Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18568 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18568 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19548-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2468/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/04/2019 R.G.N. 693/2016;
Oggetto
Risarcimento
danni da perdita
di
chance
–
Accertamento
–
Liquidazione
–
Parametri
e
procedimento.
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
CC 07/06/2024
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che
Con sentenza n. 7266/2015 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del RAGIONE_SOCIALE, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME, lavoratrice socialmente utile, tesa al risarcimento dei danni per non aver partecipato alla procedura di stabilizzazione presso l’Istituto scolastico di Frattaminore, ove in origine prestava servizio, per l’affidamento dei servizi di pulizia degli spazi e locali scolastici, danni quantificati in euro 96.156,95, calcolati sulla scorta RAGIONE_SOCIALE retribuzioni non percepite e del mancato versamento dei contributi previdenziali a decorrere dal momento dell’assunzione degli altri colleghi assegnati al servizio scolastico a far tempo dal 1.7.2001.
Nello specifico, nel ricorso ex art. 414 c.p.c. la lavoratrice deduceva che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE politiche RAGIONE_SOCIALE e in particolare l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE avevano tenuto un comportamento illegittimo, fonte del preteso risarcimento del danno.
2.1. Nel dettaglio, la COGNOME lamentava di aver lavorato, quale LSU, con qualifica di collaboratrice scolastica, presso la direzione didattica C. Colombo di Frattaminore, dal 23.11.1995 fino al 6.2.1997. Da detta ultima data, esponeva, in conseguenza dell’adozione di un provvedimento di sospensione dalle liste di mobilità e dei lavoratori socialmente
utili, che denunziava essere stato adottato illegittimamente, non aveva più prestato servizio.
2.2. Rappresentava altresì che, sempre in conseguenza del sopracitato provvedimento di sospensione, ella non veniva inserita nel progetto di cui al decreto dell’11.7.2000 del Provveditorato agli Studi di Napoli per la successiva partecipazione alla procedura di stabilizzazione presso la RAGIONE_SOCIALE, così come avvenuto per i colleghi inseriti nel progetto.
2.3. Evidenziava che con sentenza n. 9145/2015 del Tribunale di Napoli, passata in cosa giudicata, disapplicato il provvedimento di sospensione, veniva disposta la sua reintegrazione nelle liste di mobilità e l’assegnazione ai progetti di LSU.
2.3.1. Ricordava, poi, che il TAR RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 1970 del 4.3.2003 annullava il provvedimento della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che aveva disposto illegittimamente la sospensione temporanea dai benefici derivanti da ll’iscrizione nelle liste di mobilità, nonché la sospensione sine die dell’assegnazione ai progetti degli LL.SS.UU.
2.4. Sottolineava, quindi, che in conseguenza della mancata partecipazione alla procedura di stabilizzazione aveva subito il danno come innanzi quantificato.
La Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva il ricorso ex art. 414 c.p.c. e, per l’effetto, condannava il RAGIONE_SOCIALE convenuto al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, dell’importo di € 96.156,95 oltre interessi e rivalutazione dalla maturazione RAGIONE_SOCIALE singole
poste attive al soddisfo, oltre alla regolarizzazione previdenziale e contributiva ed al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite, come quantificate in dispositivo.
Nel dettaglio il giudice di appello risarciva nella misura innanzi indicata il danno da perdita di chance , così argomentando: ‘ la domanda di risarcimento del danno sostenuta da allegazioni sufficienti ed idonee all’accertamento della responsabilità del RAGIONE_SOCIALE resistente deve essere accolta, dal momento che ne risultano provati tutti gli elementi costitutivi ovvero la sussistenza di condizioni che le avrebbero consentito di accedere alla stabilizzazione nonché una diminuzione patrimoniale, quantificabile con le somme che la ricorrente, ove fosse stata stabilizzata, avrebbe percepito dal luglio 2001 fino alla data del pensionamento, avvenuto in data 31.12.2014 (nei conteggi dalle somme come sopra spettanti sono state detratte le indennità comunque percepite come LSU). Alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni esposte, il gravame deve essere accolto con condanna del RAGIONE_SOCIALE convenuto al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, dell’importo di € 96.156,95 oltre interessi e rivalutazione dalla maturazione RAGIONE_SOCIALE singole poste attive al soddisfo, oltre alla regolarizzazione previdenziale e contributiva’ (cfr. sentenza di appello pag. 5).
Avverso detta pronunzia proponeva ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi il RAGIONE_SOCIALE.
Resisteva con controricorso NOME COGNOME che depositava altresì memoria.
Considerato che
Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e giudicato.
1.1. Si argomenta che il giudice di secondo grado, a fronte della domanda di risarcimento del danno patrimoniale da mancata stabilizzazione, ha accordato alla stessa un risarcimento del danno da perdita di chance di partecipazione alla procedura di stabilizzazione , da essa mai azionato.
Con la seconda censura si denunzia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 101 e 345, comma 1, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione del divieto di proposizione di domande nuove in appello.
2.1. Si ribadisce ancora che la Corte territoriale, qualificando il danno invocato dalla lavoratrice quale danno da perdita di chance, ha erroneamente accolto detta domanda, proposta, a tutto voler concedere, nel solo atto di appello e non anche nel ricorso di primo grado.
2.2. Si rimarca che la proposizione nell’atto di appello della domanda da perdita dell’occasione perduta in quanto nuova, ed effettuata con una illegittima mutatio libelli, ne comporta in ogni caso l’inammissibilità.
Con il terzo mezzo si rappresenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 2697, 2727 e 2729 c.c., oltre che degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
3.1. Si deduce che la sentenza di secondo grado è viziata da un error in iudicando, non essendo stata verificata la sussistenza del nesso causale tra la condotta asseritamente illecita e il danno di cui si chiede il risarcimento.
3.2. Nel dettaglio si insiste che dalla sentenza impugnata non emerge il nesso causale tra la sospensione dell’iscrizione della COGNOME dalle liste di mobilità e dal progetto LSU e la ritenuta perdita dell’occasione di stabilizzazione successiva. Si assum e che il giudice di secondo grado avrebbe dovuto indagare e verificare il grado di probabilità di stabilizzazione e che tale accertamento non è stato compiuto.
La quarta doglianza, proposta ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., denunzia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4 c.p.c.
4.1. Si rimarca che la sentenza impugnata è nulla essendo solo apparente la motivazione relativa alla quantificazione del danno.
Il quinto ed ultimo motivo denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1225, 1226 c.c. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
5.1. La censura sottolinea l’erroneità della sentenza della Corte territoriale per non aver rispettato i criteri enucleati dal giudice di legittimità in ordine alla quantificazione del danno da perdita di chance.
5.2. Si evidenzia che – secondo il costante insegnamento del giudice di legittimità – la liquidazione del danno da perdita di chance deve essere effettuata in ragione di un criterio prognostico basato sulle concrete, ragionevoli possibilità di conseguire il bene oggetto della pretesa, diminuito di un
coefficiente di riduzione proporzionato al grado di possibilità di conseguirlo, deducibile dagli elementi costitutivi della singola situazione giuridica dedotta.
5.3. In sintesi, ribadita la necessità di utilizzo di un coefficiente di riduzione, si argomenta che per procedere alla quantificazione del danno da perdita di chance è quindi necessario procedere nel modo che segue: in primo luogo, va quantificato il vantaggio economico astrattamente conseguibile dal soggetto leso se non fosse stata tenuta la condotta illecita; successivamente detto importo va ridotto percentualmente in funzione della possibilità percentuale di realizzazione del risultato atteso.
I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto in realtà propongono la stessa questione, sebbene sotto angoli prospettici diversi: la mancata proposizione della domanda di risarcimento del danno da perdita di chance nel ricorso ex art. 414 c.p.c. e la conseguente tardività ed inammissibilità dell’istanza di tutela in tal senso formulata solo in appello .
6.1. In via preliminare, occorre precisare che il Collegio condivide integralmente e si riporta anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. all’orientamento del giudice di legittimità secondo cui sussiste una diversità ontologica tra la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance e quella di risarcimento del danno da perdita del diritto ( cfr., tra le tante, Cass. n. 24050/2022; Cass. n. 22029/2022; Cass. n. 1884/2022; Cass. n. 25885/2022). Più puntualmente il giudice di legittimità afferma che il risarcimento del danno da chance è integrato dalla possibilità di ottenere il risultato
sperato, la cui perdita è distinta ed autonoma rispetto al risultato perduto -costituendo una situazione giuridica a sé stante – suscettibile di autonoma valutazione a condizione che ne sia provata la sussistenza. In tema di lesione al diritto alla salute da responsabilità sanitaria, si è altresì precisato che la chance non è una mera aspettativa di fatto, bensì la concreta ed effettiva possibilità di conseguire un determinato risultato o un certo bene, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, onde la sua perdita configura un danno concreto ed attuale, con la conseguenza che la domanda risarcitoria del danno da perdita dell’occasione perduta è -per l’oggetto – ontologicamente diversa dalla pretesa di risarcimento per mancato raggiungimento del risultato sperato che si caratterizza nell’impossibilità di realizzarlo, caratterizzata da incertezza non causale, ma eventistica. In applicazione di detto principio, la Suprema Corte ha quindi negato che possa proporsi la domanda di risarcimento del danno da perdita della chance per la prima volta in appello (il passo di cui innanzi è quasi integralmente tratto dalla già citata Cass. n. 25886/2022).
6.2. Fermi restando i principi innanzi ricordati, i primi due motivi del ricorso per cassazione sono infondati e vanno rigettati sulla scorta RAGIONE_SOCIALE seguenti considerazioni.
6.3. Va in primo luogo richiamato l’insegnamento della S.C. -condiviso e fatto proprio dal Collegio – secondo cui il principio in virtù del quale l’interpretazione RAGIONE_SOCIALE domande, eccezioni e deduzioni RAGIONE_SOCIALE parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando – come nel caso di specie – si assume (si veda il primo motivo del ricorso
per cassazione) che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) o a quello del tantum devolutum quantum appellatum (art. 345 c.p.c.), trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo che attribuisce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, RAGIONE_SOCIALE istanze e deduzioni RAGIONE_SOCIALE parti ( cfr . Cass. n. 21421/2014, ma anche la precedente conforme Cass. n. 17109/2009).
6.4. A detto esame ed interpretazione, in via diretta, degli atti processuali ha proceduto direttamente il Collegio che ha rilevato come nel ricorso art. ex 414 c.p.c. alle pagg. 4-5 è dedotto quanto segue: ‘ che , a causa del comportamento illegittimo tenuto dal RAGIONE_SOCIALE, e in particolare dell’RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, per aver adottato il provvedimento di sospensione dalle liste di mobilità e degli LL.SS.UU., dichiarato illegittimo definitivamente dal G.A. con sentenza del TAR RAGIONE_SOCIALE n. 1970/2003, la ricorrente ha subito i seguenti danni (…); 1) non ha potuto utilizzare le procedure di stabilizzazione, di cui hanno beneficiato gli LL.SS.UU. in servizio presso il suo originario progetto, atteso che esse sono riservate solo ai lavoratori LL.SS.UU. in effettiva attività di servizio; 2) ha un’anzianità di servizio quale LSU (utile ai fini di una eventuale graduatoria di stabilizzazione) inferiore a quella spettante, atteso che non è stato riconosciuto il periodo di illegittima sospensione’.
6.5. Orbene, si osserva, la richiesta risarcitoria riportata nelle conclusioni del ricorso ex art. 414 c.p.c. – di risarcimento del danno da mancata stabilizzazione – non può essere letta disgiuntamente dalle premesse e dalle allegazioni, come innanzi puntualmente riportate, poste a fondamento della domanda.
6.6. Alla luce di quanto innanzi, ritiene il Collegio, non può quindi revocarsi in dubbio che il danno allegato e lamentato di mancato accesso alle procedure di stabilizzazione, al di là del mero tenore letterale RAGIONE_SOCIALE conclusioni, è un danno da perdita di chance.
6.6.1. La correttezza di tale conclusione, si aggiunge, è corroborata da un’ulteriore dirimente notazione: la domanda risarcitoria non è stata proposta nei confronti di colui che avrebbe dovuto provvedere alla stabilizzazione, ma nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, ovvero di quel soggetto che, attraverso l’adozione del provvedimento di sospensione di cui si è dato conto innanzi, ha impedito alla lavoratrice di partecipare alle procedure volte all’assunzione a tempo indeterminato.
6.6.2. Conclusivamente, al di là della mera formulazione letterale RAGIONE_SOCIALE conclusioni nel ricorso ex art. 414 c.p.c., NOME COGNOME non ha chiesto il risarcimento del danno da mancata stabilizzazione, ma il risarcimento del danno da perdita dell’occasione perduta di partecipazione alla procedura di stabilizzazione nei confronti del soggetto che, di fatto, le aveva precluso la partecipazione alla stessa.
6.7. Ne consegue -rimarca il Collegio -che, essendo stata proposta la domanda di risarcimento del danno da perdita
dell’occasione perduta fin dal ricorso introduttivo, restano privi di fondamento sia il primo che il secondo motivo. L’uno perché, essendo la domanda originaria da perdita di chance contenuta nel ricorso ex art. 414 c.p.c., non vi è stata alcuna violazione della corrispondenza ‘ tra chiesto e pronunziato ‘; l’altro perché, conseguentemente, la domanda di risarcimento del danno da occasione perduta contenuta nell’atto di appello non è nuova, ma mera reiterazione e specificazione di quella originariamente proposta.
La terza censura assume che la Corte territoriale non avrebbe proceduto all’accertamento della sussistenza del nesso causale tra la condotta e la perdita dell’occasione.
7.1. Rinviando a quanto si dirà più compiutamente in prosieguo ( cfr. innanzi punto 9 e in particolare ai punti 9.4 e 9.5.) in ordine alle modalità di accertamento e quantificazione della sussistenza di un danno da perdita di chance alla luce della ricostruzione dell’istituto operata dalla più recente giurisprudenza di legittimità cui questo Collegio si riporta (si vedano in particolare Cass. n. 5641/2018; Cass. n. 28993/2019 le cui motivazioni sul punto devono qui intendersi richiamate ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. ), va brevemente ricordato che occorre la verifica dell’accertamento del nesso causale, secondo il crite rio del ‘più probabile che non’ , tra la condotta e l’occasione perduta. 7.2. Detto accertamento – a differenza di quanto sostenuto è stato effettuato dal giudice di merito che ha riscontrato che il mancato accesso della ricorrente alla procedura di stabilizzazione è dipesa dal
dalla parte ricorrente in cassazione -mancato inserimento della stessa nel progetto di
stabilizzazione di cui al decreto dell’11.7.2000, in conseguenza della sospensione della lavoratrice dalle liste di mobilità e degli LL.SS.UU. poi ritenuta illegittima con sentenza passata in cosa giudicata.
7.3. Al riguardo la sentenza di appello afferma che la COGNOME -a seguito della reintegra nelle liste di mobilità disposta solo a seguito RAGIONE_SOCIALE decisioni dell’A.G. non potè essere assegnata al progetto di cui innanzi ed alle originarie mansioni in quanto detto progetto non esisteva più essendo stati gli LL.SS.UU. in esso inseriti stabilizzati ( cfr. sentenza pag. 4).
7.4. Insomma, la Corte territoriale ha accertato – e con margini che vanno ben oltre l’utilizzo del criterio del più probabile che non che richiede una soglia probabilistica pari anche solo al 51% ( cfr. innanzi punto 9) che il danno da mancato accesso alla procedura di stabilizzazione è stato causato dalla disposta sospensione della lavoratrice dalle liste di mobilità.
Il quarto motivo con il quale viene dedotta la nullità della sentenza per essere apparente la motivazione in ordine alla quantificazione del danno è anch’esso infondato.
8.1. Si riporta infatti questo Collegio, con piena condivisione, al consolidato orientamento di legittimità in tema di motivazione, secondo cui, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., (disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, anche se i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, ses to
comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. Tale obbligo è violato, si aggiunge, solo qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile), sicché, in tal caso, si concreta una nullità processuale ded ucibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. (fra le tantissime, si ricorda Cass. n. 22598/2018, rv. 650880-01, ma anche la successiva conforme Cass. n. 7090/2022, rv. 664120-01).
8.2. Nel caso di specie, la motivazione sulle modalità utilizzate per la quantificazione del danno da chance è presente e supera ampiamente il minimo costituzionale (diversa essendo la questione della correttezza in diritto del percorso argomentativo prescelto su cui v. infra) , leggendosi testualmente nella sentenza impugnata a pag. 5 ‘la domanda di risarcimento del danno sostenuta da allegazioni sufficienti ed idonee all’accertamento della responsabilità del RAGIONE_SOCIALE resistente deve essere accolta, dal momento che ne risultano provati tutti gli elementi costitutivi ovvero la sussistenza di condizioni che le avrebbero consentito di accedere alla stabilizzazione nonché una diminuzione patrimoniale, quantificabile con le somme che la ricorrente, ove fosse stata stabilizzata, avrebbe percepito dal luglio 2001 e fino alla data del pensionamento, avvenuto in data 31.12.2014 (nei conteggi dalle somme come spettanti sono state detratte le
indennità comunque percepite come LSU. Alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni esposte, il gravame deve essere accolto (…)’.
8.3. L’infondatezza della doglianza sollevata nella quarta censura è, quindi, evidente alla luce della mera lettura del passo della pronunzia impugnata innanzi trascritto, in cui si dà conto RAGIONE_SOCIALE modalità di quantificazione e liquidazione del danno da occasione perduta seguite dalla Corte di appello, con parametrazione alle indennità ( recte cd. assegno ASU) non percepite dalla lavoratrice.
La quinta doglianza, infine, come innanzi già ricordato, denunzia l’erroneità del criterio di quantificazione utilizzato dalla Corte di appello che, dopo aver quantificato il vantaggio economico astrattamente conseguibile, avrebbe poi dovuto ridurlo percentualmente in funzione del grado di possibilità di realizzazione del risultato atteso.
9.1. Giova qui ripercorrere, sebbene in via sintetica e con rinvio per relationem agli ampi percorsi motivazionali RAGIONE_SOCIALE pronunzie di seguito ricordate ( cfr. Cass. n. 5641/2018 e Cass. n. 28993/2019), quanto affermato dalla Suprema Corte nell’ultimo decennio con una ricostruzione compiuta ed organica del danno da chance, cui il Collegio presta convinta adesione.
9.2. Nel superamento della dialettica tra la tesi eziologica della chance (per la quale quello che va risarcito è un danno da perdita definitiva di un bene futuro) e tesi ontologica (che, invece, ritiene che ciò che va risarcito è la perdita di un bene già presente nel patrimonio del danneggiato, l’aspettativa ragionevole) ed allo scopo di superare le aporie poste da entrambi gli orientamenti innanzi esposti, la RAGIONE_SOCIALE., a partire
dalle sentenze innanzi indicate cui numerose hanno fatto seguito , ha ricostruito lo statuto dell’occasione perduta accogliendo una terza via, quella della teoria eventistica, alla quale -si ribadisce – si aderisce in questa sede.
9.3. Sul punto giova brevemente ricordare – al fine di una compiuta comprensione di quanto innanzi si dirà in ordine ai criteri di accertamento e liquidazione del danno da chance -le aporie poste sul tappeto da entrambe le scuole di pensiero innanzi ricordate (eziologica e ontologica) che hanno quindi comportato la diversa ricostruzione del danno da occasione perduta.
9.3.1. La prima, la teoria eziologica, mette nella sostanza in discussione la teoria generale di accertamento della causalità e il criterio cd. ‘del più probabile che non’, atteso che il nesso causale che deve collegare l’occasione perduta alla chance -si assume -non deve essere la causa più probabile dell’evento, ma semplicemente una RAGIONE_SOCIALE possibili radici eziologiche dello stesso.
9.3.2. La seconda, la teoria ontologica, per converso, non ricorre affatto al giudizio eziologico, e ciò in quanto viene risarcita l’occasione perduta come bene in sé e per sé considerato, con la conseguenza che il problema che si pone allora è solo in termini quantitativi, ovvero di verifica della consistenza che questa spettanza deve avere per essere risarcita.
9.3.2.1. E’ evidente che la tesi ontologica si presta anch’essa a rilievi critici e ciò perché una volta che la chance viene qualificata come un bene della vita distinto ed autonomo rispetto al bene finale vanno risarcite anche possibilità
infinitesimali dal punto di vista statistico, con conseguente risarcimento anche di chance irrisorie e prive di congrua consistenza. E’ per questo che nella prassi della giurisprudenza, soprattutto amministrativa, per evitare un ampliamento incontrollabile RAGIONE_SOCIALE maglie RAGIONE_SOCIALE ipotesi risarcitorie si è posto un controlimite, quello della risarcibilità RAGIONE_SOCIALE sole chances serieuses, insomma RAGIONE_SOCIALE sole occasioni perdute apprezzabili in termini statistici (per una ricostruzione complessiva della questione nell’al veo della giurisprudenza amministrativa si veda, per tutte, Cons. di Stato, Sez. VI, n. 6268 del 2021).
9.4. Questa Suprema Corte, a far tempo dalle due sentenze innanzi ricordate ( cfr. Cass. n. 5641/2018 e Cass. n. 28993/2019) cui numerose altre hanno fatto seguito, accoglie, invece, come anticipato, la teoria eventistica della chance.
9.4.1. S i qualifica l’occasione perduta come evento di danno, diverso ed autonomo rispetto a quello da perdita del diritto. Si rimarca che esso è configurabile in presenza di una condotta (attiva o omissiva) che determina la perdita della possibilità di un risultato migliore, che deve però presentare alcune caratteristiche.
9.4.2. In primo luogo, trattandosi di un danno evento, deve essere legato alla condotta attiva o omissiva da un nesso di derivazione causale che va apprezzato attraverso il consueto utilizzo del criterio cd. ‘ più probabile che non ‘ che, secondo l’ormai consolidato orientamento del giudice della nomofilachia, costituisce il criterio di accertamento della causalità nell’alveo della responsabilità civile, in disarmonia
con lo statuto penalistico ove, invece, il parametro di riferimento è l’accertamento al di là di ogni ragionevole dubbio (cfr. Cass., Sez. U., n. 30328/2001), dovendo il parametro statistico essere sempre sottoposto ad un ulteriore giudizio di cd. credibilità razionale. Nel sistema civilistico la sussistenza del nesso di causalità materiale va valutata, invece, in modo diverso rispetto al settore penale, essendo qui sufficiente la relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio (ispirato alla regola della normalità causale) del ” più probabile che non “, di modo che -nella sostanza -per ritenere l’eziologia di un evento da una determinata condotta sarà sufficiente che quella condotta lo abbia provocato in applicazione del coefficiente del 51% ( cfr. , per tutte, Cass. n. 21619/2007 e successivamente le Sezioni Unite n. 576 e 581 del 2008).
9.4.2. Il danno da occasione perduta di cui sia accertata la derivazione causale da condotta omissiva o commissiva sulla base dell’anzidetto accertamento eziologico ‘del più probabile che non’ , per essere meritevole di risarcimento, aggiunge questa Suprema Corte nella novellata ricostruzione del danno da perdita di chance, deve avere tutte le caratteristiche che devono connotare qualsiasi danno evento secondo le cd. sentenze di San Martino (cfr. Cass. Sez. Unite n. 28991 e 28992 del 2019) ovvero consistenza, apprezzabilità e serietà. 9.4.3. In altri termini, secondo la tesi eventistica della chance (per la ricostruzione si fa ancora richiamo, in quanto costituenti leading case, alle già innanzi ricordate Cass. n. 5641/2018 e a Cass. n. 28993/2019) la condotta deve essere la causa probabile del danno da occasione perduta, che,
tuttavia, è un danno che si concretizza nella perdita di una possibilità.
9.5. Conclusivamente, secondo questa ricostruzione, convintamente condivisa dal Collegio, il criterio eziologico del ‘più probabile che non’ è lo strumento di accertamento sia dei danni evento caratterizzati dalla perdita della possibilità (chance), sia dei danni evento caratterizzati dalla perdita di una certezza.
9.6. Ciò che cambia è il parametro di riferimento ai fini del risarcimento del danno e ciò in quanto il danno da perdita di chance è un danno da perdita di una possibilità. Ne consegue che la parametrazione RAGIONE_SOCIALE poste risarcitorie dovrà essere agganciata alla valutazione ed all’apprezzamento del grado di possibilità di realizzazione del risultato.
9.7. Già tale considerazione rende evidente l’errore in cui è incorsa la Corte territoriale che, dopo aver (correttamente) qualificato il danno per cui è causa, quale danno da perdita di chance, per mancata partecipazione al processo di stabilizzazione risarcisce poi, invece, il danno da mancata stabilizzazione (come se fosse stata accertata non la perdita della chance di stabilizzazione, ma la certezza del diritto alla stabilizzazione) attraverso la condanna ad un risarcimento parametrato a tutte le poste retributive ( rectius indennità) e contributive perdute.
9.7.1. Tanto chiarito, va ulteriormente precisato che quella che viene qui in rilievo è una chance pretensiva o anche detta patrimoniale (ovvero facente capo a quelle ipotesi che presentano affinità con l’interesse legittimo pretensivo, caratterizzate dalla preesistenza di una posizione positiva del
soggetto, qui la lavoratrice, su cui va ad incidere negativamente la condotta del danneggiante, nel caso di specie il RAGIONE_SOCIALE con la illegittima sospensione della COGNOME dalle liste di mobilità e degli LL.SS.UU. che le ha impedito di partecipare al processo di stabilizzazione), con la conseguenza che, ai fini della liquidazione del risarcimento del danno da perdita della chance patrimoniale, il giudice possiede parametri di riferimento cui ancorarsi, ai fini della liquidazione, nello specifico, le indennità (cd. assegni ASU) per l’espletamento dei lavori socialmente utili .
Tanto non accade, invece, nel caso qui non ricorrente RAGIONE_SOCIALE ipotesi di chance non pretensiva caratterizzate, invece, dal fatto che la posizione preesistente del soggetto è una situazione negativa, in ordine alla quale un altro soggetto gli offre una chance (si pensi al malato che, in conseguenza dell’incontro con il medico cui decide di affidarsi, vede proprio in conseguenza di ciò – generarsi la chance, prima inesistente, di guarigione). In queste seconde ipotesi, è evidente, mancando una posizione positiva preesistente e quindi un’indicazione patrimoniale cui parametrare il risarcimento del danno, quest’ultimo non potrà che essere disposto in via integralmente equitativa.
9.7.2. Nel caso in esame, quindi, del tutto correttamente la Corte territoriale ha fatto riferimento, in via parametrica, ai fini della quantificazione del risarcimento del danno, alle poste retributive ( recte alle indennità non percepite dalla lavoratrice), ha però errato laddove, lo si ribadisce, nella commisurazione concreta, non ha provveduto a tener conto, nella liquidazione del danno-evento, della percentuale
statistica dell’occasione perduta, cui il risarcimento va evidentemente parametrato.
9.7.3. Più chiaramente, dopo aver individuato la sussistenza del nesso causale secondo il criterio del ‘più probabile che non’ tra la condotta del RAGIONE_SOCIALE di sospensione dalle liste di mobilità ed il mancato inserimento della lavoratrice nel progetto che le avrebbe consentito l’accesso alla procedura di stabilizzazione, ai fini del risarcimento del danno da perdita di chance, la Corte territoriale avrebbe dovuto apprezzare la percentuale statistica dell’occasione perduta di partecipare alla stabilizzazione e ancorare e parametrare ad essa il risarcimento del danno, il che non ha fatto.
9.8. Sul punto, del resto, quanto alla liquidazione del risarcimento del danno da perdita di occasione perduta con riguardo al mancato conferimento di una posizione organizzativa nell’ambito dei rapporti di RAGIONE_SOCIALE nel pubblico RAGIONE_SOCIALE locale, il giudice di legittimità ha già sottolineato che il danno a risarcirsi non può coincidere con le poste retributive perse, che possono essere tuttavia utilizzate, quale criterio parametrico, in funzione del percentuale di possibilità dell’occasione perduta ( cfr. Cass. n. 1884/2022).
10. La quinta censura va quindi accolta e, conseguentemente, la sentenza di appello va cassata in relazione a detto motivo con rinvio alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione che ai fini della quantificazione e liquidazione del risarcimento del danno da chance si atterà principi innanzi enunziati, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Non sussistono le condizioni processuali richieste dall’dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla l. del 24.12.12 n. 228, ai fini del raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
accoglie il quinto motivo, rigettati gli altri, rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 giugno