LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Danno presunto: come si calcola il risarcimento?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26884/2024, chiarisce che la violazione delle distanze legali non genera un risarcimento automatico. Il danneggiato deve allegare un pregiudizio concreto. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva liquidato il danno senza specificare i criteri di calcolo, introducendo il concetto di danno presunto che richiede una prova, anche per presunzioni, del pregiudizio subito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno presunto: la Cassazione chiarisce i criteri per il risarcimento

L’ordinanza n. 26884/2024 della Corte di Cassazione segna un punto fondamentale in materia di risarcimento del danno da violazione dei diritti di proprietà, in particolare per il mancato rispetto delle distanze legali. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso di un proprietario, ha ribadito che il risarcimento non è mai automatico, superando definitivamente il concetto di ‘danno in re ipsa’ a favore di quello più evoluto di danno presunto. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati.

I fatti del caso

La controversia nasce dalla realizzazione di un terrapieno da parte di un proprietario sul proprio terreno, in violazione delle norme sulle distanze rispetto alla proprietà confinante. Tale opera, rimasta in essere per circa otto anni, creava di fatto una servitù di veduta illegittima sul fondo del vicino. Quest’ultimo agiva in giudizio, ottenendo sia in primo grado che in appello la condanna della controparte al pagamento di 12.000 euro a titolo di risarcimento del danno.

Secondo la Corte d’Appello, tale risarcimento era dovuto ‘in automatico’ per il solo fatto della violazione accertata, senza la necessità di una prova specifica ulteriore del pregiudizio subito.

Il ricorso in Cassazione e il concetto di danno presunto

La parte soccombente ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:

1. L’erronea applicazione del principio del danno ‘in re ipsa’, sostenendo che il giudice avrebbe dovuto verificare l’esistenza concreta del pregiudizio.
2. La totale assenza di motivazione sui criteri utilizzati per quantificare il danno in 12.000 euro.

La Suprema Corte ha accolto entrambi i motivi, cogliendo l’occasione per ribadire l’orientamento inaugurato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 33645/2022. La locuzione ‘danno in re ipsa’ deve essere sostituita con quella di ‘danno presunto‘ o ‘danno normale’.

Questo significa che, sebbene la violazione di un diritto reale come la proprietà costituisca di per sé un evento di danno, non si può parlare di un risarcimento automatico. Il danno risarcibile non è la violazione in sé, ma la ‘concreta possibilità di godimento che è stata persa’ a causa di essa. Pertanto, il danneggiato ha l’onere di allegare, anche attraverso nozioni di comune esperienza o presunzioni, quali specifiche facoltà di godimento del proprio bene sono state compromesse.

La quantificazione del danno: non può essere arbitraria

Strettamente collegato al primo punto è il secondo motivo di ricorso. La Cassazione ha censurato la decisione della Corte d’Appello anche per non aver esplicitato l’iter logico-giuridico che l’ha portata a liquidare il danno in 12.000 euro.

Anche quando il giudice procede a una liquidazione equitativa (cioè quando il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare), è necessario che indichi, almeno sommariamente, i criteri seguiti. Nel caso di specie, la Corte territoriale si era limitata a menzionare la durata dell’illecito (dal 2010 al 2017) e ‘l’uso solo saltuario’ della proprietà da parte del danneggiato, senza però spiegare come questi elementi si traducessero nella somma liquidata. Tale modus operandi rende la decisione arbitraria e non controllabile.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha errato nel ritenere il risarcimento un effetto automatico della violazione, senza considerare le specifiche allegazioni della parte ricorrente (come l’uso saltuario dell’immobile da parte del vicino o la presenza di una siepe che limitava la veduta). La giurisprudenza, in particolare quella delle Sezioni Unite, ha chiarito che il danno da violazione dei diritti reali è un danno presunto, il che significa che il danneggiato deve comunque allegare gli elementi di fatto da cui si possa desumere il pregiudizio. Inoltre, il giudice, nel liquidare il danno in via equitativa, ha l’obbligo di esporre i criteri logici seguiti per la quantificazione, al fine di non rendere la sua decisione arbitraria. La Corte d’Appello non ha seguito questi principi, limitandosi a liquidare una somma forfettaria senza adeguata motivazione.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza ribadisce un principio cruciale: per ottenere un risarcimento per la violazione di un diritto di proprietà, non basta dimostrare l’illecito. È necessario allegare e provare, anche tramite presunzioni, quale specifica utilità del bene è stata persa o compressa. Il giudice, a sua volta, deve motivare adeguatamente la quantificazione del danno, ancorando la sua decisione a criteri oggettivi e verificabili. La sentenza impugnata è stata quindi cassata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questi fondamentali principi di diritto.

La semplice violazione delle norme sulle distanze dà diritto a un risarcimento automatico?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il concetto di ‘danno in re ipsa’ (danno automatico) è superato. È necessario che il danneggiato alleghi e dimostri, anche tramite presunzioni, quale pregiudizio concreto ha subito, come la perdita di fruibilità o di valore del proprio immobile. Si parla, infatti, di ‘danno presunto’.

Cosa deve fare chi subisce una violazione del proprio diritto di proprietà per ottenere un risarcimento?
Deve agire in giudizio e, oltre a provare la violazione commessa dal vicino (ad esempio, la costruzione a distanza inferiore a quella legale), deve allegare specificamente in cosa consiste il suo danno: ad esempio, la riduzione di luce e aria, la perdita di privacy, la diminuzione del valore della proprietà o altre limitazioni al godimento del bene.

Come deve essere calcolato dal giudice il risarcimento del danno?
Il giudice deve procedere a una liquidazione che tenga conto degli elementi forniti dal danneggiato. Anche quando procede in via equitativa (cioè quando una stima esatta è difficile), deve indicare in modo chiaro i criteri logici utilizzati per determinare l’importo, per evitare che la sua decisione appaia arbitraria e per permetterne il controllo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati