Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25645 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25645 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3548/2024 R.G. proposto da :
CGIL PALERMO, NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrenti- contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, quest’ultimo in persona del tutore COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dagli
avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 2056/2023 depositata il 01/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1.NOME COGNOME è stato direttore amministrativo dell’Azienda Sanitaria di Palermo.
In tale qualità, il 27.1.1997, ha disposto il trasferimento del dipendente NOME COGNOME da un servizio ad un altro, sempre all’interno della medesima ASL, per un breve periodo.
NOME COGNOME che era rappresentante della organizzazione sindacale CGIL, ha ritenuto abusivo questo suo trasferimento, motivato per l’appunto dal suo ruolo di sindacalista.
E dunque, sia il COGNOME che la CGL, hanno denunciato per abuso di ufficio il COGNOME. Costui è stato assolto in primo ed in secondo grado, mentre la Corte di cassazione penale, ha annullato le sole pronunce civili, in quanto non adeguatamente motivata la questione della ingiustizia del danno subito.
Ne è seguito un giudizio di rinvio, all’esito del quale è stata rigettata la domanda di risarcimento del danno.
Questa decisione è stata impugnata per cassazione dal Frisina e dalla CGIL ed è stata annullata per avere negato risarcibilità al danno morale al di fuori dei casi di reato, con devoluzione al giudice del rinvio di accertare la sussistenza di tale danno in concreto.
2.- Il giudice del rinvio ha riconosciuto il danno da lesione degli interessi sindacali, liquidandolo equitativamente ma ha negato il
danno da demansionamento, conseguente alla destinazione del Frisina ad altre mansioni, come si è detto prima.
3.- Ricorrono dunque sia COGNOME che la CGIL, con quattro motivi. Nel frattempo, essendo deceduto il COGNOME, stanno in giudizio i suoi eredi, che qui hanno notificato controricorso per opporsi alla impugnazione.
Sia i ricorrenti che i controricorrenti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo i ricorrenti prospettano una violazione dell’articolo 394 c.p.c.
Essi sostengono che il giudice di appello, in sede di rinvio, non si è attenuto al principio di diritto cui era vincolato.
Osservano che questa Corte, nel precedente già citato, di annullamento della prima decisione di appello, aveva imposto al giudice di rinvio di liquidare il danno da demansionamento.
Invece, la Corte di rinvio si è attenuta solo parzialmente al principio di diritto, riconoscendo il danno da lesione di diritti sindacali, ma non quello proprio del lavoratore da demansionamento.
Il motivo è infondato.
Infatti, questa Corte, nel precedente citato, non ha affatto imposto al giudice di rinvio di riconoscere quel danno. Piuttosto gli ha chiesto di accertarne la sussistenza nel caso in concreto.
Ed infatti, questo è il principio di diritto in questione: ‘ (il giudice del rinvio, ndr) provvederà, … ad effettuare l’accertamento in questione implicante anche quello della esistenza e della estensione del danno non patrimoniale lamentato dalle parti civili (dequalificazione professionale, per essere stato addetto il Frisina a compiti affidati ad operatore infermieristico; compressione dell’esercizio dei diritti sindacali: cfr. sentenza appello, in motiv. pag. 11), dovendo tenere conto, al riguardo, il Giudice del rinvio che il danno non patrimoniale non integra un danno “in re ipsa”, ma deve essere allegato e provato da chi vi abbia interesse, senza che, peraltro, sia precluso il ricorso
a valutazioni prognostiche ed a presunzioni sulla base dei fatti obiettivi dimostrati in giudizio dall’interessato’.
È dunque evidente che la precedente decisione di questa Corte non ha senz’altro riconosciuto il danno da demansionamento. Ma ha solo affermato che, in astratto, può essere riconosciuto un danno morale, anche quando la condotta illecita non sia reato, ma che tale danno va però in concreto dimostrato. Ed ha demandato al giudice del rinvio un tale accertamento.
La Corte di rinvio lo ha fatto ed ha riconosciuto il solo danno da lesione dell’interesse sindacale.
Anche qualora si volesse intendere il motivo come contenente censura di omessa pronuncia, è da ritenersi infondato: la decisione impugnata, nel riconoscere solo il danno da lesione degli interessi sindacali, ha implicitamente rigettato il risarcimento degli altri danni.
2.- Con il secondo motivo viene prospettata violazione degli articoli 132, 156 c.p.c., nonché 118 disp att. c.p.c. e 111 Cost.
La questione attiene alla liquidazione del danno comunque riconosciuto.
Come si è detto, la Corte di Appello, in sede di rinvio, ha riconosciuto il danno da lesione dell’interesse sindacale e lo ha liquidato equitativamente.
I ricorrenti si dolgono di tale liquidazione sostenendo che è arbitraria, immotivata, in quanto non si fa riferimento ad alcun criterio oggettivo di liquidazione.
Il motivo è infondato.
È principio di diritto che ‘l’esercizio, in concreto, del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità quando la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell’uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito’. (Cass. 24070/2017; Cass. 341/2025).
Nella fattispecie, i giudici di merito hanno dato conto dei criteri di liquidazione del danno, avendo specificato che a quella somma si perveniva, ‘ tenuto conto delle modalità del caso concreto, della natura della lesione dell’interesse leso ed, in particolare, della durata limitata nel tempo della lesione di tale interesse ( dal 27 gennaio 1997, data dell’ordine di servizio con il quale è stato dispo sto l’illegittimo trasferimento del Frisina ad altro servizio ospedaliero, fino al 15 febbraio 1997, data de ll’ordinanza del TAR di reintegra del Frisina nelle precedenti mansioni, per complessivi gg. 19 )’ (p. 18 della sentenza).
La liquidazione del danno è ancorata dunque ad un parametro oggettivo, quello della durata stessa del trasferimento ad altro servizio ospedaliero, di breve respiro. Il che fa intendere le ragioni della decisione.
3.- Con il terzo motivo si prospetta violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c.
I ricorrenti si dolgono del fatto che siano state compensate le spese di tutti i gradi di giudizio.
4.- Il quarto motivo, allo stesso modo, denuncia violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. e 111 Cost.
In aggiunta a quanto illustrato con il terzo motivo, i ricorrenti si dolgono del fatto che, oltre ad avere violato la regola sulle spese da soccombenza, i giudici di merito non avrebbero altresì motivato adeguatamente la ragione della compensazione.
I due motivi sono connessi. Può farsene unico scrutinio.
Questa la ratio censurata: ‘ Tenuto conto della novità della questione giuridica trattata e della sua particolare complessità giuridica (tanto da avere dato a contrastanti decisioni dei giudici territoriali), sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio, comprese quelle di questo giudizio di rinvio ‘.
Essi assumono che, in base al principio enunciato da Cass. sez. un. n. 32061 del 2022, l’accoglimento in misura ridotta della domanda
non impone compensazione delle spese. Ritengono che avrebbe dovuto dunque farsi affidamento su tale principio.
I motivi sono infondati.
E’ principio di diritto che <>. (Sez. U, Sentenza n. 20598 del 30/07/2008)
Nella specie, i giudici di merito hanno fondato la compensazione sull’esito alterno della lite, nei diversi gradi di giudizio , esito alterno che obiettivamente sussiste, oltre che sulla complessità giuridica e novità della questione trattata, che vanno chiaramente intese come riferite anche alla questione in fatto sottesa, ragioni giustificatrici tutte peraltro chiaramente e inequivocamente desumibili pure dal
complesso della motivazione, sicché neppure risultano genericamente indicate.
Quindi non solo la compensazione risulta motivata ma la stessa motivazione neppure può considerarsi meramente apparente o erronea.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, nella misura di 2.500,00 euro, oltre 200,00 euro per esborsi, ed oltre spese generali come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 20/06/2025.
Il Presidente NOME COGNOME