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Danno endofamiliare: risarcimento per abbandono

Un genitore assente viene condannato per danno endofamiliare dal Tribunale di Firenze. La sentenza riconosce un cospicuo risarcimento alla figlia per il grave danno psicologico (disturbo borderline) causato dall’abbandono materno e un risarcimento al padre per la violazione del dovere di cooperazione genitoriale. Viene invece respinta la richiesta del padre per perdita di chance professionale per mancanza di prove concrete.

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Danno Endofamiliare: La Condanna per l’Abbandono di un Genitore

Il danno endofamiliare rappresenta una delle frontiere più delicate del diritto civile, toccando le corde più intime delle relazioni umane. Una recente sentenza del Tribunale di Firenze ha riaffermato con forza un principio cruciale: l’abbandono di un figlio non è solo una mancanza morale, ma un illecito civile che genera un obbligo di risarcimento. Questo non solo nei confronti del figlio abbandonato, ma anche verso il genitore che, rimasto solo, si è dovuto far carico di tutte le responsabilità della cura e della crescita. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

Il Caso: Abbandono Morale e Richiesta di Risarcimento

La vicenda giudiziaria nasce dall’azione legale di un padre e di sua figlia contro la madre. Quest’ultima, dopo la separazione, si era completamente disinteressata della vita della figlia, venendo meno a tutti i doveri di assistenza morale e materiale previsti dalla legge.

Le richieste dei due attori erano distinte:
– La figlia, a causa dell’abbandono subito fin dalla tenera età, ha sviluppato un grave quadro psicologico, diagnosticato come “disturbo borderline di personalità”. Per questo, ha chiesto il risarcimento del danno morale e non patrimoniale.
– Il padre ha chiesto il risarcimento per due diverse tipologie di danno: in primo luogo, un danno da “perdita di chance”, sostenendo di aver dovuto rinunciare a opportunità di carriera come musicista per dedicarsi interamente alla figlia; in secondo luogo, un danno non patrimoniale per la lesione del suo diritto a una genitorialità condivisa e per aver dovuto affrontare da solo le difficoltà della crescita della bambina.

La madre, pur essendo stata regolarmente citata in giudizio, ha scelto di non costituirsi, rimanendo contumace.

La Decisione del Tribunale sul Danno Endofamiliare

Il Tribunale ha accolto parzialmente le domande degli attori, delineando con chiarezza i confini del danno endofamiliare risarcibile.

La Liquidazione del Danno alla Figlia

Per quanto riguarda la posizione della figlia, il giudice ha ritenuto pienamente provato il nesso causale tra la condotta di abbandono della madre e il grave danno psicologico subito dalla ragazza. La consulenza tecnica d’ufficio (CTU) ha accertato un danno biologico permanente del 24%, riconducibile al disturbo borderline di personalità.

La liquidazione è avvenuta seguendo i seguenti passaggi:
1. Danno Biologico Permanente: Utilizzando le tabelle del Tribunale di Milano come riferimento, è stato calcolato il valore base per un’invalidità del 24% in una persona di 12 anni (età del consolidamento del danno).
2. Danno Morale: A questa cifra è stato applicato un incremento del 40% per la sofferenza soggettiva (danno morale), considerata di natura diversa e aggiuntiva rispetto al danno biologico.
3. Danno Temporaneo: È stato inoltre riconosciuto un periodo di inabilità temporanea totale al 100% per quattro anni (2015-2018), corrispondenti a una fase acuta della patologia con episodi di autolesionismo e tentativi di suicidio.

La somma totale liquidata a favore della figlia è stata di 338.118,00 euro.

Il Risarcimento al Genitore Accudente

Il Tribunale ha accolto anche la richiesta di risarcimento del padre per il danno non patrimoniale, quantificato in via equitativa in 80.000,00 euro. La corte ha riconosciuto che la violazione dei doveri genitoriali da parte della madre ha leso anche il diritto fondamentale del padre alla “partecipazione attiva” dell’altro genitore nel progetto educativo e di crescita della prole. L’assenza della madre ha ingenerato un profondo turbamento e un peggioramento della qualità della vita del padre, costretto a sopperire da solo a tutte le esigenze della figlia.

Diversamente, la domanda di risarcimento per perdita di chance professionale è stata respinta. Il giudice ha ritenuto che il padre non avesse fornito prove sufficienti a dimostrare l’esistenza di concrete e probabili opportunità di carriera che sono state impedite dalla condotta della madre.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della decisione si fondano su principi consolidati del diritto di famiglia e della responsabilità civile. Il Tribunale ha ribadito che i doveri di mantenere, istruire ed educare i figli, sanciti dagli artt. 147, 148 e 315-bis del codice civile e dall’art. 30 della Costituzione, non sono meri obblighi morali, ma veri e propri doveri giuridici.

La loro violazione sistematica e protratta integra un illecito civile ai sensi dell’art. 2043 c.c., poiché lede diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti, come il diritto del figlio a una relazione affettiva equilibrata e continuativa con entrambi i genitori. Tale lesione dà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.

Significativamente, la sentenza riconosce che l’illecito colpisce non solo il figlio, ma anche il genitore adempiente. Il principio di bigenitorialità, infatti, configura un obbligo reciproco di cooperazione, la cui violazione da parte di un genitore lede il diritto dell’altro a una genitorialità condivisa. Questo danno, non patrimoniale e di natura morale, viene liquidato in via equitativa, tenendo come parametro di riferimento (ma non vincolante) i valori tabellari previsti per la perdita del coniuge.

Per quanto riguarda la perdita di chance, il Tribunale ha applicato il rigoroso orientamento della Cassazione, secondo cui il danneggiato ha l’onere di provare, anche in via presuntiva, l’esistenza di presupposti concreti per il raggiungimento del risultato sperato, la cui realizzazione è stata impedita dalla condotta illecita. Una generica lamentela non è sufficiente.

Conclusioni

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida l’orientamento che qualifica l’abbandono genitoriale come un illecito civile fonte di danno endofamiliare risarcibile. In secondo luogo, estende la tutela non solo al figlio, vittima diretta, ma anche al genitore che si è fatto carico esclusivo della cura, riconoscendo il valore giuridico della cooperazione genitoriale. Infine, ribadisce che, sebbene il danno morale possa essere provato anche tramite presunzioni, il danno patrimoniale da perdita di chance richiede una prova rigorosa della concretezza e della probabilità dell’opportunità persa. Un monito chiaro sulla responsabilità che deriva dal ruolo di genitore e sulle conseguenze legali del suo abbandono.

L’abbandono di un genitore può causare un danno risarcibile sia al figlio che all’altro genitore?
Sì. La sentenza afferma che la violazione grave e continuativa dei doveri genitoriali causa un danno non patrimoniale risarcibile sia al figlio, per la lesione del suo diritto a una relazione equilibrata con entrambi i genitori, sia all’altro genitore, per la lesione del suo diritto a una genitorialità condivisa e per il maggior carico che ha dovuto sopportare.

Come viene quantificato il danno psicologico subito da un figlio a causa dell’abbandono?
Il tribunale ha quantificato il danno utilizzando le tabelle di riferimento (in questo caso, quelle di Milano), partendo da una percentuale di invalidità permanente accertata da una perizia medico-legale (24% per disturbo borderline). A questo importo ha aggiunto un incremento per la sofferenza soggettiva (danno morale, nel caso di specie +40%) e ha liquidato separatamente i periodi di inabilità temporanea.

È sufficiente affermare di aver rinunciato a opportunità di carriera per ottenere un risarcimento per perdita di chance?
No. La sentenza ha respinto la domanda di risarcimento per perdita di chance perché il genitore non ha fornito la prova rigorosa e concreta delle specifiche opportunità professionali perse e dell’alta probabilità che queste si sarebbero realizzate. Una generica allegazione non è sufficiente a fondare il diritto al risarcimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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