Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4714 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 4714 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25258/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente e controricorrente – contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di erede di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio RAGIONE_SOCIALEa prima in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrenti e ricorrenti incidentali – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Roma n. 3004/17, depositata il 9 maggio 2017.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 9 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e la dichiarazione d’inammissibilità del primo motivo del ricorso incidentale, con l’assorbimento del secondo motivo.
FATTI DI CAUSA
NOME ed NOME COGNOME, in qualità di eredi RAGIONE_SOCIALEa madre NOME COGNOME, e NOME COGNOME, in qualità di procuratrice RAGIONE_SOCIALE dei figli NOME e NOME COGNOME, convennero in giudizio il RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, per sentirlo condannare al pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo dovuto, ai sensi RAGIONE_SOCIALEa legge 6 dicembre 1971, n. 1066 e RAGIONE_SOCIALEa legge 26 gennaio 1980, n. 16, per la perdita di un’azienda agricola e di un’azienda mineraria site in Libia, presso Tripoli, e confiscate dal Governo di quel Paese nel mese di luglio 1970.
1.1. Con sentenza del 20 maggio 2003, il Tribunale di Roma accolse la domanda, determinando in Euro 14.325.380,04 all’attualità l’indennizzo dovuto per l’azienda agricola ed in Euro 5.023.739,00 all’attualità quello dovuto per l’azienda mineraria, e condannando il RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma complessiva di Euro 14.999.312,00, detratti gli acconti già versati, anch’essi rivalutati all’attualità, oltre agl’interessi legali con decorrenza dalla data RAGIONE_SOCIALEa sentenza.
L’impugnazione proposta dal RAGIONE_SOCIALE, succeduto al RAGIONE_SOCIALE, fu parzialmente accolta dalla Corte d’appello di Roma, che con sentenza del 12 maggio 2008 rideterminò l’importo dovuto in Euro 8.650.326,00, oltre interessi legali dalla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge 5 aprile 1985, n. 135, detratti gli acconti già versati.
Avverso la predetta sentenza il RAGIONE_SOCIALE propose ricorso per cassazione, parzialmente accolto da questa Corte, che con sentenza del 16 maggio 2014, n. 10794 accolse parzialmente anche il ricorso incidentale proposto dagli attori, cassando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ridotto il valore RAGIONE_SOCIALE‘azienda mineraria, pur avendo rigettato le censure proposte al
riguardo, nella parte in cui aveva negato l’indennizzo per la perdita RAGIONE_SOCIALE‘avviamento, per insufficienza RAGIONE_SOCIALEa motivazione, nella parte in cui aveva fatto decorrere gl’interessi dalla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge n. 135 del 1985, anziché dalla proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale, e nella parte in cui aveva ritenuto non provato il maggior danno da svalutazione, determinabile in via presuntiva sulla base del saggio medio di rendimento netto dei titoli di RAGIONE_SOCIALE con scadenza non superiore a dodici mesi.
4. Il giudizio è stato pertanto riassunto dinanzi alla Corte d’appello, che con sentenza del 9 maggio 2017 ha rideterminato la somma dovuta in Euro 14.108.209,70, oltre interessi legali dalla data di notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione al saldo e rivalutazione monetaria dalla medesima data a quella di pubblicazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza, detratti gli acconti già versati.
A fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione, la Corte ha rilevato che, nella determinazione del valore RAGIONE_SOCIALE‘azienda mineraria, la sentenza di primo grado si era attenuta alla stima RAGIONE_SOCIALE‘UTE, che aveva liquidato l’indennizzo in complessive Lire 9.727.316.000, ivi compresa la rivalutazione calcolata sulla base del coefficiente previsto dall’art. 4 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 135 del 1985, ed ha pertanto rideterminato l’importo dovuto in Euro 5.023.739,00.
In ordine all’avviamento, ha invece richiamato il principio enunciato dalla sentenza di cassazione, secondo cui la sopravvenienza RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 RAGIONE_SOCIALEa legge 29 gennaio 1994, n. 98, applicabile anche alle cause in corso, non consente l’automatico riconoscimento di un compenso aggiuntivo pari al 30% del valore dei beni aziendali, postulando invece un apprezzamento discrezionale correlato al carattere equitativo RAGIONE_SOCIALEa liquidazione, volto a superare le difficoltà probatorie legale alla particolarità RAGIONE_SOCIALEa situazione. Ciò posto, e rilevato che l’Amministrazione non aveva contestato specificamente i valori accertati per entrambe le aziende, ha determinato il valore RAGIONE_SOCIALE‘avviamento in misura pari al 30% dei relativi importi, già rivalutati, escludendone l’ulteriore rivalutazione.
Sugl’importi liquidati a titolo d’indennizzo, la Corte ha poi riconosciuto, in conformità dei principi enunciati dalla sentenza di cassazione, gl’interessi legali con decorrenza dalla data RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale, indicata nel 17 novembre 1992, e fino al saldo, nonché il maggior danno da svalutazione, de-
terminato in misura corrispondente alla differenza tra il tasso di rendimento netto dei titoli di RAGIONE_SOCIALE di durata non superiore a dodici mesi e quello degl’interessi legali, anch’esso con decorrenza dalla data RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale e fino alla data di pubblicazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza.
Avverso la predetta sentenza il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. Hanno resistito con controricorso NOME, NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME, in qualità di erede RAGIONE_SOCIALEa madre NOME COGNOME, i quali hanno proposto ricorso incidentale, articolato in due motivi ed illustrato anche con memoria, al quale il RAGIONE_SOCIALE ha resistito a sua volta con controricorso.
Il ricorso, avviato alla trattazione in camera di consiglio dinanzi alla Sesta Sezione civile, è stato rimesso alla pubblica udienza, con ordinanza interlocutoria del 25 marzo 2019, avendo il Collegio ritenuto di non poter ravvisare, rispetto alle problematiche sottese ai motivi di ricorso, evidenze decisorie tali da consentire la definizione del giudizio dinanzi alla Sezione c.d. filtro.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
Con l’unico motivo del ricorso principale, il RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione o la falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1224, secondo comma, cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto il maggior danno da svalutazione monetaria fino alla data RAGIONE_SOCIALEa sua pubblicazione, senza considerare che le somme ancora dovute sono state integralmente pagate in esecuzione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado, la cui riforma da parte del Giudice di rinvio, imponendo il ricalcolo di tutti i valori, ha comportato anzi l’insorgenza di un credito a favore RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, i controricorrenti deducono l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘individuazione RAGIONE_SOCIALEa decorrenza degl’interessi e del maggior danno da svalutazione monetaria, ha fatto riferimento alla data del 17 novembre 1992, anziché a quella del 17 marzo 1992, senza tenere conto RAGIONE_SOCIALEa relata di notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione in primo grado, dalla quale risultava che la notificazione aveva avuto luogo in quest’ultima data. Premesso che tale questione aveva costituito oggetto di
discussione nel corso del giudizio, avendo l’Amministrazione sostenuto che sul punto si era formato il giudicato, affermano che l’esattezza RAGIONE_SOCIALEa data indicata nella sentenza di appello non era stata verificata dalla sentenza di cassazione, la quale si era limitata a riportare la data risultante dalla sentenza impugnata.
Con il secondo motivo, i controricorrenti lamentano la violazione RAGIONE_SOCIALE art. 1224 cod. civ., censurando la sentenza impugnata per aver riconosciuto il maggior danno da svalutazione monetaria fino alla data RAGIONE_SOCIALEa sua pubblicazione, anziché fino al saldo, senza tenere conto RAGIONE_SOCIALE‘assenza di sostanziali differenze tra la disciplina dettata dal primo e dal secondo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 1224, la quale giustifica l’affermazione RAGIONE_SOCIALE‘identità sia RAGIONE_SOCIALEa decorrenza, che RAGIONE_SOCIALEa data finale RAGIONE_SOCIALEe relative obbligazioni.
Prioritario rispetto all’esame del ricorso principale è quello del primo motivo del ricorso incidentale, riguardante l’individuazione RAGIONE_SOCIALEa data di decorrenza degl’interessi sulle somme riconosciute agli attori, e quindi idoneo ad incidere anche sulla liquidazione del maggior danno da svalutazione monetaria, che costituisce oggetto RAGIONE_SOCIALEe censure proposte dal RAGIONE_SOCIALE.
Come si evince dalla sentenza di cassazione, la questione riguardante la decorrenza degl’interessi aveva costituito oggetto del giudizio di legittimità, avendo il RAGIONE_SOCIALE censurato la sentenza di appello nella parte in cui, in mancanza di un atto di costituzione in mora, aveva riconosciuto gl’interessi con decorrenza dalla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge n. 135 del 1985: tale censura era stata accolta da questa Corte, che aveva escluso la configurabilità di un’ipotesi di mora ex re , ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1219, secondo comma, cod. civ., rilevando che l’obbligazione non derivava da fatto illecito e non era pagabile presso il domicilio del creditore, ed affermando quindi che, in mancanza RAGIONE_SOCIALEa prova di una precedente intimazione, gl’interessi e il maggior danno per l’inadempimento erano dovuti dalla data di proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale. Tale data non aveva peraltro costituito oggetto di uno specifico accertamento né da parte RAGIONE_SOCIALEa sentenza di cassazione, che si era limitata a darne atto in premessa, né da parte RAGIONE_SOCIALEe sentenze di primo grado e di appello, che avevano fatto decorrere gl’interessi rispettivamente dalla data di liquidazione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo e da quella di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge n. 135 del 1985:
non merita dunque consenso l’eccezione sollevata dal RAGIONE_SOCIALE, secondo cui in ordine alla data di decorrenza degl’interessi sulle somme dovute agli attori si era formato il giudicato interno, per effetto RAGIONE_SOCIALEa decisione adottata da questa Corte o RAGIONE_SOCIALEe sentenze di merito che l’avevano preceduta.
Parimenti non condivisibile è la tesi sostenuta in via subordinata dalla difesa erariale, secondo cui la questione riguardante l’individuazione RAGIONE_SOCIALEa data di proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda non è proponibile nel giudizio di legittimità, trattandosi di un’indagine di fatto, rimessa in via esclusiva al giudice di merito: al pari di ogni altro apprezzamento di fatto, l’accertamento compiuto dalla Corte d’appello in ordine alla predetta data deve ritenersi sindacabile in questa sede ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., riguardando un fatto storico che, oltre a risultare idoneo ad orientare in senso diverso la decisione, in quanto incidente sulla decorrenza degl’interessi, ha costituito oggetto di discussione nel giudizio di rinvio; in quella sede, gli attori hanno infatti insistito per il riconoscimento degl’interessi con decorrenza dalla data di notificazione RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione, mentre il RAGIONE_SOCIALE ha eccepito che sul punto si era ormai formato il giudicato, per effetto RAGIONE_SOCIALE‘indicazione contenuta nella sentenza di cassazione: la sentenza impugnata ha accolto la prima tesi, richiamando il principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, ma, nell’individuare la data di proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda, ha omesso di spiegare le ragioni per cui ha fatto riferimento a quella erroneamente riportata nella medesima sentenza (17 novembre 1992), anziché a quella indicata nella relata di notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione (17 marzo 1992), trascritta in questa sede a corredo del motivo di ricorso.
5. Il primo motivo del ricorso incidentale va pertanto accolto, con la conseguente caducazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 336, primo comma, cod. proc. civ., anche nella parte in cui ha provveduto alla liquidazione del risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria, riconoscendolo con decorrenza dalla medesima data: resta pertanto assorbito il ricorso principale, con cui l’Amministrazione ha censurato la sentenza impugnata proprio nella parte riguardante la predetta liquidazione, per non aver tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa circostanza, da essa allegata, che le somme riconosciute a titolo d’indennizzo erano state integralmente corrisposte in esecuzione RAGIONE_SOCIALEa
sentenza di primo grado. Tale pagamento andrà infatti preso in considerazione nell’ambito del ricalcolo del maggior danno, che dovrà essere riconosciuto sull’intero indennizzo per il periodo compreso tra la data di notificazione RAGIONE_SOCIALE‘atto introduttivo del giudizio di primo grado e quella del pagamento, ove quest’ultimo risulti interamente satisfattivo del credito vantato dagli attori, nonché, limitatamente all’importo residuo, anche per il periodo successivo, ove la somma corrisposta in esecuzione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado risulti inferiore a quella liquidata in sede di rinvio.
6. E’ invece infondato il secondo motivo del ricorso incidentale, con cui si lamenta il riconoscimento del maggior danno derivante dalla svalutazione monetaria fino alla data di pubblicazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, anziché fino al saldo.
In quanto non avente carattere automatico, ma subordinato alla prova, sia pure presuntiva, del pregiudizio derivante dall’indisponibilità RAGIONE_SOCIALEa somma dovuta durante il periodo di mora, che abbia impedito al creditore di reimpiegarla utilmente o lo abbia costretto a sopportare i costi necessari per il ricorso al credito, il risarcimento del maggior danno cagionato dal ritardo nell’adempimento e non compensato dalla corresponsione degl’interessi moratori non può essere infatti riconosciuto fino al pagamento effettivo RAGIONE_SOCIALEa somma dovuta, ma solo fino alla data di pubblicazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza, non potendosi attribuire rilievo, a tal fine, neppure alla notorietà degli effetti depauperativi del fenomeno inflattivo e alla possibilità che intervengano successivamente variazioni nel potere di acquisto RAGIONE_SOCIALEa moneta, poiché, non essendo prevedibile anticipatamente l’andamento RAGIONE_SOCIALE‘inflazione, non è in alcun modo ipotizzabile una rivalutazione in futuro (cfr. Cass., Sez. III, 21/01/2005; Cass., Sez. I, 20/06/2000, n. 8371).
7. La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale e dalle relative ricadute in tema di liquidazione del maggior danno per il ritardo nell’adempimento, con il conseguente rinvio RAGIONE_SOCIALEa causa alla Corte d’appello di Roma, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, rigetta il secondo motivo, dichiara assorbito il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere