Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 35314 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 35314 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2307/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale p.t., COGNOME RAGIONE_SOCIALECOGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO NOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO
Oggetto:
Trasporto
aereo
internazionale
–
Compensazione pecuniaria
–
Risarcimento del danno
patrimoniale
e
non
patrimoniale
COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 678/2022, depositata il 13/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME che si è riportato alle conclusioni scritte con cui aveva anticipato la richiesta di accoglimento del quarto motivo di ricorso e di rigetto dei primi tre. Airways
Udito l’avvocato NOME COGNOME per Kuwait RAGIONE_SOCIALE.
FATTI DI CAUSA
Gli odierni resistenti, lamentando il ritardo di oltre 3 ore del volo KU363 del 13 gennaio 2018 della RAGIONE_SOCIALE sulla tratta Kuwait City -Colombo, la cancellazione del volo KU362 del 28 gennaio 2018 della medesima compagnia aerea sulla tratta Colombo -Kuwait City, la lunga attesa per fare rientro in Italia nonché il ritardo nell’arrivo a Roma con la conseguente perdita del volo Alitalia diretto a Genova, convenivano, dinanzi al Tribunale di Genova, la RAGIONE_SOCIALE, perché fosse condannata a corrispondere loro il risarcimento di tutti i danni subiti e/o la compensazione pecuniaria, quantificata, ai fini della determinazione della competenza per valore, in euro 5.939,00 per ciascun attore.
Con la sentenza n. 733/2020, il Tribunale di Genova, accertato il ritardo del volo Kuwait City-Colombo, riconosceva a ciascun passeggero/attore il diritto all’indennizzo di euro 600,00 per il ritardo del volo, invece, in considerazione del consistente deficit
probatorio e del fatto che l’invocata Convenzione di Montreal del 1999 relativa al trasporto aereo internazionale (d’ora in avanti Convenzione di Montreal) contiene una disciplina della responsabilità risarcitoria del vettore aereo <>, quindi, per ipotesi diverse da quelle concretamente formulate, rigettava ogni altra pretesa e compensava le spese di lite nella misura di un mezzo.
Nel giudizio di appello che ne era seguito, gli odierni resistenti deducevano: i) la violazione e falsa applicazione dell’art. 113 cod.proc.civ. per non avere il tribunale – una volta ritenuta la Convenzione di Montreal non applicabile – fatto ricorso al diritto interno in tema di contratto di trasporto, in applicazione del principio iura novit curia ; ii) l’erroneità della decisione di non ritenere applicabile la Convenzione di Montreal del 1999; iii) l’errata liquidazione delle spese legali.
La RAGIONE_SOCIALE proponeva, a sua volta, appello incidentale avverso la statuizione con cui il giudice di prime cure, pur avendo accertato che il volo di andata (Kuwait City- Colombo Baranaike) aveva accumulato un ritardo di tre ore e un minuto, aveva liquidato l’importo pieno della compensazione pecuniaria di euro 600,00 a passeggero prevista dal Regolamento n. 261/04/CE, senza applicare la riduzione del 50% riconosciuta dalla Corte di Giustizia nell’ipotesi di ritardi inferiori alle 4 ore (Corte di Giustizia nei procedimenti riuniti C-407/07 e C-432/07).
Con la sentenza n. 678/2022, resa pubblica in data 13/06/2022, la Corte d’appello di Genova ha accolto l’impugnazione principale e rigettato quella incidentale.
Segnatamente, ha ritenuto che:
la Convenzione di Montreal, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 19, 22 e 29, riconosce la risarcibilità del danno alle persone e alle cose anche nel caso di ritardo aereo;
b) la giurisprudenza di questa Corte è univocamente orientata a ritenere che la Convenzione di Montreal, con l’unica condizione di non superare la misura massima del ristoro di cui all’art. 22, ammetta che la responsabilità per ritardo comporta l’obbligo per il vettore aereo internazionale di risarcire il danno patrimoniale e anche quello morale, essendo la nozione di ristoro utilizzata dalla convenzione un’espressione generica e astrattamente comprensiva di ogni voce di pregiudizio, e che, spettando all’ordinamento degli Stati aderenti fissare il contenuto dell’obbligazione risarcitoria, nel nostro occorra far riferimento all’art. 2059 cod.civ., nella lettura costituzionalmente orientata espressa dalla pronuncia delle Sezioni unite n. 26972/2008;
c) la compagnia aerea non aveva contestato il ritardo superiore alle tre ore del volo di andata, ma neppure che nella fase di decollo del volo di ritorno in partenza da Colombo e diretto a Kuwait City l’areo avesse bruscamente frenato, senza poi decollare, e che i passeggeri avessero subito ritardi, disagi e pregiudizi: avevano pernottato in albergo, erano giunti all’aeroporto di Roma Fiumicino con due giorni di ritardo, avevano perduto il volo diretto a Genova, erano rientrati a destinazione con il taxi; già nel giudizio di primo grado il vettore aereo aveva, infatti, <>, ma aveva ammesso i fatti allegati, non aveva ottemperato all’ordine di esibizione della lista dei passeggeri (comportamento rilevante ai fini dell’accertamento della veridicità dei fatti allegati) né fornito prova contraria -di avere esattamente adempiuto ovvero dell’imputabilità dell’inadempimento a casa fortuito o forza maggiore ovvero del contenimento del ritardo entro le soglie di rilevanza fissate dall’art. 6, comma 1°, del reg. CE n. 261/2004 (Cass. n. 15768/2004) -e tantomeno contestato specificamente la quantificazione del danno patrimoniale, stimato in complessivi euro 2.282,30, essendosi limitato a insistere circa la natura indiretta dei danni dedotti e la genericità delle allegazioni
degli appellanti che, al contrario, risultavano <>;
il danno patrimoniale era documentato, causalmente riferibile alla condotta di RAGIONE_SOCIALE e liquidabile nella misura massima prevista dall’art. 22 della Convenzione di Montreal;
era stato allegato e provato anche il danno non patrimoniale domandato dai passeggeri, risarcibile in adesione alla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod.civ., attesi la rilevanza costituzionale dell’interesse leso, la gravità della lesione, la non futilità del danno e ravvisata <> (p. 11);
non meritava accoglimento l’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE perché l’importo della compensazione pecuniaria dovuta al passeggero di un volo che giunge con ritardo finale di tre ore o più può essere sì ridotto del 50% se il ritardo è inferiore a 4 ore, ma solo se la tratta supera i 3.500 km; nel caso di specie era stato allegato dai passeggeri che la tratta aerea era
inferiore ai 3.500 km senza contestazioni da parte della compagnia aerea convenuta;
i) la nuova regolamentazione delle spese di giudizio, imposta dalla riforma della sentenza impugnata, comportava l’assorbimento del terzo motivo dell’appello principale che attingeva la statuizione con cui il tribunale aveva quantificato le spese di lite.
RAGIONE_SOCIALE ricorre ora per la cassazione di detta sentenza, formulando 4 motivi, cui resistono con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso, originariamente fissata in adunanza camerale, è stata rinviata, con ordinanza interlocutoria n. 7401/2024, alla pubblica udienza.
Il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME ha confermato le conclusioni anticipate con la memoria scritta, chiedendo l’accoglimento del quarto motivo di ricorso e il rigetto dei primi tre.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo si denunzia la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. per extrapetizione e dell’art. 115 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ.
La tesi della società ricorrente è che, avendo i controricorrenti dedotto la sussistenza di uno stato di panico e non avendo mai allegato né provato la violazione del loro diritto alla salute, tantomeno avendo <>, il giudice a quo sia incorso nella violazione
dell’art. 112 cod.proc.civ. allorché ha ravvisato la <>.
1.1) Viziate da ultrapetizione sarebbero anche le seguenti affermazioni utilizzate dal giudice a quo per giustificare la risarcibilità del danno non patrimoniale: a) quella con cui la corte distrettuale ha sostenuto che i passeggeri erano stati esposti <> per il fatto che l’areo lanciato a forte velocità di decollo e con il carrello anteriore già distaccato dal terreno avesse improvvisamente decelerato, con forte stridore degli pneumatici, sbandando ripetutamente, prima di arrestarsi trasversalmente a bordo pista; b) quella ove ha definito <> gli alloggi alberghieri messi a disposizione dei passeggeri dopo la cancellazione del volo; c) quella ove ha ritenuto fonte di grave turbamento e sofferenza le peripezie cui i passeggeri erano andati incontro dopo la cancellazione del volo; d) quella ove ha dichiarato che i passeggeri erano stati privati dei loro effetti personali; e) quella ove, in contrasto con le allegazioni di controparte, ha ritenuto che ai passeggeri non era stato garantito un supporto idoneo ad alleviare i disagi loro colpevolmente arrecati.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 112 e dell’art. 115 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.
Non avendo i passeggeri controricorrenti confutato la sentenza del tribunale nella parte in cui era stato negato loro il diritto al risarcimento del danno patrimoniale, essendosi limitati a riproporre nelle conclusioni d’appello <> senza indicarne il titolo, il giudice a quo non avrebbe dovuto riformare sul punto la decisione di primo grado, accordando il risarcimento del danno per il ritardo nella consegna dei bagagli nell’importo massimo previsto dalla Convenzione di
Montreal: convenzione che -aggiunge la ricorrente -non era stata neppure menzionata nell’atto di citazione in primo grado e nelle conclusioni formulate nel giudizio d’appello.
3) Con il terzo motivo parte ricorrente si duole della violazione degli artt. 22 e 29 della Convenzione di Montreal, della violazione degli artt. 1218, 1223e 2697 cod.civ. nonché della violazione degli artt. 115 e 112 cod.proc.civ.
La corte d’appello secondo quanto prospettato -avrebbe riconosciuto la sussistenza di un danno in re ipsa , <>; il debitore inadempiente risponde, infatti, solo dei danni che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 1223 cod.civ., e l’art. 2697 cod.civ. onera chi vanta una pretesa creditoria della prova del fatto costitutivo e dei danni conseguenziali o estrinseci causalmente collegati con la condotta del debitore (Cass. n. 9474/2021).
La corte territoriale neppure avrebbe potuto accogliere la richiesta risarcitoria in applicazione del principio del neminem laedere , anche per difetto di allegazione e prova del dolo o della colpa del vettore aereo.
In aggiunta, l’eventuale responsabilità per violazione degli obblighi di assistenza avrebbe richiesto, ai fini dell’accoglimento della richiesta risarcitoria, l’allegazione e la prova del danno non patrimoniale subito, non avendo dignità di danno risarcibile il disagio e lo stress conseguente all’inadempimento contrattuale (Cass. n. 12088/2015).
4) Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione del Regolamento n. 261/04/CE, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Attinta da censura è la statuizione di rigetto del motivo di appello incidentale con cui era stata chiesta la riforma della sentenza di primo grado che aveva riconosciuto ai passeggeri la compensazione pecuniaria per il ritardo aereo, senza dimezzarla in ragione del ritardo inferiore a quattro ore.
Alla corte territoriale si imputa di non avere considerato che i passeggeri appellati avevano precisato che <> e che, quindi, la tratta aerea era superiore a 3.500 Km.
In ogni caso, aggiunge la ricorrente, là dove si fosse trattato di una tratta inferiore a 3.500 km l’importo della compensazione pecuniaria dovuto era di euro 400,00 e non di 600,00, ai sensi dell’art. 7, par. 1, lett. b) del Regolamento n. 261/04/CE.
Il primo e il terzo motivo presentano evidenti profili di connessione che ne giustificano la trattazione congiunta.
Entrambi risultano nel loro complesso infondati, per le ragioni di seguito illustrate.
Il vizio di ultrapetizione ricorre solo se il giudice contravviene al divieto di sostituire la domanda proposta dalle parti con una diversa, perché fondata su una diversa causa petendi , con conseguente introduzione nel processo di un diverso titolo accanto a quello posto a fondamento della domanda, ovvero di alterazione del petitum , con l’attribuzione di un bene diverso da quello domandato, essendo preclusa l’introduzione nel tema controverso di nuovi elementi di fatto; relativamente al giudizio di appello, sussiste, in particolare, il vizio di ultrapetizione qualora il giudice di secondo grado esamini una questione che neppure possa ritenersi tacitamente proposta, perché non in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulate, se di queste non costituisce neppure l’antecedente logicogiuridico (Cass.
15/07/2004, n. 13104 ), giacché i poteri del giudice d’appello devono essere coordinati con i principi propri del sistema delle impugnazioni; gli è precluso, infatti, riesaminare le parti della sentenza di primo grado non formanti oggetto di specifica trattazione nell’atto di impugnazione, dovendo il giudice pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa, rapportandosi ai soli elementi essenziali delle domanda, rappresentata dalla “causa petendi” e dal “petitum”; nondimeno, è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale in tema di giudizio di appello, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato così come il principio del tantum devolutum quantum appellatum non ostano a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti nonché in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi e finanche all’applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante; né incorre nella violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del petitum e della causa petendi , confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti, ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice (Cass. 15/06/2020, n.11466).
Applicando detti principi alla vicenda per cui è causa, deve escludersi che, accordando il risarcimento del danno non patrimoniale agli appellanti -che il tribunale aveva negato loro per difetto di prova e per l’errata individuazione del perimetro applicativo della Convenzione di Montreal la corte d’appello abbia sostituito la domanda originaria con una diversa e/o che abbia alterato il petitum e/o la causa petendi ; ha solo riesaminato la quaestio facti e ritenuto che vi fossero i presupposti -allegatori e
probatori -per riconoscere la sussistenza dell’inadempimento del vettore aereo e il concretizzarsi, quale conseguenza dello stesso, anche di un danno non patrimoniale, risarcibile in applicazione della Convenzione di Montreal e dell’art. 2059 cod.civ.: la prima fissa l’area di risarcibilità del danno derivante da inadempimento del vettore aereo, il secondo determina il contenuto dell’obbligazione risarcitoria per quanto attiene al danno non patrimoniale.
In merito alle ulteriori censure di ultrapetizione mosse al giudice a quo (riassunte supra § 1.1., lett. a-d), va ulteriormente osservato che esse sono pressoché interamente riconducibili alla violazione dell’art. 115 cod.proc.civ. (come, del resto, indicato nell’epigrafe del motivo), atteso che vertono sul fatto che la corte territoriale avrebbe ritenuto allegate e non generiche circostanze invece non allegate e generiche e non specificamente contestati fatti che invece la ricorrente ritiene di avere specificamente contestato.
Ora, su detto vizio che imputa al giudice a quo di avere travisato le allegazioni e le contestazioni, avendo dalla ricognizione del contenuto oggettivo delle stesse tratto contenuti mancanti o non avendone tratto contenuti esistenti, si sono pronunciate le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 4/03/2024, n. 5792), che, dopo aver delineato storicamente la distinzione travisamento del fattotravisamento della prova e del fatto, hanno ribadito che se il travisamento è <>, se il travisamento attiene all’individuazione delle informazioni probatorie desunte per inferenza logica è un <>, per questo sottratto al giudizio di legittimità, non essendovi il rischio che si verifichi, <>, giacché, una volta che il giudice di merito abbia fondato la propria decisione su un dato probatorio preso in considerazione nella sua oggettività, pena la rettifica dell’errore a mezzo della revocazione, ed abbia adottato la propria decisione
sulla base di informazioni probatorie desunte dal dato probatorio, il tutto sostenuto da una motivazione rispettosa dell’esigenza costituzionale di motivazione, si è dinanzi ad una statuizione fondata su basi razionali idonee a renderla accettabile. Diversamente opinando, se si ammettesse la ricorribilità per cassazione in caso di travisamento della prova, il giudizio di legittimità si avvierebbe ad essere <> nel quale questa Corte avrebbe <>.
Nella specie, il giudice a quo ha ben chiarito quali erano state le allegazioni dei passeggeri e in che cosa erano consistite le contestazioni della odierna ricorrente, stimando le prime tutt’altro che generiche, al contrario delle seconde, sicché non è dato ravvisare nella motivazione dell’impugnata sentenza alcun travisamento nei termini chiariti da Cass n. 5792/2024. D’altra parte, il controllo della logicità del ragionamento del giudice di merito non equivale alla revisione del suo ragionamento decisorio e alla conseguente nuova formulazione del giudizio di fatto, in quanto tale eventualità si pone in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità, il quale non può procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa e la considerazione di fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a quelli assunti dal giudice di merito a fondamento della sua decisione” (in tal senso v. Cass. 21/01/2015, n. 961; Cass. 10/09/2020, n. 18774; Cass. 05/03/2002, n. 3161; Cass. 20/10/2005, n. 20322; Cass. 06/03/2006, n. 4766; Cass. 07/01/2014, n. 91).
Per quanto più specificamente attiene al riconoscimento a favore dei passeggeri del danno non patrimoniale, mette conto, innanzitutto, osservare che la corte territoriale ha riconosciuto e liquidato il danno non patrimoniale nella misura massima
consentita dalla Convenzione di Montreal, e ciò al netto delle espressioni utilizzate per descrivere le conseguenze pregiudizievoli dal punto di vista fenomenologico: a p. 11 evoca, infatti, la violazione del diritto alla salute e così fa a p. 13 ove parla di <>, a p. 12 richiama la giurisprudenza relativa alla liquidazione del danno come morale soggettivo e descrive il grave e protratto disagio psico-fisico lamentato dagli appellanti nonché la grave condizione di turbamento e sofferenza.
Che il giudice d’appello abbia descritto fenomenologicamente il danno in maniera errata (basti considerare che il danno psichico per essere riconosciuto sussistente avrebbe dovuto essere accertato medico-legalmente: v., ex plurimis , Cass. 05/07/2019, n. 18056, quanto alle modalità di accertamento e di liquidazione del danno psichico) e confusa (evoca il danno alla salute e il danno morale soggettivo, senza chiarire se abbia inteso riconoscere sia il danno alla salute sia il danno morale soggettivo, o un solo danno non patrimoniale) è vero -e sul punto la motivazione va senz’altro corretta ma ciò non giova alla ricorrente che peraltro non se n’è doluta specificamente (adducendo che il danno alla salute deve essere accertato medico-legalmente e che comunque non vi erano i presupposti per liquidare sia il danno alla salute sia il danno morale soggettivo), avendo indirizzato tutto il suo sforzo argomentativo -confermato anche in sede di discussione orale -verso il ribadimento della convinzione che il danno non patrimoniale lamentato non fosse stato allegato e che la corte d’appello condannandola avesse fatto inammissibilmente ricorso al danno in re ipsa .
A rilevare, però, è la reale fenomenologia del pregiudizio e sotto tale profilo -al di là dell’uso di una tassonomia descrittiva confusa e finanche errata – la corte d’appello non merita il tipo di censure che le sono state rivolte, avendo liquidato il danno non patrimoniale, a seguito dell’accertamento della sussistenza effettiva
delle conseguenze dannose allegate dai passeggeri, descritte in termini di gravissimo stress subito per il panico scatenato dall’interrotta manovra di decollo e dalle peripezie protrattesi per ben due giorni prima di fare ritorno a Genova, e ritenute sussistenti -senza contestazioni da parte del vettore aereo – anche se sulla scorta di un ragionamento presuntivo e con il ricorso al fatto notorio (p. 12).
Costituisce oramai ius receptum che il danno non patrimoniale è categoria unitaria dal punto di vista giuridico, nel senso che costituisce l’esito di un giudizio sintetico delle ripercussioni negative sul valore -uomo, ma non lo è dal punto di vista fenomenologico (Cass. 17/01/2018, n. 901; Cass. 27/03/2018, n. 7513), sicché deve ribadirsi che non è necessario ricorrere -come ha fatto erroneamente la corte territoriale ad una forzata panbiologicizzazione del danno: il danno biologico (che può anche ricomprendere la ‘sofferenza psicofisica’ o sofferenza biologica, o sofferenza menomazione-correlata, apprezzabile dal punto di vista medico-legale e/o nosologico) è autonomo rispetto al danno c.d. morale soggettivo, inteso come sofferenza interiore o patema d’animo subita dal soggetto in conseguenza della lesione di un suo diritto soggettivo, ma anche come dolore, paura, ansia, disperazione.
Il fatto illecito può produrre nella sfera umana due tipologie di sofferenze: vi sono, infatti, pregiudizi dinamico-relazionali e sofferenze morali: <> (Cass. n. 901/2018, citata).
Le censure della ricorrente non scalfiscono la decisione con cui è stato accordato ai passeggeri il risarcimento del danno non patrimoniale né la quantificazione dello stesso, perché sono del tutto generiche: come già si è rilevato non confutano efficacemente né la sussistenza di una lesione del diritto alla salute né la ricorrenza di un danno morale soggettivo, tantomeno la eventuale duplicazione risarcitoria discendente dall’aver ritenuto lo stesso inadempimento causa sia di un danno biologico sia di un danno morale soggetto.
Questa Corte, proprio di recente, con riferimento al danno non patrimoniale derivante dall’inadempimento del vettore aereo, ha statuito che il risarcimento riconosciuto dall’art. 22 della Convenzione di Montreal per il ritardo del volo postula la prova (anche per presunzioni) del danno conseguenza concretamente subito, alla stregua dei principi dell’ordinamento nazionale di riferimento e che il danno non patrimoniale non è configurabile in re ipsa , dovendosi accertare, ai fini della relativa risarcibilità, sia la lesione grave di un interesse inviolabile costituzionalmente garantito, sia la sussistenza di un pregiudizio (non consistente in meri disagi o fastidi) legato da un nesso di causalità giuridica all’evento di danno rappresentato dal ritardo (Cass. 26/07/2024, n. 20941).
Nel caso di specie, la corte territoriale non si è limitata ad accertare l’inadempimento della compagnia aerea (danno evento), ma ha stimato che detto inadempimento aveva prodotto conseguenze pregiudizievoli, specificamente allegate, precisando che le medesime non si erano tradotte in meri disagi, disagi, fastidi, disappunti, ansie e generiche insoddisfazioni.
Del resto, questa Corte ha già in più occasioni avuto modo di ritenere che l’inadempimento del contratto di trasporto può provocare la lesione di una situazione giuridica soggettiva di rango costituzionale consistente nella libertà di autodeterminazione e di movimento che trova riconoscimento nella superiore normativa della Carta (Cass. 08/04/2020, n. 7754; Cass. 15/02/2023, n. 4723; Cass. 09/10/2023, n. 28244).
In conclusione, pur rilevando che il giudice a quo ha erroneamente individuato la situazione giuridica lesa dall’inadempimento del vettore aereo, deve ritenersi che sostanzialmente abbia riconosciuto e liquidato in via equitativa un unico danno non patrimoniale -il danno morale soggettivo -con una motivazione che: i) non si è discostata dai dati di comune esperienza né si è fondata su criteri incongrui rispetto al caso concreto o radicalmente contraddittori (Cass. 3/09/2024, n. 23641); ii) risulta aver fatto applicazione del principio di diritto più volte enunciato da questa Corte e che qui si vuol ribadire: <>.
Il secondo motivo è inammissibile.
Le censure non hanno centrato la ratio decidendi della decisione d’appello, enunciata alle pp. 7-10; il giudice a quo ha chiarito quali erano il thema decidendum e il thema probandum ed ha imputato all’odierna ricorrente di non avere specificamente contestato i fatti materiali all’origine della controversia, né l’ an né il quantum della pretesa risarcitoria, concentrandosi inefficacemente sulla critica alla genericità delle allegazioni dei passeggeri e sulla asserita natura indiretta dei danni lamentati. Ha quindi concluso (p. 10) che le allegazioni riguardanti l’esistenza e la prova del danno patrimoniale erano da considerare pacifiche già a partire dal giudizio di primo grado, che erano molto circostanziate, che la contestazione avrebbe dovuto cominciare con il negare il fatto storico, non bastando la generica deduzione di assenza di prova, che il danno patrimoniale era finanche provato documentalmente e che esso era conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento del vettore aereo.
Avendo i passeggeri chiesto il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, cagionati dall’inadempimento del vettore aereo, non può certo dirsi che sia incorsa nel vizio di ultrapetizione per aver riconosciuto ai passeggeri il danno patrimoniale richiesto, comprensivo del ritardo nella riconsegna dei bagagli, del ritardato arrivo a destinazione, delle spese sopportate per rientrare a Genova con il taxi, dopo aver perduto il volo Fiumicino-Genova che avevano acquistato.
Il quarto motivo è inammissibile.
Occorre rilevare che, secondo la Corte giustizia UE sez. VIII, 07/09/2017, n.559, <>.
Nel caso di specie è pacifico che i passeggeri avevano acquistato un volo internazionale da Roma Fiumicino a Colombo Baranaike (Sri Lanka), con scalo a Kuwait City, e che la distanza ortodromica che il volo avrebbe dovuto coprire era superiore a 3.500 km.
Nondimeno, ciò non implica l’accoglimento del motivo di ricorso nella parte in cui pretende la riforma dell’impugnata sentenza per non avere accolto la domanda di restituzione dell’importo di euro 300,00 a passeggero pagato in eccesso rispetto al dovuto, per le seguenti ragioni:
a) la corte d’appello ha ritenuto che i passeggeri avevano dedotto che la distanza del volo di andata era inferiore a 3500 km, richiamando la p. 5 dell’atto di citazione di primo grado (p. 16, nt. 10 della sentenza), e che sul punto non vi era stata contestazione da parte dell’odierna ricorrente;
b) la riferita statuizione non è stata efficacemente contestata dal vettore aereo, il quale, innanzitutto, dà indirettamente ragione al giudice a quo là dove a p. 24 del ricorso scrive: <>; si contraddice subito dopo, evocando la comparsa conclusionale in appello degli odierni resistenti, allo scopo di dimostrare che gli stessi avevano precisato che la distanza complessiva del viaggio in linea d’aria era di 7643 km; nulla deduce in ordine al fatto di avere contestato la lunghezza della tratta aerea.
La statuizione del giudice a quo di non accogliere l’appello incidentale nella parte in cui veniva invocata la riduzione del 50% della compensazione pecuniaria spettante ai passeggeri non è intaccata, dunque, dalla censura della ricorrente.
Detta statuizione resiste anche alla censura, formulata in via subordinata (ma) per la prima volta nel giudizio di legittimità, tesa a invocare la riduzione della compensazione per una ragione diversa: perché il Regolamento n. 261/2004 per le tratte inferiori a 3500 km determina in euro 400,00 l’indennizzo spettante ai passeggeri.
La censura è nuova e detta novità non trova esclusiva giustificazione nella statuizione del giudice d’appello, nel senso che ben avrebbe potuto la RAGIONE_SOCIALE censurare la sentenza del tribunale anche sotto detto profilo (cioè non solo per non avere disposto la riduzione del 50%), atteso che la ricorrente stessa era ben consapevole -tanto che lo afferma nel ricorso – che i passeggeri avevano indicato una tratta inferiore a 3500 km e che il tribunale ciononostante aveva accordato loro, avvedendosi dell’errore, l’importo di euro 600 km previsto per le tratte di distanza superiore.
La scelta difensiva della ricorrente di articolare un’unica censura in appello avverso la statuizione con cui era stata condannata a pagare la compensazione pecuniaria di euro 600,00 in favore di ciascun passeggero, rinunciando a far valere quella qui denunciata, pur ricorrendone i presupposti di fatto, le preclude la formulabilità in sede di legittimità di una doglianza modificativa della sua
precedente impostazione difensiva, perché nel giudizio di cassazione, a parte le questioni rilevabili d’ufficio (sulle quali non si è formato il giudicato), non è consentita la proposizione di doglianza che ponga a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi da quelli fatti valere nel pregresso giudizio di merito e che nello stesso avrebbero potuto essere formulate (Cass. 01/08/2013, n. 8429). I motivi del ricorso per cassazione, infatti, devono investire – a pena di inammissibilità – questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità, questioni nuove o nuovi temi di contestazione non dedotti nella fase del merito, né rilevabili d’ufficio (cfr. ex multis Cass., Sez. Un., 13/10/2009, n.21658, in motivazione).
Al rigetto e all’inammissibilità dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore dei controricorrenti, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la compagnia aerea ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, in favore dei controricorrenti, che liquida in euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto