Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5601 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5601 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23438/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante per l’Italia, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 4614/2021, depositata il 15/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato in fatto che
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano davanti al Giudice di Pace di Roma la RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa del ritardo di circa sette ore del volo internazionale Roma-Malè (INDIRIZZO e della consegna con due giorni di ritardo del bagaglio imbarcato nella stiva sul volo di ritorno da Malè a Roma;
con la sentenza n. 28582/2018, il giudice, in accoglimento parziale della domanda attorea, condannava la RAGIONE_SOCIALE aerea convenuta al pagamento, in favore di ciascuno degli attori, della somma di euro 600,00, per compensazione pecuniaria ex art. 7 Reg. CE n. 261/04 , dell’importo di euro 400,00 per danno non patrimoniale, ai sensi degli artt. 19 e 22 della Convenzione di Montreal, e di quello di euro 200,00 per mancata informativa ed assistenza, in considerazione del verosimile disagio (danno esistenziale) vissuto in conseguenza dell’inadempimento;
il Tribunale di Roma, dinanzi al quale RAGIONE_SOCIALE impugnava la statuizione con cui il Giudice di Pace l’aveva condannata al risarcimento del danno non patrimoniale e del danno per mancata informativa ed assistenza, con la sentenza n. 4614/2021, ha accolto parzialmente l’impugnazione e, per l’effetto, ha respinto la domanda di risarcimento del danno esistenziale per mancata assistenza a terra e informazione dei passeggeri;
il giudice a quo , dopo aver ricostruito la disciplina del contratto di trasporto aereo internazionale e, in particolare i rapporti tra il Reg. CE 261/2002 e la Convenzione di Montreal del 28/05/1999, ratificata dall’Italia il 10/01/2014, e avere escluso l’applicazione alla vicenda per cui è causa del Codice del Turismo (non avendo gli appellati acquistato un viaggio tutto compreso), ha riconosciuto la sussistenza a carico degli appellati di un danno non patrimoniale da inadempimento per il ritardo aereo e negato, invece, l’ulteriore danno esistenziale dai medesimi lamentato per mancata assistenza a terra e informazione da parte del vettore appellante, ritenendo detta voce di danno già inclusa nella compensazione monetaria loro riconosciuta;
avverso tale decisione RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resistono NOME COGNOME e NOME COGNOME, depositando controricorso;
la trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis .1 cod.proc.civ.;
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
Considerato in diritto che
1) con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., la violazione degli artt. 1223 e 2059 cod.civ. in relazione alla liquidazione del danno morale da inadempimento contrattuale;
la tesi del vettore aereo è che per la risarcibilità del danno morale derivante da inadempimento contrattuale occorra la ricorrenza della ‘serietà del danno’ e della ‘gravità della lesione’, nel senso che ‘la lesione deve riguardare i diritti fondamentali dell’individuo. Pertanto, al di fuori delle conseguenze di lesioni di posizioni costituzionalmente riconosciute, non riscontrate nel caso di specie, e delle rare ipotesi di inadempimento integranti reati, il danno non
patrimoniale contrattuale, è da considerare sostanzialmente irrisarcibile’; di conseguenza, invoca l’irrisarcibilità dei disagi cagionati dal ritardo aereo, non bastando il superamento della soglia della gravità della lesione e della serietà del pregiudizio, ma occorrendo anche la lesione grave di diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti;
2) con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., la violazione dell’art. 1226 cod.civ. e dell’art. 113, 2° comma, cod.proc.civ.;
attinta da censura è la statuizione con cui il Tribunale ha riconosciuto il pregiudizio morale ed esistenziale patito dagli appellati a causa dello stress e della stanchezza psicofisica accumulati in seguito al ritardo di circa sette ore ‘valutati complessivamente tutti gli elementi emersi dall’istruttoria documentale svolta’;
secondo quanto prospettato, il giudice a quo avrebbe violato il limite della decisione secondo equità di cui all’art. 113, 2° comma cod.proc.civ., ed anche l’art. 1226 cod.civ., avendo liquidato equitativamente il danno, senza che ricorressero i presupposti per il ricorso alla liquidazione equitativa dello stesso;
3) con il terzo motivo, in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 19 della convenzione di Montreal del 1999 e dell’art. 12 Reg. Ce 261/2004;
il Tribunale avrebbe violato l’art. 12 del Reg. 261/2004 che riconosce al passeggero il diritto ad un risarcimento supplementare rispetto all’importo di cui alla compensazione soltanto se l’importo risarcitorio superi quello della compensazione di cui all’art. 7, la quale viene detratta dal totale; in aggiunta, il giudice a quo avrebbe violato la decisione del 13 ottobre 2011 della Corte di Giustizia (causa C-83-10) che ha escluso che le domande dei passeggeri aerei fondate sui diritti loro spettati sulla base del Reg. 261/2004 rientrino nel risarcimento supplementare;
con il quarto motivo il vettore aereo denuncia, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., la violazione degli artt. 91 e 92 cod.proc.civ. ;
il Tribunale l’ avrebbe erroneamente condannata al pagamento di 2/3 delle spese di lite, pur essendo stata parzialmente vittoriosa in appello, violando il principio di causazione che esclude che l’appellante vittorioso, ancorché parzialmente, possa essere condannato al pagamento delle spese a favore dell’appellato soccombente;
con il quinto ed ultimo motivo il vettore deduce la nullità della sentenza ex art. 132 cod.proc.civ.;
le censure mosse alla sentenza impugnata sono plurime:
il Tribunale non si sarebbe pronunciato sul primo motivo di appello, relativo alla violazione dell’art. 12 del Reg. 261/2004;
quanto al secondo motivo di impugnazione con cui era stata lamentato che l’inadempimento contrattuale non dà luogo a danni non patrimoniali se non in caso di lesione di diritti fondamentali indisponibili, il Tribunale non avrebbe spiegato il percorso seguito per riconoscere ai passeggeri l’ulteriore pregiudizio morale ed esistenziale patito a causa dello stress, non spiegando rispetto a cosa detto pregiudizio sarebbe ulteriore, né sulla scorta di quali elementi probatori ha ritenuto di inferirne l’esistenza e la quantificazione; tantomeno avrebbe indicato quali diritti di rilievo costituzionale, secondo le sentenze di San Martino del 2008 evocate, sarebbero stati lesi dal ritardo del volo;
in ordine al regolamento delle spese, il Tribunale per compensare per 1/3 le spese di lite ha fatto riferimento alla reciproca soccombenza, ma detta reciproca soccombenza giustificherebbe la compensazione integrale delle stesse, considerando che in primo grado la domanda attorea era stata accolta solo in parte e che la decisione di prime cure era stata parzialmente riformata;
il ricorso è complessivamente ammissibile, per le seguenti ragioni:
6.1) il primo motivo si sostanzia in una richiesta di diverso accertamento dei fatti di causa che contrasta con i caratteri morfologici e funzionali propri del giudizio dinanzi questa Corte; non può farsi a meno di osservare che il giudice a quo infatti ha riformato la sentenza di prime cure, escludendo il diritto degli appellati al risarcimento del danno non patrimoniale per la mancata informazione ed assistenza a terra proprio per effetto di quell’accertamento che RAGIONE_SOCIALE invoca e che deduce abbia fatto difetto; il che esclude che il Tribunale abbia fatto propria, come sottende la censura di RAGIONE_SOCIALE, la tesi della risarcibilità di qualsivoglia interesse non patrimoniale frustato dall’inadempimento;
6.1.1) la società ricorrente non individua l’ error iuris imputato al Tribunale; secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, 1° comma, n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez. Un. , 05/05/2006, n. 13013);
6.1.2) per di più, non pare essere stata ben colta la portata della decisioni pronunciate da questa Corte a Sezioni Unite l’11/11/2008, nn. 226972, 229673, 2299674, le quali giammai hanno escluso la risarcibilità del danno non patrimoniale originato dall’inadempimento del contratto; è indubbio che le decisioni
dell’11/11/2008 abbiano elaborato per la responsabilità contrattuale una regola di risarcimento dei danni non patrimoniali conforme con i valori personalistici che informano il nostro sistema ordinamentale e che impongono in tutte le articolazioni di detto sistema quantomeno che a presidio della dimensione assiologica della persona venga riconosciuto il rimedio risarcitorio, quale forma minima ed incomprimibile di tutela, e che a tale risultato abbia ritenuto potersi pervenire senza la necessità di ricorrere all’applicazione analogica dell’art. 2059 cod.civ., ma nel rispetto delle regole operative proprie della responsabilità contrattuale e della costruzione della fattispecie;
proprio l’applicazione analogica dell’art. 2059 cod.civ. sembra essere sottesa dal ragionamento confutativo illustrato, soprattutto nella parte in cui sembra dare per scontato che il Tribunale abbia ravvisato accolto parzialmente la richiesta risarcitoria, dopo aver accertato il superamento della soglia della gravità della lesione e della serietà del pregiudizio, ma senza accertare se l’inadempimento avesse cagionato la lesione grave di diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti;
6.2) il secondo motivo muove da una premessa erronea in iure , perché confonde il giudizio di equità con la valutazione equitativa del danno; sul punto, va ribadito che “l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa”, sicché esso, da un lato, “è subordinato alla condizione che per la parte interessata risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo ammontare”, mentre, dall’altro, “non ricomprende l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte
di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno” (così Cass. 1/03/2023, n.6109);
avendo il giudice a quo ritenuto sussistente il danno invocato dagli appellati ed essendo il danno richiesto insuscettibile di una precisa quantificazione ha fatto correttamente ricorso all’equità al fine di determinare, appunto, il quantum debeatur ;
6.3 ) il terzo motivo è inammissibile;
per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione; il che non avviene quando, come in questo caso, l’esercizio del diritto d’impugnazione non si correli alla precisa individuazione della statuizione impugnata (Cass. 16/04/2021, n. 10128);
6.3.1) né la ricorrente sembra cogliere la ratio decidendi che sta alla base dell’accoglimento della richiesta risarcitoria, la quale è stata evidentemente fondata sull’applicazione corretta -del diritto nazionale e quindi delle regole che consentono di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale derivante dall’inadempimento di una obbligazione contrattuale; infatti, quanto all’area dei danni risarcibili per l’inadempimento del contratto di trasporto aereo, questa Corte ha chiarito che, al di fuori delle ipotesi di applicabilità diretta dei criteri di compensazione fissati dalla disciplina comunitaria, si applicano i criteri generali di cui agli artt. 1223 e 2697 c.c. (Cass. 13/09/2023, n.26427, Cass. 09/04/2021, n.9474);
6.3.2) non può non rilevarsi che il regolamento n. 261/2004, e in particolare il suo articolo 12, paragrafo 1, seconda frase, deve essere interpretato nel senso che esso consente al giudice nazionale competente di detrarre dal risarcimento supplementare il risarcimento concesso in forza di tale regolamento, ma non lo obbliga a farlo, in quanto il suddetto Regolamento non impone al giudice nazionale competente condizioni sulla base delle quali
potrebbe procedere a tale detrazione (Corte giustizia 29/07/2019, n. 354/18);
6.4) il quarto motivo è infondato;
deve trovare applicazione il principio enunciato dalle Sezioni Unite che, decidendo su contrasto e su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato (cfr. sentenza n. 32061 del 31/10/2022) che, in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, potendo giustificarsi soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, 2° comma, cod.proc.civ.;
6.5) il quinto motivo per un verso ripropone talune delle censure che già la società ricorrente ha formulato con i motivi precedenti, si rinvia pertanto supra §§ 6.1.-6.1.3;
6.5.1) per il resto, si rileva non solo che, avendo la ricorrente dedotto con il terzo motivo la violazione dell’art. 12 Reg. da parte del Tribunale, non può senza cadere in contraddizione dedurre l’omessa pronuncia sul motivo di appello con cui era stata invocata l’applicazione della stessa prescrizione, che la censura di omessa pronuncia è inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, giacché il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la
fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass. 14/10/2021, n.28072);
6.5.2) privo di fondamento è il motivo anche nella parte in cui lamenta la misura della compensazione delle spese di lite, atteso che la decisione di compensare in tutto o in parte le spese di lite, ove ve ne siano i presupposti, e la decisione in ordine alla misura della compensazione non sono suscettibili di sindacato da parte di questa Corte;
6.5.3) infine, l’ iter logico seguito per accogliere parzialmente la domanda risarcitoria è del tutto percepibile, a nulla rilevando, perché la legge processuale non li valorizza, i profili di sufficienza nell’esplicitazione dei singoli passaggi di interconnessione tra la conclusione e il fondamento di essi ; né le affermazioni motivazionali presentano profili di contraddittorietà che possano far ipotizzare per tale via un difetto di motivazione rilevante ex art. 132 n 4 cod.proc.civ.;
il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge a favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 5/12/2023 dalla Terza