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Danno da precariato: la stabilizzazione non basta

La Corte di Cassazione ha stabilito che la stabilizzazione di un lavoratore non esclude automaticamente il diritto al risarcimento per il danno da precariato derivante dall’abuso di contratti a termine. È necessario che il giudice di merito verifichi l’esistenza di un nesso di causa-effetto diretto tra l’abuso subito e l’assunzione a tempo indeterminato. Se l’assunzione avviene tramite un concorso che offre solo una mera ‘chance’, la funzione risarcitoria non può considerarsi soddisfatta. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello che aveva negato il risarcimento, rinviando per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno da precariato: la stabilizzazione non sempre cancella il risarcimento

L’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore precario non elimina automaticamente il suo diritto a ottenere un risarcimento per il danno da precariato subito a causa della reiterazione illegittima di contratti a termine. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con una recente ordinanza che chiarisce un punto fondamentale: per negare il risarcimento, deve esistere un legame diretto e immediato tra l’abuso e la successiva stabilizzazione.

I Fatti del Caso: Dalla Precarietà alla Stabilizzazione

Una lavoratrice del settore sanitario, dopo aver lavorato per anni con una serie di contratti a termine per un’Azienda Sanitaria Locale, si era rivolta al Tribunale per far dichiarare la nullità dei termini apposti ai contratti e ottenere il risarcimento del danno. Il Tribunale le aveva dato ragione, condannando l’azienda a pagare un’indennità pari a undici mensilità.

Successivamente, l’Azienda Sanitaria aveva impugnato la decisione davanti alla Corte di Appello. I giudici di secondo grado avevano ribaltato la sentenza, sostenendo che la successiva stabilizzazione della lavoratrice, avvenuta nel frattempo, fosse una misura sufficiente a sanare l’abuso, esaurendo così ogni pretesa risarcitoria.

La lavoratrice, non soddisfatta, ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione: il Nesso di Causalità è Cruciale nel Danno da Precariato

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice, cassando la sentenza d’appello e delineando un principio di diritto di grande importanza. Secondo gli Ermellini, la stabilizzazione può essere considerata una misura sanzionatoria idonea a reintegrare il danno solo se è l’effetto diretto e immediato dell’abuso.

Il Principio di Causa-Effetto

La Corte ha specificato che non basta una qualsiasi assunzione a tempo indeterminato. È necessario che la stabilizzazione avvenga attraverso percorsi legislativi o procedure specificamente pensate per porre rimedio al precariato, come piani straordinari di assunzione o procedure riservate che offrano una ragionevole certezza di assunzione ex ante.

Al contrario, se la stabilizzazione avviene all’esito di una procedura concorsuale, anche se interamente riservata ai dipendenti precari, questa non può essere considerata una misura riparatoria. In tal caso, l’abuso pregresso opera solo come un “antecedente remoto”, offrendo al dipendente una mera chance di assunzione e non un rimedio diretto al danno subito.

La Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello ha errato nel non compiere questa valutazione specifica. I giudici di secondo grado si erano limitati a constatare l’avvenuta stabilizzazione, senza indagare sulle modalità concrete con cui era avvenuta e, quindi, senza accertare la presenza di quel nesso di causalità richiesto dalla giurisprudenza consolidata.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per i Lavoratori Precari?

Questa ordinanza rafforza la tutela dei lavoratori del pubblico impiego che hanno subito un abuso nella reiterazione dei contratti a termine. La stabilizzazione, pur essendo l’obiettivo finale, non è una “sanatoria” che cancella il passato. Il diritto al risarcimento per il periodo di precarietà e incertezza rimane, a meno che l’assunzione a tempo indeterminato non sia la conseguenza diretta e mirata di un meccanismo riparatorio previsto dalla legge.

La palla passa ora nuovamente alla Corte di Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo principio: dovrà verificare se la procedura che ha portato all’assunzione della lavoratrice fosse tale da costituire un vero e proprio rimedio all’abuso o solo un’opportunità di impiego. Una distinzione sottile ma fondamentale per garantire un’effettiva tutela contro il danno da precariato.

La stabilizzazione di un lavoratore precario esclude sempre il suo diritto al risarcimento del danno?
No, la stabilizzazione non esclude automaticamente il diritto al risarcimento. Secondo la Corte, ciò avviene solo se l’assunzione a tempo indeterminato è l’effetto diretto e immediato dell’abuso subito, attraverso procedure specifiche finalizzate a sanare il precariato.

Cosa si intende per “nesso di causa-effetto” tra l’abuso dei contratti a termine e la stabilizzazione?
Significa che l’assunzione a tempo indeterminato deve essere la conseguenza diretta di una procedura (come un piano di stabilizzazione previsto per legge) che mira a rimediare all’illegittima reiterazione dei contratti. Se l’assunzione avviene tramite un concorso che offre solo una possibilità (chance) e non una ragionevole certezza di impiego, il nesso di causa-effetto non sussiste.

È possibile per un giudice considerare la stabilizzazione avvenuta dopo la sentenza di primo grado?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la stabilizzazione è un fatto modificativo del diritto al risarcimento e può essere rilevato d’ufficio dal giudice in qualsiasi stato e grado del processo, purché basato su prove ritualmente acquisite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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