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Danno occupazione illegittima: prova e risarcimento

Una sorella ha citato in giudizio il fratello per ottenere il risarcimento del danno da occupazione illegittima dei suoi immobili. Il tribunale di primo grado aveva respinto la richiesta per mancanza di prove. La Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, stabilendo che la sorella aveva fornito prove sufficienti del pregiudizio subito, come la necessità di pagare l’affitto per un’altra abitazione. La Corte ha quindi quantificato il danno e condannato il fratello al pagamento, applicando i recenti principi della Corte di Cassazione sul cosiddetto “danno presunto”. La domanda riconvenzionale del fratello, basata su un presunto negozio fiduciario, è stata respinta in entrambi i gradi di giudizio.

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Danno da Occupazione Illegittima: Come Provare il Danno e Ottenere il Giusto Risarcimento

Il danno da occupazione illegittima di un immobile è una questione complessa che spesso finisce nelle aule di tribunale. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari offre chiarimenti fondamentali su come il proprietario possa provare il pregiudizio subito e ottenere il giusto risarcimento. Analizziamo il caso, che vede contrapposti due fratelli in una disputa sulla proprietà e l’uso di tre immobili, per comprendere i principi applicati dai giudici.

I Fatti di Causa: una Proprietà Contesa tra Fratelli

La vicenda ha origine quando una donna, proprietaria di tre immobili a Foggia (un appartamento, un garage e un locale commerciale), cita in giudizio suo fratello. Sostiene che, fin dal gennaio 2011, lui abbia occupato arbitrariamente le proprietà senza alcun titolo, rifiutandosi di rilasciarle. La donna chiede quindi un cospicuo risarcimento per l’occupazione abusiva, oltre al rimborso di spese condominiali e utenze non pagate.

Il fratello, costituendosi in giudizio, offre una versione dei fatti diametralmente opposta. Afferma di essere il vero acquirente degli immobili e di averli solo intestati fiduciariamente alla sorella per ragioni legate al suo regime patrimoniale coniugale. A sostegno della sua tesi, dichiara di aver pagato il mutuo e le somme iniziali. Formula quindi una domanda riconvenzionale per ottenere il riconoscimento del patto fiduciario e la restituzione delle somme versate.

La Decisione di Primo Grado e i Motivi d’Appello

Il Tribunale di Foggia accoglie solo in minima parte le richieste della sorella, condannando il fratello al pagamento delle sole quote condominiali e di una bolletta. Respinge però la domanda principale, quella relativa al danno da occupazione illegittima, sostenendo che l’attrice non avesse fornito una prova adeguata del danno effettivamente subito. Vengono respinte anche tutte le domande del fratello.

Insoddisfatta, la sorella propone appello, contestando la mancata liquidazione del danno da occupazione e l’omessa pronuncia su una richiesta di risarcimento per presunte minacce subite in udienza. A sua volta, il fratello presenta un appello incidentale, insistendo sul riconoscimento del negozio fiduciario.

L’Analisi della Corte sul Danno da Occupazione Illegittima

La Corte d’Appello di Bari riforma radicalmente la decisione di primo grado sul punto cruciale della controversia. I giudici d’appello, pur condividendo il principio generale stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 33645/2022) secondo cui il danno non è automatico (in re ipsa) ma deve essere provato, ritengono che nel caso di specie la prova sia stata ampiamente fornita.

Il Collegio valorizza due elementi chiave:
1. Le prove testimoniali: Diversi testimoni hanno confermato che la sorella si era recata più volte presso gli immobili per chiedere al fratello di liberarli, ricevendo solo risposte evasive.
2. La prova documentale: L’appellante ha dimostrato di aver dovuto proseguire un contratto di locazione per un altro appartamento, sostenendo un canone mensile, proprio a causa dell’impossibilità di utilizzare l’immobile di sua proprietà. Questo rappresenta una prova concreta e oggettiva del pregiudizio economico subito.

Sulla base di questi elementi, la Corte ritiene provato il “danno presunto”, ovvero un danno la cui esistenza è logicamente deducibile dai fatti, e lo quantifica in € 12.090,00, corrispondenti ai canoni di locazione versati nel periodo di occupazione illegittima (dal gennaio 2011 al giugno 2017).

Il Rigetto del Negozio Fiduciario e dell’Appello Incidentale

Parallelamente, la Corte respinge integralmente l’appello del fratello. Pur specificando, in linea con la giurisprudenza più recente (Cass. n. 6459/2020), che un patto fiduciario immobiliare non necessita obbligatoriamente della forma scritta, i giudici evidenziano la totale assenza di prove a sostegno della sua tesi. Anzi, le testimonianze avevano confermato che era stata la sorella a fornire il denaro per pagare il mutuo. La mancanza di allegazioni probatorie e documentali concrete rende la sua difesa infondata.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Appello ha motivato la sua decisione sulla base di un’attenta applicazione dei principi della Corte di Cassazione. Il punto centrale è la distinzione tra “danno in re ipsa” (un concetto ormai superato) e “danno presunto”. Il proprietario non ottiene un risarcimento solo perché il suo bene è occupato; deve allegare e provare, anche tramite presunzioni, che da quell’occupazione è derivata una concreta perdita economica. Nel caso in esame, la necessità di pagare un affitto esterno è stata considerata la prova presuntiva decisiva del danno. Al contrario, la domanda riconvenzionale del fratello è stata respinta non per un vizio di forma, ma per una carenza sostanziale di prove, riaffermando il principio secondo cui chi afferma un diritto ha l’onere di provarlo.

Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza

Questa sentenza offre importanti lezioni pratiche per chi si trova in situazioni simili. In primo luogo, per ottenere il risarcimento per il danno da occupazione illegittima, è cruciale non limitarsi ad affermare il proprio diritto di proprietà, ma raccogliere e presentare prove concrete del pregiudizio economico subito. Documentare spese alternative, come un affitto, o mancate opportunità di locazione a terzi è una strategia vincente. In secondo luogo, chi intende far valere un accordo fiduciario deve essere consapevole che, pur non essendo sempre richiesta la forma scritta, l’onere di provare l’esistenza di tale patto con elementi solidi e credibili ricade interamente su di lui. Le semplici affermazioni non sono sufficienti in un’aula di tribunale.

Per ottenere il risarcimento per un immobile occupato illegalmente, basta dimostrare di esserne il proprietario?
No. Secondo la sentenza, non è sufficiente. Il proprietario deve provare di aver subito un danno concreto, ovvero una perdita economica. Tuttavia, questa prova può essere fornita anche attraverso presunzioni, come dimostrare di aver dovuto pagare un affitto per un’altra casa a causa dell’indisponibilità della propria.

Un accordo fiduciario per intestare un immobile a un’altra persona deve essere per forza scritto?
No. La Corte di Appello, citando una sentenza della Cassazione (n. 6459/2020), chiarisce che il patto fiduciario immobiliare non richiede la forma scritta per essere valido. Tuttavia, chi lo invoca deve comunque provarne l’esistenza in giudizio con prove concrete, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Cosa succede se una parte subisce minacce durante un’udienza?
La sentenza spiega che per ottenere un risarcimento per espressioni offensive o minacciose in udienza (ai sensi dell’art. 89 c.p.c.), è necessario che l’episodio sia provato in modo certo. Nel caso esaminato, la richiesta è stata respinta perché non c’erano prove sufficienti: l’evento non era stato verbalizzato durante l’udienza né segnalato formalmente al giudice al momento dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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