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Danno presunto: no a risarcimento automatico

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7290/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di distanze tra costruzioni. Sebbene abbia confermato l’ordine di arretramento di un’opera costruita in violazione delle norme locali, ha annullato la condanna al risarcimento del danno. La Corte ha superato il concetto di ‘danno in re ipsa’, affermando che il danneggiato deve allegare circostanze specifiche che provino un pregiudizio concreto, da cui il giudice potrà desumere l’esistenza del danno. Nasce così il principio del danno presunto, che richiede un onere di allegazione da parte dell’attore.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno Presunto: La Cassazione Cambia le Regole sul Risarcimento per Violazione delle Distanze

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7290/2025) segna un punto di svolta importante in materia di violazione delle distanze tra costruzioni. La Corte, pur confermando l’illegittimità di un’opera edilizia, ha rivoluzionato il criterio per il risarcimento, superando il vecchio orientamento del danno automatico (in re ipsa) e introducendo il più rigoroso concetto di danno presunto. Questa decisione impone a chi subisce la violazione di dimostrare, tramite allegazioni concrete, il pregiudizio effettivo subito.

I Fatti del Caso: Una Costruzione sul Confine

La vicenda ha origine dalla controversia tra due proprietari confinanti. I ricorrenti lamentavano che il vicino avesse edificato un muro di contenimento e un garage in violazione della distanza minima di cinque metri dal confine, imposta dal regolamento edilizio comunale. Di conseguenza, ne chiedevano l’arretramento e il risarcimento dei danni subiti.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai proprietari danneggiati. I giudici avevano ordinato la demolizione o l’arretramento delle opere illegittime e condannato il costruttore a un risarcimento. La Corte d’Appello, in particolare, aveva motivato la condanna al risarcimento sulla base del principio del “danno in re ipsa“, ritenendo cioè che la semplice violazione della norma sulle distanze fosse di per sé sufficiente a generare un danno risarcibile, senza bisogno di ulteriori prove.

L’Analisi della Cassazione e il Principio del Danno Presunto

La Corte di Cassazione ha esaminato la questione sotto due profili principali: la violazione delle distanze e la liquidazione del danno.

Distanze dal Confine e Inapplicabilità del Principio di Prevenzione

La Suprema Corte ha respinto i motivi di ricorso relativi alla violazione delle distanze. Ha chiarito che quando un regolamento locale impone una distanza minima inderogabile dal confine, tale norma prevale sulle disposizioni generali del Codice Civile, incluso il principio di prevenzione (secondo cui chi costruisce per primo può determinare la posizione della costruzione del vicino). L’obiettivo di queste norme locali non è solo evitare intercapedini dannose, ma anche tutelare l’assetto urbanistico del territorio. Pertanto, la violazione della distanza di cinque metri dal confine era stata correttamente accertata.

La Svolta sul Risarcimento: Dal “Danno in re ipsa” al “Danno Presunto”

Il punto cruciale e innovativo della sentenza riguarda il risarcimento. La Cassazione ha accolto i motivi di ricorso su questo aspetto, cassando la sentenza d’appello. I giudici hanno evidenziato l’evoluzione della giurisprudenza, che si è allontanata dalla teoria del danno in re ipsa.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il diritto non viene leso automaticamente. La violazione del diritto di proprietà, come nel caso delle distanze, non comporta di per sé un danno risarcibile. Per ottenere un risarcimento, non è sufficiente lamentare la violazione della norma; è necessario che il proprietario danneggiato assolva a un onere di allegazione. Deve, cioè, indicare al giudice gli elementi, le modalità e le circostanze specifiche che dimostrino l’esistenza e l’entità di un concreto pregiudizio patrimoniale. Ad esempio, deve allegare una diminuzione di luce, aria, visuale, o un deprezzamento del valore commerciale dell’immobile. Solo sulla base di queste allegazioni, il giudice potrà utilizzare le presunzioni (artt. 2727 e 2729 c.c.) per ritenere provato il danno e procedere alla sua liquidazione. La Corte d’Appello aveva invece errato, confermando un risarcimento senza alcuna motivazione sui criteri adottati e senza che i danneggiati avessero fornito prova di un pregiudizio effettivo.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Cassazione stabilisce che la violazione delle distanze legali dà sempre diritto alla tutela ripristinatoria (demolizione o arretramento), ma non automaticamente a quella risarcitoria. Il risarcimento del danno non è più una conseguenza automatica dell’illecito, ma richiede che il danneggiato fornisca elementi concreti che dimostrino il pregiudizio subito. Il danno non è più “nella cosa stessa” (re ipsa), ma deve essere “presunto” dal giudice sulla base di prove circostanziali. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione sul punto del risarcimento, alla luce di questo rinnovato principio di diritto.

Quando si viola la distanza legale dal confine, il risarcimento del danno è automatico?
No. Secondo la sentenza, la violazione dà diritto alla riduzione in pristino (arretramento), ma per ottenere il risarcimento del danno è necessario che la parte danneggiata alleghi e provi, anche tramite presunzioni, le circostanze specifiche che hanno causato un concreto pregiudizio.

Il principio secondo cui chi costruisce per primo determina la posizione delle costruzioni (prevenzione) è sempre valido?
No. Tale principio, previsto dal Codice Civile, non si applica quando i regolamenti edilizi locali stabiliscono una distanza minima obbligatoria delle costruzioni dal confine. In questi casi, la norma locale prevale.

Qual è la differenza tra ‘danno in re ipsa’ e ‘danno presunto’ in questo contesto?
Il ‘danno in re ipsa’ è un danno che si considera esistente per il solo fatto della violazione della norma. Il ‘danno presunto’, invece, richiede che la parte lesa alleghi dei fatti specifici (es. perdita di luminosità, deprezzamento immobiliare) dai quali il giudice può logicamente dedurre (presumere) l’esistenza e l’entità del danno subito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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