Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16381 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16381 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12543/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente-
nonché contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente-
nonché contro COGNOMERAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 8384/2021 depositata il 20/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso ai sensi dell’articolo 702 bis c.p.c. notificato il 12 aprile 2011, la RAGIONE_SOCIALE chiedeva al Tribunale di Roma, Sezione distaccata di Ostia, di accertare la responsabilità di NOME COGNOME per i danni che questi avrebbe causato alla propri età dell’attrice nel corso dei lavori di sbancamento, con condanna al pagamento della somma di euro 12.000 circa, oltre interessi e rivalutazione. In particolare, in occasione dei lavori edili svolti all’interno della proprietà COGNOME, sarebbero stati provocati danni al muro confinante, alla rete fognaria, elettrica e del gas (passanti in detto muro) e al pavimento prospiciente un immobile di proprietà dell’attrice. Il danno era stato determinato in sede di accertamento tecnico preventivo.
Si costituiva il convenuto, rilevando che il muro era stato ricostruito prima dell’inizio del giudizio per cui chiedeva il rigetto del ricorso e
la condanna dell’attrice per lite temeraria. Chiedeva di integrare il contraddittorio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (nella sentenza impugnata indicata come RAGIONE_SOCIALE), appaltatrice dei lavori e dell’architetto NOME COGNOME direttore dei lavori. Disposto il mutamento del rito e autorizzata la chiamata in causa dei terzi, si costituiva il professionista chiedendo il rigetto della domanda. La RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rigetto e , tra l’altro, la chiamata in causa del proprio as sicuratore Unipol Sai. Si costituiva quest’ultima eccependo l’inoperatività della polizza e chiedendo, comunque, il rigetto della domanda per intervenuta transazione.
Con sentenza del 28 ottobre 2015 il Tribunale di Roma rigettava la domanda.
Avverso tale decisione proponeva appello la società RAGIONE_SOCIALE Si costituiva NOME COGNOME rilevando di avere ricostruito il muro in questione in cemento armato e che di ciò la società si era arricchita, utilizzandolo come sostegno per la realizzazione di ben cinque nuove unità abitative.
Si costituiva il direttore dei lavori eccependo l’inammissibilità dell’appello e chiedendo ne , comunque, il rigetto. L’assicuratore Unipol Sai S.p.A. deduceva l’inammissibilità dell’appello per mancata specificazione dei motivi. La ditta appaltatrice rimaneva contumace. La Corte d’appello di Roma con sentenza del 20 dicembre 2021 rigettava l’impugnazione condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandosi a sei motivi. Resistono con separati controricorsi NOME COGNOME e Unipol Sai S.p.A. ; quest’ultima deposita memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si lamenta la violazione ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. e dell’articolo 112 c.p.c. I giudici di merito avrebbero omesso di pronunziarsi sulla domanda di accertamento dei danni come meglio indicata nel procedimento di ATP. In particolare, non si
condivide l’idea di fondo secondo cui l’assenza di danno conseguenza comporti automaticamente il difetto di un danno evento. La Corte d’appello ha escluso la risarcibilità del danno evento, comunque riscontrato, evidenziando che la sistemazione del terreno, il rifacimento della pavimentazione, il ripristino delle componenti di impiantistica ‘possono ritenersi irrilevanti rispetto alle costruzioni realizzate in seguito dall’attore: infatti seppure fossero state eseguite, all’epoca dei fatti, sarebbero state rimosse dai successivi interventi di cantiere, necessari per realizzare il nuovo complesso immobiliare’. Da ciò discenderebbe l’omessa pronunzia sulla richiesta di risarcimento dei danni.
Con il secondo motivo si deduce la violazione degli articoli 111 della Costituzione e 132 c.p.c, con riferimento all’articolo 360, n. 4 c.p.c. La sentenza impugnata presenterebbe un ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’, per le medesime ragioni oggetto del precedente motivo.
Con il terzo motivo si lamenta la violazione degli articoli 112, 132 c.p.c. e 118 disposizioni di attuazione c.p.c., con riferimento all’articolo 360, n. 4 c.p.c. L’odierno ricorrente aveva evidenziato, con l’unico motivo di appello, l’irrilevanza della mo difica dello stato dei luoghi. Il danneggiante avrebbe dovuto comunque sostenere i costi, indipendentemente dalla successiva modifica dello stato dei luoghi che avrebbe richiesto, come evidenziato dal consulente d’ufficio, la eliminazione delle opere neces sarie per ripristinare lo stato dei luoghi. Sotto tale profilo la sentenza di secondo grado si sarebbe limitata a confermare le argomentazioni del Tribunale ritenendole corrette senza confutare gli argomenti addotti dall’appellante.
Con il quarto motivo si deduce la violazione l’articolo 2697 c.c., ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. L’odierna ricorrente aveva adempiuto all’onere probatorio posto a suo carico depositando consulenza tecnica resa in sede di accertamento preventivo. In virtù
del riparto dell’onere della prova spettava al convenuto fornire la dimostrazione di avere eseguito i lavori previsti in sede di accertamento tecnico. Da ciò deriverebbe la violazione l’articolo 2697 c.c. avendo il giudice respinto la domanda invertendo la regola dell’onere probatorio.
Con il quinto motivo si lamenta la violazione dell’articolo 111 della Costituzione e 132 c.p.c., con riferimento all’articolo 360, n. 4 c.p.c. Secondo la Corte territoriale parte attrice non avrebbe dimostrato il danno concretamente subito. Sotto tale profilo la decisione risulterebbe illogica nel suo percorso motivazionale.
Con il sesto motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 e n. 4 c.p.c., la violazione di articoli 1218, 1223, 2043 c.c. nonché dell’articolo 2 della Costituzione e dell’articolo 1 del protocollo addizionale CEDU, in relazione all’articolo 10 della C ostituzione. In particolare, la decisione della Corte d’appello sarebbe in contrasto con alcune pronunzie della Corte di legittimità che evidenziano che il danno emergente non consisterebbe nei soli esborsi monetari o nelle diminuzioni patrimoniali già int ervenute, ma si riferirebbe all’insieme dei rapporti giuridici di cui una persona è titolare.
I primi cinque motivi possono essere trattati congiuntamente perché riguardano la medesima questione prospettata in termini di omessa pronuncia rispetto alla richiesta di affermazione della responsabilità del convenuto e di risarcimento del danno o comunque errata applicazione delle norme in tema di onere della prova e di accertamento del danno evento, da considerarsi autonomamente rispetto al danno conseguenza.
Le censure sono infondate, giacché la Corte territoriale ha chiaramente argomentato che la domanda non avrebbe potuto essere accolta perché l’odierna ricorrente non aveva dimostrato, né il danno concreto subito, né l’interesse al ripristino dello stato dei luoghi. Pur ritenendo provato il fatto storico del danneggiamento del manufatto ha correttamente rigettato la domanda per mancanza di
prova di un effettivo danno risarcibile, basando la sua decisione sulle risultanze della consulenza tecnica espletata nel giudizio di merito. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali reiteratamente affermati da questa Corte secondo cui compete al giudice di merito la valutazione del materiale probatorio al fine di accertare, in primo luogo, gli elementi relativi alla causalità materiale al fine di verificare se un determinato evento sia riferibile alla condotta del soggetto individuato dall’attore. In secondo luogo, la causalità giuridica, che riguarda il diverso profilo della risarcibilità civile di que ll’evento.
La Corte d’appello, conformemente a quanto già deliberato dal giudice di primo grado, ha ritenuto insussistente tale secondo profilo giacché il fondo di proprietà dell’attrice sul quale era presente un edificio fatiscente è stato completamente demolito e al suo posto è stato realizzato un complesso immobiliare costituito da cinque fabbricati indipendenti, realizzati a schiera. La Corte territoriale ha chiaramente evidenziato che le opere che avrebbero dovuto essere eseguite per ripristinare lo stato dei luoghi e che costituivano il costo necessario (risarcimento del danno), sarebbero state inutili, giacché in occasione della demolizione e successiva ricostruzione di un complesso immobiliare del tutto differente, quei manufatti sarebbero stati comunque eliminati.
La Corte territoriale sulla base di un’argomentazione logica e giuridicamente corretta ha, infatti, affermato che ‘la sistemazione del terreno, il rifacimento della pavimentazione e il ripristino delle componenti impiantistica possono ritenersi irrilevanti rispetto alle costruzioni realizzate in seguito dall’attore; infatti, seppure fossero state eseguite, all’epoca dei fatti, sarebbero state rimosse dai successivi interventi di cantiere necessari per realizzare il nuovo complesso immobiliare’.
Alla luce di tutto quanto precede non è in alcun modo configurabile un’omessa pronunzia, poiché la Corte territoriale ha specificamente
esaminato la domanda, rigettandola per mancanza di prova del danno concreto subito, condividendo le corrette argomentazioni della sentenza di primo grado fondata sulla consulenza tecnica che aveva accertato che il mutato stato dei luoghi aveva reso irrilevanti le opere da eseguire.
Quanto precede consente di escludere radicalmente la sussistenza di un grave vizio motivazionale prospettato nel secondo motivo (la censura avrebbe dovuto essere formulata ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c. ipotesi non consentita ex art. 348 ter c.p.c. nel caso di specie ricorrendo l’ipotesi di cd doppia conforme).
Nello stesso modo non è possibile sostenere che il giudice di secondo grado abbia acriticamente reiterato le argomentazioni del Tribunale giacché, al contrario, ne ha esposto il contenuto esprimendo apprezzamento, condivisione, pertinenza e decisività rispetto ai temi discussi dalle parti. La Corte territoriale ha richiamato le considerazioni del Tribunale svolgendo una autonoma valutazione critica in modo da rendere palese la motivazione adottata e la sua compatibilità logico giuridica, così come richiesto da questa Corte di legittimità (Cass. 10 gennaio 2022, n. 459). Neppure sussiste la lamentata violazione dell’art. 2697 c.c., che è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia a valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. 29 maggio 2018, n. 13395; Cass. 31 agosto 2020, 18092)
L’ultimo motivo è inammissibile perché assolutamente generico, consistendo nella reiterazione della tesi della ricorrente, secondo cui il danno dovrebbe essere comunque riconosciuto anche in assenza di un concreto pregiudizio rispetto al quale la Corte territoriale non ha in alcun modo invertito l’onere della prova. Al contrario, quella
Corte ha preso le mosse dal dato non contestato del danneggiamento del muro di confine, esaminando il profilo ritenuto decisivo e assorbente della utilità e rilevanza delle opere da eseguire, diverse dalla ricostruzione del predetto muro (pacificamente costruito dalla convenuta in cemento armato, quindi più funzionale rispetto alle opere edili realizzate successivamente dalla attrice nel proprio terreno).
Le considerazioni che precedono impongono il rigetto della domanda, con condanna al pagamento delle spese di lite, liquidate come da dispositivo.
Va dato atto, a i sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di COGNOME NOME, delle spese, liquidandole in € 2.500,00 per compensi ed in favore di Unipol Sai S.p.A. in € 3.500,00 per compensi, oltre, per entrambi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte