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Danno endofamiliare: risarcimento e prova presuntiva

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24719/2025, si è pronunciata su un caso di danno endofamiliare richiesto da un figlio nei confronti del padre assente. Ribaltando la decisione della Corte d’Appello, ha stabilito che il danno derivante dalla violazione dei doveri genitoriali, pur non essendo ‘in re ipsa’, può essere provato tramite presunzioni. La prolungata e consapevole assenza di un genitore è un fatto notorio sufficiente a far presumere un’alterazione pregiudizievole nella vita del figlio, semplificando così l’onere della prova per la vittima.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno Endofamiliare: La Cassazione sulla Prova Presuntiva del Danno da Abbandono

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 24719 del 2025 offre un’importante chiave di lettura sul tema del danno endofamiliare, in particolare riguardo all’onere della prova del pregiudizio non patrimoniale subito dal figlio a causa dell’abbandono da parte di un genitore. La Suprema Corte ha stabilito che, sebbene il danno non sia automatico, la sua esistenza può essere desunta tramite presunzioni dal fatto noto e grave del disinteresse genitoriale, alterando la vita del figlio.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria inizia nel 2018, quando una madre e suo figlio avviano un’azione legale contro il padre biologico del ragazzo. Le richieste erano molteplici: l’accertamento della filiazione naturale, la condanna al versamento di un contributo per il mantenimento passato e futuro, e il risarcimento del danno non patrimoniale per l’abbandono e la perdita del rapporto genitoriale.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda di accertamento della filiazione e condannava il padre a versare un assegno di mantenimento mensile a partire dalla data della domanda giudiziale. Tuttavia, respingeva sia la richiesta di rimborso per il mantenimento pregresso sia, soprattutto, la domanda di risarcimento per il danno endofamiliare. La motivazione del rigetto si basava sulla presunta mancanza di prove concrete del danno-conseguenza patito dal figlio.

La sentenza della Corte d’Appello

In secondo grado, la Corte d’Appello di Brescia riformava parzialmente la sentenza. Accoglieva la domanda di rimborso per le spese di mantenimento sostenute dalla madre dalla nascita del figlio fino all’inizio della causa, quantificandole in oltre 70.000 euro, e aumentava l’assegno di mantenimento futuro. Ciononostante, confermava il rigetto della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale. Secondo i giudici d’appello, pur essendo provato l’illecito (la violazione dei doveri genitoriali), non era stata fornita la prova specifica del danno che ne era derivato.

Il Ricorso in Cassazione e il Danno Endofamiliare

Contro la decisione d’appello, madre e figlio proponevano ricorso in Cassazione, lamentando principalmente l’errata applicazione delle norme in materia di prova del danno. Essi sostenevano che la Corte d’Appello avesse sbagliato a pretendere una prova diretta e specifica del pregiudizio, quando questo avrebbe dovuto essere desunto in via presuntiva dalla gravità della condotta del padre e liquidato in via equitativa. Un altro motivo di ricorso verteva sulla contraddittorietà della motivazione con cui era stato liquidato il mantenimento pregresso in misura inferiore a quello futuro, senza un’adeguata giustificazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi principali del ricorso, cassando la sentenza e rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione. Il cuore della decisione risiede nel ragionamento probatorio relativo al danno endofamiliare. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale: la lesione di diritti costituzionalmente protetti, come quello alla bigenitorialità e al pieno sviluppo della persona, derivante dalla violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione, costituisce un illecito civile che genera un diritto al risarcimento del danno non patrimoniale (ex art. 2059 c.c.).

La Corte ha specificato che questo danno non è ‘in re ipsa’, cioè non coincide con la sola violazione del dovere, ma deve essere provato. Tuttavia, la prova non deve necessariamente essere diretta. Richiamando i propri precedenti, la Cassazione ha affermato che la prova può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici (artt. 2727-2729 c.c.).

Nello specifico, la ‘consapevole sottrazione ai doveri di assistenza morale e materiale’ da parte di un genitore è un fatto noto, una circostanza la cui gravità è palese. Da questo fatto noto, il giudice può logicamente desumere, secondo un criterio di normalità, l’esistenza di un’alterazione della vita del figlio, che si manifesta in ‘scelte ed opportunità diverse da quelle che altrimenti sarebbero state compiute’. Questo pregiudizio esistenziale, che incide sulla serenità e sulla costruzione della personalità, è la conseguenza diretta dell’abbandono e, una volta presunto, deve essere risarcito.

La Corte ha inoltre accolto il motivo relativo alla contraddittoria determinazione del contributo al mantenimento, sottolineando che il giudice deve fornire una motivazione compiuta e logica per le sue decisioni, specialmente quando liquida somme in via equitativa, basandosi su parametri verificabili e pertinenti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza per la tutela dei figli. Stabilisce un principio di equilibrio: pur rimanendo fermo l’onere per chi chiede il risarcimento di allegare e provare il danno, tale prova è notevolmente agevolata nei casi di abbandono parentale. La gravità dell’illecito endofamiliare permette al giudice di presumere l’esistenza di un danno non patrimoniale, invertendo di fatto l’onere della prova sul genitore inadempiente, che dovrebbe dimostrare l’inesistenza di tali pregiudizi. Questa decisione rappresenta un passo avanti nella protezione dei diritti fondamentali della persona all’interno del nucleo familiare, garantendo che le gravi mancanze genitoriali non restino prive di conseguenze risarcitorie.

Il danno non patrimoniale da abbandono del genitore deve essere provato con prove dirette?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, sebbene il danno vada provato e non sia ‘in re ipsa’, la prova può essere fornita attraverso presunzioni semplici. Il disinteresse consapevole e prolungato di un genitore è un fatto noto da cui il giudice può logicamente desumere l’esistenza di un danno alla vita del figlio.

Cosa si intende per prova presuntiva in caso di danno endofamiliare?
Significa che il giudice, partendo da un fatto certo e provato (la violazione dei doveri genitoriali e l’abbandono), può ritenere provato anche un altro fatto che ne è la conseguenza logica e probabile (l’alterazione peggiorativa della vita del figlio e il suo dolore), senza la necessità di testimonianze o documenti specifici su questo punto.

La Corte di Cassazione ha liquidato il risarcimento del danno?
No, la Corte di Cassazione non decide nel merito. Ha annullato (‘cassato’) la sentenza della Corte d’Appello che aveva negato il risarcimento e ha rinviato la causa allo stesso giudice (in diversa composizione) che dovrà nuovamente decidere sulla questione, applicando il principio di diritto stabilito dalla Cassazione, ovvero riconoscendo la possibilità di provare il danno tramite presunzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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