Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5204 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5204 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6534/2022 R.G. proposto da:
COMUNE di COGNOME, nella persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliato per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 1859/2021 depositata il 21/12/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/02/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il Consiglio Comunale di Cellino Attanasio in data 15 maggio 1989 approvò due delibere; con una prima, avente n. 142, approvò l’accordo bonario con i proprietari di un’area, di circa 50 mila mq, per l’acquisto della stessa, al prezzo di 677.970.000 delle vecchie lire, in vista della realizzazione di una strada e di un parcheggio nella zona artigianale-industriale sita in INDIRIZZO; con una seconda, avente n. 143, accolse la richiesta della società RAGIONE_SOCIALE interessata all’acquisizione di quella stessa area in vista della costruzione sulla stessa di uno stabilimento rivolto alla lavorazione di oli vegetali.
Qualche mese dopo il Comune: dapprima con rogito 17 agosto 1989 acquistò l’area al prezzo di 677.979.000 delle vecchie lire; e poi, con rogito 7 settembre 1989 cedette la medesima area al corrispettivo di 50.220.000 delle vecchie lire alla società RAGIONE_SOCIALE
Per tali fatti, i consiglieri comunali, fra cui anche il COGNOME, subirono un procedimento penale, che, all’esito del giudizio abbreviato e delle pronunzie della Corte di Appello e della S. C. di Cassazione, si concluse con una pronuncia di estinzione per sopravvenuta abolizione della fattispecie anche con riguardo alle sole statuizioni civili.
La questione della vendita dell’area fu sottoposta anche al vaglio del giudice contabile e la Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale dell’Abruzzo, con sentenza n. 120/1996, condannò il COGNOME, al pari degli altri 11 consiglieri che avevano approvato le delibere sopra indicate, al pagamento in favore dell’erario della somma di 35 milioni delle vecchie lire, <>. La sentenza del primo giudice contabile fu impugnata dai soccombenti e dal Procuratore Generale. La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Centrale con sentenza n. 50/1997 rigettò l’appello proposto dai consiglieri comunali, mentre, in accoglimento
dell’appello del Procuratore Generale, affermò la solidarietà dei condannati al pagamento del risarcimento del danno.
In sintesi, secondo i giudici contabili di primo e di secondo grado, la colpa degli amministratori era consistita nell’avere realizzato una operazione che aveva caricato sul Comune un debito sproporzionato (rispetto alle sue esigue risorse finanziarie), provocandone uno stato di dissesto finanziario.
In esecuzione di quanto stabilito in sede contabile, il COGNOME versò la quota parte di sua spettanza del danno erariale accertato.
Nel 1993 il Comune convenne in giudizio davanti al Tribunale di Teramo l’RAGIONE_SOCIALE Vomano per ottenere l’annullamento del contratto ed il risarcimento del danno (che quantificò in 627.750.000 delle vecchie lire, cioè in misura pari alla differenza tra l’esborso sostenuto per l’acquisto dell’area e l’entrata derivante dalla vendita della stessa).
Il giudizio fu definito dal Tribunale di Teramo con sentenza n. 1406/2003 (confermata dalla Corte d’appello con sentenza n. 250/2007) che, dichiarata la nullità dell’atto di vendita intercorso 7 settembre 1989, dichiarò appartenente all’ente comunale l’area, di circa 50 mila mq, per cui era processo, ma non accolse la domanda risarcitoria avanzata dal Comune.
Il COGNOME, ritenendo che sulla base di detta pronuncia fosse legittimato a chiedere la restituzione della somma a suo tempo versata, presentava ricorso in via monitoria.
In accoglimento del ricorso del COGNOME il Tribunale di Teramo con decreto n. 1114/204 ingiungeva al Comune di Cellino Attanasio il pagamento, in favore del COGNOME, della somma di € 21.894,84 a titolo di restituzione di quanto versato in esecuzione della sentenza della Corte dei Conti.
Il Comune si opponeva al decreto ingiuntivo, contestando la pretesa creditoria azionata, in quanto non si erano verificate le condizioni per il suo riconoscimento (consistenti nello specifico nel
recupero dell’importo costituente il danno erariale). Al riguardo, deduceva che tale requisito non poteva ritenersi soddisfatto dall’esito del giudizio intentato nei confronti della ditta RAGIONE_SOCIALE Vomano (nelle more fallita) e, dunque, dalla intervenuta declaratoria di nullità dell’atto di compravendita. Rilevava che comunque l’immobile non era tornato ancora nella sua disponibilità materiale, tanto è vero che pendeva ancora davanti al Tribunale di Teramo altro giudizio, avente ad oggetto la restituzione del bene.
Il Tribunale di Teramo, istruita documentalmente la causa, con sentenza n. 52/2018, in accoglimento dell’opposizione del Comune, revocava il decreto ingiuntivo (compensando tra le parti le spese processuali), sul presupposto che non era venuta meno la causa giustificatrice del pagamento e che non era possibile ancorare la richiesta di rimborso alla disciplina dell’indebito e dell’arricchimento senza causa.
La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 1859/2021, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda di ripetizione, proposta dal COGNOME, condannando il Comune alla restituzione in favore di quest’ultimo della somma di euro 21.894,84, oltre accessori, compensando integralmente tra le parti le spese processuali.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il Comune.
Ha resistito con controricorso il COGNOME.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
Il Difensore del Comune ha depositato nota con la quale ha segnalato che questa Corte, con ordinanze nn. 92, 93 e 94/2025, ha deciso tre ricorsi relativi alla vicenda della vendita all’Oleificio del Vomano dell’area, di cui in ricorso.
Il Difensore del COGNOME ha a sua volta depositato memoria insistendo nel rigetto del ricorso.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Occorre preliminarmente dar atto che questa Corte con ordinanze nn. 92,93, 94/2025, emesse ad esito di udienza camerale del 27 novembre 2024, in conformità delle richieste formulate dal Procuratore Generale, ha accolto i tre distinti ricorsi proposti dal Comune di Cellino Attanasio avverso le sentenze nn. 297/2023, n. 1492/2022 e n. 1808/2022 pronunciate dalla Corte d’appello di L’Aquila nei confronti di altri tre consiglieri che, al pari dell’odierno ricorrente, erano stati condannati dal giudice contabile al pagamento in favore dell’ente della somma di 35 milioni delle vecchie lire, oltre accessori, <>.
2. Il Comune di Cellino Attanasio articola in ricorso un unico motivo con il quale denuncia (p. 15) <> nella parte in cui la corte territoriale, interpretando erroneamente il contenuto del giudicato contabile formatosi sulla espressione sopra riportata, a) ha erroneamente individuato il pregiudizio contabile da esso Comune subito; b) ha erroneamente ritenuta avverata la condizione, da cui scaturisce l’obbligo risarcitorio, c) non ha tenuto conto <>.
Sostiene che il responsabile del danno erariale ha diritto a ripetere la somma versata soltanto nel caso in cui l’ente, attraverso
l’esercizio di altra azione giurisdizionale, abbia recuperato integralmente il danno erariale ed abbia così conseguito un ingiustificato arricchimento.
Sottolinea che detta situazione non ricorre nel caso di specie nel quale il patrimonio pubblico, leso dalla condotta illecita del COGNOME e degli altri consiglieri comunali, non è stato integralmente ripristinato, in quanto il danno contabile (p. 22) non è rappresentato dalla perdita della proprietà del terreno, ma dall’ingente costo economico sopportato dal Comune (pregiudizio questo non venuto meno all’esito del giudizio civile, che ha dichiarato la nullità dell’atto di compravendita ma non ha accolto la domanda di risarcimento del danno patrimoniale).
Il ricorso è fondato.
3.1. La questione di diritto, sottesa al ricorso, sta nello stabilire se, ai fini del riconoscimento della fondatezza della pretesa creditoria del COGNOME, alla luce dell’intervenuto giudicato contabile, sia o no sufficiente la declaratoria di nullità dell’atto di vendita, intercorso tra il Comune di Cellino Attanasio e la società RAGIONE_SOCIALE Vomano, con conseguente ritorno dell’area nella disponibilità (se non materiale, quanto meno giuridica) del Comune.
3.2. Giova premettere che la Corte costituzionale, ribadendo principi in precedenza affermati in tema di danno erariale, con la recente sentenza n. 132/2024 – nel tratteggiare le caratteristiche salienti della responsabilità amministrativa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti –
da un lato, ha ribadito il carattere composito della responsabilità amministrativa per danno erariale, in ragione del concorrere delle funzioni di prevenzione, risarcitoria e sanzionatoria (tra le più recenti, sentenze della stessa Corte n. 123 del 2023 e n. 203 del 2022), combinando «elementi restitutori e di deterrenza» (sentenza n. 371 del 1998), così in più aspetti discostandosi dall’archetipo della comune
disciplina civilistica (sentenze n. 123 del 2023, n. 203 del 2022, n. 355 del 2010 e n. 453 del 1998);
dall’altro, ha rimarcato che la responsabilità per danno erariale <>.
Ciò posto, occorre aggiungere che è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le più recenti Cass. n. 13887/2023 e n. 25826/2022) il principio per cui, in tema di interpretazione della sentenza, mancando una disposizione positiva (contrariamente a quanto si verifica in punto di interpretazione della legge e del contratto), può ricorrersi:
quanto al dispositivo, alle regole dettate per l’interpretazione della legge con l’art. 12 preleggi, contenendo esso un comando idoneo al giudicato; e,
quanto alla parte costituente documento, a <>.
E le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente precisato (cfr. sent. n. 9988/2023) che, nell’azione di responsabilità per danno erariale, il pregiudizio, quale diretta o indiretta conseguenza dell’atto o del comportamento del pubblico dipendente, si realizza in un indebito esborso di denaro pubblico o nella mancata percezione di somme spettanti all’amministrazione oppure nella compromissione di interessi
pubblici di carattere generale, connessi all’equilibrio economico e finanziario dello Stato.
3.3. Dei suddetti principi affermati dalla Corte costituzionale e dei suddetti criteri stabiliti da questa Corte non ha tenuto conto la corte territoriale nel procedere alla interpretazione del giudicato contabile nella parte in cui nello stesso viene affermato: <> (cfr . dispositivo della sentenza di primo grado confermata sul punto in appello).
Invero – come questa Corte ha di recente osservato a definizione di altre controversie che tutte traggono origine dalla vicenda in esame (cfr . Cass. nn. 92, 93 e 94/2025) in relazione ad altre posizioni, con statuizioni che il Collegio pienamente condivide -la suddetta espressione <>.
In definitiva, la corte territoriale ha errato nella parte in cui, non tenendo conto della ‘natura risarcitoria di fondo’ della responsabilità di cui trattasi, ha ritenuto azzerato il pregiudizio subito dall’Ente solo per il fatto che era sopravvenuto il venir meno del ‘titolo’ fondante il
pagamento ricevuto, senza in alcun modo valutare l’effettività del ripristino all’attualità del patrimonio del Comune.
Ne consegue che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla corte territoriale che, in diversa composizione, dovrà valutare quanto ‘percepito’ dal Comune, in termini di valori contabili e reali, per effetto della declaratoria di nullità della vendita; e, quindi, stabilire se il recupero patrimoniale sia stato totale ed effettivo, operando le conseguenti indagini e deduzioni anche, se del caso, mediante la compensatio lucri cum damno , in conformità alle descritte statuizioni della Corte dei conti.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di L’ Aquila, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2025, nella camera di consiglio