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Danno erariale: la Cassazione sulla giurisdizione

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha confermato la giurisdizione della Corte dei conti in un caso di danno erariale derivante dalla percezione illecita di contributi agricoli europei. Un’impresa agricola aveva ottenuto fondi sulla base di false dichiarazioni riguardo la disponibilità di terreni. La Suprema Corte ha stabilito che la distrazione di risorse pubbliche dal fine per cui sono state erogate configura un rapporto di servizio tra il privato percettore e la P.A., radicando la competenza del giudice contabile a prescindere dal fatto che l’illegittimità fosse presente sin dall’origine della richiesta.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno erariale: la Cassazione conferma la giurisdizione della Corte dei conti

La gestione e l’erogazione di fondi pubblici, specialmente quelli di provenienza europea, sono soggette a controlli rigorosi per prevenire abusi e frodi. Una recente ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: la corretta individuazione del giudice competente a decidere sulle controversie nate dalla percezione illecita di tali fondi. La sentenza chiarisce che la richiesta di risarcimento per danno erariale spetta alla giurisdizione della Corte dei conti, anche quando l’illegittimità deriva da false dichiarazioni presentate fin dall’inizio.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato ha origine dalla richiesta di una Procura contabile regionale di condannare un imprenditore agricolo, in proprio e come legale rappresentante della sua società, e il responsabile di un Centro di Assistenza Agricola (C.A.A.) al risarcimento di un danno di oltre 186.000 euro.

Secondo l’accusa, la società agricola aveva percepito indebitamente, per gli anni 2012, 2013 e 2014, contributi comunitari a valere sul fondo FEAGA. L’imprenditore aveva attestato, nelle domande di pagamento, di avere la conduzione e la disponibilità giuridica di terreni agricoli che, in realtà, non possedeva. Tali domande erano state inoltrate tramite un C.A.A., il cui responsabile aveva omesso di effettuare i dovuti controlli sulla veridicità dei titoli di detenzione dei terreni, inserendo le pratiche nel sistema informativo nazionale con le proprie credenziali.

La Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti aveva accolto la domanda, condannando i convenuti al risarcimento. La decisione era stata poi confermata in appello, affermando la piena sussistenza della giurisdizione contabile. Contro quest’ultima sentenza, l’imprenditore ha proposto ricorso per cassazione, sollevando unicamente una questione di difetto di giurisdizione.

La Questione del Danno Erariale e la Giurisdizione

Il cuore del ricorso si basava sulla tesi secondo cui la controversia non dovesse essere decisa dalla Corte dei conti, bensì dal giudice amministrativo. Il ricorrente sosteneva che il caso riguardasse un “difetto genetico delle condizioni di accesso ai contributi”, ovvero un’illegittimità presente sin dal momento della presentazione della domanda. Secondo una certa interpretazione giurisprudenziale, in tali ipotesi, la giurisdizione spetterebbe al giudice amministrativo, chiamato a valutare la legittimità del provvedimento di concessione del finanziamento.

Si contrapponeva, quindi, la giurisdizione del giudice contabile, che interviene tipicamente quando il danno deriva da una cattiva gestione o distrazione dei fondi successivamente alla loro lecita erogazione, a quella del giudice amministrativo, competente a sindacare la legittimità dell’atto di concessione ab origine. La difesa mirava a spostare il focus dalla fase della gestione del contributo a quella, precedente, della sua richiesta e concessione.

La Configurazione del Rapporto di Servizio

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha ribadito i principi consolidati in materia. Viene chiarito che, nel momento in cui un soggetto privato riceve un contributo pubblico, si instaura tra di esso e la Pubblica Amministrazione un cosiddetto rapporto di servizio. Questo legame, anche se non formalizzato come un impiego pubblico, rende il privato responsabile per l’uso delle risorse ricevute. Egli è chiamato a realizzare le finalità pubbliche per cui il finanziamento è stato concesso.

Se il percettore, attraverso la sua condotta, frustra lo scopo perseguito dall’ente pubblico e distrae le somme dalla loro destinazione programmata, provoca un danno erariale. Di conseguenza, deve risponderne dinanzi alla Corte dei conti, che è il giudice naturale della responsabilità per danno al patrimonio pubblico.

Le Motivazioni della Cassazione

Le Sezioni Unite hanno ritenuto la tesi del ricorrente infondata, spiegando che la distinzione tra “difetto genetico” e inadempimento successivo è irrilevante quando l’azione è promossa dalla Procura contabile per il risarcimento del danno erariale. L’azione risarcitoria si fonda non sull’illegittimità del provvedimento amministrativo di concessione, ma sull’attività illecita del privato che, con dichiarazioni non veritiere, ha causato un pregiudizio alle finanze pubbliche.

In questo caso, la causa petendi (la ragione della domanda) è la condotta fraudolenta che ha portato alla distrazione di risorse pubbliche, assegnandole a chi non ne aveva diritto e sottraendole a potenziali beneficiari meritevoli. Il petitum (l’oggetto della richiesta) è il risarcimento di questo danno. La Corte ha sottolineato che “la condotta illecita posta in essere per assicurarsi indebitamente il finanziamento finisce con il sottrarlo a più specifica destinazione e corretto impiego”.

Inoltre, la Cassazione ha confermato che la giurisdizione contabile si estende anche all’amministratore della società in proprio, poiché la distrazione delle risorse dal fine pubblico è riconducibile alla condotta dei soggetti che impersonano gli organi societari. Il rapporto di servizio si configura anche in relazione a chi, agendo per conto della società, provoca la frustrazione dello scopo perseguito dall’amministrazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma con forza un principio fondamentale: chiunque riceva e gestisca fondi pubblici, anche se privato, è tenuto a rispettare le finalità per cui tali fondi sono stati stanziati. La percezione di contributi sulla base di dichiarazioni false non è una mera irregolarità amministrativa, ma una condotta che causa un danno erariale diretto, consistente nella distrazione delle risorse pubbliche. Per tale danno, la competenza a giudicare è, e rimane, saldamente nelle mani della Corte dei conti, quale organo a tutela dell’erario. La decisione serve da monito, chiarendo che i tentativi di eludere la giurisdizione contabile attraverso sottili distinzioni procedurali non trovano accoglimento quando è in gioco l’integrità delle finanze pubbliche.

Chi è competente a giudicare un caso di danno erariale per fondi pubblici ottenuti con dichiarazioni false, il giudice amministrativo o la Corte dei conti?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la competenza è della Corte dei conti. L’azione della Procura contabile si basa sulla condotta illecita che ha causato un danno al patrimonio pubblico (danno erariale), e non sulla legittimità dell’atto amministrativo di concessione, che spetterebbe al giudice amministrativo.

Quando un privato cittadino può essere chiamato a rispondere di danno erariale?
Un privato risponde di danno erariale quando, ricevendo fondi pubblici, si instaura un “rapporto di servizio” con la Pubblica Amministrazione. Se, attraverso la sua condotta, distoglie i fondi dalle finalità pubbliche per cui sono stati erogati, frustrando lo scopo dell’amministrazione, è tenuto a risarcire il danno davanti alla Corte dei conti.

L’amministratore di una società è personalmente responsabile per il danno erariale causato dalla società stessa?
Sì. La Corte ha affermato che la giurisdizione contabile si estende anche alle persone fisiche che rappresentano la società (come l’amministratore). La responsabilità sorge perché la condotta che provoca la distrazione delle risorse pubbliche è direttamente attribuibile ai soggetti che, impersonando gli organi societari, hanno agito in modo illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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