SENTENZA CORTE DI APPELLO DI TRENTO N. 240 2025 – N. R.G. 00000124 2022 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 16 12 2025
nella causa civile di II grado
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D’Appello di RAGIONE_SOCIALE
2^sez. Contenzioso Ordinario
R.G. 124/2022
La Corte D’Appello di RAGIONE_SOCIALE , 2^sez. Contenzioso Ordinario, in persona dei magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME
Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME
Consigliere relatore
Dott.ssa NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
tra
(C.F.
) , assistito e difeso dall’AVV_NOTAIO dell’ Affari Legali e contenzioso dell’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto presso la sede di INDIRIZZO, giusta deliberazione n. 118|2024 del 22/02/2024(doc. 1) e delega come da separato mandato in atti P.
appellante
e
(C.F.
,
assistita e
difesa dall’AVV_NOTAIO (C.F.
– PEC
e dall’AVV_NOTAIO
(C.F.
– PEC
C.F.
C.F.
C.F.
nonché domiciliata presso il loro Studio Legale in INDIRIZZO, come da procura in atti
CONCLUSIONI:
Per parte appellante
Voglia la Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE 1) In riforma della sentenza n. 457/2022 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, respingere le domande svolte dalla signora con l’atto di citazione notificato in data 07.08.2019 nei confronti dell
con rifusione delle competenze e spese di causa dei due gradi di giudizio, compreso il compenso dei CCTTUU dottori e 2) In subordine istruttorio: disporre una nuova CTU medico legale con incarico a nuovi Consulenti tecnici d’ufficio; 3) In subordine di merito: contenere l’eventuale accoglimento delle domande della signora nei limiti degli importi che risulteranno
effettivamente corrispondenti ai danni subiti dalla paziente in conseguenza dell’operato dei sanitari per cui è causa; 4) In subordine, nei confronti di dichiarare la RAGIONE_SOCIALE obbligata a manlevare e tenere indenne dalle domande svolte dall’attrice, giusta polizza n. 039903916; 5) In ulteriore subordine, nei confronti di condannare la RAGIONE_SOCIALE a rifondere a quanto dovesse essere tenuta a pagare in accoglimento delle domande svolte dall’attrice, nei limiti della polizza n. 039903916; 6) In subordine, nei confronti di dichiarare la RAGIONE_SOCIALE obbligata a manlevare e tenere indenne dalle domande svolte dall’attrice, giusta polizza n. 2106.32.1005; 7) in ulteriore subordine, nei confronti di condannare la a rifondere a quanto dovesse essere tenuta a pagare in accoglimento delle domande svolte dall’attrice, nei limiti della polizza n. 2106.32.1005; 8) In ogni caso con la rifusione delle competenze e delle spese dei due
gradi di giudizio oltre accessori di legge
Voglia l’Illustrissima Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE adito
IN VIA ISTRUTTORIA: la difesa della signora , contesta la consulenza tecnica d’ufficio e chiede il richiamo delle consulenti tecniche d’ufficio per rispondere in modo esaustivo alle osservazioni puntuali del consulente tecnico di parte dottor dd. 03.06.2025, liquidate nell’elaborato finale in 10 righe.
Nello specifico si chiede che le dottoresse e
prendano posizione in punto di ADEM da intendersi quale malattia autoimmune e non neurodegenerativa, che con un’adeguata terapia steroidea ha una prognosi buona se non ottima in circa 50% dei casi. Si chiede che le consulenti tecniche approfondiscano l’errata terapia indicata all’attrice e le dirette conseguenze sulla stessa. Si allegano le osservazioni integrali del consulente di parte dottor
IN VIA PRINCIPALE: rigettare l’avversaria impugnazione e confermare integralmente la Sentenza impugnata ovvero, comunque, condannare l’
(C.F. e P.I. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento dei danni patiti da ossia al pagamento, a suo favore, della somma di € 108.678,00 (ovvero di quella diversa somma, maggiore o minore, ritenuta di giustizia) devalutata dall’attualità al marzo aprile 2005, e quindi annualmente rivalutata in base agli indici ISTAT ed aumentata degli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata sino al giorno del saldo effettivo. P.
IN OGNI CASO: con vittoria di spese e compensi, oltre a IVA e CNPA per entrambi i gradi di giudizio nonché per la fase di ATP, ponendo altresì a carico della soccombente le spese di C.T.U. esperita ex art. 696bis c.p.c.
Per
in via principale: rimettendosi all’Ill.ma Corte d’Appello in ordine ai primi quattro motivi d’appello svolti da
(pagine da 4 a 14 citazione d’appello notificata), si chiede, dichiarando di non accettare il contraddittorio sulle correlate domande/eccezioni, il rigetto del quinto motivo d’appello (pag.ne da 14 a
16 citazione d’appello più correlate conclusioni pag.18) proposto da nei confronti di in quanto inammissibile e infondato (per tutte le ragioni espresse nella narrativa della comparsa di costituzione in appello) e per l’effetto la conferma della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE 457/2022, laddove ha rigettato la domanda di manleva di verso , condannando la prima a rifondere le spese di lite della seconda; in via di estremo subordine: se mai le conclusioni precisate in via principale non venissero accolte, respingersi ugualmente la domanda di manleva di verso in forza degli art.li 2,22,30 Cond. Ass., o comunque circoscriversi la detta manleva nei limiti e condizioni di polizza (compresi massimali e franchigie); in ogni caso: con condanna dell’Appellante alla rifusione, a favore di anche delle spese di secondo grado, comprese spese generali 15%, cpa ed iva. Per
Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita
In via principale Confermare la sentenza n. 457/22 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con rigetto dell’appello proposto da
In via subordinata Nella denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale dell’appello rigettare ogni domanda svolta nei confronti di
per i motivi di cui in narrativa.
In via ulteriormente subordinata In denegata ipotesi di accoglimento dell’appello e delle domande di manleva svolte nei confronti di
contenere la conseguente condanna della deducente Compagnia nei limiti di polizza con la franchigia e i massimali da questa
previsti con ripartizione tra la deducente Compagnia e ai sensi dell’art. 1910.
Spese, e compensi rifusi oltre 15% spese generali.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 7 agosto 2019, conveniva l’
esponendo che nel novembre 1999 si era rivolta alla l’
per
una grave patologia , in seguito identificata come una ‘ encefalomielite disseminata ‘ consistente in una infiammazione acuta del sistema ‘nervoso’ , che tuttavia le era stata curata sino al 2005 come sclerosi multipla e trattata con terapia e trattata con terapia interferonica con ‘Rebif 22’ ; in particolare era stata ricoverata più volte ed a partire dal 2000 nel reparto di neurologia con la prescrizione di una terapia di Interferone, che prevedeva l’effettuazione di tre punture a settimana; tale terapia , nonostante le comportasse brividi e problemi di circolazione dopo ogni applicazione, era proseguita nei successivi quattro anni, 2001, 2002, 2003 e 2004, con la supervisione del reparto di neurologia e periodici controlli in Day-Hospital e continui cicli di fisioterapia presso il RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE e ‘Villa Rosa RAGIONE_SOCIALE Pergine’.’ ; la terapia era stata sospesa nel marzo- aprile 2005 e nel settembre del medesimo anno era stata ricoverata presso l’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ; n ell’aprile 2006 era stata ricoverata presso l’urologia di Bressanone per l’impianto di un neurostimolatore sacrale , successivamente rimosso; a partire dal 2005 la ricorrente ha sofferto di forti ‘attacchi di panico’, fobie,
paura di uscire di casa, anoressia, ecc. e per tali ragioni era stata seguita dalla psicologa, dottoressa
Faceva presente che dalla relazione del medico legale , dottor a cui si era rivolta emergevano: ‘ profili di responsabilità jatrogenica da parte della divisione RAGIONE_SOCIALE dell di RAGIONE_SOCIALE, per omissione di controlli e mancata cautela, poiché la encefalomielite acuta disseminata venne considerata e quindi trattata come sclerosi multipla. ‘ ; tanto che ‘Tale incongruenza diagnostica, e quindi terapeutica non è da escludere sia la concausa del persistente disturbo dato da stipsi ostinata ed incontinenza fecale.’ ; al contempo il dottor , specialista psichiatra nella propria relazione, aveva evidenziato di ritenere che ‘ , è affetta da un disturbo dell’adattamento con umore depresso, come conseguenza di una malpractice che da anni ha trattato inadeguatamente la patologia RAGIONE_SOCIALE diagnosticata erroneamente nella sua matrice eziopatogenetica ‘.
Esponeva inoltre che in data 23 marzo 2013 aveva depositato ricorso per accertamento tecnico preventivo ai fini della composizione della lite ex art. 696bis c.p.c., a seguito del quale era stato nominato quale consulente di ufficio dottor specialista in medicina legale, che a propria volta aveva incaricato uno specialista in neuropsichiatria il dottor In data 15 gennaio 2014 era stata depositata la relazione peritale ed il dotto aveva ritenuto che ‘dal 15. 11.2000 al marzoaprile 2005 la signora è stata trattata con Interferone, terapia che non era indicata per la patologia di cui era affetta (forma remittente mutifasica di encelofalomielite disseminata – R and MDEM). Tale trattamento (circa 684 iniezioni di interferone) ha causato alla signora
un danno temporaneo alla salute parziale al 25%, che si è protratto per circa 684 (seicentoottantaquattro) giorni.’ Il dottor aveva al contempo affermato: ‘La perizianda è affetta da depressione maggiore cronica secondaria ad uso di interferone per errore diagnostico terapeutico, con percentuale secondo il dettato tabellare non inferiore al 21%.’ . Conclusivamente il CTU dottor aveva concluso che ‘i postumi permanenti, che possono essere messi in rapporto causale diretto con l’errato comportamento (relazionale-diagnosticoterapeutico) dei Neurologi dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sono valutabili complessivamente nel 23%(ventitrè per cento) quale danno alla validità biologica.’
Deduceva che l’entità del risarcimento non patrimoniale parametrata alle Tabelle di RAGIONE_SOCIALE del 2005 e calcolata sulla base delle risultanze della perizia dottor (invalidità permanente del 23% e invalidità temporanea di giorni 684 al 25%) operata la personalizzazione in considerazione sofferenza patita e le conseguenze che hanno pregiudicato l’esistenza, dal momento che era stata sottoposta per cinque anni ad un trattamento invasivo di interferone non necessario per la sua patologia ed aveva avuto gravi interferenze nella sfera sessuale e personale, doveva essere determinato in € 89.265,8 oltre rivalutazione ed interessi ; oltre al risarcimento per le spese mediche sostenute , quantificato in € 10.000,00; Imputava quindi alla convenuta , in ragione della condotta dei sanitari , una responsabilità medica e chiedeva quindi la condanna dell’
a
risarcire tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali nella misura di €
99.265,88 € o la maggiore o minor somma che sarebbe risultata di giustizia, oltre a interessi e rivalutazione.
Si costituiva per i servizi sanitari di RAGIONE_SOCIALE affermando che i trattamenti cui la paziente era stata sottoposta non avevano interferito sul trattamento di tale nuova diagnosi e la paziente non aveva riportato alcun effetto collaterale; per cui negava che la terapia avesse causato danni alla paziente e non aveva limitato né ridotto le sue possibilità di guarigione.
Contesta quindi che possa essere addebitata ai sanitari alcun comportamento colposo in quanto l’evoluzione nel tempo di una forma infiammatoria del Sistema Nervoso Centrale (SNC) non poteva certo essere previsto in anticipo.Contestava inoltre le conclusioni della relazione peritale depositata nell’ambito del procedimento di ATP , in quanto fondate su dati clinici e di fatto completamente errati che avevano indotto lo specialista Neuropsichiatra infantile dott. a delle conclusioni del tutto errate.; deduceva quindi che fosse necessario innovare integralmente le operazioni peritali al fine di ottenere una valutazione aggiornata e motivata sulle attuali condizioni di salute della signora
Esponeva inoltre che la controversia si riferiva ad a un ricovero iniziato nell’anno 1999 , allorchè l era assicurata per la responsabilità civile verso terzi con l’impresa assicuratrice al contempo la formale richiesta risarcitoria relativa ai fatti del 1999 con lettera era stata formulata in data 11.01.2010., epoca in cui di RAGIONE_SOCIALE era assicurata per la responsabilità civile verso terzi con l’impresa assicuratrice
Faceva presente che la polizza stipulata con era caratterizzata dalla clausola c.d. loss occurence in base alla quale deve rispondere la Compagnia assicurativa che opera nel momento in cui è stato commesso eventualmente l’errore professionale (oppure la mancata corretta diagnosi); mentre la polizza stipulata con invece, era caratterizzata dalla clausola temporale c.d. claims made, in base alla quale è tenuta a rispondere (ed a prendere in gestione la richiesta risarcitoria) l’assicurazione che opera nel momento in cui viene formalizzata la richiesta risarcitoria (più precisamente la denuncia di sinistro), a prescindere quindi dalla polizza vigente al momento della commissione dell’errore professionale . Pur ritenendo del tutto infondata la richiesta attorea, chiedeva di essere autorizzata alla citazione delle due assicurazioni per essere eventualmente garantita da ogni negativa statuizione sulla base dei propri contratti
assicurativi.
Si costituiva eccependo la inoperatività della i polizza n. 39903916 per la responsabilità civile generale. Faceva presente che l’assicurazione era stata stipulata con decorrenza 30.06.1997 e scadenza 31.12.1999. Evidenziava come la prima diagnosi di trattamento della paziente presso l’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE non era stata oggetto di contestazione da parte della la quale riconduce i danni oggi lamentati alla terapia di interferone; e che il CTU dott. avevaidentiticato con precisione la data del 15.11.2000 (inizio della terapia interferonica) quale data di insorgenza dell’errore diagnostico -terapeutico. Concludeva quindi sulla base della allegazione di parte attrice nonché dalla risultanze dell’ ATP, emergeva che il trattamento con interferone
Beta1, al quale la ricorrente ed il CTU riconducono i danni lamentati, era iniziato nel novembre 2000, quindi successivamente al termine di termine di scadenza della polizza che quindi non poteva essere invocata trattandosi di polizza con clausola ‘loss occurrence’.
Nel merito eccepiva inoltre che l’ATP si era svolta con la violazione del contraddittorio; contestava la domanda di parte attrice sia nell’an che nel quantum. In subordine nella denegata ipotesi in cui dovesse essere accertata una condotta censurabile dei sanitari posta in essere nel periodo di validità dell’assicurazione stipulata con , evidenziava che la conseguente condanna in manleva avrebbe potuto essere pronunciata negli stretti limiti di polizza, con le franchigie e i massimali da questa previste ed essere oggetto di ripartizione tra la deducente Compagnia e ai sensi dell’art. 1910 c.c.
Si costituiva anche eccependo la prescrizione del diritto di manleva, come già dedotto nell’ambito del procedimento ex art. 696 bis c.p.c.,; ricordato come il termine di prescrizione matura in due anni dalla data di richiesta di risarcimento da parte del danneggiato, faceva presente che dagli scritti difensivi delle altre parti (e dai doc.ti 3 parte attrice e 4 parte convenuta) emergeva che la sig.ra aveva inoltrato la suddetta richiesta con lettera dell’11.1.2010 ; mentre la denuncia di sinistro, successiva al radicamento dell’RAGIONE_SOCIALE, risale al
24.4.2013.
In subordine evidenziava che la polizza n. 2106.32.105 (doc. 1) è stata stipulata con decorrenza dal 31.12.2008 al 31.12.2011 e che, in ossequio a quanto disposto nell’art. 5 della Sezione ‘Norme che regolano la gestione
del contratto’, è stata ripresa dalla polizza NUMERO_CARTA (doc.2), quale proroga tecnica temporanea dal 31.12.2012 al 30.4.2013, con applicazione delle medesime condizioni contrattual i, e quindi con un massimale di € . 6.000.000 con retroattività di anni 10 e ultrattività di mesi 12 (art. 30 Cond. Ass.), nonché franchigia di E. 5.000 (art. 29).
Inoltre, sollecitata la rinnovazione della CTU in ragione delle relative carenze, osservava che nel caso fosse rinvenuto un errore medico da collocarsi cronologicamente, la manleva dovrebbe essere accolta in conformità alle previsioni contrattuale ed in particolare dell’art. . 2 Cond. Ass., da coordinarsi con l’art. 22 lett. A, ‘Regime temporale della copertura assicurativa.
Nel merito, contestava l’esistenza di una colpa medica come pure l’inutilizzabilità della CTU disposta nel procedimento di accertamento tecnico preventivo per violazione del contraddittorio nel corso delle operazioni. Ne contestava anche le conclusioni nel merito.
In punto di liquidazione del danno, richiamate le pronunce che affermano come in materia di responsabilità sanitaria, nei giudizi pendenti, si applichino i criteri liquidativi previsti nella ex Legge Balduzzi, non essendo ostativo il fatto che l’illecito sia stato commesso e il danno sia stato prodotto prima della sua entrata in vigore (Cass. 11.11.2019 n. 28990), obiettava che il computo dovesse essere eseguito non sulle Tabelle di RAGIONE_SOCIALE, bensì su quelle per la RCA fissate dal Codice delle Assicurazioni; con risultati molto più ridotti sia in relazione alla temporanea, sia con riguardo alla permanente.
Contestava inoltre la sussistenza dei presupposti per la personalizzazione, non provata; come pure la richiesta di danni patrimoniali, indiati
genericamente in e 10.000,00 senza adeguati riscontri documentali.
Formulava contestazioni anche in relazione agli accessori del credito.
Con sentenza n. 457/2022, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva la domanda di parte attrice e per l’effetto condanna la convenuta
, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento, in favore dell’attrice, d ella somma di € 108.678,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, da devalutarsi al marzo -aprile 2005, e quindi annualmente rivalutata in base agli indici ISTAT ed aumentata degli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata sino al giorno del saldo effettivo; rigettava ogni ulteriore domanda ; condannava la convenuta a rifondere allla attrice le spese di ATP e del grado.
Respingeva le domande di manleva proposte nei confronti di
e e condannava la convenuta alla rifusione delle spese di lite.
Poneva l’onere della CTU svolta nell’ambito del procedimento di ATP in via definitiva a carico della convenuta.
Premesse alcune considerazioni in relazione all’onere della prova nell’ambito della responsabilità medica, il Tribunale evidenziava che come il CTU dott. aveva accertato che dal 15.11.2000 al marzo -aprile 2005 era ‘ stata trattata con Interferone, terapia che non era indicata per la patologia di cui era affetta (Forma remittente multifasica di encefalo mielite disseminata -R and MDEM)’; che ‘ tale trattamento (circa 684 iniezioni di interferone) ha causato alla s ignora un ‘danno temporaneo alla salute parziale al 25 %’ , che si era protratto per circa 684 ( seicentottantaquattro) giorni’ ; ed
aveva inoltre accertato che aveva ‘determinato anche un danno estetico di lieve entità (noduli in sede di iniezione) e che i postumi permanenti, collegati eziologicamente ‘con l’errato comportamento (relazionale diagnostico -terapeutico) dei Neurologi dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sono valutabili complessivamente nel 23% (ventitre per cento) quale danno alla validità biologica’. Non aveva invece accertato spese mediche documentate .
Il Tribunale rilevava inoltre che il C.T.U. dott. aveva accertato che ‘ La perizianda è affetta da depressione maggiore cronica secondaria ad uso di interferone per errore diagnostico -terapeutico, con percentuale di danno, secondo il dettato tabellare -, non inferiore al 21%’ . Infine nella ‘Relazione Psicologico clinica’ la dott.ssa aveva accertato come l’inadeguata terapia somministrata per il rilevante arco temporale di circa 5 anni, e le complicanze derivatene, abbiano compromesso la serenità familiare della la cui vita e del proprio nucleo familiare ‘è totalmente cambiata, e la ricerca di significato della propria vicenda ha trovato forse poche risposte’ ; ed aveva quindi suggerito di ‘iniziare un percorso terapeutico per reintrodurre la speranza e la vita nel sistema, e per permettere la comunicazione franca dei vissuti dolorosi di ognuno.
Sulla base di tali elementi, il Tribunale accertava quindi che i sanitari che avevano avuto in cura la erano incorsi in un grave errore diagnostico, che li aveva indotti ad adottare un trattamento terapeutico non solo inutile, ma altresì dannoso.
Applicando i criteri di cui alle tabelle del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aggiornate all’anno 2021 liquidava il danno patrimoniale in complessivi €
108.678,00(I.P. biologica 23% € 91.749,00 ; -I.T.P. gg. 684 al 25% (€ 99,00 al giorno) € 16.929,00 ); respingeva la domanda di personalizzazione stante l’assenza di circostanze eccezionali e specifiche tale da giustificare la liquidazione di un quid pluris rispetto a quanto previsto a titolo di danno biologico conseguente all’errato trattamento terapeutico cui è stata sottoposta l’attrice.
Trattandosi di debito di valore, la somma andava devalutata dall’attualità al marzo -aprile 2005, e quindi annualmente rivalutata in base agli indici ISTAT ed aumentata degli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata sino al giorno del saldo effettivo. Respingeva la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, non avendo la stessa fornito la prova di aver sostenuto qualsivoglia esborso, come peraltro accertato dal C.T.U.
Passando alla disamina delle domande di manleva proposta dalla convenuta respingeva quella nei confronti della terza chiamata rilevando che a fronte della scadenza della polizza alla data del 31.12.1999, la data di insorgenza dell’errore diagnostico terapeutico va individuata nel 15.11.2000, come accertato dal C.T.U. dott. e quindi in assenza di copertura assicurativa. Respingeva parimenti la domanda formulata nei confronti della terza chiamata
stante l’intervenuta estinzione per prescrizione del diritto di manleva. Infatti a fronte della denuncia del sinistro, di cui alla raccomandata A.R. dd. 07.01.2010, inviata dal precedente legale dell’attrice ad e ricevuta in data 11.01.2010 (v. doc. 3) parte attorea), la denuncia del sinistro era stata inoltrata dalla convenuta alla compagnia assicurativa con raccomandata A.R. dd. 24.04.2013 (v. doc. 3) ), ovvero ben oltre il termine prescrizionale biennale decorrente
nell’assicurazione della responsabilità civile, dal giorno in cui il terzo ha richiesto il risarcimento all’assicurato .
Con atto di citazione notificato in data 28 settembre 2022, proponeva appello l
chiedendo in riforma della sentenza n. 457/2022 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, il rigetto delle domande svolte dalla signora con rifusione delle competenze e spese di causa dei due gradi di giudizio, compreso il compenso dei CCTTUU dottori e in subordine chiedeva di contenere l’eventuale accoglimento delle domande della signora nei limiti degli importi che risulteranno effettivamente corrispondenti ai danni subiti dalla paziente in conseguenza dell’operato dei sanitari per cui è causa ; sempre in via subordinata chiedeva che si dichiarasse obbligata a manlevare e tenere indenne dalle domande svolte dall’attrice, giusta polizza n. 039903916 ovvero in ulteriore subordine, la si condannasse a rifondere a quanto dovesse essere tenuta a pagare in accoglimento delle domande svolte dall’attrice, nei limiti della polizza n. 039903916; in via subordinata domandava che si si dichiarasse la RAGIONE_SOCIALE obbligata a manlevare e tenere indenne dalle domande svolte dall’attrice, giusta polizza n. 2106.32.1005, ovvero a rifondere a quanto dovesse essere tenuta a pagare in accoglimento delle domande svolte dall’attrice, nei limiti della polizza n. 2106.32.1005. Con vittoria di spese dei due gradi di giudizio.
Si costituiva chiedendo il rigetto dell’appello con conferma della sentenza impugnata ed in ogni caso che si condannasse
al risarcimento dei danni patiti da ossia al pagamento, a suo favore, della somma di € 108.678,00 (ovvero di quella diversa somma, maggiore o minore, ritenuta di giustizia) devalutata dall’attualità al marzo aprile 2005, e quindi annualmente rivalutata in base agli indici ISTAT ed aumentata degli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata sino al giorno del saldo effetti.
Si costituiva e rimettendosi sui prime quattro motivi dell’appello svolti da
, chiedeva il rigetto del quinto, dichiarando di non accettare il contraddittorio sulle correlate domande/eccezioni, il rigetto del quinto motivo d’appello con conferma della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE 457/2022 nella parte in cui ha respinto la domanda di manleva di verso , condannandola alla rifusione delle spese di lire . In estremo subordine: chiedeva il rigetto della domanda di manleva di verso in forza degli art.li 2,22,30 Cond. Ass., o comunque circoscriversi la detta manleva nei limiti e condizioni di polizza (compresi massimali e franchigie). Con vittoria anche delle spese di secondo grado.
Si costituiva chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione ed in particolare del motivo svolto sub 4 dell’atto di citazione, relativo alla pretesa erroneità della sentenza nella parte in cui rigetta la domanda di manleva svolta nei confronti della terza chiamata In via subordinata e nella denegata ipotesi in cui invece questa Corte dovesse ritenere sussistere una condotta censurabile dei sanitari posta in essere nel periodo di validità dell’assicurazione
stipulata con la conseguente condanna in manleva potrà avvenire solo negli stretti limiti di polizza, con le franchigie e i massimali da questa previste ed essere oggetto di ripartizione tra la deducente e ai sensi dell’art. 1910 c.c..
Con ordinanza in data in data 14 maggio 2024 la Corte, ritenuto opportuno disporre la rinnovazione della CTU medico legale al fine di approfondire alcuni dei profili che erano stati oggetto di specifica contestazione da parte dell’appellante
, in punto di nesso di causalità ed essendo opportuno acquisire un valutazione aggiornata dello stato di salute della appellata indispensabili per l’accertamento del danno e del nesso di causalità con la condotta dei nonché per la relativa quantificazione; rimetteva la causa in istruttoria disponendo CTU medico legale, con conferimento dell’incarico consulenti che non fossero iscritti in albi del distretto in ragione della presenza in causa dell’ per i servizi sanitari.
All’esito del deposito della relazione peritale , la causa veniva nuovamente trattenuta in decisione con concessione di termini per conclusionali e repliche .
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i primi tre motivi, l’appellante
formula plurime censure alla relazione peritale depositata nel procedimento di accertamento tecnico preventivo sulla base della quale il Tribunale ha ritenuto provata la responsabilità dei sanitari che hanno avuto in cura la paziente.
In primo luogo, lamenta che nel corso del procedimento di ATP vi è stata la violazione del contraddittorio, dal momento che i CTU non hanno fissato l’incontro tra tutti i consulenti tecnici , che era stato inizialmente previsto per la discussione complessiva del caso, una volta conclusi tutti gli accertamenti psichiatrici e psicologici concordati e dopo aver visionato la documentazione radiografica (in particolare le RMN eseguite dalla paziente per verificare l’eventuale errore diagnostico). Lamenta l’assenza sia di valutazione congiunta della documentazione radiologica (nello specifico delle risonanze magnetiche), che non era stata fornita alle parti come richiesto ed è stata ritenuta come elemento fondamentale per l’ attribuzione di responsabilità da parte del CTU dott. sia di un effettivo contradditorio in relazione alle risultanze dell’esame psicodiagnostico eseguito dalla dott.ssa . Deduce quindi che tali criticità impongano la rinnovazione delle operazioni peritali per consentire a tutte le parti di partecipare su un piano di parità.
In secondo luogo contesta le conclusioni a cui è pervenuta la CTU, a cui ha aderito la sentenza. Afferma che la diagnosi della signora accreditata come più probabile sia l’encefalomielite acuta disseminata, che è una patologia seria certamente non meno grave della sclerosi multipla diagnosticata in prima battuta dai medici trentini, per la quale il trattamento è sostanzialmente lo stesso, fatta eccezione per l’Interferone che non trova indicazione specifica nella leucoencefalomielite. Afferma che la reazione emotiva della paziente al grave quadro neurologico diagnosticato sia da considerarsi una “normale” se non inevitabile reazione di fronte a un quadro morboso estremamente impegnativo. Sottolinea che il CTU ha escluso che possa avere costituito causa del processo morboso la supposta
lesione del nervo pudendo, quale esito di una maldestra rachicentesi; e che vi siano elementi per ravvisare un movimento proiettivo, di matrice difensiva e non certo depressiva, consistente nella disperata ricerca di un colpevole, che potesse spiegare tanta disavventura. Afferma che la reazione della paziente non sarebbe stata diversa se la diagnosi fosse stata fin dall’inizio di leucoencefalomielite acuta disseminata. Critica quindi la relazione peritale laddove il dottor attribuisce con eccessiva disinvoltura una diagnosi di depressione maggiore cronica alla signora e addirittura la collega ad un danno permanente.
Su tale aspetto si concentra il terzo motivo, con cui l’appellante enuncia i dubbi in relazione alla fondatezza della diagnosi di depressione maggiore formulata a posteriori dal dottor in assenza di documentazione medica.
Ritiene che la signora fosse preoccupata e prostrata per le proprie condizioni di salute e per il lungo percorso terapeutico, ma che appare evidente che il presunto errore diagnostico sia divenuto un appiglio per dare una spiegazione ed una causa al suo patire; sottolinea che dall’anamnesi emerge che quando il quadro emotivo era divenuto più fragile e compromesso, l’attrice aveva consultato il RAGIONE_SOCIALE, ma gli specialisti, pur conoscendo i potenziali rischi connessi all’uso del farmaco, avevano escluso quadri di interesse psichiatrico per cui non avevano consigliato la sospensione dell’Interferone , come sarebbe avvenuto di fronte all’emergere di un quadro depressivo maggiore. Aggiunge che la psicologa dott.ssa , che ha affiancato il CTU nella somministrazione dei test, non ha mai fatto riferimento alla depressione maggiore, concentrando le sue osservazioni
sulla personalità alexitimica, che costituisce una tipica reazione di spegnimento del subbuglio emotivo scatenato da un cambiamento esistenziale tanto drammatico quale la malattia che l’aveva colpita. Deduce che tale reazione si sarebbe verificata anche se la signora avesse ricevuto fin da subito la seconda diagnosi, se si escludono gli inestetismi in sede di inoculazione. Anche sul piano psicologico le reazioni sarebbero state analoghe, a partire da un assetto della personalità che appare sostanzialmente privo di connotazioni patologiche e che ciononostante ha dato luogo a una reazione depressiva commisurata alla serietà della malattia. Contesta quindi la fondatezza della diagnosi di depressione maggiore come pure della dedotta permanenza del quadro morboso in assenza di evidenze sintomatiche.
Per maggiore chiarezza di esposizione, va ricordato che il Tribunale, ha accolto la domanda proposta dal aderendo alle valutazioni ed alle conclusioni formulate in sede di ATP nei seguenti termini: ‘ Dal 15.11.2000 al marzo aprile 2005 la signora è stata trattata in Interferone , terapia che non era indicata per la patologia di cui era affetta ( forma remittente multifasica di encefalomielite disseminata -R and MDEM); tale trattamento( circa 684 iniezioni di Interferone ) ha causato alla signora un ‘ danno temporaneo alla salute parziale al 25% che si è protratto per circa 684 giorni; l’indagine del CTU specialista neuropsichiatra dotto ha evidenziato che ‘ la somministrazione del farmaco (Interferone) avrebbe dovuto essere evitta anche perché erano in atto ‘prodomi di depressione maggiore ‘ che non sono stati riconosciuti né indagati dai neurologi . Pertanto su tale patologia psichica ‘prodromica’ i quasi cinque anni di effetti collaterali
dell’interferone (portatore di patologia depressiva) hanno determinato una danno biologico permanente di natura psichica . Il dott. ha concluso che ‘ la perizianda è affetta da depressione maggiore cronica secondaria ad uso di interferone per errore diagnostico terapeutico con percentuale di danno secondo il dettato tabellare non inferiore al 21%; il trattamento con Interferone ha determinato anche un danno estetico di lieve entità(noduli in sede di iniezione ); i postumi permanenti che possono essere messi in rapporto causale diretto con l’errato comportamento (relazionale -diagnostico. Terapeutico) dei neurologi dell’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE sono valutabili complessivamente nel 23% quale danno alla validità biologica; nel caso in esame è doveroso segnalare alla S.V anche la rilevante compromissione della serenità familiare della perizianda che è stata evidenziata nelle indagini del dottor e del dr ; non vi sono spese mediche documentate; si può identificare nel 15.11.2000 ( inizio della terapia interferonica ) la data di insorgenza dell’errore diagnostico -terapeutico .’
Come già esposto, le contestazioni di merito sollevate dall’appellante attengono alla ritenuta insorgenza di una depressione maggiore ed alla sussistenza di un nesso di causalità con l’intervento dei sanitari, nei termini individuati all’esito dell’ATP.
Con la comparsa di costituzione, la difesa dell’appellata non ha invece sollevato alcuna obiezione alle conclusioni dei dottori e
Ciò premesso, al fine di approfondire alcuni dei profili che sono stati oggetto di specifica contestazione da parte dell’appellante e per acquisire un valutazione aggiornata dello stato di salute della appellata è stata disposta nuova consulenza medica.
La anamnesi della paziente può essere riassunta per gli aspetti essenziali nei seguenti termini:
In data 25 novembre 1999, , all’età di 35 anni, era accolta al Pronto Soccorso dell’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per diagnosi di ritenzione urinaria e dolori addominali, in quadro di sindrome influenzale cominciata nei 4-5 giorni precedenti; veniva quindi trasferita prima nel reparto di Urologia, e dopo il riscontro di tetraparesi con iperriflessia, alla RAGIONE_SOCIALE ove era sottoposta ad accertamenti che davano indicazione di un interessamento midollare infiammatorio. Dopo il trattamento medico (plasmaferesi, steroide ad alte dosi, antibiotici ed antivirali), veniva dimessa ed effettuava un periodo di riabilitazione presso la clinica Villa Rosa, con riferito buon recupero motorio della tetraparesi.
Nuovo ricovero a settembre del 2000 per sindrome vertiginosa ed instabilità nella marcia, oltre ai disturbi sensitivi che erano persistiti già dai precedenti ricoveri; veniva eseguita una risonanza magnetica che rilevava aree di alterato segnale in corrispondenza dei peduncoli cerebrali bilateralmente. La paziente era nuovamente trattata con terapia cortisonica ad alte dosi, in conseguenza della quale rilevava un certo miglioramento, tanto che alla dimissione aveva recuperato la deambulazione autonoma. La diagnosi di uscita era di paraparesi in soggetto con malattia demielinizzante.
Aperta la cartella clinica in Day Hospital di neurologia, in data 8 novembre 2000 veniva intrapreso trattamento con interferone (Rebif 22 × 3 alla settimana). In seguito si presentavano alcune recidive cliniche che venivano trattate con cortisone ad alte dosi con recupero relativo.
Nel settembre 2001 la paziente manifestava neurite ottica con calo del visus. Dal punto di vista sintomatologico, a quel punto, la signora presentava difficoltà nella marcia e nella forza muscolare, alterazione della sensibilità tattile e dolorifica agli arti, incontinenza urinaria e talora fecale con stipsi ostinata.
Nel gennaio 2005 il neurologo del reparto certificava che le condizioni erano peggiorate in modo da renderla non più autonoma nelle attività domestiche, e che il problema sfinterico era tale da limitare fortemente l’attività della paziente fuori dalla propria abitazione, visto che talora lo svuotamento vescicale incompleto richiedeva un cateterismo. In tale circostanza le conclusioni cliniche orientavano per una malattia di forma remittente multifasica di encefalomielite disseminata tipo sclerosi multipla con andamento aggressivo.
Nel maggio 2005 presso il day hospital neurologico RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si registrava la sospensione del Rebif da circa 1 mese, alla luce dell’esito delle indagini eseguite (RM e rachicentesi) che escludevano la diagnosi di sclerosi multipla.
Per rivalutazione diagnostica e terapeutica la paziente effettuava un ricovero all’istituto RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, dal quale era dimessa in data ottobre 2005 con diagnosi di sindrome midollare dorsale ed esiti di encefalomielite acuta disseminata.
Il 10 aprile 2006 era impiantato un neurostimolatore sacrale, che era successivamente rimosso in quanto non efficace.
Dalla allegazione difensiva emerge che a partire dal 2005 la signora aveva sofferto di ‘forti attacchi di panico’, di fobie, di disturbi dell’alimentazione, per i quali si era rivolta alla dottoressa psicologa, con cui avrebbe effettuato ‘incontri periodici anche negli anni successivi (al bisogno); nel 2007 o 2008 sarebbe stata seguita, per circa sei mesi, dal RAGIONE_SOCIALE, con prescrizione di terapia medica, poi sospesa’ , di cui tuttavia manca alcun riscontro documentale.
Nel giugno 2012 si assisteva a nuovo episodio di recrudescenza sintomatologica, riduzione della autonomia deambulatoria ed aumento dei dolori e della spasticità, tale da indurre a suggerire terapia con Sativex, iniziata nel novembre dello stesso anno, ma risultata inefficace, tanto che le successive visite di terapia antalgica proponevano interruzione del cannabinoide e sostituzione con oppioidi ed altri antalgici maggiori in varia combinazione.
Nel dicembre 2015 la paziente subiva un ricovero in RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per accertamenti in merito a lombalgia persistente. Successivamente non effettuava ulteriori accertamenti neurologici sino al settembre 2018, quando si registrava nuovo peggioramento clinico. In tale circostanza era prescritta amitriptilina, farmaco con attività antidepressiva, e come antidolorifico e che tuttavia non veniva dichiarato come assunto ai successivi controlli.
La diagnosi di natura RAGIONE_SOCIALE di è stata riportata nella relazione peritale nei seguenti termini ‘La signora
è affetta da una forma remittente multifasica di encefalomielite disseminata, che ha provocato paraparesi con turbe deambulatorie ed alterazioni sensitive, con incontinenza urinaria da vescica neurogena dipendente da cateterismi e stipsi severa, con necessità di irrigazioni, esordita nel 1999′ .
All’esito di accurate indagini svoltesi con la visita della paziente ed una attenta disamina della documentazione clinica in atti, le consulenti tecniche hanno escluso che la presenti un disturbo depressivo maggiore.
Hanno infatti concluso : ‘Viene descritto, esclusivamente a posteriori, nel 2008 in sede di consulenza di parte volta alla valutazione del danno da malpractise medica, e nel 2014 in sede di accertamenti peritali, che la sig.ra abbia esperito alcuni sintomi del corteo sintomatologico depressivo sopra elencato, di cui non si ravvisa alcun dato dalla documentazione in nostro possesso. L’assenza di dati documentali dell’epoca non consente di effettuare una diagnosi postuma di depressione maggiore, mentre quanto descritto dal dottor al tempo della sua valutazione appare coerente con un disturbo dell’adattamento. Non è provato il nesso di causa tra questo disturbo e la somministrazione di interferone beta perchè non risulta alcuna evidenza documentale di disturbi in fase di somministrazione e perché il suo potenziale effetto sulle turbe psichiatriche descritto dalla Letteratura è per lo più reversibile, una volta venuto meno lo stimolo iatrogeno; mentre altri fattori della vita e della salute della periziata possono assumere un idoneo ruolo di antecedente causale per il disturbo psichico, primo tra tutti la malattia RAGIONE_SOCIALE, cronica e progressivamente aggravatasi dopo l’interruzione
del farmaco, oltre alle vicende familiari complesse, rimaste decisamente a margine della trattazione dei colleghi psichiatri che precedentemente hanno valutato la periziata’ .
In primo luogo hanno evidenziato che ‘all’esame psichico, attuale la signora si presenta vigile, lucida orientata, collaborante, curata nell’aspetto e nell’abbigliamento. L’espressione è partecipe, sintonica con i contenuti espressi nel colloquio con qualche nota di labilità emotiva. L’eloquio è fluido e spontaneo, ma loquace al limite della logorrea. Il rapporto con la realtà è conservato, le capacità di critica e giudizio sono buone. Non emergono turbe ideative, non si apprezzano nell’attualità , né risulta si siano mai presentati, fenomeni dispercettivi. L’affettività è adeguata, l’umore è nei limiti; verbalizza un disadattamento rispetto le attuali condizioni di vita, con congrue preoccupazioni in relazione con la patologia neurodegenerativa cronica da cui è affetta, che ha influenzato inevitabilmente in modo negativo la sua vita.’ … Hanno anche aggiunto che ‘A carico della signora non è diagnosticabile la depressione maggiore, non risultando soddisfatti i criteri diagnostici sopra riportati. Alla valutazione clinica obiettiva non sono presenti: umore depresso per la maggior parte del giorno, marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni, agitazione o rallentamento psicomotori quasi tutti i giorni, sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati, quasi tutti i giorni, ridotta capacità di pensare o di concentrarsi, o indecisione, quasi tutti i giorni, pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico o un tentativo di suicidio o un piano specifico per commettere
suicidio. Altrettanto, come già descritto, non si sono ravvisati alla valutazione obiettiva sintomi emotivi o comportamentali in risposta ad uno o più fattori stressanti identificabili, un marcato disagio che va al di là di quanto prevedibile in base all’esposizione al fattore stressante ed una conseguente compromissione significativa del funzionamento sociale o lavorativo sempre in risposta al fattore stressante che consentirebbero di diagnosticare un disturbo dell’adattamento . Ciò che si è, invece, apprezzato è la congrua sofferenza per la situazione che si è trovata a vivere e le limitazioni oggettive che la malattia neurodegenerativa, qualunque essa sia, ha prodotto sul suo funzionamento complessivo. È di tutta evidenza, infatti, che la severa disabilità provocata dalla encefalomielite ha comportato drammatiche ricadute su tutta la vita personale, familiare, lavorativa e sociale della signora COGNOME è evidente che la periziata ha esperito ed esperisce alcuni sintomi (e non dei più gravi) del corteo sintomatologico depressivo sopra elencati, è altrettanto certo che al momento non si è strutturata una psicopatologia ‘. sistemi di classificazione come quelli del DSM5 o dell’ICD -11, Consulenti di Ufficio hanno sottolineato che:
Richiamata la distinzione fra il sintomo, che è la alterazione avvertita dal malato, la rappresentazione soggettiva di un problema psichico, che non è sufficiente per rappresentare una diagnosi di per se stesso; ed il disturbo che invece è una condizione clinica complessa, che comprende un insieme di sintomi, che seguono un certo pattern e causano un significativo disagio o disfunzione, che definiscono una diagnosi nosografica secondo precisi le ‘ i ‘sintomi’ depressivi possono non configurare una diagnosi, possono essere transitori, legati a momenti di particolare vulnerabilità ma non necessariamente patologici,
ovvero possono non causare necessariamente una compromissione marcata del funzionamento e possono rientrare spontaneamente ‘
Le CTU non si sono sottratte ad un confronto articolato con la diversa conclusione formulata in sede di accertamento tecnico preventivo, argomentando in modo esauriente le proprie valutazioni.
In primo luogo è stato sottolineato che dalla documentazione clinica depositata ‘ non emerge particolare sofferenza sotto il profilo psichico. A tratti viene annotato come la paziente tolleri bene la terapia e non accusi sostanziali effetti collaterali, addirittura si senta bene, o in miglioramento rispetto ai precedenti controlli.’ ; sono state richiamate in particolare le note cliniche di ricovero presso RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE il 12.03.2003 ( paziente nota seguita in DH per malattia demielinizzante…il trattamento è stato tollerato bene…anche soggettivamente si sente meglio );la consulenza specialistica RAGIONE_SOCIALE in data 4/08/2004 dell’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE( ‘attualmente la paziente appare ansiosa e preoccupata eccessivamente della stipsi. Stato di ansia con note di somatizzazione ) ed gli atti del ricovero ; nonché le annotazioni redatte presso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in data 27/09/2005 da cui risulta che l’esame psichico è del tutto negativo.
Inoltre difettano elementi che avvalorino la sussistenza di precedenti psicomorbosi manifestatisi in epoca anteriore all’inizio della somministrazione dell’Interferone.
Al rilievo sollevato dal sulla mancanza di richiesta di visita psichiatrica ( su cui si sarebbe poi soffermata la difesa della paziente nelle conclusionali), le Consulenti di ufficio hanno ribattuto che ‘verosimilmente non se ne ravvisava la necessità, posto che la paziente è
stata vista con discreta continuità da diversi medici dell’RAGIONE_SOCIALE, ma anche presso l’RAGIONE_SOCIALE e, come mostra la documentazione più recente, dai medici della terapia antalgica, dai nutrizionisti, senza che mai nessuno abbia proposto nemmeno l’opportunità di effettuarla. Si dovrebbe quindi pensare che decine di medici diversi abbiano, negli anni, colposamente ignorato dei sintomi così palesi, invece che prendere atto che tali sintomi (quelli della depressione maggiore) non erano esperiti dalla paziente’ .
Hanno evidenziato che nella stessa raccolta anamnestica nonché nella allegazione difensiva si indica l’insorgenza a far data dal 2005, e quindi successivamente al l’interruzione del farmaco , di forti attacchi di panico, fobie, paura di uscire da casa, anoressia ecc, per i quali veniva seguita dalla psicologa dott.ssa (quantunque manchi alcun riscontro documentale) mentre in precedenza, anche prima del 1999, la anamnesi psicopatologica era stata muta.
Hanno sottolineato che la testistica della dottoressa , peraltro non validata ai fini forensi, allegata alla consulenza tecnica fornisce una risposta in termini di alessitimia, ovvero una distanza dall’espressione delle proprie emozioni, che non si attaglia alla diagnosi di depressione maggiore. Hanno ritenuto probabile che un quadro come quello diagnosticato dal dottor sia andato in remissione senza che la sig.ra abbia avuto accesso ad un trattamento psicofarmacologico, psicoterapeutico e/o eventuali ricoveri specialistici, tutti interventi che si imporrebbero invece in caso di depressione maggiore cronica, che non risultano provati ad eccezione del sostegno alle difficoltà del figlio, affetto da disturbo da uso di sostanze, ed alla malnutrizione patologica; infatti
risulta che nel 2007 ella avesse frequentato i colloqui di supporto psicologico (dottoressa al RAGIONE_SOCIALE, che frequentava per la fisioterapia già a partire dl 2002.
Hanno di contro reputato più calzante la descrizione del quadro sintomatologico della sig.ra in termini di disturbo dell’adattamento formulato dal dott. a cui l’appellata si era rivolta su consiglio del legale per un parere preventivo, sottolineando poi che il dott sembrava porre l’accento piuttosto sull’errore diagnostico, lasciando intendere che la sofferenza emotiva fosse legata alla consapevolezza da parte della signora dell’errore diagnostico, ipotizzando con la nuova diagnosi una prognosi migliore per la sig.ra ; ma hanno sottolineato che tale ipotesi era stata smentita dalla storia della malattia RAGIONE_SOCIALE della perizianda che è successivamente andata peggiorando per cause estranee all’operato de i medici.
Hanno osservato che la patologia neurodegenerativa da cui è affetta l’appellata ha comportato una importante disabilità nella signora ed un cambiamento di stile di vita radicale rispetto a quello precedente con una progressiva involuzione e perdita di autonomia. Al contempo aveva vissuto una storia familiare caratterizzata da numerose vicissitudini, tra cui una crisi coniugale, che viene verbalizzata solo in corso di CTU del 2014 e non dichiarata alle operazioni peritali del 2024, mentre viene confermata la sofferenza per le problematiche di tossicodipendenza del figlio maschio che per un certo periodo è stato anche sottoposto ad un regime di detenzione.
Le Consulenti tecniche hanno quindi affermato che la reazione depressiva obiettivata all’epoca dalle relazioni a firma è più
probabilmente quella di una reazione emotiva ovvero di un disturbo dell’adattamento con umore deflesso la cui causa può riconoscere diversi s tressors , al di fuori del farmaco inutilmente somministrato, vale a dire la malattia neurodegenerativa grave e cronica, le difficoltà matrimoniali e familiari, il patema ingenerato dalla condizione del figlio affetto da tossicodipendenza.
Conclusivamente hanno ribadito non è ravvisabile la presenza di un disturbo psichiatrico nosograficamente definito in quanto ha presentato un adattamento alle condizioni di vita mutate nel tempo ; e che gli stressors che in passato potevano aver avuto un ruolo nel disturbo dell’adattamento si sono modificati o addirittura risolti, considerato che non era stato più riferito alcun problema coniugale ed al contempo il figlio maschio ha superato le problematiche di tossicodipendenza mentre la figlia femmina sembra aver raggiunto una buona soddisfazione personale e familiare tanto che, al tempo delle operazioni peritali era in prossimità di partorire un bambino. Pertanto nel complesso la sig.ra sembra essersi ‘adattata’ alla cronicità della malattia neurodegenerativa ed alle sue evidenti limitazioni.
In punto di nesso di causalità, le CTU hanno evidenziato che ‘È importante evidenziare come non tutti i pazienti in terapia con interferone sviluppino depressione, ma è un rischio clinicamente noto e documentato. È insolito che un farmaco, di per sé, sia considerato una causa sufficiente di depressione. È più ragionevole pensare che l’esposizione al farmaco contribuisca all’eziologia di una sindrome depressiva, solitamente in associazione ad altri fattori identificabili, in altre parole, come una causa componente. Un modello applicabile per interpretare tali effetti causali è
quello descritto da Questo modello postula che per la maggior parte delle malattie ci siano una varietà di cause componenti e che varie combinazioni di cause componenti possono comporsi per costituire una causa sufficiente per una persona specifica o in uno specifico gruppo di persone. Si presume generalmente che ci siano cause componenti sconosciute o non misurabili, così che un’esposizione a un farmaco è solitamente vista come un fattore che influenza il rischio di un evento avverso e può farlo in misura maggiore o minore a seconda della presenza o assenza di altre cause componenti. Un altro problema metodologico del quale tenere conto è quello del confondimento: le condizioni per cui vengono utilizzati gli interferoni sono di per sé associate a un rischio aumentato di problemi psichiatrici. Anche la gravità della malattia può influenzare il rischio di sviluppare disturbi psichiatrici, così come i fattori comportamentali o psicosociali correlati all’acquisizione della malattia. Poiché la presenza e la gravità di una malattia influenzano probabilmente la probabilità di trattamento, la possibilità di confondimento per indicazione, gravità o caratteristiche premorbose sembra quasi inevitabile. I disturbi depressivi sono estremamente comuni nella sclerosi multipla: la malattia di per sé, aumenta il rischio di depressione, per motivi biologici (lesioni cerebrali), psicologici (affrontare una malattia cronica) e sociali (handicap) .’
Ricordato che è buona pratica che i pazienti che vengono sottoposti a terapia con interferone effettuino una valutazione psichiatrica prima dell’inizio del trattamento (soprattutto se c’è storia di depressione) , hanno ribadito che ‘ Nella signora non c’è traccia di una anamnesi psichiatrica pregressa positiva, come anche confermato nella consulenza
di parte del dott. che specifica, nel 2008, la assenza di precedenti ‘neuropsichiatrici’.
Hanno dato atto che, al contempo, durante il trattamento è poi opportuno che venga effettuato un monitoraggio accurato dei sintomi che riguardano il tono dell’umore, soprattutto nei primi mesi , anche se risulta spesso difficile distinguere se la depressione sia causata dal farmaco o dalla malattia e dirimente risulta il ristabilimento dell’umore alla sospensione dell’interferone. Ciò premesso,hanno sottolineato che ‘Nella documentazione clinica prodotta in atti non vi sono note sul manifestarsi di sintomi della sfera dell’umore, mentre come si è detto, in più riprese appare che il trattamento con interferone fosse ben tollerato. I primi sintomi depressivi vengono obiettivati appunto dal dott. nel 2008 a distanza di svariati anni dalla sospensione dell’interferone’
Hanno poi aggiunto che nella maggior parte dei casi, quando i sintomi depressivi sono effetto collaterale diretto dell’interferone, questi sintomi regrediscono dopo la sospensione o sostituzione del farmaco; e che il consulente di parte dottor ha attribuito l’insorgenza del disturbo psichiatrico non all’effetto collaterale del farmaco somministrato, ma alla coscienza dell’errore diagnostico, tralasciando di approfondire come il perfezionamento della diagnosi verso quella corretta di encefalomielite disseminata si è associato ad una prognosi non certo migliore di quella della sclerosi multipla e che successivamente all’interruzione del trattamento incriminato la paziente ha sviluppato ulteriori sintomi neurologici causati dalla malattia.
Esclusi inoltre esiti antiestetici meritevoli di quantificazione a titolo di danno biologico permanente, hanno affermato che : ‘La somministrazione
di interferone beta per circa 5 anni (circa 684 iniezioni di Interferone) è correlato ad un danno temporaneo alla salute parziale al 25%, che si é protratto per altrettanti (circa 684 – seicentottantaquattro) giorni, in relazione alla sindrome similinfluenzale, pure non annotata ma del tutto plausibile ed evincibile anche dalle annotazioni dei consulenti.’
Il Collegio ritiene di condividere le conclusioni formulate dalle consulenti all’esito di approfondite indagini svolte nel contraddittorio dei consulenti delle parti, ed argomentate in modo esauriente e rigoroso.
Reputa inoltre che tali valutazioni non possono ritenersi efficacemente confutate dalle osservazioni formulate dai consulenti di parte, a cui le Consulenti di ufficio hanno risposto in maniera esauriente .
Per quanto riguarda quelle formulate dal consulente di parte dell’appellata , si osserva che il dottor si è soffermato su un profilo che non era stato accertato nel corso del procedimento di ATP e non era mai stato evocato dalla difesa della paziente, la quale in primo grado ha proposto la domanda richiamando testualmente la ricostruzione operata dai due consulenti e e che neppure nell’atto introduttivo del presente grado ha sollecitato una indagine relativa ad una supposta inadeguatezza della terapia interferonica con riguardo alla diagnosi successivamente formulata.
In ogni caso deve sottolinearsi come , ad un attenta analisi , tale profilo non è stato approfondito dal consulente di parte, che dichiaratamente ha formulato le sue considerazioni solo sotto forma di obiezioni alle relazioni peritali di primo e di secondo grado , e sulla base delle relazioni dei periti di parte nominati in precedenza, senza un analisi articolata ed approfondita delle cartelle cliniche e della documentazione medica della
paziente, ipotizzando che la terapia inferferonica somministratata ‘ non può che avere impedito le possibilità di recupero della paziente piene o quantomeno prossime alla normalità con una probabilità superiore al 50% . ‘, senza tuttavia argomentare tale tesi .
Deve prendersi atto che a fronte del predetto rilievo, le Consulenti di Ufficio hanno sottolineato come l’andamento ‘patologia è stato capriccioso ed indipendente dai trattamenti, come mostrano le recidive successive alla sospensione dell’interferone ed all’adozione di terapia appropriata ‘ ed in ragione di ciò non hanno concordato con l’osservazione proposta.
In relazione all’aspetto psicologico hanno ribadito che si poteva convenire con il consulente di parte che la paziente avesse sperimentato ‘rabbia per una terapia errata e l’attribuzione delle complicazioni a codesto errore (ipotesi giusta o sbagliata che sia, ma soggettivamente logica)’ , ma hanno ribadito che ‘ciò non può assurgere a diagnosi psicopatologica ed a conseguente danno biologico’.
Le osservazioni sollevate dai consulenti di parte appellante hanno avuto ad oggetto il riconoscimento del danno biologico temporaneo correlata alla sindrome similinfluenzale di cui è stata contestata la mancanza di prova , ed in subordine né è stata ipotizzata una percentuale inferiore nell’ordine del 10%.
A tali obiezioni, le CTU hanno risposto evidenziando come la sindrome similinfluenzale ‘costituisce l’effetto collaterale più frequente della somministrazione di interferone: oltre il 70% dei pazienti sperimenta disturbi caratterizzati da brividi, febbre, mialgie, artralgie ed altri sintomi simili a quelli dell’influenza, che cominciano da 3 a 6 ore dopo l’iniezione
del farmaco ed in genere si esauriscano nel giro di 24 ore. L’effetto avverso può lasciare il paziente spossato ed inabilitato. Le strategie per combattere tale sindrome, che può essere motivo per l’interruzione della somministrazione, quando assai mal tollerata, consistono nella somministrazione di antipiretici ed antifiammatori. La signora ha riferito in entrambe le occasioni delle operazioni peritali la necessità di assunzione di tachipirina per la gestione della sindrome simil influenzale, certamente suggerita dai sanitari, e di praticare l’iniezione nelle ore serali come strategia operativa’ .
E quindi hanno ribadito che ‘ In considerazione di quanto dichiarato dalla periziata, della elevatissima frequenza del disturbo negli assuntori del farmaco, come risulta da Letteratura specifica, della coerenza complessiva dei fatti rappresentati, è sembrato congruo valutare il danno biologico temporaneo per le somministrazioni avvenute (anche quelle calcolate con approssimazione) certo non come danno temporaneo totale, quanto parziale, al tasso medio del 25%, calcolando che la fenomenologia del disturbo possa non essere stata di massima espressione in tutto il periodo considerato e, quindi, già temperando la valutazione secondo criterio di ragionevolezza . ‘
La Corte ritiene di condividere anche su tale aspetto le conclusioni delle CTU sottolineando come, a differenza di altri aspetti , in relazione alla sintomatologia successiva alla somministrazione dell’interferone , la allegazione della paziente è risultata molto precisa e peraltro collimante con quanto registrato in letteratura , dovendosi poi ricordare che anche la difesa dell’azienda ha dato atto che ‘l’interferone sia noto per provocare effetti collaterali di tipo simil-influenzale ‘.
Appare pienamente condivisibile anche la quantificazione formulata dalle CTU, avuto riguardo alla circostanza che in ragione dell’elevata frequenza delle somministrazioni , in numero di tre a settimana per cinque anni circa, la conseguente sintomatologia ha inciso in modo significativo per tale periodo.
Nessun elemento atto ad inficiare le valutazioni peritali emerge neppure dalle difese svolte nelle conclusionali. In particolare quella dell’appellata lamenta la mancanza di accertamenti psichiatrici in corso di cure , ma omette di prendere in considerazione le diffuse considerazioni svolte in perizia in relazione alla mancanza di segni indicatori di una diagnosi psicopatologica sia prima dell’inizio del trattamento sia nel corso del medesimo e che non era stata accertata neppure presso l’istituto RAGIONE_SOCIALE .
Conclusivamente, alla luce delle conclusioni peritali, deve ritenersi accertato che alla somministrazione di interferone beta per circa 5 anni (circa 684 iniezioni di Interferone) è correlato ad un danno temporaneo alla salute parziale al 25%, che si è protratto per altrettanti (circa 684 seicentottantaquattro) giorni, sotto forma di sindrome similinfluenzale, che seppure non annotata ma del tutto plausibile ed evincibile anche dalle annotazioni dei consulenti.
Va infine confermata la liquidazione operata dal Tribunale per tale voce in € 16.926,00 (€99,00 x 684gg al 25% applicando le tabelle di RAGIONE_SOCIALE), in relazione alla quale nessuna delle parti ha sollevato obiezioni . Trattandosi di debito di valore, sulla predetta somma devalutata al 30 aprile 2005 spettano alla gli interessi compensativi sulle somme via via rivalutate su base annuale sino alla data della sentenza ; e sulla complessiva somma gli interessi legali dalla sentenza al saldo.
Con il quarto motivo, l’appellante impugna la sentenza relativamente al rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti di
motivata dal Tribunale sul presupposto che la data dell’errore diagnostico terapeutico dovesse essere individuato al 15.11.2000.
Ricorda che la polizza n. 039903916 con decorrenza dalle ore 24 del 30.06.1997 e scadenza alle ore 24 del 31.12.1999 era stata stipulata con la clausola ‘loss occurance’ in base alla quale risponde la Compagnia assicurativa con cui è stipulato il contratto nel momento in cui è stato commesso l’errore professionale (oppure la mancata corretta diagnosi ). Ricordato che il danno di natura psichica (depressione maggiore) riconosciuto deriva dalla errata diagnosi di sclerosi multipla, censura che l’individuazione del momento dell’insorgenza di tale errore (e conseguentemente anche della polizza assicurativa che avrebbe dovuto garantire l’RAGIONE_SOCIALE sanitaria) non è stato operato in relazione all’ errore diagnostico stesso, ma nel successivo inizio della terapia , nonostante la minima rilevanza data dalla CTU al danno alla persona derivante dall’inoculazione del farmaco . Ricorda che la stessa attrice nella sua richiesta risarcitoria pervenuta in data 11.01.2010, con allegata la consulenza del dott. aveva indicato la data dell’errore nel novembre 1999 . Afferma quindi che, ai sensi dell’art 22 delle condizioni di polizza, non possa dubitarsi che il sinistro rientri nell’ambito della copertura assicurativa di .
Il motivo non può trovare accoglimento.
All’esito degli accertamenti peritali svolti nel presente grado, è stato accertato un danno biologico a carattere temporaneo conseguente alla somministrazione dell’interferone che ha avuto inizio nel novembre
2000, e quindi in epoca successiva alla scadenza in data 31.12.1999 della copertura assicurativa di in forza del contratto che conteneva la clausola di ‘ loss occurence’ , in base alla quale risponde la Compagnia assicurativa il cui contratto è vigente al momento in cui è stato commesso l’errore professionale .
Con ulteriore motivo di appello, l impugna la sentenza nella parte in cui ha respinto la domanda proposta nei confronti di , accertando l’estinzione del diritto per prescrizione.
Evidenziava che nel ricorso per consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis cpc, notificato a dalla signora in data 23.04.2013 e quindi a distanza di oltre 3 anni dalla prima richiesta risarcitoria d.d. 11.01.2010, la vicenda sanitaria era stata illustrata in maniera maggiormente dettagliata mediante il deposito di corposa documentazione medica a cui aveva fatto seguito un’analitica istruttoria interna eseguita dai medici di deduce che alla luce di tali nuovi elementi conoscitivi, aveva denunciato il sinistro mediante raccomandata A/R a in data 24.04.2013. Sottolinea che sulla base della prospettazione di controparte, l’epoca del condotta colposa veniva individuato nel momento iniziale della terapia con interferone avvenuta a fine anno 2000 e non tanto nel momento dell’errata diagnosi di sclerosi multipla.
Eccepisce inoltre che è decaduta dalla facoltà di contestare la operatività della copertura, non avendola eccepita nel termine di giorni 30 dalla denuncia, come previsto dalle condizioni generali di contratto ( art 15 Polizza)
Il motivo non può trovare accoglimento
E’ documentato che con missiva datata 7 gennaio 2010, ricevuta l’11 gennaio 2010, il legale di chiedeva il risarcimento dei danni conseguenti al ciclo terapeutico nei termini illustrati nella relazione di parte allegata, redatta dal dottor nell’agosto 2008.
La denuncia da parte dell a del sinistro di dimessa in atti, reca la data del 24 aprile 2013 e richiama per la descrizione del sinistro il ricorso per RAGIONE_SOCIALE. Come si può desumere dalla lettura di tale atto, parimenti prodotto, l’ istante richiamava le perizie di parte del dottor dell’agosto 2008 e del dott. del luglio 2008, nonché la diffida del gennaio 2010 inviata alla RAGIONE_SOCIALE.
Ciò premesso , come allegato e comprovato da , la polizza n. 2106.32.105 era stata stipulata con decorrenza dal 31.12.2008 al 31.12.2011 e successivamente ai sensi dell’art. 5 della Sezione ‘Norme che regolano la gestione del contratto’, è stata ripresa dalla polizza NUMERO_CARTA (doc.2), quale proroga tecnica temporanea dal 31.12.2012 al 30.4.2013, con applicazione delle medesime condizioni contrattuali.
Pertanto alla data in cui l ha ricevuto la denuncia da parte di era vigente la polizza stipulata con che contiene la clausola temporale c.d. claims made , in base alla quale l’assicuratore è tenuto a prendere in gestione la richiesta risarcitoria presentata in vigenza di copertura, a prescindere dall’epoca a cui risale il sinistro. Non sono valorizzabili quindi le obiezioni sollevate dalla difesa dell’appellante in relazione al dedotto approfondimento dell e cause del sinistro, che avrebbero giustificato l’invio della denuncia alla assicurazione nel 2013 , poiché l’elemento rilevante era costituito dalla
richiesta dalla paziente arrivata pacificamente durante la vigenza della polizza con .
Pertanto deve convenirsi con il Tribunale che a fronte della richiesta adeguatamente specificata, anche a mezzo dell’allegata relazione inviata nell’interesse della nel gennaio 2010, l ha mandato a la denuncia in data 24 aprile 2013 e quindi successivamente allo spirare del termine di prescrizione come regolato dall’art 2952 c.c.
Rimane quindi assorbito l’ ulteriore profilo relativo all’art 15 delle condizioni di contratto .
In ragione della riforma della sentenza relativamente al rapporto processuale fra l’azienda e si impone , anche d’ufficio, un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite (ex plurimis Cass.27606/2019).
Preso atto dell’accoglimento della domanda proposta dalla paziente , sia pure per un importo inferiore a quello richiesto, ai sensi dell’art 91 c.p.c.
l’ va condannata alla rifusione delle spese di entrambi i gradi che, ai sensi del DM 147/2022 applicando lo scaglione entro cui è ricompreso il decisum in valori superiori al medio considerata la complessità delle questioni, vanno liquidate per il primo grado in € 1100,00 per la ‘fase di studio’, € 1000,00 per la ‘fase introduttiva’, € 2300,00 per la fase trattazione ed € 2300,00 per la ‘fase decisoria’, e quindi complessivamente in € 6.700,00 nonché € 786,00 per rimborso contributo unificato e marca da bollo , rimborso forfettario, ed accessori di legge; e per il presente in € 1500,00 per la ‘fase di studio’, € 1100,00
per la ‘fase introduttiva’, € 2500,00 per la fase trattazione ( come ribadito da Cass 8561/2023 e Cass. 28627/2023) ed € 26000,00 per la ‘fase decisoria’, e quindi complessivamente in € 7700,00 oltre , rimborso forfettario, ed accessori di legge. Nonché a rifondere i compensi per ATP di cui € 650,00 per studio, € 750,00 per fase introduttiva ed €1200,00 per la fase istruttoria e quindi complessivamente € 2600,00 oltre € 338,00 ,oltre spese generali ed accessori di legge.
Pone l’onere della CTU e della ATP a carico dell’ . L’appellante va inoltre condannato a rifondere a e
le spese del grado liquidate ai sensi del DM 147/2022 applicando lo scaglione in cui è ricompreso il valore dichiarato, essendo le relative domande state respinte , nei valori inferiori ai medi in considerazione della relativa complessità delle questioni affrontate relativamente a tali domande e quindi € 1600,00 per la fase studio, € 1000,00 per la fase introduttiva , € 2000,00 per la fase istruttoria ed € 2200,00 per la fase decisionale e quindi € 6800,00 oltre spese generali ed accessori di legge per ciascuna di essere
P.Q.M.
La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE n. 457/2022, che conferma nel resto,
Condanna
a pagare a la somma
€ 16.926,00
,
oltre agli interessi legali da calcolarsi sull’importo devalutato al 30 aprile 2005 e poi via via rivalutato su base annuale sino alla data della sentenza; e sulla complessiva somma gli interessi legali dalla sentenza al saldo.
Condanna
a rifondere a le spese di ATP nella misura di € 2600,00 per compensi ed € 338,00 per rimborso spese ,oltre spese generali ed accessori di legge; per il primo grado di € 6.700,00 per compensi nonché € 786,00 per rimborso contributo unificato e marca da bollo , oltre rimborso forfettario, ed accessori di legge; e per il presente grado in € 7700,00 per compensi oltre rimborso forfettario, ed accessori di legge.
Pone a carico di per i servizi sanitari della provincia Autonoma di RAGIONE_SOCIALE l’onere di ATP e CTU.
Condanna della provincia
di RAGIONE_SOCIALE a rifondere ad
e
le spese del presente grado liquidate, per ciascuna di esse, in € 6800,00 oltre spese generali ed accessori di legge . Così deciso in data 2/12/2025.
Il Consigliere relatore/estensore
Il Presidente
NOME
NOME COGNOME