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Danno da immissioni: la prova è indispensabile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8215/2025, ha rigettato la richiesta di risarcimento per danno da immissioni avanzata dai proprietari di un immobile contro la vicina, il cui allevamento di gatti causava cattivi odori. La Corte ha stabilito che la mera esistenza delle immissioni moleste non è sufficiente per ottenere un risarcimento. È onere del danneggiato fornire una prova rigorosa del danno concreto, sia esso patrimoniale (come la perdita di occasioni di affitto) o non patrimoniale (come un’effettiva lesione alla qualità della vita o alla salute), soprattutto se non risiede stabilmente nell’immobile interessato.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno da Immissioni: Senza Prova Concreta, Niente Risarcimento

Le controversie tra vicini di casa sono all’ordine del giorno e, tra queste, quelle relative a rumori e odori molesti sono tra le più frequenti. La recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: per ottenere un risarcimento per danno da immissioni, non basta lamentare il fastidio. È necessario dimostrare, con prove concrete, di aver subito un pregiudizio effettivo. Vediamo insieme questa interessante decisione.

I Fatti di Causa

Due proprietari di un appartamento citavano in giudizio la vicina del piano di sotto, la quale aveva adibito la propria abitazione ad allevamento di gatti, arrivando a tenerne fino a dodici contemporaneamente. Secondo gli attori, questa situazione generava cattivi odori e problemi igienici che si propagavano fino al loro immobile, creando un forte disagio.

In primo grado, il Giudice di Pace accoglieva le loro richieste, ordinando alla vicina di ripristinare le condizioni igieniche e condannandola a un risarcimento di 4.900 euro.

La situazione si ribaltava in appello. Il Tribunale, pur confermando in parte l’obbligo di pulizia, negava completamente il risarcimento dei danni, sia patrimoniali che non patrimoniali, ritenendo che non fossero stati adeguatamente provati. I proprietari decidevano quindi di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Cassazione e il Danno da Immissioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale d’Appello. La sentenza si basa su un principio cardine del nostro ordinamento: chi chiede un risarcimento ha l’onere di provare il danno subito. Esaminiamo le motivazioni.

Le Motivazioni: La Prova del Danno è Sovrana

La Corte ha analizzato distintamente le due tipologie di danno richieste: non patrimoniale e patrimoniale.

Il Danno non Patrimoniale: Non Basta il Fastidio

I ricorrenti lamentavano un danno alla qualità della vita e al normale svolgimento della vita familiare. Tuttavia, era emerso che essi non vivevano stabilmente nell’appartamento, ma vi si recavano solo occasionalmente. Secondo la Corte, il danno da immissioni di questo tipo presuppone una lesione apprezzabile e costante. La semplice percezione di cattivi odori durante visite sporadiche non è sufficiente a dimostrare un pregiudizio alla salute o alla serenità familiare. La Corte ha chiarito che l’esistenza della fonte di disturbo (le immissioni) non coincide automaticamente con l’esistenza di un danno risarcibile. Quest’ultimo deve essere provato in modo specifico.

Il Danno Patrimoniale: La Prova della Perdita di Occasione

I proprietari sostenevano di aver subito un danno patrimoniale, identificato nella perdita di occasioni di affittare l’immobile a causa delle condizioni igieniche. A sostegno di ciò, avevano portato la testimonianza di una persona interessata alla locazione che si era poi tirata indietro.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato ragione alla Corte d’Appello. La testimonianza è stata ritenuta insufficiente a provare una concreta perdita economica. Non era chiaro, ad esempio, per quanto tempo l’immobile sarebbe stato locato. Inoltre, la Corte ha sottolineato un’altra ragione, di per sé sufficiente a sostenere la decisione: il giudice di primo grado aveva calcolato il danno patrimoniale in modo errato, semplicemente come differenza residua rispetto al totale richiesto dopo aver liquidato il danno non patrimoniale. Questo ragionamento puramente aritmetico è stato censurato.

Niente Liquidazione Equitativa Senza la Prova dell’An

I ricorrenti avevano chiesto che, in ogni caso, il danno venisse liquidato in via equitativa dal giudice. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la liquidazione equitativa (art. 1226 c.c.) può essere utilizzata per determinare il quantum (l’ammontare) del danno quando la sua prova è difficile, ma non può mai supplire alla mancata prova dell’esistenza del danno stesso (l’an). Poiché i ricorrenti non avevano provato che un danno si fosse effettivamente verificato, non era possibile ricorrere a una valutazione equitativa.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: nelle cause per danno da immissioni, la strategia processuale deve concentrarsi non solo sulla dimostrazione dell’esistenza e dell’intollerabilità delle immissioni stesse, ma soprattutto sulla prova rigorosa delle loro conseguenze dannose. Che si tratti di certificati medici che attestino un danno alla salute, di prove concrete di perdita di opportunità commerciali o di qualsiasi altro elemento che dimostri un pregiudizio effettivo, è fondamentale fornire al giudice elementi solidi. Lamentare un fastidio, per quanto legittimo, non è sufficiente a fondare una pretesa risarcitoria.

Posso ottenere un risarcimento per i cattivi odori provenienti dall’appartamento di un vicino?
Sì, è possibile, ma solo a condizione di poter provare in modo concreto di aver subito un danno specifico a causa di questi odori. La semplice esistenza dell’odore molesto non è di per sé sufficiente per ottenere un risarcimento.

Se non abito nell’immobile interessato dalle immissioni, posso comunque chiedere i danni?
È molto più difficile. La sentenza chiarisce che il danno non patrimoniale (alla qualità della vita, alla salute) presuppone un’esposizione costante e quotidiana. Se si visita l’immobile solo occasionalmente, è arduo dimostrare un pregiudizio significativo e risarcibile.

Se non riesco a quantificare esattamente il mio danno economico, il giudice può stabilire una somma per me?
Il giudice può determinare un importo in via equitativa solo se prima hai dimostrato, senza ombra di dubbio, che un danno si è effettivamente verificato (la prova dell'”an debeatur”). La valutazione equitativa serve a stabilire l’ammontare del danno, non a sopperire alla mancanza di prova della sua stessa esistenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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