Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25277 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25277 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29616/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6802/2022 depositata il 27/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto, notificato il 20.12.2022, illustrato da successiva memoria, COGNOME NOME propone impugnazione per cassazione avverso la sentenza n. 6802/2022 resa dalla Corte d’Appello di Roma in data 27.10.2022. RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso, illustrato da successiva memoria
Con atto di citazione notificato in data 27.11.2014, COGNOME NOME ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, RAGIONE_SOCIALE.p.RAGIONE_SOCIALE per sentirla condannare al risarcimento di tutti i danni subiti, deducendo di aver aderito a una proposta di abbonamento RAGIONE_SOCIALE ma che i successivi addebiti effettuati dall’operatore non corrispondevano alle condizioni economiche pattuite. Ha altresì dedotto che RAGIONE_SOCIALE avrebbe esibito ed utilizzato un contratto apparentemente sottoscritto dall’attore ma in realtà recante firma apocrifa e, per questo motivo, disconosciuta. RAGIONE_SOCIALE si è costituita in giudizio sollevando eccezione preliminare di incompetenza territoriale e contestando la pretesa attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto.
Il primo grado di giudizio è stato definito dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 10591/18 che, rilevato il disconoscimento di firma del COGNOME, non seguito dalla produzione del documento e da istanza di verificazione, ha condannato Fastweb S.p.A. al risarcimento dei danni in favore del COGNOME liquidandoli equitativamente in € 3.000,00, cui ha aggiunto ulteriori € 3.000,00 ai sensi dell’art. 96 c.p.c., con sentenza corredata da ulteriore pronuncia ex art. 91 c.p.c. di condanna al rimborso delle spese di lite.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha interposto gravame affidato a tre motivi di appello aventi ad oggetto: -eccezione di incompetenza territoriale; -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2059 c.c., dell’art. 1226 c.c. e dell’art. 2056 c.c.; -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 96 co. 3 c.p. La Corte d’Appello, rigettando il primo motivo d’appello e accogliendo il secondo (con assorbimento del terzo), ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato la domanda avanzata da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE condannando l’appellato alla rifusione delle spese di lite del doppio grado di giudizio.
Il ricorso è affidato a tre motivi
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 -115 e 116 c.p.c., violazione e falsa applicazione artt. 2059 c.c. e 185 c.p. in relazione agli artt. 168 d.lgs. 1962003 (Codice Privacy) e 485 e 489, secondo comma, c.p. testo vigente ratione temporis . Il ricorrente denuncia che, a fronte dell’accertamento ‘astratto’ di uno o più reati – e nel caso di specie i reati p. e p. dagli artt. 485 e 489 c.p. nonché quello p. e p. dall’art. 168 Codice Privacy – altro non doveva fare il Giudice civile che liquidare il danno. Ritiene che l’avvenuta esibizione nell’ambito del procedimento instaurato nel 2012 presso il CORAGIONE_SOCIALE, da parte del delegato di Fastweb s.p.a., integri i reati, come ritenuto dal giudice di primo grado.
1.1. Il motivo è inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c. perché non si confronta adeguatamente con la ratio decidendi . La Corte territoriale ha ritenuto insussistenti i reati ex art. 485 e 489 c.p. non solo in quanto depenalizzati, ma anche, e soprattutto, in quanto la condotta attribuita a RAGIONE_SOCIALE – esibizione ‘a video’ da parte di un delegato dell’operatore del contratto in contestazione non costituisse reato, considerando che la mera esibizione nel procedimento di mediazione di tale documento non abbia, neppure in astratto, integrato né il reato di cui all’art. 485 c.p. (poiché non è
stato accertato che abbia materialmente formato l’atto in ipotesi falso), né il reato di cui all’art. 489 c.p. (in quanto la detta esibizione non ha integrato ‘l’uso’ dell’atto).
1.2. Si tratta pertanto di una valutazione di merito, in concreto svolta, oltre che del tutto incensurabile in questa sede, non attinta dalla censura che lamenta, invece, la mancata considerazione in astratto del reato contestato e il passaggio in giudicato della prima statuizione del giudice di merito sulla falsità della sottoscrizione disconosciuta. Ne deriva che l’ipotetico giudicato interno che sarebbe ricaduto sull’accertamento della falsità dell’atto in esame, avvenuto nel primo grado per effetto del disconoscimento della sottoscrizione, è del tutto irrilevante giacché, ai fini dell’astratto accertamento dei reati presuntivamente commessi, ai fini dell’accertamento del fatto illecito di rilievo civilistico non rileva – in quanto presupposto necessario ma non sufficiente -il mero accertamento della falsità dell’atto, essendo necessario accertare l’uso concreto e doloso di tale atto da parte di Fastweb, ritenuto insussitente.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c. in relazione all’art. 2 Cost. Il ricorrente afferma che RAGIONE_SOCIALE si sarebbe macchiata ‘di indebita usurpazione di un nome di un soggetto’ (nel caso di specie: il COGNOME). Ciò in quanto i dati personali del COGNOME sono stati acquisiti dall’operatore, in quanto dati essenziali ed imprescindibili per l’attivazione dei servizi telefonici (anch’essi da ritenersi pacifici).
2.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 n. 4 c.p.c. in quanto, in tale caso, non si confronta con la doppia ratio decidendi utilizzata dalla corte di merito per accogliere il motivo di appello di Fastweb . Da un lato, quest’ultima ha ritenuto pacifica l’esistenza del rapporto contrattuale intercorso tra le parti in causa, e pertanto legittima l’acquisizione dei dati personali del Visicchio dall’operatore
in quanto dati essenziali ed imprescindibili per l’attivazione dei servizi telefonici; in più , ha considerato che sotto l’aspetto del risarcimento del danno, i procedimenti amministrativi avviati presso il CORECOM si erano conclusi positivamente con il riconoscimento di un indennizzo per l’attivazione di profili tariffari non richiesti e la mancata risposta ai reclami. Dall’altro, sotto il profilo del danno morale da reato, la Corte d’appello, facendo buon governo dei principi normativi e giurisprudenziali in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, richiamati esplicitamente, ha rigettato la domanda sulla corretta considerazione in iure che ‘ il COGNOME, per ottenere il risarcimento del danno, avrebbe dovuto dimostrare nel presente giudizio che la condotta posta in essere dalla società appellata ha causato ricadute sulla vita di relazione di gravità tale da assurgere a lesioni di diritti costituzionalmente protetti (non potendo considerarsi tali i patemi d’animo, i disagi e l’inutile dispiego di energie materiali e materiali), come tali meritevoli di ristoro ulteriore rispetto agli indennizzi riconosciuti per le singole violazioni accertate nei procedimenti amministrativi di cui si è detto ‘ (v. Cass. S.U. 11.11.2008 n. 26972, i cui principi sono stati successivamente ribaditi, tra le altre, da ultimo, Cass. ord. 12.11.2019 n. 29206).
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c. La Corte d’appello ha ritenuto assorbito il motivo di appello in relazione all’accoglimento dell’appello di Fastweb. Il motivo è inammissibile perché non considera tale ratio decidendi , del tutto coerente con la decisione di merito di non confermare la sentenza di primo grado andata a favore di parte ricorrente e di rigettare la domanda del ricorrente in riforma della sentenza.
In sintesi, poiché la lettura dei tre motivi, al lume della motivazione, evidenzia come la loro illustrazione non si correla alla motivazione enunciata dalla Corte territoriale, essi vanno dichiarati nulli per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso
per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. (Cass. SU 23745 del 28/10/2020).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con compensazione delle spese di lite del presente grado, atteso l’altalenante esito dei giudizi di merito e la particolarità della questione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Compensa integralmente le spese processuali .
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 07/04/2025.
Il Presidente NOME COGNOME