tut ta l’attività professionale svolta come un unico ‘affare’, così liquidando secondo le tabelle per l’attività stragiudiziale un compenso minimo di euro 2.500, mentre egli ricorrente si sarebbe
dedicato a diverse attività per ognuna delle quali avrebbe avuto diritto ad un autonomo compenso.
3.1 Il motivo risulta all’evidenza inammissibile perché il ricorrente pretenderebbe, tramite la rilettura degli atti istruttori, un nuovo apprezzamento di merito innanzi a questa Corte, in ordine alla correttezza della quantificazione del compenso, scrutinio, invece, inibito al giudice di legittimità e rimesso al giudizio dei giudici della precedente fase giudiziale (Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del RAGIONE_SOCIALE controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 17.01.2024