Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 20256 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 20256 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/07/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 21673/2023 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO, presso lo STUDIO COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO
– controricorrente –
contro
NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali adesivi –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME
– intimati –
E
Sul ricorso iscritto al n.r.g. 21854-2023 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO
– controricorrente –
contro
NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali adesivi contro
COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 75/2023 della CORTE DEI CONTI – Sezione II giurisdizionale centrale d’appello -ROMA, depositata il 27/03/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale chiede che la Corte, previa loro riunione, dichiari inammissibili o comunque infondati entrambi i ricorsi, con le conseguenze di legge .
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1.- Con atto di citazione del 14.6.2018 la Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Liguria conveniva in giudizio gli odierni ricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME (proc. r.g.n. 21673/2023), l’odierno ricorrente COGNOME NOME (proc. r.g.n. 21854/2023) nonché i ricorrenti incidentali in entrambi i ricorsi COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME MassimoCOGNOME unitamente ad altre parti per il risarcimento in solido del danno erariale ‘indiretto’ causato al Ministero dell’Interno e al Ministero della Giustizia, in qualità di pubblici dipendenti, e in particolare di ufficiali di Polizia di Stato, in seguito a quanto accaduto a Genova presso la scuola ‘A. Diaz’ nella notte tra il 21 ed il 22 luglio 2001 in occasione del vertice di Capi di Stato cd ‘G8’.
Per quanto rileva nel presente giudizio, il Procuratore regionale, in seguito alla conclusione del processo penale svoltosi nei loro confronti, contestava ai convenuti la voce di danno erariale patrimoniale in ragione delle somme versate dal Ministero dell’Interno a seguito della condanna in solido con gli imputati quale responsabile civile, per provvisionali e spese legali in favore delle parti civili, comprese le spese per spese legali anticipate dal Ministero della Giustizia per il gratuito patrocinio delle parti lese.
Nel costituirsi in giudizio i ricorrenti deducevano diversi profili di rito e di merito volti a far valere il rigetto della domanda erariale contenuta nell’atto di citazione. Sollevavano tutti in particolare, per quel che interessa in questa sede, apposita eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti in favore del giudice ordinario, deducendo che la domanda proposta andava ascritta ad azione
civilistica di regresso tra coobbligati in solido; sollevavano inoltre eccezione di prescrizione in quanto sostenevano che, trattandosi di danno c.d. indiretto, il relativo termine doveva dirsi decorso per tutte le voci di danno relative ai pagamenti effettuati da parte dello Stato (Ministero dell’Interno e Ministero della Giustizia) a favore dei terzi in data antecedentemente al maggio 2012, vale a dire oltre il quinquennio dalla notificazione ai convenuti dell’invito a dedurre intervenuta nel maggio del 2017.
Con sentenza n. 41/2019, la Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria della Corte dei conti, respingeva tutte le eccezioni e condannava i ricorrenti, in solido con altri convenuti, al risarcimento del danno erariale indiretto per tutte le voci pro quota (capi 3, 4 e 5 della sentenza di primo grado) come richiesto dalla Procura Regionale Contabile.
1.2.- Avverso questa decisione, gli odierni ricorrenti proponevano appello insistendo sulla eccezione di difetto di giurisdizione e sull’eccezione di prescrizione.
Quindi, in relazione alla pretesa concernente somme corrisposte per le spese legali assolte mediante il patrocinio a spese dello Stato, le difese eccepivano l’intervenuta prescrizione per tutti i pagamenti anticipati dal Ministero della Giustizia, in quanto da questo liquidati prima del maggio 2012, con la sola eccezione di una esigua parte di pagamenti, da loro indicati, in quanto effettuati successivamente a tale data.
Con sentenza n. 75/2023, la Sezione Seconda giurisdizionale centrale di appello della Corte dei Conti, per quanto ancora di interesse, ha respinto l’eccezione di carenza di giurisdizione del giudice contabile ed ha affermato «… Non appare, pertanto, un fuor d’opera rimarcare che tale tipologia di responsabilità deriva direttamente dall’art. 28 Cost., alla cui stregua ‘I funzionari e i
dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici’. Ne consegue che, qualora l’ente di appartenenza risulti soccombente nel giudizio promosso dal terzo danneggiato (ovvero riconosca come fondata la sua pretesa risarcitoria in via transattiva) e alla soccombenza consegua il ristoro effettivo della lesione subita, il p.m. contabile sia legittimato ad agire nei confronti del soggetto ritenuto responsabile, al fine di traslare sullo stesso il peso economico delle conseguenze dannose riconducibili alla sua condotta. In tal modo il giudice contabile è chiamato a valutare la sussistenza dei profili di responsabilità delle conseguenze dannose per l’erario, ed è insito nella struttura stessa della responsabilità in esame, che l’amministrazione di appartenenza sia considerata il soggetto danneggiante nelle sedi (penale, civile o amministrativa) in cui è convenuta in giudizio dal terzo, mentre risulti soggetto danneggiato nel giudizio contabile, che è teleologicamente finalizzato al ripristino degli equilibri di bilancio e al recupero delle somme che l’ente pubblico ha dovuto versare per effetto di una condotta dolosa o gravemente colposa del proprio dipendente, funzionario o amministratore… Il sistema introdotto dall’art. 28 Cost. e la previsione in esso contenuta di una ‘garanzia patrimoniale rafforzata’ a favore del cittadino danneggiato, non sono idonei a snaturare l’azione di responsabilità amministrativa né a renderla sovrapponibile all’azione di regresso, di matrice civilistica, fungendo, piuttosto, da strumento per ‘squarciare il velo’ e traslare sull’unico vero autore dell’illecito le conseguenze dannose patite dall’amministrazione per effetto di comportamenti dei propri dipendenti lesivi di diritti del cittadino.» (fol.76/78 della sent.).
La Sezione Seconda giurisdizionale centrale di appello della Corte dei conti ha, poi, ritenuto parzialmente fondata l’eccezione di prescrizione proposta dagli altri appellanti ed ha riformato in parte la pronuncia di primo grado, affermando che « il dies a quo del termine prescrizionale quinquennale decorre dalla data dei singoli pagamenti, anche per il danno indiretto che ci occupa» (fol. 91 della sent.). Sulla scorta di questi principi la Sezione di appello della Corte dei conti ha riconosciuto l’avvenuto decorso del termine di prescrizione per il quasi integrale importo versato dal Ministero dell’Interno a titolo di provvisionali e per la parte più cospicua delle somme dal medesimo dicastero versate a titolo di spese di lite (fol. 99-101 della sent. imp.).
A opposte conclusioni è, invece, pervenuto il giudice contabile di appello (fol.103/112) per quanto concerne la posta di danno corrispondente agli importi pagati alle persone offese dai reati a titolo di gratuito patrocinio.
La Corte dei conti ha osservato che i relativi crediti maturati a favore del Ministero della Giustizia erano stati oggetto di un recupero coattivo a mezzo di cartelle esattoriali, notificate al Ministero dell’Interno e ai soggetti che, sulla base delle pronunce penali, sono stati indicati quali coobbligati in solido ed ha rimarcato che la notifica delle cartelle, pervenute tra febbraio e giugno 2017, non era idonea ad interrompere la prescrizione ai fini della tempestiva azione erariale per il danno provocato al Ministero della Giustizia. Ha, tuttavia, affermato che «si rileva dagli stessi dati documentali che il Ministero dell’Interno si è accollato il debito complessivo corrispondente alle spese per ‘gratuito’ patrocinio da rifondere al Ministero della Giustizia. (…) Gli importi esposti nelle sopra elencate cartelle esattoriali sono stati pagati dal Ministero dell’Interno, quale coobbligato in solido degli odierni appellanti, e riversati al Ministero
della Giustizia che, allo stato, risulta ampiamente soddisfatto. Per effetto dei menzionati impegni di spesa e dei relativi ordini di pagamento, il danno erariale contestato in citazione … è traslato in capo all’amministrazione di appartenenza degli odierni appellanti, l’unica ad aver subito il peso economico della vicenda processuale anche in relazione a tale posta di danno, che è divenuta, pertanto, concreta e attuale soltanto a decorrere dal 13 aprile 2017. Le somme, infatti, non sono mai state recuperate presso gli unici, veri debitori, ossia i responsabili delle conseguenze dannose patite dall’amministrazione di pubblica sicurezza (…) Tale esito processuale conferma che il Ministro dell’Interno è l’unico soggetto condannato in sede penale ad aver ottemperato in ‘luogo’ dei coobbligati, avendovi interesse, quale soggetto « tenuto con altri o per altri al pagamento del debito ». In tale ottica, il Ministero dell’Interno ha maturato il diritto, ex art. 1203, comma 1, n. 3) c.c., a ‘surrogarsi’ nella posizione dell’amministrazione della giustizia, ben potendo far valere la stessa posizione creditoria nei confronti dei propri dipendenti, condebitori in solido. Il credito nei confronti di questi ultimi è, dunque, nato proprio per effetto della descritta modificazione soggettiva del rapporto, con consequenziale legittimazione del p.m. contabile ad agire per il risarcimento del danno erariale, e tempestività della relativa domanda, posto che l’esordio del termine prescrizionale non può che coincidere con il momento in cui «il diritto può essere fatto valere», a mente dell’art. 2935 c.c.».
2.1.- Avverso la sentenza n.75/2023 della Corte dei conti, Sezione Seconda giurisdizionale d’appello, sono stati proposti due ricorsi principali N.R.G. 21673/2023 e N.R.G. 21854/2023.
2.2. – Proc. N.R.G. 21673/2023 – NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso con un motivo, illustrato con memoria.
Il Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero della Corte dei conti ha resistito, con controricorso, chiedendo di respingere il ricorso in quanto inammissibile e infondato con dichiarazione della sussistenza della giurisdizione contabile e con condanna alle spese.
NOME COGNOME ha depositato controricorso con cui chiede la riunione con il separato ricorso da egli proposto personalmente e l’accoglimento di entrambi i ricorsi.
COGNOME NOMECOGNOME FabrizioCOGNOME CarloCOGNOME NOME COGNOME FabrizioCOGNOME NOMECOGNOME COGNOME Massimo hanno presentato, a loro volta, controricorso con ricorso incidentale adesivo con due motivi, chiedendone l’accoglimento.
Sono rimasti intimati COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
2.3. – Proc. N.R.G. 21854/2023) – NOME COGNOME ha proposto ricorso ex art.111 Cost., 362 c.p.c. e 207 c.g.c. con un motivo, illustrato con memoria. Ha chiesto, previa riunione dei ricorsi, di dichiarare il difetto di giurisdizione della Corte dei conti a conoscere la domanda proposta dalla Procura Regionale contabile e la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata.
Il Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero della Corte dei conti ha resistito, con controricorso, chiedendo di respingere il ricorso in quanto inammissibile e infondato con dichiarazione della sussistenza della giurisdizione contabile e con condanna alle spese.
NOME COGNOME FabrizioCOGNOME, COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME Massimo hanno presentato, a loro volta, controricorso con ricorso incidentale adesivo con due motivi, chiedendone l’accoglimento.
Sono rimasti intimati, nel procedimento 21854, NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME.
2.4.- Il Procuratore generale della Corte di cassazione ha depositato un’unica requisitoria scritta riferita ad entrambi i procedimenti ed ha chiesto, previa riunione dei ricorsi, di dichiarare inammissibili o comunque infondati i due ricorsi.
È stata disposta la trattazione congiunta dei ricorsi ex art.335 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– La sentenza n. 75/2023 della Corte dei conti, Sezione Seconda Giurisdizionale d’appello è stata impugnata con due ricorsi principali (R.G. 21673/2023 e R.G. 21854/2023) che vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., previa conversione del secondo ricorso in ricorso incidentale.
Il secondo ricorso si converte in ricorso incidentale, in quanto nei procedimenti con pluralità di parti, una volta avvenuta ad istanza di una di esse la notificazione del ricorso per cassazione, le altre parti, alle quali il ricorso sia stato notificato, debbono proporre, a pena di decadenza, i loro eventuali ricorsi avverso la medesima sentenza nello stesso procedimento e, perciò, nella forma del ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 371 c.p.c., in relazione all’art. 333 dello stesso codice, salva la possibilità della conversione del ricorso
comunque presentato in ricorso incidentale – e conseguente riunione ai sensi dell’art. 335 c.p.c. – qualora risulti proposto entro i quaranta giorni dalla notificazione del primo ricorso principale, posto che in tale ipotesi, in assenza di una espressa indicazione di essenzialità dell’osservanza delle forme del ricorso incidentale, si ravvisa l’idoneità del secondo ricorso a raggiungere lo scopo (Cass. n. 20054/2013, Cass. n. 33809/2019).
In ciascuno dei ricorsi riuniti i controricorrenti hanno proposto ricorso incidentale, proponendo le analoghe censure.
4.- I ricorsi riuniti vanno respinti, meritando piena condivisione le conformi conclusioni rassegnate dalla Procura Generale della Cassazione.
5.Vanno esaminati con priorità logico-giuridica e congiuntamente l’unico motivo del ricorso RG 21854/2023 e il primo motivo di ciascuno dei ricorsi incidentali, svolti da COGNOME ed altri, che espongono censure sovrapponibili.
5.1. -Nel ricorso riunito RG 21854/2023 con l’unico motivo, illustrato con memoria, viene dedotto l’«Erroneo rigetto dell’eccezione di difetto della giurisdizione del giudice contabile in favore dell’a.g.o.- riproposizione- sua fondatezza- violazione degli artt.1299 c.c. e 22 d.p.r. 3/1957». Viene riproposta l’eccezione, già sollevata e ribadita nei due gradi dinanzi al giudice contabile, di difetto di giurisdizione in relazione alla domanda di condanna qualificata a titolo risarcitorio di danno patrimoniale indiretto trattandosi invece, secondo il ricorrente, di azione di regresso che ha presupposti non solo difformi ma anzi confliggenti con quella di danno erariale.
Il ricorrente eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice contabile sostenendo che quando più parti siano condannate in solido a risarcirne un’altra (come statuisce la sentenza del Giudice penale
in relazione alle statuizioni civili di condanna del Ministero e dei suoi impiegati al risarcimento del danno ed al pagamento delle spese), una volta che vi sia l’adempimento da parte di uno di essi, ogni pretesa che attenga il diritto ad esser tenuti indenni di tale esborso (non rileva in questo contesto se integralmente o pro quota) costituisce azione giudiziaria che trova il suo unico ed esclusivo alveo nell’istituto del regresso determinato e legittimato dall’adempimento per l’intero di un’obbligazione solidale, che non può svilupparsi in una domanda da fatto illecito che abbia ad oggetto il pagamento della somma in questione.
5.2.- I controricorrenti COGNOME e altri nel primo motivo del ricorso incidentale nel ricorso principale RG 21673/2023 hanno denunciato: «Erroneo rigetto dell’eccezione di difetto della giurisdizione del giudice contabile in favore dell’a.g.o. -riproposizione e sua fondatezza – violazione degli artt. 1299 c.c e 22 d.p.r. 3/1957»; viene rinnovata l’eccezione di difetto di giurisdizione in relazione alla attribuita, ma ab initio contestata, giurisdizione alla Corte dei Conti della potestas decidendi sulla domanda introduttiva del giudizio formulata dalla Procura Regionale presso la Corte dei Conti della Liguria, in favore del giudice ordinario e si chiede l’annullamento in integrum della sentenza impugnata.
I ricorrenti incidentali deducono che la domanda introdotta con l’atto di citazione ha come petitum sostanziale e come anche sua formale enunciazione in punto di causa petendi la pretesa del Ministero degli interni di essere tenuto indenne dai propri dipendenti di una somma versata in veste di co-obbligato in favore di una terza parte, danneggiata, e sostengono che la causa petendi è riferita al diritto di regresso e non avrebbe contenuto risarcitorio; sostengono che la giurisdizione è solo del giudice ordinario e non del giudice contabile perché la fonte della pretesa creditoria (e dunque l’insorgere della obbligazione in tesi sussistente in capo al coobbligato) è l’adempimento della obbligazione e non mai un fatto
illecito o, comunque, una condotta contra legem , e non rientra nell’ambito delle domande risarcitorie.
5.3.- Analoga censura sovrapponibile è svolta con il primo motivo del ricorso incidentale proposto nel ricorso RG 21854/2023, dai medesimi controricorrenti COGNOME ed altri.
5.4.- I motivi, nella sostanza, ripropongono l’eccezione di difetto di giurisdizione con riguardo all’intero giudizio, sostenendo che la domanda formulata dalla Procura contabile sviluppava la richiesta di traslare l’onere economico da un co-obbligato su un altro coobbligato e che tale fattispecie non rientrerebbe nell’alveo delle domande risarcitorie riguardando i rapporti tra coobbligati regolati dall’azione civilistica di regresso. In sostanza si nega la giurisdizione del giudice contabile in favore di quella del giudice ordinario, perché la controversia riguarderebbe un’azione civilistica di regresso.
6.- Tale doglianza si rivela infondata.
6.1.- Questa Sezioni Unite, in un ampio contesto ricostruttivo, hanno già avuto modo di affermare (Cass. Sez. U. n. 2370/2023) che la responsabilità amministrativo-contabile è la responsabilità patrimoniale in cui incorrono i pubblici funzionari che, in presenza di un rapporto di impiego, per inosservanza dolosa o colposa degli obblighi di servizio, abbiano causato un danno economico alla pubblica amministrazione.
Essa costituisce parte integrante di un sistema volto ad ottenere dai funzionari pubblici comportamenti coerenti con il buon andamento dell’amministrazione. Ed infatti, l’azione intrapresa dal Procuratore contabile dinanzi alla Corte di conti per danni erariali, e il relativo accertamento sull’inosservanza dei doveri inerenti al rapporto di servizio, è indirizzato a tutelare l’interesse generale al buon andamento della P.A. ed al corretto impiego delle risorse pubbliche, dunque con funzione essenzialmente o prevalentemente sanzionatoria ( ex multis , cfr . Cass. Sez. U. n.8818/2025).
L’illecito erariale si connota per la ‘combinazione di elementi restitutori e di deterrenza’ (Corte costituzionale, sentenza n. 371 del 1998), e queste Sezioni Unite hanno posto in evidenza che l’evoluzione del sistema è frutto anche dell’elaborazione, ad opera della giurisprudenza della Corte dei conti, di figure di responsabilità amministrativa in cui il nesso tra il pregiudizio e le casse erariali è meno immediato che nelle ipotesi tradizionali, dandosi rilievo alla lesione di interessi pubblici generali riferibili indistintamente alla collettività amministrata.
Nella sua struttura essenziale e tradizionale, la sfera della responsabilità amministrativa risulta perimetrata a quelle fattispecie in cui il danno, quale diretta o indiretta conseguenza dell’atto o del comportamento del pubblico dipendente, si materializza in un indebito esborso di denaro pubblico o nella mancata percezione di somme spettanti all’amministrazione. La giurisprudenza contabile ha progressivamente ampliato la nozione di danno pubblico, sino a ricomprendervi la compromissione di interessi pubblici di carattere generale connessi all’equilibrio economico e finanziario dello Stato.
6.2.- La responsabilità amministrativo-contabile del pubblico dipendente, non differisce strutturalmente dall’ordinaria responsabilità civile (art. 2043 c.c.), se non per la particolare qualificazione del soggetto autore del danno (pubblico dipendente o soggetto legato alla P.A. da rapporto di servizio), per la natura del soggetto danneggiato (ente pubblico e assimilati) e per la causazione del danno nell’esercizio di pubbliche funzioni o in circostanze legate da occasionalità necessaria con lo svolgimento di pubbliche funzioni.
Di talché, queste Sezioni Unite, con principio consolidato, hanno affermato (cfr., tra le altre, Cass. Sez. U. n.9988/2023) che l’azione di responsabilità per danno erariale e quella civilistica che possono promuovere le amministrazioni interessate (a prescindere dalla responsabilità penale del soggetto danneggiante) restano
reciprocamente indipendenti, anche quando investano i medesimi fatti materiali: la prima è volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione prevalentemente sanzionatoria; la seconda è finalizzata, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della singola amministrazione attrice.
6.3.- Tale responsabilità trova la sua unitaria e fondamentale disciplina nella L. 14 gennaio 1994, n. 20, come modificata dal D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito dalla L. 20 dicembre 1996, n. 639. In base ad essa ‘la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali’.
Detta responsabilità si configura non solo a fronte di danni diretti subiti dall’amministrazione, ma anche quando il danno sia stato subito indirettamente dall’amministrazione chiamata innanzi al giudice, ordinario o amministrativo, a risarcire, ai sensi dell’art. 28 Cost., il terzo danneggiato.
6.4.- Giova ricordare che, avendo riguardo ai fatti integranti illecito penale, è stato precisato che lo Stato o l’ente pubblico risponde civilmente del danno cagionato a terzi dal fatto penalmente illecito del suo dipendente anche quando questi abbia approfittato delle proprie attribuzioni ed agito per finalità esclusivamente personali od egoistiche ed estranee a quelle della amministrazione di appartenenza, purché la sua condotta sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri che esercita o di cui è titolare, nel senso che la condotta illecita dannosa – e, quale sua conseguenza, il danno ingiusto a terzi – non sarebbe stato possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base ad un giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta, senza
l’esercizio di quelle funzioni o poteri che, per quanto deviati o abusivi od illeciti, non ne integri uno sviluppo oggettivamente anomalo (Cass. Sez. U. n. 13246/2019).
6.5.- In quest’ambito si colloca la figura di responsabilità contabile -amministrativa che viene in rilievo nella presente vicenda e cioè il danno per l’esborso delle somme che il Ministero dell’Interno è stato condannato in sede penale a pagare ed ha corrisposto a titolo di provvisionale e per le spese legali sostenute per le parti civili costituite, quale coobbligato con pubblici dipendenti gli autori delle condotte incriminate.
6.6.- Priva di fondamento, si appalesa la tesi dei ricorrenti tutti, secondo i quali, nella specie, sussisterebbe la giurisdizione del giudice ordinario, in luogo di quella contabile perché la controversia riguarderebbe l’azione civile di regresso.
Invero, l’azione di regresso (art. 1299 c.c.) ha il proprio fondamento nel principio per cui tra i coobbligati opera il principio di ripartizione interna delle prestazioni, di guisa che nei rapporti interni tra i condebitori solidali cessa di operare il vincolo della solidarietà, imposta a garanzia e nell’interesse del creditore, e torna ad avere esclusiva rilevanza il principio della parzialità dell’obbligazione (Cass. n. 27323/2023): la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio è prevista dal legislatore nell’interesse del creditore e serve a rafforzare il diritto di quest’ultimo, consentendogli di ottenere l’adempimento dell’intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori, mentre non ha alcuna influenza nei rapporti interni tra condebitori solidali, fra i quali l’obbligazione si divide secondo quanto risulta dal titolo o, in mancanza, in parti uguali (Cass. n. 542/2020).
Tali principi civilistici, tuttavia, non soccorrono nel caso di specie perché, come condivisibilmente, affermato dalla Corte dei conti, nella vicenda oggi in esame si discute di un’azione risarcitoria intrapresa dalla Procura della Corte dei conti – tanto è vero che l’Amministrazione non è in giudizio – la cui causa petendi è costituita
dall’attività illecita degli odierni ricorrenti pubblici dipendenti che ha determinato la soccombenza dell’Amministrazione dell’Interno nel giudizio penale col danno erariale derivatone ed il petitum è costituito dalla richiesta di risarcimento di tale danno, corrispondente alle somme che l’Amministrazione ha corrisposto in esecuzione della condanna in sede penale intervenuta anche nei suoi confronti quale responsabile civile, e non si discute affatto di ripartizione interna delle prestazioni, e quindi di regresso, tra coobbligati.
6.7.- L’azione di danno erariale intentata nei confronti degli attuali ricorrenti si fonda sul petitum sostanziale del risarcimento del danno erariale causato all’Amministrazione dai pubblici dipendenti, e in particolare da ufficiali di Polizia di Stato per i fatti del luglio 2001, in ragione della diminuzione patrimoniale subita dall’Amministrazione a seguito della condanna quale responsabile civile e della effettiva e concreta corresponsione degli importi a titolo di provvisionale e per le spese legali sostenute per le parti civili costituite, quale coobbligata a seguito dell’accertamento delle condotte illecite poste in essere dai suoi dipendenti nell’esercizio della pubblica funzione, secondo un principio di solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio prevista dal legislatore nell’interesse del creditore e che risulta ininfluente nel giudizio risarcitorio per danno erariale nei confronti del pubblico dipendente.
Sicché, trova anzitutto rilievo, in coerenza con l’azione esercitata dal Procuratore contabile, una causa petendi di natura risarcitoria, in quanto l’azione è rivolta contro coloro che, quali autori dell’illecito penale, hanno dato luogo all’esborso ritenuto indebito da parte del soggetto pubblico con relativo danno patrimoniale.
Gli accertamenti compiuti dal giudice contabile si sono svolti nell’esercizio e nell’ambito di tale attribuzione, avendo la Corte dei conti verificato la sussistenza in concreto degli elementi sostanziali della responsabilità amministrativa prospettata dal requirente.
6.8.- Sussiste, dunque, la giurisdizione contabile, in quanto, come si è già anticipato, essa si radica nella deduzione di una azione risarcitoria ex art.2043 c.c. per danno erariale il cui contenuto non attiene ai rapporti interni di regresso tra coobbligati.
7.- Vanno, quindi, esaminati congiuntamente, l’unico motivo del ricorso R.G. 21673/2023 e il secondo motivo di ciascuno dei due ricorsi incidentali svolti nei procedimenti R.G. 21673/2023 e R.G. 21854/2023 da COGNOME ed altri, che svolgono censure sovrapponibili. I motivi riguardano la condanna pronunciata in relazione alla posta di danno – dedotta in citazione – corrispondente agli importi pagati per l’assistenza legale fruita dalle parti civili nel processo penale accedendo all’istituto del patrocinio a spese dello Stato (cd. gratuito patrocinio).
7.1.Nel ricorso principale RG 21673/2023 proposto da COGNOME ed altri, l’unico motivo, illustrato con memoria, denuncia il «Difetto di giurisdizione sorto in corso di causa e contestuale eccesso di potere giurisdizionale ex artt. 111, comma 8, Cost., 207 d.lgs. n. 174/2016 e 362 c.p.c.».
La censura concerne la statuizione con cui la Corte dei conti di appello, dopo avere affermato che il dies a quo del termine prescrizionale quinquennale decorre dalla data dei singoli pagamenti anche per il danno indiretto, ha escluso – a differenza di quanto stabilito per altre voci di danno erariale – che fosse intervenuta la prescrizione per le poste di danno erariale indiretto richieste in relazione agli importi corrisposti dal Ministero dell’Interno al Ministero della Giustizia con decreti di pagamento in data 13 aprile 2017 per le attività difensive delle parti civili svolte previa ammissione al patrocinio dello Stato, in esecuzione della sentenza penale di condanna emessa nei suoi confronti quale responsabile civile in solido con i dipendenti condannati.
Secondo i ricorrenti, il giudice contabile di appello si sarebbe apparentemente limitato a respingere l’eccezione di prescrizione relativamente alla voce di danno erariale concernente gli importi pagati dal Ministero della Giustizia ai difensori delle persone offese dai reati, ma nei fatti avrebbe trasformato, in parte qua e in corso di causa, l’azione della Procura contabile per il danno erariale conseguente al pagamento effettuato dal Ministero della Giustizia in un’azione civile di regresso esercitabile direttamente da parte di uno dei coobbligati in solido, e cioè il Ministero dell’Interno, nei confronti degli altri coobbligati in solido.
Ne deducono, sotto un primo profilo, che la Corte dei conti, in tal modo avrebbe pronunciato in ‘difetto di giurisdizione’ sorto in corso di causa perché l’azione civilistica di regresso avrebbe dovuto essere esercitata direttamente dal Ministero dell’Interno dinanzi al giudice civile, in presenza dei presupposti; sostengono che ciò ha comportato un violazione dei limiti esterni della giurisdizione sopravvenuta con sconfinamento dal perimetro della giurisdizione contabile e contestuale eccesso di potere giurisdizionale.
Denunciano, sotto un secondo profilo, che il Giudice di secondo grado ha contestualmente violato i limiti esterni della giurisdizione, invadendo la sfera del legislatore, per aver creato le disposizioni processuali che – non previste dalla legge – gli hanno consentito di auto-attribuirsi la giurisdizione per una tipologia di azione che il legislatore non indica fra quelle conoscibili dal Giudice contabile (azione di regresso di uno dei coobbligati in solido).
Il risultato dell’attività di manipolazione posta in essere dalla Sezione Seconda di appello della Corte dei conti- secondo i ricorrenti – non avrebbe traslato il danno dal Ministero della Giustizia al Ministero dell’Interno, ma sostituito l’azione mediante la quale può e deve farsi valere il relativo titolo innanzi al giudice competente da parte del soggetto danneggiato, con effetto affatto neutro per i
ricorrenti; contestano anche l’individuazione del nuovo preteso termine di decorrenza della prescrizione, dalla data dei pagamenti disposti dal Ministero dell’Interno e non da quella anteriore della notifica delle cartelle di pagamento emesse su richiesta del Ministero della Giustizia.
7.2.- Con il secondo motivo dei ricorsi incidentali ai ricorsi RG 21673/23 e RG 21854/23 si denuncia «Difetto di giurisdizione sorto in corso di causa e contestuale eccesso di potere giurisdizionale ex artt. 111, comma 8, cost., 207 d.lgs. n. 174/2016 e 362 c.p.c.». I ricorrenti deducono, analogamente a quanto denunciato con il motivo del ricorso principale prima sintetizzato, che il giudice contabile di secondo grado, nel respingere la relativa eccezione di prescrizione, ha trasformato, in parte qua e in corso di causa, l’azione proposta dalla Procura contabile per far valere le responsabilità erariali dei convenuti in un’azione civile di regresso di uno dei coobbligati in solido (il Ministero dell’Interno) oggetto di potenziale cognizione da parte del giudice civile in presenza dei presupposti per il relativo esperimento.
I ricorrenti sostengono che ciò ha comportato il denunciato sconfinamento dal perimetro della giurisdizione contabile e il contestuale eccesso di potere giurisdizionale. Assumono che il Giudice di secondo grado ha violato contestualmente i limiti esterni della giurisdizione invadendo la sfera del legislatore, nel momento in cui ha individuato disposizioni processuali non previste dalla legge, auto-attribuendosi la giurisdizione per una tipologia di azione (il regresso di uno dei coobbligati in solido) che rientra nella giurisdizione dell’AGO.
Deducono che non è quindi affatto neutro per gli odierni ricorrenti che sia avvenuta una sostituzione del soggetto danneggiato, posto che, per il caso che ne occupa, dietro alla medesima vi è in realtà una diversa e alternativa modalità di sottoposizione di una
determinata domanda innanzi al giudice dotato di cognizione giurisdizionale secondo le conferenti regole.
Parimenti, contestano come artificiosa l’indicazione di un preteso nuovo decorso del termine di prescrizione ex art. 2935 c.c.
7.3.- In sintesi, i ricorrenti tutti sostengono che la Sezione di appello della Corte dei Conti, nel rigettare l’eccezione di prescrizione sollevata in relazione alle spese di gratuito patrocinio a carico del Ministero della Giustizia e nel ritenere che il Ministero dell’Interno aveva maturato il diritto, ex art. 1203, comma 1, n. 3) c.c., a ‘surrogarsi’ nella posizione della creditrice Amministrazione della giustizia, avrebbe: trasformato in parte qua e in corso di causa l’azione per danno erariale della Procura in un’azione di regresso esercitabile direttamente da uno dei coobbligati in solido; pronunciato in difetto di giurisdizione ed ecceduto dai limiti del potere giurisdizionale, perché questa azione non avrebbe potuto essere oggetto della cognizione del giudice contabile, residuando tutt’al più e in ipotesi una potenziale espressione di potestà giurisdizionale da parte del giudice civile; violato i limiti esterni della giurisdizione, invadendo la sfera del legislatore, per aver enucleato una inedita disposizione legislativa; modificato la individuazione della Amministrazione danneggiata e la individuazione del termine prescrizionale.
8. – I motivi in esame vanno disattesi.
8.1.- Va premesso che il ricorso per cassazione contro la decisione della Corte dei conti è consentito soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione, sicché il controllo delle Sezioni Unite è circoscritto all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione, non estendendosi ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale (Cass. Sez. U. n. 19085/2020).
8.2.- Tanto premesso, va osservato che la Corte dei conti non ha enucleato alcuna inedita disposizione legislativa, ma si è limitata ad un’attività ermeneutica tessendo il rapporto fra realtà concreta e complessivo formante normativo. In sostanza, ha meramente svolto, nei limiti interni della propria giurisdizione, un’opera di ricostruzione del fatto posto a fondamento della domanda risarcitoria e di sussunzione, frutto di un uso dei poteri di rinvenimento della norma applicabile attraverso la consueta attività di interpretazione anche analogica del quadro delle norme, conforme ai principi prima ricordati, senza che ricorra né il difetto di giurisdizione, né l’eccesso di potere giurisdizionale, né la violazione dei limiti esterni della giurisdizione. Il giudice contabile muovendo dal dato normativo e fattuale, ha proceduto ad una normale operazione di ermeneutica normativa: tale essendo quella mediante la quale il giudicante estrae la voluntas legis , oltre che dal dato letterale delle singole disposizioni, anche dalla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela (Cass. Sez. U. n. 28021/2022).
Invero, la Corte dei conti si è mantenuta nell’ambito della propria giurisdizione e, sulla scorta dei fatti portati alla sua attenzione e documentalmente dimostrati e degli orientamenti maturati, ha ricostruito il danno erariale indiretto dedotto in relazione alle somme corrisposte a seguito dell’ammissione al gratuito patrocinio delle parti civili del processo penale di cui si è detto ed alla liquidazione e corresponsione dei compensi ai difensori, in termini parzialmente diversi da quelli prospettati dalla Procura contabile senza tuttavia mutare l’azione proposta – come erroneamente hanno sostenuto i ricorrenti- attraverso una attività di interpretazione circoscritta nei limiti interni della sua giurisdizione.
8.3.- Il patrocinio a spese dello Stato è stato istituito per assicurare la difesa legale alle persone non abbienti ex art.74 del d.P.R. n. 115/2002 (T.U. Spese di Giustizia) e l’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidate dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento secondo le norme del T.U. (art.83): come si evince da queste disposizioni il pagamento degli onorari professionali da parte del Ministero della Giustizia, in ragione del gratuito patrocinio, in favore dei difensori delle parti offese, dà attuazione al d.P.R. n.115/2002 (in esecuzione dei provvedimenti liquidatori emessi dall’Autorità giudiziaria) costituisce il presupposto della riscossione coattiva iniziata, nel caso di specie, mediante l’emissione delle cartelle nei confronti degli obbligati.
Nel caso di specie, l’emissione delle cartelle ha riguardato anche il Ministero dell’Interno – proprio perché attinto dalla condanna penale e nella qualità di responsabile civile -; il detto Ministero ha eseguito il concreto pagamento in data 13 aprile 2017 e ciò ha comportato la deminutio patrimoniale sulla scorta della quale la Procura contabile ha proposto la domanda di risarcimento per danno erariale per questo specifico titolo e in modo non dissimile da quanto avvenuto a seguito della corresponsione delle provvisionali alle parti offese da parte dello stesso Ministero dell’Interno, come una lettura non parziale e non frammentata della articolata decisione dimostra.
Non coglie pertanto nel segno la doglianza sulla qualificazione giuridica del rapporto intercorso tra le Amministrazioni, per contestare la giurisdizione contabile sull’azione esercitata dal Procuratore contabile promossa nei confronti di coloro che, quali autori dell’illecito penale, hanno dato luogo alla condanna del soggetto pubblico ed all’esborso da parte sua con relativo danno patrimoniale, che non attiene alla ripartizione interna di una obbligazione solidale né immuta la domanda risarcitoria in azione di regresso.
Analoghe considerazioni valgono rispetto alla affermazione della Corte dei conti (fol. 111 della sent. imp.) secondo la quale l’erronea indicazione del beneficiario della richiesta di condanna risarcitoria da parte del Procuratore regionale non determina alcuna nullità dell’atto di citazione o del processo, né integra il vizio di extrapetizione l’esatta individuazione in sentenza del soggetto in concreto danneggiato ed alla individuazione da parte del giudice contabile del termine di decorrenza della prescrizione: si tratta di un doverepotere che spetta al giudice, in ragione dei fatti sulla scorta dei quali la pronuncia risarcitoria è intervenuta, e cioè della condanna del Ministero dell’Interno quale responsabile civile per i fatti delittuosi ascritti ai suoi dipendenti e dell’effettivo pagamento da parte di questo Ministero, in esecuzione della condanna, delle somme dovute per assolvere le spese di giudizio per patrocinio a spese dello Stato.
Si tratta di aspetti che non investono il profilo della giurisdizione: essi, infatti, si collocano, tutti, all’interno della competenza giurisdizionale della Corte dei conti, riguardando il percorso logico giuridico che ha condotto il giudice di appello a confermare l’attribuzione di responsabilità per danno erariale in capo ai ricorrenti.
Anche in questo caso si tratta di statuizioni formulate nell’ambito dei limiti interni della giurisdizione contabile.
Le difese dei ricorrenti, benché articolate e suggestive, si frangono sulla palese constatazione che il giudice contabile, nella materia della responsabilità amministrativa contabile, rimessa alla propria giurisdizione, ha svolto funzionale attività interpretativa e ha fatto concreta applicazione dei propri indirizzi ermeneutici.
Peraltro, come si è già avuto modo di chiarire (Cass. Sez. U. 19085/2020, Cass. Sez. U. n. 29285/2018, Cass. Sez. U. n. 12106/2013) non ogni pretesa deviazione dal corretto esercizio della giurisdizione, sotto il profilo interpretativo ed applicativo del diritto sostanziale o di quello processuale, si risolve in un difetto di
giurisdizione sindacabile ad opera della Corte di cassazione qualificabile come eccesso di potere giurisdizionale assoggettabile al sindacato della Corte di cassazione, quale risulta delineato dall’art. 111, ottavo comma, Cost. e dagli artt. 362 cod. proc. civ. e 207 del codice di giustizia contabile, approvato con il d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174. Ne risulterebbe altrimenti del tutto obliterata la distinzione tra limiti interni ed esterni della giurisdizione e il sindacato di questa Corte sulle sentenze del giudice speciale verrebbe di fatto ad avere una latitudine non dissimile da quella che ha sui provvedimenti del giudice ordinario: ciò che la norma costituzionale e le disposizioni processuali dianzi richiamate non sembrano invece consentire.
8.4.- Ne consegue che non ricorre né il denunciato difetto di giurisdizione, né l’eccesso di potere giurisdizionale e che non risultano violati i limiti esterni della giurisdizione, invadendo la sfera del legislatore.
9.- In conclusione, il ricorso principale ed i ricorsi incidentali riuniti vanno rigettati.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto in relazione al ricorso principale ed ai ricorsi incidentali.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, stante la qualità di parte soltanto in senso formale del Procuratore generale della Corte dei conti (Cass. Sez. U. n.9988/2023; Cass. Sez. U. n.9766/2024).
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso principale ed i ricorsi incidentali riuniti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello relativo ai ricorsi principali e ai ricorsi incidentali, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, in