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Danno erariale dipendente pubblico: la giurisdizione

Una recente ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione ha chiarito importanti aspetti sulla giurisdizione in materia di danno erariale del dipendente pubblico. Il caso riguarda una dipendente comunale condannata dalla Corte dei Conti a restituire ingenti somme percepite per attività extra-lavorative non autorizzate. La Cassazione ha respinto il ricorso della dipendente, confermando che la competenza a giudicare su tale danno erariale spetta esclusivamente alla Corte dei Conti e che la sua azione è autonoma da eventuali procedimenti civili. Inoltre, ha stabilito che la presunta sproporzione della sanzione non può essere contestata in sede di legittimità per motivi di giurisdizione.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno Erariale Dipendente Pubblico: la Cassazione Conferma la Giurisdizione della Corte dei Conti

La Corte di Cassazione, con una recente e significativa ordinanza, ha affrontato il tema del danno erariale del dipendente pubblico derivante dallo svolgimento di incarichi extra-istituzionali non autorizzati. La decisione chiarisce in modo definitivo i confini della giurisdizione tra giudice ordinario e Corte dei Conti, offrendo importanti spunti di riflessione per tutti i lavoratori del settore pubblico e per le amministrazioni.

I Fatti del Caso: Incarichi Extra e la Reazione della Procura Contabile

La vicenda trae origine dagli accertamenti della Guardia di Finanza nei confronti di una dipendente di un ente comunale. Era emerso che, per un lungo periodo (dal 2008 al 2016), la dipendente aveva svolto attività extra-istituzionali, in parte senza autorizzazione e in parte non autorizzabili perché incompatibili con il suo status di dipendente pubblica. Di conseguenza, la Procura regionale della Corte dei Conti l’aveva citata in giudizio per sentirla condannare al pagamento di un importo pari ai compensi illecitamente percepiti, quantificati in oltre 440.000 euro, a titolo di danno erariale.

Sia in primo grado che in appello, la Corte dei Conti aveva accolto la richiesta della Procura, condannando l’ex dipendente. La lavoratrice ha quindi proposto ricorso per Cassazione, sollevando complesse questioni sulla giurisdizione.

Le Questioni di Giurisdizione Sollevate dalla Ricorrente

La difesa della dipendente si basava su tre motivi principali, tutti volti a contestare il potere della Corte dei Conti di giudicare sul caso.

Primo Motivo: L’azione è autonoma, non una “riassunzione”

La ricorrente sosteneva che il giudizio contabile fosse tardivo. In precedenza, infatti, l’ente comunale aveva avviato una causa civile dinanzi al Tribunale del Lavoro per ottenere la restituzione delle somme. Quel giudice si era dichiarato privo di giurisdizione, indicando proprio la Corte dei Conti. Secondo la difesa, la Procura contabile avrebbe dovuto “riassumere” quel processo entro un termine perentorio, cosa che non era avvenuta. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che l’azione della Procura contabile è un giudizio completamente autonomo e distinto da quello che può intentare l’amministrazione di appartenenza. Hanno soggetti diversi (la Procura agisce per l’interesse generale, l’ente per il proprio), finalità diverse e seguono un iter procedimentale specifico. Pertanto, non era soggetta ad alcun termine di riassunzione.

Secondo Motivo: La Giurisdizione sul danno erariale dipendente pubblico

In subordine, la ricorrente denunciava un presunto sconfinamento della giurisdizione contabile a favore di quella del Giudice del Lavoro. Le Sezioni Unite hanno ribadito con fermezza un principio ormai consolidato: l’azione per il recupero dei compensi percepiti da un dipendente pubblico per un incarico non autorizzato rientra a pieno titolo nella giurisdizione della Corte dei Conti. Si tratta, infatti, di una fattispecie tipizzata di responsabilità per danno erariale dipendente pubblico. La legge (art. 53 del d.lgs. 165/2001) non si limita a prevedere un risarcimento, ma configura una vera e propria sanzione volta a tutelare la corretta gestione delle energie lavorative del dipendente e a prevenire conflitti di interesse.

Terzo Motivo: La Proporzionalità della Sanzione è Fuori dal Controllo della Cassazione

Infine, la ricorrente chiedeva alla Cassazione di “disapplicare” la sanzione perché ritenuta sproporzionata e in violazione del diritto di proprietà tutelato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Anche questo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha spiegato che il suo sindacato sulle decisioni dei giudici speciali (come la Corte dei Conti) è limitato alle sole questioni di giurisdizione, cioè a verificare se il giudice avesse il potere di decidere su quella materia (cosiddetti limiti esterni della giurisdizione). La valutazione sulla proporzionalità della sanzione o sulla corretta applicazione del diritto, anche europeo, è una questione di merito (un error in iudicando), che rientra nei limiti interni della giurisdizione contabile e non può essere contestata davanti alla Cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione

Le Sezioni Unite hanno ricostruito l’evoluzione della giurisprudenza, sottolineando come l’azione promossa dal Procuratore contabile per danno erariale sia ontologicamente diversa da un’azione risarcitoria promossa dal singolo ente datore di lavoro. La prima tutela l’interesse generale al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse pubbliche, con una funzione prevalentemente sanzionatoria. La seconda mira al pieno ristoro del danno subito dalla singola amministrazione. Questa distinzione fondamentale giustifica l’autonomia del procedimento contabile e la sua attrazione nella giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti. La Corte ha inoltre richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (caso Randstad Italia), la quale ha confermato che i limiti al sindacato della Cassazione sulle decisioni dei giudici speciali sono compatibili con il diritto dell’Unione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida la giurisdizione della Corte dei Conti in materia di danno erariale derivante da incarichi non autorizzati svolti da dipendenti pubblici. La decisione stabilisce tre punti fermi: 1. L’azione della Procura contabile è autonoma e non dipende da iniziative dell’ente di appartenenza. 2. La violazione dell’obbligo di riversare i compensi percepiti configura una specifica ipotesi di responsabilità erariale di competenza del giudice contabile. 3. Le censure relative al merito della decisione, come la proporzionalità della sanzione, non possono essere fatte valere in Cassazione come motivo di difetto di giurisdizione.

A quale giudice spetta decidere sul danno erariale di un dipendente pubblico che ha svolto incarichi non autorizzati?
Risposta: La giurisdizione spetta alla Corte dei Conti, in quanto l’omesso versamento dei compensi percepiti costituisce un’ipotesi tipizzata di responsabilità per danno erariale, anche per fatti precedenti all’introduzione della norma esplicita (comma 7-bis dell’art. 53, d.lgs. 165/2001).

L’azione della Procura contabile è legata a una precedente causa civile iniziata dall’ente pubblico datore di lavoro?
Risposta: No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’azione promossa dalla Procura contabile è un giudizio di responsabilità autonomo e distinto, non soggetto ai termini di riassunzione di una precedente causa civile. Le due azioni hanno parti, oggetto e finalità differenti.

È possibile impugnare davanti alla Corte di Cassazione una decisione della Corte dei Conti per violazione del principio di proporzionalità previsto dal diritto europeo?
Risposta: No. Secondo la sentenza, la Corte di Cassazione può sindacare le decisioni dei giudici speciali solo per motivi attinenti alla giurisdizione (i cosiddetti ‘limiti esterni’). La violazione del principio di proporzionalità o di altre norme del diritto europeo costituisce un ‘error in iudicando’ (errore di giudizio), che rientra nei ‘limiti interni’ della giurisdizione contabile e non può essere motivo di ricorso in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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