Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 33209 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 33209 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8359/2022 R.G. proposto da: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in FINALE EMILIA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI BRESCIA n. 254/2021 depositato il 06/01/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Il Ministero della Giustizia proponeva opposizione avverso il decreto di liquidazione del danno non patrimoniale per eccessiva durata della procedura fallimentare RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già di RAGIONE_SOCIALE), emesso dal Consigliere Designato della Corte d’Appello di Brescia limitatamente alla posizione di Banca Ifis s.p.a., condannando il Ministero della Giustizia al pagamento in suo favore della somma di € . 2.160,00, oltre le spese.
La Corte d’Appello di Brescia in composizione collegiale rigettava l’opposizione, condannando parte opponente a rifondere a parte opposta le spese della fase di opposizione liquidate in € . 1.020,00. La Corte – disattendendo la tesi della difesa erariale, secondo la quale il valore della causa debba essere ragguagliato alla elevatissima probabilità per i creditori di non partecipare ad alcun riparto finale di fallimenti incapienti – individuava il valore della causa nell’intero ammontare del credito azionato (circa € . 35.700,00 nel caso di specie), e non nella sola sua parte rimasta soddisfatta.
Quanto alla pretesa irrilevanza della posta in gioco, affermava la Corte che nella fattispecie l’entità del credito ammesso al passivo è rilevante e non consente di fare applicazione del disposto dell’art. 2, comma 2sexies lett. g), nemmeno se rapportato ad una società di grandi dimensioni, qual è la ricorrente, dotata di un patrimonio netto di 1.550 milioni di euro e di un utile consolidato di 68,8 milioni di euro.
Il decreto veniva impugnato per la cassazione dal Ministero della Giustizia e il ricorso affidato a due motivi.
Si difendeva Banca RAGIONE_SOCIALE depositando controricorso con ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE:
I. RICORSO PRINCIPALE
1. Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2bis , comma 3, e dell’art. 2, comma 2sexies , lett. g) della legge 24 marzo 2001, n. 89, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) sul valore della causa nell’ambito di una procedura fallimentare in caso di consapevolezza ex ante dell’incapienza dell’attivo. La difesa erariale censura il decreto impugnato nella parte in cui riconosce il patema d’animo subito dalla creditrice, odierna resistente, nonostante la comprovata impossibilità di ricevere alcuna liquidazione all’esito della procedura fallimentare chiusasi in totale mancanza di attivo, e nonostante la consapevolezza della parte creditrice di tale impossibilità; condizioni che, sottolinea il Ministero, escludono l’ansia da attesa e, di conseguenza, la sussistenza di alcun pregiudizio indennizzabile.
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte d’Appello di Brescia ha correttamente fatto riferimento al principio, reiteratamente affermato da questa Corte, per cui nell’individuazione della nozione di «valore della causa» ex art. 2bis , comma 3, legge n. 89/2001 e, in generale, tutte le volte che si debba avere riguardo a tale valore ai fini dell’equa riparazione del danno da durata non ragionevole del processo, deve farsi ricorso, in via di interpretazione analogica, al criterio fissato dagli artt. 10 e ss. cod. proc. civ., e quindi all’importo richiesto con la domanda proposta nel processo presupposto, mentre non viene in considerazione né la somma per la quale il creditore sia stato ammesso al riparto, né l’importo che sia stato attribuito in sede concorsuale (v. di recente: Cass. Sez. 2, n. 5757 del 24.02.2023; Cass. Sez. 2, n. 5757 del 24.02.2023; Cass. Sez. 2, n. 35319 del 30.11.2022; Cass. Sez. 2, n. 25181 del 17.09.2021 – Rv. 662165 -01).
Come già osservato da questa Corte, in materia di processo fallimentare, l’ancoraggio della nozione di «valore della causa» «all’importo che il creditore concretamente finisce con il ricavare dall’esecuzione appare, per un verso, del tutto sfornito di basi normative e, per altro verso, intrinsecamente irrazionale giacché l’entità di detto importo dipende da variabili molteplici e totalmente indipendenti sia dalla natura ed entità del credito azionato, sia dalla situazione soggettiva del creditore» (Cass. Sez. 2, n. 11372 del 20.04.2019).
Nel caso che ci occupa, la Corte bresciana ha fatto corretta applicazione dei principi sopra rammentati, laddove ha ritenuto che il credito di Banca Ifis s.p.a. ammontante a €. 35.777,98 non potesse essere considerato pari a zero, né perché in via di estrema probabilità non sarebbe stato soddisfatto, né con riguardo all’asserita consapevolezza delle scarse probabilità di soddisfazione, posto che -spiega inoltre il giudice dell’opposizione (v. decreto pp. 5-6, 8-9 primi 7 righi) -il danno si consuma nell’i rragionevole durata della procedura fallimentare presupposta (neppure giustificata, nel caso concreto, da una particolare complessità), quale conseguenza naturale, anche se non automatica e necessaria, della violazione medesima (per tutte: Cass. Sez. 2, n. 12131 del 2015, punto 1.1.; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10858 del 07/05/2018, Rv. 648170 -01).
2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. Sulla motivazione apparente e/o contraddittoria circa l’insussistenza del pregiudizio in relazione alle condizioni personali del creditore ammesso al passivo. Pur avendo esplicitato correttamente la ratio dell’art. 2, comma 2sexies lett. g), ponendola in linea con la disciplina convenzionale della CEDU (art, 35 comma 3, lett. b), introdotto dal
Protocollo n. 14 STCE n. 194), il giudice dell’opposizione si limita, poi, ad affermare laconicamente che «alla stregua di questi criteri non vi sono elementi per poter definire non significativa e irrisoria la pretesa dell’odierna opposta».
2.1. Anche il secondo motivo è infondato.
Deve, innanzitutto, rammentarsi che la giurisprudenza di questa Corte ha parametrato la c.d. «posta in gioco», ai sensi dell’art. 12 del Protocollo n. 14 alla CEDU, ad una soglia minima di gravità, al di sotto della quale il danno non sarebbe indennizzabile, ritenendo di doverla apprezzare nel duplice profilo della violazione e delle conseguenze, sicché dall’ambito di tutela della legge 24 marzo 2001, n. 89 resterebbero escluse sia le violazioni minime del termine di durata ragionevole, di per sé non significative, sia quelle di maggior estensione temporale ma riferibili a giudizi presupposti di carattere bagatellare, in cui esigua è la posta in gioco e trascurabili i rischi sostanziali e processuali connessi (per tutte: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 633 del 14/01/2014, Rv. 628986 -01; di recente: Cass. Sez. 2, n. 34861 del 13.12.2023 richiamata in memoria dalla controricorrente).
Più precisamente, questa Corte ha avuto occasione di chiarire che (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 23384 del 2023, anch’essa richiamata in memoria dalla controricorrente), positivizzando e dando continuità ad un orientamento emerso nella giurisprudenza di questa Corte suprema (già a partire dalla sentenza n. 633/14 cit.) e della Corte EDU (cfr. sentenza 6 marzo 2012, COGNOME Giorgi c. Italia ), che avevano applicato alla materia il principio de minimis non curat praetor , la legge n. 208/15 nell’aggiungere il com ma 2sexies all’art. 2 della legge n. 89/01 dispone alla lett. g) che si presume insussistente, salvo prova contraria, il pregiudizio da irragionevole durata del processo nel caso di irrisorietà della pretesa o del valore della causa, valutata anche in
relazione alle condizioni personali della parte. A base della corretta esegesi della norma, la pronuncia menzionata evidenziava due esigenze e un correttivo: da un lato, impedire sovracompensazioni (esigenza già avvertita, per tutte, dalle pronunce nn. 14047/16, 25804/15 e 22385/15) e diseconomici ricorsi alla giurisdizione; dall’altro, evitare che l’esiguità della posta in gioco s ia espressa da un dato assoluto ed oggettivo, scisso dalle condizioni personali di chi quella pretesa ha perseguito o ha subìto nel giudizio presupposto. Correttivo, quest’ultimo, che questa Corte suprema sia prima che dopo la legge n. 208/15 ha adoperato nel ritenere indennizzabile la durata irragionevole di controversie di lavoro, previdenziali o assistenziali, ancorché di valore inferiore a 500,00 euro (cfr. ad es. nn. 21030/15 e 28750/18)
Nel caso di specie, non ricorreva l’esigenza posta alla base norma richiamata, essendo il credito vantato da Banca Ifis s.p.a. ben superiore all’esiguità della posta in gioco (€. 500,00), e pertanto non vi era necessità di applicare il correttivo (condizioni personali della richiedente): correttamente, dunque, la Corte d’Appello conclude sostenendo l’insussistenza di elementi per poter definire non significativa ed irrisoria la pretesa della Banca opposta (v. decreto p. 11, ultimi due righi).
2.2. Da quanto sopra esposto deriva che neanche può ritenersi apparente la motivazione resa dalla Corte bresciana: prima ancora di aver esplicitato la ratio dell’art. 2, comma 2sexies lett. g) legge n. 89 del 2001, ponendola in linea con la disciplina convenzionale della CEDU, la Corte -facendo corretta applicazione dei principi sopra richiamati in tema di «posta in gioco» – ha affermato che nella fattispecie l’entità del credito ammesso al passivo è rilevante e non consente di fare applicazione del disposto dell’art. 2, comma 2sexies lett. g), nemmeno
se rapportato ad una società di grandi dimensioni qual è la ricorrente (v. decreto p. 9, 2° capoverso).
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso principale.
II. RICORSO INCIDENTALE
Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., dell’art. 2233 cod. civ. e del D.M. Giustizia n. 55/2014, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. La ricorrente censura il decreto nella parte in cui ha riconosciuto i compensi di difesa alla parte resistente e vittoriosa unicamente per le prime due fasi previste dal D.M. n. 55/2014, omettendo di attribuire i compensi per la fase istruttoria e per la fase decisionale.
4.1. Il motivo è fondato.
Quanto all’omesso compenso per la fase istruttoria: la pacifica giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le più recenti, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 34832 del 2023; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 38477 del 06/12/2021, Rv. 663222 -01) riconosce la spettanza del compenso, nei giudizi di equa riparazione, anche per la fase istruttoria, che si dà per presupposta proprio in dipendenza della fisiologica necessità della valutazione probatoria, da compiere sul piano quantomeno documentale, ai fini della verifica della fondatezza o meno della domanda.
Si osserva, inoltre, che il parametro tabellare di cui al D.M. n. 55 del 2014 è riferito alla «fase istruttoria e/o di trattazione», discendendone che l’eventuale mancato svolgimento della fase istruttoria in sé e per sé considerata (ossia di alcuna delle attività che in tale fase sono da intendersi comprese secondo l’indicazione esemplificativa contenuta nel comma 5, lett. c, dell’art. 4 d.m. n. 55 del 2014) non vale ad escludere il computo, ai fini della liquidazione
giudiziale dei compensi, dell’importo spettante per la fase così come complessivamente considerata nelle tabelle, restando questo comunque riferibile anche solo alla diversa fase della trattazione (come dimostra l’uso, nella descrizione in tabelle della co rrispondente voce, della congiunzione disgiuntiva «o», sia pure in alternativa alla congiunzione copulativa «e»: «e/o»: v. Cass. Sez. 2, n. 3242 del 05.02.2024; Cass. n. 28627/2023).
Quanto alla fase decisionale, immotivatamente esclusa dal compenso, come si ricava dal disposto di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 5, lett. d) (anche nella precedente versione vigente ratione temporis ), ai fini del riconoscimento dei compensi per detta fase, rientrano in essa svariate attività, tra queste, le precisazioni delle conclusioni e l’esame del provvedimento conclusivo del giudizio (attività, peraltro, espressamente richiamate nel decreto impugnato: v. p. 3, primi tre righi).
5. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso principale e accoglie il ricorso incidentale e, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide nel merito e ad integrazione del dispositivo del decreto impugnato, liquida le spese per le due fasi, istruttoria e decisionale, rispettivamente in € 662,00 e € 405,00, da distrarsi in favore del procuratore, dichiaratosi antistatario.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo, da distrarsi in favore del procuratore, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale;
accoglie il ricorso incidentale e decidendo nel merito, ad integrazione del dispositivo del decreto impugnato, liquida per le spese del procedimento di opposizione, in aggiunta alle voci esposte, € 662,00 per la fase istruttoria e in € 405,00 per la fase decisionale, con
distrazione in favore del procuratore antistatario, dichiaratosi antistatario;
condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della controricorrente, che liquida in € 650,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi , con gli accessori di legge e il rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e con distrazione in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda