Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20941 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 20941 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17438/2019 R.G. proposto da:
NOME DIO MARCELLO, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
avverso SENTENZA di TRIBUNALE CREMONA n. 635/2018 depositata il 28/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.- NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, denunciando di essere stati abbandonati per oltre due giorni (58 ore), senza alcuna assistenza e informativa, presso l’aeroporto di New York, dopo l’arbitraria soppressione del loro volo diretto a Las Vegas in data 5 marzo 2015. 2. – Richiamando i principi dettati dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 28/5/1999 sul trasporto aereo internazionale, sottoscritta dalla Comunità europea il 9/12/1999, approvata con decisione del Consiglio 5/4/2001, n. 2001/539/CE e ratificata e resa esecutiva in Italia con l. n. 12 del 2004 – di seguito, ‘la RAGIONE_SOCIALE‘ – nonché dal Reg. Ce n. 261/2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato – di seguito ‘il Regolamento’ – venne richiesta la somma complessiva di euro 4.788,07 in favore di ciascun attore (di cui: euro 600,00 ciascuno, prevista dal Reg. Ce 261/2004 ed euro 3.500,00 ciascuno a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale; euro 288,07 a titolo di danno patrimoniale ed euro 400,00 ciascuno a titolo risarcitorio per la mancata informativa ed assistenza).
3.- Con sentenza n. 4/2017 il giudice di Pace di Crema, ritenendo sussistente la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE, accolse parzialmente la domanda proposta, condannando il vettore aereo al
pagamento dell’importo di euro 3.788,07 in favore di ciascun attore, a titolo di danno patrimoniale e non patrimoniale per il grave ritardo di 58 ore, ai sensi dell’art. 22 della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
4.- La RAGIONE_SOCIALE impugnò la sentenza del Giudice di pace di Crema, chiedendone la riforma integrale e, per l’effetto, la condanna alla restituzione delle somme liquidate in primo grado da parte dei sig.ri COGNOME e COGNOME, ribadendo la sussistenza di una causa di forza maggiore (violenta bufera di neve) che aveva comportato la necessità di sopprimere il volo.
– Con sentenza n. 635/2017, depositata in data 28/11/2018, oggetto di ricorso, il Tribunale di Cremona:
ha confermato la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE con riferimento al grave ritardo-di oltre 58 ore- del volo New York-Las Vegas denunciato dai passeggeri; -ha escluso che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE abbia fornito la prova che esso fosse imputabile alla dedotta causa di forza maggiore; ma
-ha ugualmente accolto il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto che gli attori non abbiamo fornito la prova del danno patrimoniale e non patrimoniale subito, conseguente agli oltre due giorni di costrizione in aeroporto causati dalla soppressione del volo senza riprotezione.
5.1. -In particolare, quanto al danno non patrimoniale, il giudice del gravame ha ritenuto che l’applicazione dei principi risarcitori previsti nella RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE è subordinata, per espresso richiamo di quest’ultima, alla disciplina dell’ordinamento interno esistente in ciascuno degli Stati aderenti e, giacchè il diritto per cui si agiva era da considerarsi privo di tutela alla luce dell’ordinamento italiano ed anche del consolidato orientamento di legittimità, avendo i ricorrenti lamentato solo un generico disagio o stress da forzata e insopportabile attesa (‘fattispecie che, in assenza di una specifica normativa che ne garantisca l’autonoma risarcibilità, non trova riconoscimento risarcitorio nel diritto positivo’), il tribunale ha
negato il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ai sig.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME; ugualmente, ha negato agli stessi il diritto al risarcimento del danno patrimoniale, in mancanza della prova del danno stesso, disponendo la restituzione delle somme loro versate da parte del vettore RAGIONE_SOCIALE.
6.- Avverso la predetta sentenza i signori COGNOME e COGNOME propongono ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui RAGIONE_SOCIALE resiste controricorso.
7.- La causa è stata chiamata in decisione dinanzi al collegio della Terza Sezione civile una prima volta in data 17.5.2022, ed è stata rinviata alla pubblica udienza dal collegio con ordinanza interlocutoria n. 31355 del 2022, e una seconda volta, con ordinanza interlocutoria n.3645 del 2024 (il provvedimento reca solo per errore materiale l’indicazione che si tratti di sentenza) è stata rinviata alla pubblica udienza tematica della Terza Sezione, precisando che la vicenda comporta la disamina di tematiche (quali quella della legge applicabile, dell’ambito del danno risarcibile, della ripartizione dell’onere della prova) comuni ad altre cause in tema di trasporto aereo, per le quali indica la necessità che siano trattate unitariamente, al fine di delineare univocamente i principi da applicarsi da parte della Sezione.
8.- Il Procuratore generale ha depositato in data 9 marzo 2023 le proprie conclusioni scritte con le quali chiede l’accoglimento del ricorso. La parte controricorrente ha depositato memoria.
9.All’esito della discussione pubblica, in data 3 maggio 2024, il collegio ha trattenuto la causa in decisione riservando il deposito della sentenza nei successivi sessanta giorni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ., ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., sotto il profilo
del vizio del ragionamento inferenziale con riferimento al riconoscimento nell’ordinamento italiano del danno morale da ritardo aereo, solo in caso il passeggero fornisca la prova dello stesso ‘.
Espongono che la fattispecie del ‘risarcimento del danno da cancellazione e ritardo aereo’ è disciplinata in modo congiunto e senza antinomie: (i) dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, norma cardine per l’unificazione della normativa sul risarcimento del danno da cancellazione, ritardo e perdita dei bagagli; (ii) dal Regolamento Reg. Ce n. 261/2004, che, nel rispetto dei principi della RAGIONE_SOCIALE, prevede una anticipazione risarcitoria degli importi minimi nel caso si verifichi un ritardo di 2, 3 o 4 ore, nei casi in cui sussista, ai sensi dell’art. 3, 1° co ., una connessione della rotta o del vettore con uno Stato europeo. A detta dei ricorrenti, è lo stesso Regolamento a confermare la propria posizione sussidiaria alla RAGIONE_SOCIALE, laddove all’art. 12 prevede che ‘ Tale regolamento lasci impregiudicato ogni diritto del passeggero ad un risarcimento supplementare, tanto da poter detrarre quanto previsto dal regolamento 261 dal risarcimento definitivo ai sensi dell’art. 22 della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ‘.
In sostanza, deducono i ricorrenti, il legislatore individua due vie equivalenti per richiedere il risarcimento (in caso di sussistenza della ratifica della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e di connessione europea); la prima, generale, devoluta alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che identifica nell’art. 22 il ‘carattere massimo’ della risarcibilità del diritto del passeggero in caso di ritardo; la seconda, residuale, attraverso il Regolamento (ove applicabile), diretta a tutelare i diritti del passeggero con riferimento ai ritardi di minima entità con connessione europea.
Si tratta dunque della medesima valutazione della fattispecie di inadempimento, seppur effettuata attraverso due norme ‘complementari’ che individuano il quantum risarcitorio in base alla effettiva gravità del ritardo.
Attesa la dichiarata non antinomia delle fonti, in caso di non applicazione dei principi minimi anticipatori previsti dal Regolamento, l’unica norma deputata ad offrire i parametri per quantificare la risarcibilità automatica del danno da ritardo aereo sarebbe l’articolo 22 ( Limitazioni di responsabilità per ritardo, per il bagaglio e per le merci ) della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
I ricorrenti sostengono pertanto che, ai fini della qualificazione e quantificazione del danno da ritardo aereo, sotto il profilo probatorio, non dovrebbero esservi differenziazioni fra fattispecie soggette alla disciplina generale della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE o a quella residuale del Regolamento CE 261/2004.
Se così non fosse, deducono i ricorrenti, nei casi in cui non trovi applicazione il Regolamento (ad esempio per voli diretti in Italia o in Europa operati da parte di vettori non comunitari), verrebbe meno il rimedio automatico basato sull’oggettiva perdit a di tempo subita dai passeggeri, gravando gli stessi di una probatio diabolica relativa al danno da ritardo aereo, in contrasto con le finalità di protezione del passeggero contenute nella richiamata normativa internazionale.
In sostanza, il sistema del trasporto aereo verrebbe viziato da un ingiustificato squilibrio tra la valutazione di due ritardi della stessa gravità, posti in essere dal vettore, sulla medesima tratta, sul solo presupposto del verificarsi degli stessi nella fase in andata o di rientro in Italia, che verrebbero assoggettati ad un’ingiustificata diversità di trattamento a seconda che rientrassero nell’ambito di applicazione del Regolamento o della RAGIONE_SOCIALE.
In conclusione, in relazione al quadro normativo sopra indicato, rilevante per la fattispecie in esame, i ricorrenti sostengono che l’articolo 22 della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE delinea una fattispecie di danno non patrimoniale da ritardo ‘tipizzata’ – dunque, con preselezione normativa di danno risarcibile – che trova la propria fonte nella stessa previsione legislativa della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, là dove fissa un tetto massimo di risarcibilità collegato alla
gravità dell’attesa e all’incidenza della stessa sull’interesse, la libertà personale dell’individuo, a causa dell’inadempimento contrattuale del vettore aereo (così a p. 17 del ricorso).
2. – Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ., ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. sotto il profilo dei Principi e delle Finalità della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ‘, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che nella RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE vi sia, in tema di riconoscimento del danno da cancellazione e da ritardo aereo, un rinvio ai principi dell’ordinamento degli Stati parte (nello specifico, quello italiano). I ricorrenti deducono l’erroneità di tale assunto, laddove lo scopo della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE risiede nell’esigenza di armonizzare e unificare i principi sul risarcimento del danno da cancellazione, ritardo aereo e perdita dei bagagli nel trasporto aereo.
3. – Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ., ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. sotto il profilo del vizio del ragionamento inferenziale con riferimento al danno morale da ritardo aereo previsto per legge ‘, censurando l’errata valutazione del Tribunale, che ha negato il risarcimento del danno morale da ritardo aereo, ritenendo che esso sia riconoscibile solamente in presenza di una normativa che ne garantisca l’autonoma risarcibilità, laddove nell’ordinamento interno ciò è escluso.
L’errore della sentenza gravata consisterebbe nel non aver considerato che l’art. 22 della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE integra l’espressa previsione di legge di risarcimento del ‘danno morale’, in relazione al quale il predetto art. 22 configura anche il quantum risarcitorio massimale in favore del passeggero, in relazione alla gravità del ritardo. Il richiamo al diritto interno, e alla sua
interpretazione da parte della giurisprudenza di legittimità contenuto nella sentenza impugnata (in cui, in particolare si fa riferimento a S.U. n. 26972 del 2008) è segnalato come inappropriato, in quanto, in caso di operatività di una convenzione internazionale, il richiamo al diritto interno sarebbe corretto solo in caso di lacune, non prospettabile nel caso di specie.
4. – Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ., ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c. sotto il profilo della non previsione del danno da ritardo e della sua ascrivibilità alla sfera di meri fastidi o disagi ‘.
Oggetto specifico di censura è il punto della motivazione in cui la sentenza gravata afferma che, nel caso concreto, gli appellati si sono limitati a dedurre un generico ‘disagio’ o ‘stress’ da forzata e insopportabile attesa, fattispecie che, in assenza di una specifica normativa che ne garantisca l’autonoma risarcibilità, non trova riconoscimento ri sarcitorio nell’ordinamento positivo (così a p. 3, terz’ultimo §, della sentenza).
Ribadendo che l’ampia locuzione adoperata dalla RAGIONE_SOCIALE assicura il diretto risarcimento di tutti i danni, anche non patrimoniali, senza necessità di verificare se l’interesse leso sia meritevole di tutela a livello costituzionale, i ricorrenti assumono che non far rientrare nell’area di risarcibilità oltre due giorni di ritardo del volo e la continuativa attesa in aeroporto per ricevere informazioni contrasta con le tutele risarcitorie del danno da ritardo previste dalla RAGIONE_SOCIALE di Mont real, nonché con le finalità dell’ordinamento italiano di tutelare il passeggero attraverso linee guida dirette ad armonizzare tale fattispecie attraverso una fonte sovranazionale.
5. La ricostruzione in diritto proposta dai ricorrenti all’interno del primo motivo, relativa ai rapporti tra RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e Regolamento di Bruxelles non è corretta. Il primo motivo è pertanto infondato .
6. -Va premesso che effettivamente i rapporti tra le parti sono regolati dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE per l’unificazione di alcune regole relative al trasporto aereo internazionale, con Atto finale e risoluzioni, fatta a RAGIONE_SOCIALE il 28 maggio 1999), ratificata da entrambi gli Stati ai quali appartengono le parti contraenti, la RAGIONE_SOCIALE, da una parte, e i viaggiatori italiani, dall’altra.
Ai sensi dell’art. 1 della predetta RAGIONE_SOCIALE, infatti, ‘ 1. La presente convenzione si applica ad ogni trasporto internazionale di persone, bagagli o merci, effettuato con aeromobile a titolo oneroso. Essa si applica altresì ai trasporti con aeromobile effettuati a titolo gratuito da un’impresa di trasporto aereo. 2. Ai fini della presente convenzione l’espressione trasporto internazionale indica ogni trasporto in cui, a seguito di accordo tra le parti, il luogo di partenza e il luogo di arrivo, che vi sia o no interruzione di trasporto o trasbordo, sono situati o sul territorio di due Stati parti o sul territorio di un medesimo Stato parte qualora sia previsto uno scalo sul territorio di un altro Stato, anche se tale Stato non è uno Stato parte. Ai fini della presente convenzione non si considera trasporto internazionale il trasporto tra due punti del territorio di un medesimo Stato parte senza scalo concordato sul territorio di un altro Stato ‘ . Nel caso di specie, i ricorrenti hanno subito il ritardo nel corso di uno scalo interno agli Stati Uniti nel percorso che li riportava in Italia.
Non si applica il Regolamento Ce n. 261 del 2004, non facendo evidentemente gli USA parte della Unione Europa.
Non si applica neppure la RAGIONE_SOCIALE di Varsavia del 1929, superata dalla sottoscrizione da parte di entrambi gli Stati di appartenenza della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ed avente ormai portata residuale, nel senso che essa continua ad applicarsi ai contratti di trasporto internazionali di cui siano parti quegli Stati che non hanno inteso ratificare la successiva RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, come la Federazione Russa (in relazione alla quale, ed alle cause che
vedono come parte la RAGIONE_SOCIALE di bandiera sovietica, RAGIONE_SOCIALE, si è avuto più volte occasione di chiarire, da ultimo con Cass. n. 34776 del 2023, ma già prima con Cass. n. 10178 del 2023, che ad essa continua ad applicarsi la RAGIONE_SOCIALE di Varsavia, non essendo la Russia un paese UE, e non avendo ratificato la convenzione di RAGIONE_SOCIALE: né in senso discordante deve leggersi la recente Cass. n. 15352 del 2024, nella quale si fa riferimento alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE perché già il giudice di merito ne aveva fatto applicazione e il profilo non era stato oggetto di impugnazione). 7. -Ciò premesso, il primo motivo di ricorso è finalizzato a sostenere che, anche in caso di ritardo nel trasporto aereo internazionale al quale si applichi la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, e non il Regolamento CE n. 261 del 2004, si possa effettuare una liquidazione forfettaria del danno non patrimoniale, fondata su una prevalutazione normativa di afflittività del ritardo contenuta nella stessa RAGIONE_SOCIALE, che esenterebbe il contraente danneggiato dalla prova del danno (come previsto dal Regolamento di Bruxelles, quanto alle indennità forfettarie per le ipotesi di ritardo del volo superiore alle tre ore).
-La ricostruzione offerta dai ricorrenti contrasta con l ‘orientamento di questa Corte di legittimità, da ritenersi consolidato, secondo il quale le due discipline, della RAGIONE_SOCIALE internazionale e del Regolamento europeo, benché non confliggenti, sono tuttavia del tutto autonome, l’una speciale rispetto all’altra, e quindi non si integrano a vicenda.
Come affermato già da Cass. n. 9474 del 2021, in tema di trasporto aereo internazionale, gli artt. 5 e 7 del Regolamento CE n. 261 del 2004, nel prevedere a favore dei passeggeri un ristoro indennitario per il caso di cancellazione del volo (nonché, secondo la giurisprudenza europea, per il caso di ritardo superiore a tre ore), indipendentemente dall’esistenza di un effettivo pregiudizio, configurano una disciplina speciale che si applica, ai sensi dell’art. 3,
par. 1, del regolamento medesimo, ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro e a quelli in partenza da un aeroporto situato in un paese terzo con destinazione in un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro, se il vettore aereo operativo è un vettore dell’Unione.
Sussistono anche significative differenze nella regolamentazione che confermano l’esclusione del ricorso all’analogia : il Regolamento offre una compensazione pecuniaria in difetto di prova del danno (in evidente funzione preventiva e alternativa rispetto alle molte possibili small claims dovute ai piccoli e frequenti ritardi), la RAGIONE_SOCIALE disciplina la responsabilità del vettore aereo in varie ipotesi -danni alle persone -cancellazione -ritardo del volo -perdita del bagaglio – e non dà luogo da alcuna compensazione pecuniaria. Stabilisce solo, con l’art. 19, una ipotesi di responsabilità aggravata, indicando poi il contenuto della prova liberatoria.
Come osservato già da Cass. n. 4424 del 2024, il diritto alla compensazione pecuniaria previsto dall’art. 7 Reg. CE 261/2004 in favore del trasportato che ha sofferto un pregiudizio a causa del ritardo, del negato imbarco e/o della cancellazione del volo, assolve ad una funzione esclusivamente indennitaria, in ciò distinguendosi dalle ipotesi contemplate dagli artt. 19 e 29 della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE. Ciò trova conferma in un consolidato orientamento della giurisprudenza eurounitaria secondo cui la compensazione pecuniaria equivale ad un indennizzo eventuale, forfettario e standardizzato a carico del vettore ed a prescindere dall’esistenza di ulteriori danni per il passeggero e, dovendo coprire i pregiudizi comuni a tutti gli utenti del servizio di trasporto aereo, va tenuta distinta dal risarcimento di un danno individuale (Corte di Giustizia, sentenza del 10 gennaio 2006 in C-344/2004, IATA e ELFAA, punti 43-46). Si è, in particolare, ravvisata una sostanziale difformità di obiettivi tra il Regolamento CE 261/04 e le disposizioni di cui al capitolo terzo della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, dato che queste ultime
mirano alla determinazione di un risarcimento per i danni subiti dal singolo trasportato, come ben evidenziato dalla Corte di Giustizia UE, del 9 luglio 2009, in C204/08, secondo cui i diritti fondati rispettivamente sulle diposizioni del Regolamento n. 261/2004 e della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ‹‹rientrano in contesti normativi differenti››.
La citata ordinanza n. 4424 del 2024 aggiunge che le considerazioni che precedono trovano conferma anche nel diverso regime della prova liberatoria riconosciuta al vettore, il quale, in applicazione dell’art. 19 della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE deve dare prova non già della non imputabilità del ritardo bensì di avere posto in essere nel caso concreto tutte le misure idonee ad evitare il danno conseguente al ritardo, laddove la compensazione, prescindendo dal mancato rispetto dell’onere di diligenza medio da parte del vettore, può essere esclusa solo ove ricorrano cause del tutto ‘eccezionali’ (come affermato da Corte di Giustizia, in causa C- 315/15).
Né dal testo dell’art. 22 della Conv. RAGIONE_SOCIALE può ricavarsi che in caso di danno da ritardo, fino all’importo di 4.150 diritti speciali di prelievo per passeggero il danno si presume, o che fino a quell’importo il risarcimento è dovuto a prescindere dalla prova del danno . L’art. 22 della RAGIONE_SOCIALE introduce solo una limitazione alla liquidazione del danno da ritardo, per i paesi aderenti, come emerge dall’ultimo comma dell’articolo stesso (che prevede, al comma 6. ‘ I limiti previsti dall’art. 21 e d al presente articolo non ostano alla facoltà del tribunale di riconoscere all’attore in conformità del proprio ordinamento interno , un’ulteriore somma corrispondente in tutto o in parte alle spese processuali e agli altri oneri da questi sostenuti in relazione alla controversia, maggiorate dagli interessi …
‘ ). L’ultimo comma dell’art. 22 indica quindi che il giudice interno possa liquidare una somma maggiore per spese e oneri, e non per risarcimento del danno, nel caso che la prova dello stesso sia positivamente fornita.
Pertanto, da un lato la disciplina del Regolamento non è analogicamente estensibile alla fattispecie in esame. Dall’altro, la disciplina della RAGIONE_SOCIALE non costituisce il fondamento normativo diretto per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno da ritardo, se ritardo si è verificato, a prescindere dalla prova del danno stesso.
Per le indicate ragioni, la ricostruzione che propongono i ricorrenti non è corretta, e soprattutto non è condivisibile la conclusione che essi ne traggono, e che sviluppano anche nei successivi motivi secondo e terzo, secondo la quale il danno, in caso di ritardo nel trasporto aereo internazionale in una fattispecie regolamentata dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, non debba essere provato. Al contrario, il danno deve essere provato, secondo i principi del nostro ordinamento interno, cui la RAGIONE_SOCIALE rimanda, che prevedono la necessità di allegazione e prova per la risarcibilità del danno conseguenza.
9. -Sulla base delle osservazioni già svolte, anche i motivi 2 e 3, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati .
All’interno della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, l’art. 22 (che, secondo la Corte di Giustizia si riferisce non solo al danno patrimoniale ma anche al danno non patrimoniale: v. Corte di Giustizia, 6 maggio 2010, C-63-09) fissa solo il limite della responsabilità risarcitoria, ma non indica gli elementi della relativa fattispecie, per cui, per la identificazione delle condizioni di risarcibilità, rinvia necessariamente agli ordinamenti interni degli Stati membri.
Nel caso di specie, il ritardo del volo è accertato, ed è stato parimenti escluso che esso fosse dovuto a causa non imputabile al trasportatore; esso si traduce nel ritardo nell’adempimento dell’obbligazione assunta dal vettore ( fonte dell’obbligo risarcitorio in capo al debitore della prestazione: art. 1218 cod. civ.), ma ciò non basta a dimostrare anche l’effettiva esistenza di un danno risarcibile.
Più precisamente, la prova del contratto di trasporto e l’allegazione del ritardo implicano bensì, di per sé, anche l’allegazione della lesione di un interesse rilevante in contratto e, dunque, di un danno-evento.
Secondo i generali criteri di riparto dell’onere probatorio in tema di responsabilità contrattuale tale acquisizione (ossia l’esistenza di un danno-evento) non richiede l’assolvimento di alcun altro onere probatorio da parte del creditore (spettando al debitore dimostrare l’esatto adempimento o che il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile: art. 1218 cod. civ.).
L’esistenza di un danno-evento contrattuale non necessariamente comporta, però, anche l’esistenza di un danno risarcibile.
Varrà rammentare al riguardo che, secondo i più recenti approdi della giurisprudenza di questa Corte, cui va data continuità, nei rapporti che rispondono allo schema classico dell’obbligazione di dare o di facere (non professionale) contenuto nel codice civile (e tale è certamente l’obbligazione derivante dal contratto di trasporto), la «causalità materiale», ovvero il nesso che consente l’imputazione, sul piano oggettivo, del danno alla condotta (inadempiente) del debitore, «non è praticamente separabile dall’inadempimento, perché quest’ultimo corrisponde alla lesione dell’interesse tutelato dal contratto e dunque al danno evento. La causalità acquista qui autonomia di valutazione solo quale causalità giuridica, e dunque quale delimitazione del danno risarcibile attraverso l’identificazione del nesso eziologico fra evento di danno e danno conseguenza (art. 1223 c.c.). «L’assorbimento pratico della causalità materiale nell’inadempimento fa sì che tema di prova del creditore resti solo quello della causalità giuridica (oltre che della fonte del diritto di credito), perché, come affermato da Cass. S.U. n. 13533 del 2001, è onere del debitore provare l’adempimento o la causa non imputabile che ha reso impossibile la prestazione (art. 1218 c.c.),
mentre l’inadempimento, nel quale è assorbita la causalità materiale, deve essere solo allegato dal creditore. Non c’è quindi un onere di specifica allegazione (e tanto meno di prova) della causalità materiale perché allegare l’inadempimento significa allegare anche nesso di causalità e danno evento» (così, in motivazione, Cass. 11/11/2019, nn. 28991- 28992, § 1.1.1). Nella misura in cui il danno-evento «assorbito» nell’inadempimento o nell’inesatto adempimento corrisponda al mancato conseguimento di una utilità prevista in contratto, e suscettibile di apprezzamento sul piano risarcitorio, sarebbe per ciò stesso dimostrata anche l’esistenza di un danno risarcibile, pari al valore della utilità (o della parte di essa) attesa e non conseguita. Nel caso in esame, se si fosse trattato di cancellazione del volo non sarebbe stato difficile identificare e stimare il danno da porre ad oggetto della succedanea prestazione risarcitoria (quanto meno pari al valore della prestazione non eseguita o ai costi da sostenere per procurarsela altrimenti), salva anche in tal caso la prova degli ulteriori danni c.d. consequenziali di cui discorre l’art. 1223 cod. civ.
La fattispecie in esame non è però quella di un inadempimento in senso proprio ma, come detto, quella dell’adempimento ritardato (e, dunque, inesatto): la prestazione non è mancata ma differisce da quella programmata in contratto ed attesa dal creditore in relazione ad una dimensione che la connotava, quella temporale.
La distanza cronologica tra il volo programmato e quello effettivo fa sì che la prestazione eseguita non sia esattamente corrispondente a quella programmata in contratto e dovuta dal vettore.
Poiché l’interesse del creditore era certamente correlato anche a tale connotazione temporale della prestazione, non può dubitarsi che la sua mancanza determini lesione di quell’interesse e, in tal senso, anch’essa, un danno-evento.
Tale lesione non è però direttamente correlabile anche ad un pregiudizio risarcibile. L’interesse del creditore (contrattualmente
rilevante) al rispetto dell’orario programmato del volo non esibisce un intrinseco univoco valore suscettibile di essere posto direttamente ad oggetto e parametro della succedanea obbligazione risarcitoria: il tempo perduto (ossia quello intercorso tra il momento nel quale il creditore attendeva di essere già a destinazione e invece non lo è stato e il momento, successivo, in cui lo è stato) è di per sé un bene impalpabile in assenza di alcun riferimento a ciò che in quel segmento temporale il creditore avrebbe potuto fare e non ha fatto e/o a ciò che avrebbe potuto evitare di fare e che invece è stato costretto a fare. Il danno risarcibile dunque non può, in tal caso, che identificarsi interamente con le utilità ed i vantaggi, estranei al vincolo obbligatorio, che siano andati eventualmente perduti in ragione del ritardo (lucro cessante) e/o con i maggiori esborsi eventualmente resisi necessari (danno emergente).
Ciò, però, colloca il danno risarcibile sul piano dei c.d. danni consequenziali o estrinseci (tali sono, secondo definizione dottrinale, quei «pregiudizi che sporgono rispetto al solo valore dell’interesse creditorio non realizzato, o realizzato in maniera inesatta», distinti dal danno primario o intrinseco rappresentato dal mancato conseguimento o dal conseguimento inesatto dell’utilità contrattualmente dovuta ed attesa). Fuoriuscendo tali ulteriori vantaggi e utilità perdute dal perimetro dell’obbligazione, sarà onere del creditore farne specifica allegazione e darne dimostrazione, sia pure attraverso presunzioni, fondate su massime di comune esperienza. Solo una volta verificata l’esistenza di tali allegazioni e ritenutane la loro fondatezza, sia pure sulla base di ragionamento probatorio di tipo presuntivo, neppure sviluppato dai ricorrenti, potrà farsi utile ricorso alla liquidazione equitativa del danno, nel rispetto dei requisiti sopra detti.
Quindi, il secondo e il terzo motivo sono in sé è infondati , perché anche in riferimento al contratto di trasporto aereo internazionale al quale si applichi la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE i profili
della allegazione e della prova del danno sono riempiti di contenuto dalla disciplina interna, il che esclude che si tratti di un danno in re ipsa , non ammesso nel nostro ordinamento.
Come in particolare affermato da Cass. n. 14667 del 2015, e ribadito da ultimo da Cass. n. 15352 del 2024, va salvaguardato «il principio della necessaria sussistenza, ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c., (ove, come nella specie, non venga in rilievo un’ipotesi di reato, né, in particolare, una specifica fattispecie risarcitoria tipizzata ex lege), di una lesione di diritti inviolabili della persona, costituzionalmente tutelati, il quale, a sua volta, si innesta sul paradigma strutturale dell’illecito aquiliano, i cui elementi costitutivi, in base all’art. 2043 c.c., (e alle altre norme che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva), “consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato quest’ultimo dall’ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue” (c.d. “danno conseguenza”; cfr., tra le altre, la citata Cass., sez. un., n. 26972 del 2008)».
10. -Il quarto motivo è solo genericamente formulato, non indica -come i motivi precedenti, del resto – neppure le norme violate, non contrasta in sé efficacemente l’asserzione contenuta nel provvedimento impugnato, secondo la quale ‘ gli appellanti si sono limitati a dedurre un generico ‘disagio’ o ‘stress’ da forzata e insopportabile attesa (così prosegue la sentenza: fattispecie che, in assenza di una specifica normativa che ne garantisca l’autonoma risarcibilità, non trova riconoscimento risarcitorio nell’ordinamento positivo ‘).
L’affermazione in diritto contenuta nella sentenza impugnata è corretta, in quanto deve confermarsi che il danno non patrimoniale derivante dalla lesione dei diritti inviolabili della persona è risarcibile a condizione che l’interesse leso abbia rilevanza costituzionale, o autonomo fondamento normativo sovranazionale in questa sede non
esistente, che la lesione dell’interesse sia grave (nel senso che l’offesa superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale), che il danno non sia futile (e, cioè, non consista in meri disagi o fastidi) e che, infine, vi sia specifica allegazione del pregiudizio subito, non potendo assumersi la sussistenza del danno in re ipsa (in questo senso v. Cass. n. 13532 del 2024).
Il motivo deve comunque ritenersi inammissibile, non avendo i ricorrenti neppure provato ad argomentare in ordine al possibile ricorso al ragionamento presuntivo, mediante il quale ricavare che l’ essere rimasti bloccati per cinquantotto in un aeroporto di un paese diverso dal proprio, senza ricevere assistenza, non costituisca un mero fastidio per il viaggiatore, ma una limitazione apprezzabile della sua libertà di circolazione e di movimento che gli sottrae la possibilità di disporre del proprio tempo, né gli stessi hanno allegato di aver , in ragione del prolungarsi dell’attesa, perso l’occasione dello svolgimento di attività rilevanti.
Si limitano ad una critica dell’accertamento in fatto contenuto nella sentenza impugnata, senza chiarire perché, nel loro caso, sussistessero le condizioni perché il ritardo si traducesse in un danno non patrimoniale risarcibile.
11. – Il ricorso va pertanto rigettato.
La perdurante attualità delle questioni trattate costituisce ragione di compensazione delle spese del presente giudizio.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell’ art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 3