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Danno da diffamazione: onere della prova e risarcimento

Un professionista ha citato in giudizio una società editrice e la direttrice responsabile di un quotidiano per un articolo ritenuto diffamatorio. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, ha respinto il ricorso. L’ordinanza chiarisce che il danno da diffamazione non è ‘in re ipsa’ (automatico), ma deve essere specificamente allegato e provato dal danneggiato. La richiesta di risarcimento è stata respinta perché il ricorrente non ha dimostrato il pregiudizio specifico derivante dall’unica affermazione ritenuta lesiva, limitandosi a denunciare un danno generico derivante dall’intero articolo.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno da Diffamazione: Non Basta Sentirsi Offesi, Bisogna Provare il Pregiudizio

Quando un articolo di giornale lede la nostra reputazione, la reazione istintiva è quella di chiedere giustizia e un risarcimento. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio fondamentale: per ottenere un risarcimento, non è sufficiente dimostrare l’offesa, ma è necessario provare concretamente il danno da diffamazione subito. Il pregiudizio non è automatico, ma deve essere allegato e dimostrato in modo specifico. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un professionista citava in giudizio la società editrice di un noto quotidiano e la sua direttrice responsabile, chiedendo il risarcimento dei danni per un articolo che riteneva diffamatorio. L’articolo, privo di firma, descriveva la sua carriera e la nomina a un prestigioso incarico, insinuando, a suo dire, l’esistenza di favoritismi e un conflitto di interessi legato a precedenti incarichi professionali.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda. In particolare, la corte territoriale aveva ritenuto che l’articolo, pur contenendo un’informazione potenzialmente lesiva (la continuazione di un patrocinio legale per un altro quotidiano), non giustificasse di per sé un risarcimento, poiché il professionista non aveva fornito alcuna allegazione o prova specifica del danno che ne sarebbe derivato.

L’Onere della Prova nel Danno da Diffamazione

Il ricorrente ha portato il caso davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che il danno fosse determinabile tramite presunzioni e fatti notori, come la diffusione dello scritto e la sua posizione sociale. La Suprema Corte ha dichiarato i motivi inammissibili, confermando la linea dei giudici di merito.

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra l’illecito (la condotta diffamatoria) e le sue conseguenze dannose. La Corte ha stabilito che, anche se una parte dell’articolo poteva essere considerata lesiva, il ricorrente aveva l’onere di:
1. Allegare specificamente: Descrivere in modo dettagliato quali conseguenze negative (personali, professionali, sociali) aveva subito a causa di quella specifica informazione.
2. Provare il danno: Fornire elementi, anche presuntivi, che dimostrassero l’esistenza e l’entità del pregiudizio lamentato.

Il ricorrente, invece, si era limitato a denunciare un pregiudizio generico derivante dall’intero articolo, senza isolare il danno causato dalla singola notizia ritenuta illecita. Questa mancanza di specificità ha reso la domanda non accoglibile. Il danno da diffamazione, quindi, non è ‘in re ipsa’ ma deve essere provato come ‘danno-conseguenza’.

La Riparazione Pecuniaria Prevista dalla Legge sulla Stampa

Un altro punto toccato dalla Corte riguarda la richiesta di applicazione della riparazione pecuniaria, una sanzione economica prevista dall’art. 12 della Legge n. 47/1948. Anche questa richiesta è stata respinta.

La Cassazione ha chiarito che tale sanzione ha presupposti rigorosi: si aggiunge al risarcimento del danno e richiede l’accertamento di tutti gli elementi costitutivi del reato di diffamazione. In particolare, per poterla comminare alla direttrice responsabile, sarebbe stato necessario dimostrare un suo concorso doloso nel reato, e non un semplice omesso controllo colposo. Poiché tale accertamento mancava, e avrebbe richiesto un’indagine di merito preclusa in sede di legittimità, il motivo è stato dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto i primi due motivi di ricorso inammissibili per mancanza di specificità. Il ricorrente non aveva distinto il pregiudizio derivante dalla singola affermazione lesiva (il patrocinio in favore di un altro quotidiano) da quello, più generico, asseritamente causato dall’intero articolo. La domanda di risarcimento del danno deve essere ancorata a conseguenze precise e dimostrabili della condotta illecita. Il terzo motivo, relativo alla riparazione pecuniaria, è stato dichiarato inammissibile perché mancava l’accertamento di fatto dei presupposti applicativi della norma, in particolare il concorso doloso della direttrice responsabile nel reato di diffamazione, un’indagine non consentita in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda agire in giudizio per diffamazione a mezzo stampa. Non basta sentirsi lesi nella propria reputazione: è indispensabile articolare e provare il danno concreto che ne è derivato. Il danno non può essere presunto, ma va dimostrato nelle sue conseguenze negative sulla vita personale e professionale della vittima. Questa decisione sottolinea l’importanza di un’attenta preparazione della causa, fondata su allegazioni precise e prove concrete, per evitare che una legittima richiesta di tutela venga respinta per motivi procedurali.

Il danno alla reputazione causato da un articolo di stampa si presume automaticamente?
No, secondo l’ordinanza, il danno risarcibile non è ‘in re ipsa’ (automatico), ma deve essere individuato nelle conseguenze della lesione del diritto. La vittima ha l’onere di allegare e provare il pregiudizio subito.

Per chiedere il risarcimento per diffamazione, è sufficiente lamentare un danno generico?
No, non è sufficiente. Il ricorrente deve allegare in modo specifico il pregiudizio che sarebbe derivato dalla specifica notizia diffamatoria. Una denuncia di pregiudizio derivante dall’intero complesso dell’articolo, senza distinguere le conseguenze della singola affermazione illecita, è considerata priva di specificità e inammissibile.

La sanzione pecuniaria prevista dalla legge sulla stampa spetta sempre in caso di diffamazione?
No. La sanzione pecuniaria prevista dall’art. 12 della L. 47/1948 presuppone la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del delitto di diffamazione. Per condannare il direttore responsabile, ad esempio, è necessario accertare la sua responsabilità per concorso doloso nel reato, non essendo sufficiente un omesso controllo colposo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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