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Danno risarcibile: niente rimborso se l’opera è demolita

Una società immobiliare ha chiesto il risarcimento per i danni subiti a un muro di confine durante lavori edili nella proprietà vicina. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha negato il diritto al risarcimento. La ragione fondamentale è che la società, dopo il danno, ha demolito completamente le vecchie strutture per costruire un nuovo complesso immobiliare. Secondo i giudici, questo ha reso irrilevante il danno iniziale, poiché le opere di ripristino sarebbero state inutili. La sentenza sottolinea che per ottenere un danno risarcibile non basta provare l’evento dannoso, ma è necessario dimostrare un pregiudizio concreto ed effettivo, che in questo caso mancava.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno Risarcibile: Se Demolisci il Bene Danneggiato, Perdi il Diritto al Rimborso?

Il concetto di danno risarcibile è uno dei pilastri del nostro ordinamento civile. Chi subisce un danno ingiusto ha diritto a essere risarcito. Ma cosa accade se, dopo aver subito un danno, il proprietario del bene decide di trasformarlo completamente, rendendo di fatto inutile qualsiasi riparazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo scenario, stabilendo un principio fondamentale: senza un pregiudizio concreto ed effettivo, non c’è risarcimento. Analizziamo insieme questa interessante decisione.

I Fatti: Un Muro Danneggiato e un Cantiere Rivoluzionario

Una società immobiliare citava in giudizio il proprietario del fondo confinante, accusandolo di aver provocato, durante dei lavori di sbancamento, danni significativi a un muro comune, alla rete fognaria, elettrica e del gas. La richiesta iniziale era di circa 12.000 euro, basata su una perizia tecnica preventiva che aveva accertato i danni.

L’elemento cruciale della vicenda, però, emergeva successivamente: la società danneggiata, dopo i fatti, aveva dato il via a un imponente progetto edilizio sulla propria area, demolendo completamente le strutture preesistenti per realizzare un nuovo complesso immobiliare. Il vecchio muro danneggiato e le relative utenze sarebbero state comunque rimosse per far posto alla nuova costruzione.

Il Percorso Giudiziario: La Negazione del Danno Risarcibile

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda di risarcimento. La motivazione dei giudici di merito era chiara: sebbene il danno iniziale (il cosiddetto “danno evento”) fosse stato provato, mancava la prova di un danno effettivo e concreto (il “danno conseguenza”).

Le opere necessarie per ripristinare il muro e gli impianti, infatti, erano diventate del tutto inutili. La stessa società attrice, con la sua scelta di demolire e ricostruire, aveva eliminato l’interesse a ripristinare lo stato dei luoghi precedente. Di conseguenza, non sussisteva una perdita patrimoniale effettiva da compensare.

L’Analisi della Cassazione: Quando il Danno Risarcibile Non Esiste

La società ricorreva in Cassazione, sostenendo che il danno evento dovesse essere risarcito a prescindere dalle successive vicende dell’immobile. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, confermando la linea dei giudici di merito con argomentazioni precise.

I giudici hanno chiarito che la Corte territoriale ha correttamente distinto tra:
1. Causalità materiale: il nesso tra la condotta del vicino e il danneggiamento del muro. Questo aspetto era stato provato.
2. Causalità giuridica: il nesso che lega l’evento dannoso alle sue conseguenze pregiudizievoli e che fonda la risarcibilità del danno.

È proprio su questo secondo punto che la domanda è naufragata. La Corte ha stabilito che la domanda non poteva essere accolta perché la ricorrente non aveva dimostrato né il danno concreto subito, né un interesse effettivo al ripristino dei luoghi. Il fatto storico del danneggiamento, pur provato, non era sufficiente a generare un obbligo di risarcimento in assenza di una perdita patrimoniale reale.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio di concretezza. Il risarcimento del danno non ha una funzione punitiva, ma compensativa: deve cioè ristorare il patrimonio del danneggiato per la perdita effettivamente subita. In questo caso, la spesa per la riparazione del muro sarebbe stata un costo inutile, poiché quel manufatto era destinato alla demolizione per volontà della stessa danneggiata.

La Corte d’Appello aveva logicamente affermato che la sistemazione del terreno e il ripristino delle componenti impiantistiche erano “irrilevanti rispetto alle costruzioni realizzate in seguito dall’attore”. Pertanto, non vi era un’omessa pronuncia, ma una valutazione di merito, ben argomentata, sull’assenza di un danno risarcibile. La Cassazione ha concluso che la ricorrente non ha provato il presupposto fondamentale della sua pretesa: l’esistenza di un pregiudizio economico effettivo e non solo potenziale.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: per ottenere un risarcimento, non basta dimostrare di aver subito un torto. È indispensabile provare di aver subito una perdita concreta, un impoverimento del proprio patrimonio. Le scelte successive del danneggiato possono avere un impatto decisivo sulla quantificazione e persino sull’esistenza stessa del diritto al risarcimento. Chi subisce un danno a un bene che intende comunque demolire o trasformare radicalmente, potrebbe vedere la sua richiesta di risarcimento respinta per mancanza di un pregiudizio effettivo.

È sempre dovuto un risarcimento quando si subisce un danno a una proprietà?
No. Secondo questa ordinanza, non è sufficiente provare l’evento dannoso (il cosiddetto ‘danno evento’). Per ottenere un risarcimento, il danneggiato deve dimostrare di aver subito un pregiudizio concreto, effettivo e patrimonialmente valutabile (il ‘danno conseguenza’).

Se il proprietario di un immobile danneggiato decide di demolirlo e ricostruirlo, ha ancora diritto al risarcimento per il danno originario?
In base a questa decisione, no. La Corte ha stabilito che la successiva demolizione e ricostruzione da parte del proprietario ha reso irrilevanti le opere di ripristino, eliminando così l’esistenza di un danno concreto e risarcibile. La spesa per una riparazione sarebbe stata inutile.

Chi ha l’onere di provare il danno in un giudizio di risarcimento?
L’onere della prova grava sempre su chi chiede il risarcimento (l’attore). Quest’ultimo deve dimostrare non solo il fatto illecito e il nesso di causalità, ma anche l’esistenza e l’ammontare del pregiudizio patrimoniale effettivamente subito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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