Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27310 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27310 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 898-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2570/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 03/07/2023 R.G.N. 1184NUMERO_DOCUMENTO; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/07/2025 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE
Risarcimento danno da usura psicofisica
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/07/2025
CC
FATTI DI CAUSA
La sentenza della Corte di appello di Roma ha rigettato l’appello di RAGIONE_SOCIALE e, dato atto del giudicato interno formatosi sulla violazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 66/2003 ha ritenuto provata, sulla base di elementi presuntivi indicati in motivazione, l’usura psicofisica , in ragione della maggiore gravosità del lavoro, valorizzando l’estensione oraria del turno, la continuità dello stesso e il protrarsi dell’inadempimento per oltre un decennio. Quanto alla liquidazione la Corte distrettuale ha rilevato che il Tribunale ha considerato la retribuzione quale mero parametro della liquidazione equitativa e non come corrispettivo ed inoltre ha limitato la sua statuizione solo all’ an della pretesa, rimettendo ad altro giudizio la quantificazione.
Ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi, cui hanno resistito con controricorso i dipendenti.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 2087 c.c., degli artt. 7, 8 e 9 del d.lgs. n. 66/2003 e vizio motivazionale. Si addebita alla sentenza impugnata di avere ritenuto provato il diritto al risarcimento sulla base di una motivazione mancante e/o apparente e/o perplessa e di avere erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie l’orientamento formatosi in relazione alla mancata fruizione del riposo giornaliero e di quello settimanale. Al riguardo parte ricorrente precisa che la pausa non ha copertura costituzionale e richiama un passaggio della motivazione di Cass. n. 14.710/2015 per sostenere che il danno da usura psicofisica si può configurare solo in caso di prestazione lavorativa che ecceda in maniera abnorme i limiti legali o contrattuali.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 278 c.p.c. e dell’art. 1226 c.c..
L’ Agenzia ricorrente addebita alla Corte territoriale di avere motivato erroneamente il rigetto del secondo motivo di appello ed evidenzia che la corte di merito, contraddittoriamente, ha rilevato, da un lato, la natura di mero parametro della retribuzione ai fini della quantificazione del danno, dall’altro la valenza esclusivamente generica della pronuncia di condanna del giudice di primo grado, limitata al solo an debeatur .
Con il terzo ed ultimo motivo ci si duole della violazione dell’art. 91 c.p.c., atteso che le spese di lite in ragione della infondatezza della domanda dovevano essere poste a carico degli originari ricorrenti.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La censura contesta la decisione nella misura in cui ha ritenuto sussistente la fattispecie di danno risarcibile a titolo di ‘usura psicofisica’ in relazione alla violazione dell’art. 8 d.Lgs. n. 66/2003 sulla base di un’indebita trasposizione dei principi di diritto affermati in riferimento alle ipotesi, del tutto differenti, di inadempimento degli obblighi derivanti dagli articoli 7 (riposo giornaliero) e 9 (riposo settimanale) del decreto legislativo citato in combinato disposto con l’art 36, commi 2 e 3 Cost..
Ad avviso di parte ricorrente la sentenza della Suprema Corte di Cassazione richiamata in motivazione dalla Corte di merito perimetra la sussistenza del danno da usura psicofisica in capo al lavoratore ai soli riposi giornalieri e settimanali in considerazione della circostanza che l’interesse del lavoratore leso dall’inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell’articolo 36 Cost., sì che la lesione dell’interesse espone direttamente il datore al risarcimento del danno non patrimoniale (a differenza di quanto avviene in altre
diverse fattispecie – per le quali siffatta copertura non sussiste -come in relazione al danno derivante dal mancato riconoscimento delle soste obbligatorie nella guida per una durata di almeno 15 minuti tra una corsa e quella successiva e, complessivamente, di almeno un’ora per turno giornaliero previste del Regolamento n. 3820/85/CEE, nonché dall’art. 14 del Regolamento O.I.L. n. 67 del 1939 e dall’art. 6, primo comma, lett. a) della legge 14 febbraio del 1958, n. 138 -, esaminato dalla sentenza 2886/2014 su richiamata). In altri termini, la tutela costituzionale con conseguente riconoscimento del danno da usura psico fisica è limitata alle sole ipotesi di riposo giornaliero o settimanale, ma non alla pausa giornaliera come nel caso di specie.
Ciò posto, rileva questo Collegio come il motivo di ricorso non colga la ratio decidendi posta alla base della sentenza impugnata.
Nella motivazione si legge: ‘Pertanto, l’estensione oraria del turno la continuità dello stesso, nonché il protrarsi dell’inadempimento datoriale senza soluzione di continuità per un decennio rappresentano a parere del collegio elementi presuntivi sulla base dei quali riconoscere il danno lamentato alla salute in quanto aggravanti l’ordinaria penosità del lavoro’. In altri termini, la decisione impugnata non si limita ad applicare i principi giurisprudenziali in materia di danno da usura psicofisica per mancato riposo giornaliero o settimanale, ma accerta in concreto la sussistenza del danno sulla base di una serie di elementi presuntivi comprovanti la maggiore gravosità del lavoro in relazione alla mancata fruizione della pausa di 10 minuti giornalieri.
Su tale specifica ratio decidendi parte ricorrente nulla dice aggredendo esclusivamente la pronuncia in ordine all’asserito
inconferente richiamo ai principi giurisprudenziali in materia di danno da usura psicofisica.
Anche il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili.
Il secondo non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata che quanto al parametro ha ritenuto che la retribuzione fosse stata assunta come mero criterio orientativo per la liquidazione equitativa, valorizzando, altresì, la natura generica della pronuncia per sottolineare che «le questioni relative al numero delle pause non godute» andavano rimesse e proposte nel separato giudizio. I due argomenti rispondono ai separati profili di censura in sede di gravame come riassunti a pag. 3 della pronuncia, su cui la corte di merito provvede a rispondere specificamente, senza alcuna contraddizione logicogiuridica.
In ordine al terzo motivo è evidente la sua inammissibilità perché prospetta l’erronea statuizione sulle spese dei giudizi di merito solo quale conseguenza dell’asserita fondatezza delle prime due censure.
Conclusivamente, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile, con addebito al ricorrente (parte soccombente) delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in € 4.000,00, a titolo di compensi ed in € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge da distrarre in favore del l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento
da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 04 luglio 2025.
La Presidente NOME COGNOME