Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11256 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11256 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36755/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
-ricorrenti- contro
COGNOME, COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende; -controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 5859/2019, depositata il 27/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME, proprietari di un appartamento situato al secondo piano di un edificio, hanno convenuto in giudizio NOME COGNOME proprietaria di altre unità immobiliari del medesimo edificio e, lamentando che la convenuta aveva apposto un paletto con catena a chiusura dell’accesso al cortile di proprietà comune , ne hanno chiesto la condanna alla rimozione di tale chiusura e al risarcimento dei danni.
La convenuta NOME COGNOME si è costituita assumendo di essere proprietaria esclusiva del cortile e chiedendo il rigetto della avversa domanda.
Il Tribunale di Velletri ha accolto la domanda con sentenza n. 147/2013 e ha condannato la convenuta alla rimozione della chiusura e al risarcimento del danno non patrimoniale, quantificato in euro 5.000,00.
La sentenza è stata impugnata dalla soccombente NOME COGNOME e la Corte d’appello di Roma , con la sentenza n. 5859/2019, ha rigettato il gravame. La Corte di merito ha anzitutto condiviso la qualificazione della domanda come rivendicazione della comproprietà del cortile, con il conseguente onere probatorio per gli attori ex art. 948 c.c. Tale prova è stata, ad avviso della Corte d’appello, ‘compiutamente fornita’ , perchè il titolo originario era rappresentato dall’atto pubblico per notaio COGNOME del 3.2.1958 con il quale NOME COGNOME comune dante causa delle parti del processo, aveva acquistato insieme a NOME COGNOME un terreno su cui costruire un fabbricato, in cui una porzione del pianterreno, con adiacente distacco, e l’intero primo piano sarebbero stati di proprietà di COGNOME e la restante porzione del piano terreno, con adiacente distacco (il cortile oggetto di causa), e l’intero secondo piano sarebbero stati di proprietà di COGNOME; tale atto ha quindi
attribuito a COGNOME la proprietà esclusiva del cortile in contestazione; la COGNOME, a sua volta, con due atti di donazione del 1993 ha suddiviso tra le due figlie (NOME e NOME COGNOME) la sua proprietà esclusiva delle unità immobiliari site nel fabbricato, ma nulla ha disposto in ordine al cortile, lasciandolo quindi in comunione; la porzione di fabbricato di proprietà di NOME COGNOME è poi stata trasferita, mediante successivi rogiti del 1998, del 2000 e del 2002, ai COGNOME e COGNOME, rogiti che fanno espresso riferimento al trasferimento della ‘quota proporzionale di comproprietà delle parti comuni, fra cui l’area scoperta’. In relazione alla condanna al risarcimento del danno non patrimoniale, la Corte d’appello ha confermato la condanna, con diversa motivazione, facendo perno non sul diritto di proprietà, ma sul diritto di abitazione.
Avverso la sentenza ricorrono per cassazione NOMECOGNOME NOME ed NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME
Resistono con controricorso NOME COGNOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME nonché NOME e NOME COGNOME quali eredi della medesima.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in quattro motivi.
Il primo e il secondo motivo sono tra loro strettamente connessi.
Il primo motivo denunzia , in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., ‘violazione del combinato disposto degli artt. 922, 769, 782, 1350, 1376 e 948 c.c. in relazione alla prova del diritto di proprietà dell’area rivendicata’: la Corte d’appello -si sostiene -ha erroneamente ritenuto che, non avendo COGNOME negli atti di donazione fatto riferimento al cortile, il cortile sia rimasto in comunione tra le due donatarie; sarebbe infatti evidente che, in tal caso, il cortile, non espressamente oggetto di donazione, è rimasto di proprietà della donante.
b) Il secondo motivo lamenta, in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., nullità e ‘illogicità della sentenza relativamente alla qualificazione del cortile di cui è causa ex art. 1117 c.c., violazione dell’art. 132 c.p.c.’: è affetta da illogicità la motivazione della sentenza impugnata laddove afferma che l’area in contesa rientra nel concetto di cortile ai sensi dell’art. 1117 c.c., avendo invece qualificato l’azione come rivendicazione di un bene in comproprietà e non condominiale.
I due motivi sono infondati.
Anzitutto, è pacifica la natura dell’azione esperita dagli attori (rivendicazione della comproprietà del cortile, ritenuto comune) e l’originaria appartenenza delle unità immobiliari delle parti a NOME COGNOME, madre della convenuta NOME COGNOME, nonché di NOME COGNOME dalla quale, attraverso una serie di trasferimenti, hanno poi acquistato la propria unità immobiliare gli attori COGNOME e COGNOME. Neppure sorge contrasto sulla originaria appartenenza del cortile oggetto di causa a COGNOME (il cortile risulta colorato in rosso nel titolo di acquisto del terreno del 3 febbraio 1958).
Correttamente, dunque, la Corte d’appello alla pag. 3 della sentenza ha focalizzato la sua attenzione sulle coeve donazioni di immobili fatte da COGNOME – con i due atti per notaio Bellagamba del 16 luglio 1993 – alle figlie NOME e NOME COGNOME La Corte d’appello, interpretando, nell’esercizio delle sue prerogative, gli atti di donazione, ha ritenuto che, in mancanza di una espressa attribuzione del cortile, esso fosse stato donato in comproprietà alle due figlie, valorizzando la sua funzione (di ‘ dare aria e luce agli immobili che su di esso si affacciano e l’accesso alle unità in proprietà esclusiva ‘) . Tale ragionamento è incensurabile perché frutto di una plausibile interpretazione della volontà della donante (come precisa Cass. n. 28319/2017, quella accolta nella sentenza impugnata non deve essere l’unica interpretazione astrattamente
possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra).
D’altro canto la ricorrente -che -si badi bene -non ha neppure ritenuto di denunziare la violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti -sostiene una tesi (la mancanza di una attribuzione espressa del cortile comporta una riserva di proprietà esclusiva a favore della donante e quindi l’esclusione del cortile dalla donazione) che, a ben vedere, si pone in contrasto innanzitutto con la lettera degli atti di donazione (in cui si dispone che ‘ quanto è oggetto del presente atto viene donato a corpo, nello stato di fatto e di diritto in cui si trova, con tutti gli accessori, accessioni, oneri e diritti condominiali, nulla escluso o riservato ‘, v. pag. 4 del controricorso).
Inoltre, non viene neppure spiegato dai ricorrenti quale interesse potesse avere la donante COGNOME a mantenere la riserva di proprietà sul solo cortile una volta spogliatasi, per donazione, della ‘sua proprietà esclusiva delle unità immobiliari site nel fabbricato’ .
In favore della cessione pro quota della comproprietà del cortile, va inoltre richiamato il combinato disposto degli artt. 817 e 818 c.c., per il quale la relazione pertinenziale fra due cose determina automaticamente l’estensione alla pertinenza degli effetti degli atti o rapporti giuridici aventi ad oggetto la cosa principale, salvo che il rapporto strumentale sia cessato anteriormente all’atto concernente la cosa principale, ovvero da questo risulti espressamente la volontà del proprietario di escludere la pertinenza come oggetto dello stesso, così che gli accessori pertinenziali di un bene immobile devono ritenersi compresi nel suo trasferimento, anche nel caso di mancata indicazione nell’atto di trasferimento, essendo necessaria un’espressa volontà contraria per escluderli
(cfr. in tal senso, da ultimo, Cass. n. 12866/2022). Non è poi ravvisabile alcun contrasto, tanto meno irriducibile, tra affermazioni denunciato con il secondo motivo, posto che la Corte d’appello ha interpretato il titolo, gli atti di donazione alle due figlie NOME e NOME COGNOME, considerando anche la specifica funzione -già sopra sottolineata -del bene in contestazione, finalizzato a fornire area e luce agli immobili che su di esso si affacciano e l’accesso alle unità in proprietà esclusiva , e l’attività ermeneutica del giudice di merito, come si è detto, non è stata neppure oggetto di specifica censura.
Il terzo e il quarto motivo sono tra loro strettamente connessi.
Il terzo motivo lamenta ‘violazione e falsa applicazione dell’art.
2 Cost. in relazione al diritto di abitazione e relativo risarcimento dei danni non patrimoniali’: il ragionamento della Corte d’appello, laddove afferma che se il diritto di proprietà non è diritto inviolabile lo è invece il diritto di abitazione, non considera che il diritto tutelato dall’art. 2 Cost. è quello alla abitazione in quanto tale e non il diritto di parcheggiare l’autovettura in un cortile.
Il quarto motivo contesta ‘violazione dell’art. 2043 c.c. in relazione alla prova del danno’: gli attori, nell’atto di citazione introduttivo del processo, non hanno fatto cenno alcuno al danno rappresentato dal mancato uso del parcheggio, essendo l’immobile stato da loro acquistato con l’impedimento di accesso da parte di COGNOME e quindi senza la possibilità di parcheggiare nel cortile oggetto di causa, danno che non poteva essere riconosciuto in re ipsa dal giudice d’appello.
Il terzo motivo è fondato, con logico assorbimento del quarto motivo.
Come la Corte d’appello ha correttamente riconosciuto, il danno non patrimoniale è risarcibile quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale, e la Carta costituzione riconosce e garantisce
la proprietà privata, ma non la inquadra tra i diritti fondamentali della persona umana, per i quali soltanto è predicabile una connotazione di inviolabilità, e di primarietà (in tal senso v., per tutte, Cass. n. 9652/2013).
La Corte d’appello ha poi però ritenuto che nel caso in esame sia stato violato il diritto di abitazione, la cui inviolabilità va ricavata dall’art. 2 della Costituzione, ‘per l’incidenza del mancato utilizzo della corte per l’accesso con autovetture sul diritto al godimento dell’abitazione’.
Il giudice d’appello non ha considerato che sì ‘il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione’ è diritto costituzionalmente garantito, nonché tutelato dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (cfr. Cass., sez. un., n. 2611/2017), ma tale diritto non può certamente essere invocato in relazione a una mera area cortilizia e alla possibilità di ivi parcheggiare la propria autovettura.
II. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 comma 2 cpc: pertanto, va rigettata la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Alla luce dell’esito complessivo della lite e della reciproca soccombenza delle parti, va disposta la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo, dichiara assorbito il quarto e rigetta i restanti motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale proposta dagli attori ; compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, in data 4 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME