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Danno da vaccino: quando spetta l’indennizzo?

La Corte d’Appello di Bari ha respinto la richiesta di indennizzo per un presunto danno da vaccino antipolio. La sentenza chiarisce che la legge non copre i casi in cui la vaccinazione si rivela semplicemente inefficace, ma solo quelli in cui è la somministrazione stessa a causare un danno diretto. La decisione si fonda sulla mancanza di prove di un nesso causale tra il vaccino e la patologia, attribuendo quest’ultima a un’infezione da virus selvaggio, resa possibile da un ciclo vaccinale incompleto.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Danno da vaccino: quando spetta l’indennizzo?

La questione del danno da vaccino è un tema complesso che interseca diritto, scienza e solidarietà sociale. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari ha offerto importanti chiarimenti, distinguendo nettamente tra il danno direttamente causato dalla somministrazione e la malattia contratta a causa dell’inefficacia della profilassi. Analizziamo questa decisione per capire quando è possibile ottenere un indennizzo dallo Stato.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Indennizzo per Poliomielite

Una cittadina si rivolgeva al tribunale chiedendo il riconoscimento di un indennizzo previsto dalla Legge n. 210/1992. Sosteneva che la poliomielite da cui era affetta fosse una diretta conseguenza delle vaccinazioni antipolio obbligatorie a cui si era sottoposta da bambina, negli anni 1967 e 1968. In primo grado, la sua domanda veniva respinta. Il Giudice, basandosi sulle conclusioni di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU), aveva escluso la presenza di un nesso causale tra il vaccino e la malattia. La cittadina decideva quindi di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte d’Appello.

La Decisione della Corte d’Appello: il danno da vaccino inefficace non è indennizzabile

La Corte d’Appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado, rigettando l’appello. Il punto centrale della pronuncia risiede in un principio giuridico consolidato: l’indennizzo per danno da vaccino spetta solo quando la patologia è una conseguenza diretta e dannosa dell’inoculazione. Non è invece previsto alcun indennizzo se una persona, nonostante la vaccinazione, contrae la malattia a causa della semplice inefficacia del trattamento. I giudici hanno ritenuto che in questo caso non vi fossero prove sufficienti per dimostrare un legame di causa-effetto tra il vaccino e la poliomielite, accogliendo l’ipotesi più probabile di un’infezione contratta per altre vie.

Le Motivazioni: La Distinzione Cruciale tra Danno Diretto e Inefficacia della Profilassi

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali: l’interpretazione della legge e l’analisi rigorosa del nesso di causalità.

L’interpretazione della Legge 210/1992

I giudici hanno richiamato la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione, la quale afferma che “il fatto generatore del diritto all’indennizzo è l’inoculamento del vaccino che si sia, poi, rivelato dannoso per il soggetto”. La legge nasce per tutelare chi subisce un pregiudizio alla salute a causa di un trattamento sanitario effettuato nell’interesse della collettività. Di conseguenza, è escluso dall’ambito di applicazione il caso in cui il vaccino non produca l’effetto sperato (l’immunizzazione) e il soggetto contragga la malattia. Si tratta, secondo la Corte, di un “evento dannoso diverso da quello previsto dalla legge”. Questa interpretazione rende irrilevante la questione, sollevata dalla ricorrente, su chi avesse l’onere di provare la corretta preparazione del farmaco.

L’analisi del Nesso Causale nel Caso Concreto

La Corte ha poi esaminato nel dettaglio le risultanze della consulenza tecnica. Il CTU aveva escluso che si trattasse di una poliomielite paralitica post-vaccinale (VAPP) per diverse ragioni:

1. Mancanza di sintomi tipici: Dopo la vaccinazione, la ricorrente aveva manifestato solo uno stato febbrile, mentre la letteratura scientifica indica che la VAPP insorge entro 30 giorni con specifiche manifestazioni neurologiche, qui assenti.
2. Ciclo vaccinale incompleto: La cittadina aveva ricevuto solo due delle quattro dosi previste dal ciclo obbligatorio. Questo non le aveva garantito una completa immunità, lasciandola esposta al contagio del virus selvaggio, all’epoca ancora diffuso.

La Corte ha quindi concluso che l’ipotesi del contagio per vie naturali fosse non solo possibile, ma decisamente più probabile rispetto a quella del danno diretto causato dal vaccino. In assenza di prove concrete a sostegno della tesi della ricorrente (come un ricovero ospedaliero con diagnosi di reazione avversa), la domanda non poteva essere accolta.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di responsabilità sanitaria e indennizzi statali: la necessità di una prova rigorosa del nesso causale. Per ottenere l’indennizzo per danno da vaccino, non è sufficiente dimostrare di aver contratto una malattia dopo la vaccinazione. È indispensabile provare, secondo il criterio del “più probabile che non”, che sia stata proprio la somministrazione del vaccino a causare direttamente la patologia. La semplice inefficacia della copertura vaccinale, che porta a contrarre la malattia in modo naturale, non rientra nei casi previsti dalla legge per l’erogazione dell’indennizzo.

È previsto un indennizzo se una vaccinazione obbligatoria si rivela inefficace e la persona contrae comunque la malattia?
No. La sentenza, in linea con la giurisprudenza consolidata, chiarisce che la Legge n. 210/1992 prevede un indennizzo solo per i danni e le infermità che sono conseguenza diretta della somministrazione del vaccino (un’inoculazione dannosa), non per i casi in cui il vaccino si rivela semplicemente inefficace nel prevenire la malattia.

Come viene accertato il nesso causale tra vaccinazione e patologia?
Il nesso causale viene accertato tramite una valutazione medico-legale, spesso affidata a un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU). Si valuta secondo il criterio della “probabilità logica” o del “più probabile che non”, analizzando elementi concreti come la tempistica di insorgenza dei sintomi rispetto alla vaccinazione, la tipologia dei sintomi (che devono essere compatibili con le reazioni avverse note) e l’esclusione di cause alternative più probabili (come un’infezione da virus selvaggio).

Cosa deve dimostrare chi chiede un indennizzo per danno da vaccino?
Chi chiede l’indennizzo deve fornire la prova di un nesso di causalità diretto tra la somministrazione del vaccino e la patologia subita. Deve dimostrare che è più probabile che la malattia sia stata causata dal vaccino piuttosto che da altri fattori. La sola coincidenza temporale tra vaccinazione e insorgenza della malattia non è sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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