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Danno da diffamazione: critica e limiti di continenza

Un collezionista ha accusato un esperto di auto d’epoca di disonestà in una perizia che ha portato alla distruzione del suo veicolo. L’esperto ha intentato causa per diffamazione. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del collezionista per danno da diffamazione, stabilendo che i suoi articoli online avevano superato il legittimo diritto di critica, violando il principio di continenza. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale del collezionista per la perdita della sua auto.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno da Diffamazione: La Sottile Linea tra Diritto di Critica e Lesione della Reputazione

Il confine tra la libera manifestazione del pensiero e la lesione della reputazione altrui è spesso al centro di complesse vicende giudiziarie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo tema, esaminando un caso di presunto danno da diffamazione scaturito da una controversia nel mondo delle auto d’epoca. La vicenda vede contrapposti un collezionista, proprietario di una vettura di pregio, e un esperto incaricato di valutarne l’autenticità. L’esito di questa valutazione ha innescato una reazione che ha portato le parti in tribunale, sollevando questioni fondamentali sui limiti del diritto di critica.

I Fatti di Causa

Tutto ha origine da un procedimento penale in cui un esperto di auto d’epoca, nominato consulente dalla Procura, redige una perizia su una vettura di lusso appartenente a un collezionista. Nella sua relazione, l’esperto conclude che il veicolo è un falso. Sebbene il procedimento penale a carico del collezionista si concluda con la prescrizione, il giudice, sulla base della perizia, dispone la confisca e la successiva distruzione dell’auto.

Sentendosi danneggiato e convinto dell’erroneità della perizia, il collezionista pubblica una serie di articoli su un sito internet di settore, accusando l’esperto di aver svolto il proprio incarico in modo infedele, disonesto e in mala fede, sottacendo elementi che avrebbero provato l’autenticità del veicolo. Di tutta risposta, l’esperto e la sua società citano in giudizio il collezionista, chiedendo un risarcimento per il danno da diffamazione subito. Il collezionista, a sua volta, presenta una domanda riconvenzionale per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla perdita dell’auto, attribuendone la colpa alla perizia a suo dire errata.

La Controversia sul Danno da Diffamazione e i Limiti del Diritto di Critica

I giudici di primo e secondo grado accolgono la domanda dell’esperto, condannando il collezionista al risarcimento del danno. Le corti di merito ritengono che gli articoli pubblicati, pur partendo da una vicenda reale, travalicassero i limiti del diritto di critica. Le espressioni utilizzate non si limitavano a contestare tecnicamente la perizia, ma contenevano allusioni inequivocabili alla persona dell’esperto, adombrando condotte disoneste e gravemente scorrette.

La Corte d’Appello, in particolare, sottolinea come il collezionista avesse intenzionalmente accusato l’esperto non solo di aver compiuto errori professionali, ma di aver agito in mala fede per danneggiarlo. Questa modalità espositiva, secondo i giudici, viola il principio di “continenza”, che impone di esprimere le proprie critiche in modo misurato e rispettoso della dignità altrui. Viene inoltre respinta la domanda riconvenzionale del collezionista, giudicata inammissibile per mancanza di connessione con la causa principale e comunque infondata nel merito.

L’Analisi della Corte di Cassazione

Il caso approda in Cassazione, dove il collezionista lamenta la violazione del suo diritto alla libera manifestazione del pensiero. La Suprema Corte, tuttavia, dichiara il ricorso inammissibile. I giudici chiariscono che il ricorrente non sta contestando una errata applicazione della legge, ma sta di fatto chiedendo una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva già ampiamente motivato sul perché gli articoli fossero diffamatori, e tale valutazione fattuale non può essere rimessa in discussione in Cassazione.

La Questione della Domanda Riconvenzionale

Anche il motivo relativo al rigetto della domanda riconvenzionale viene giudicato inammissibile. La Cassazione evidenzia un punto processuale cruciale: la Corte d’Appello aveva dichiarato la domanda inammissibile. Qualsiasi successiva argomentazione sul merito della stessa era da considerarsi superflua (ad abundantiam). Inoltre, la Suprema Corte ribadisce la correttezza della valutazione dei giudici di merito sulla mancanza di un nesso causale diretto tra la perizia dell’esperto e la distruzione dell’auto. La causa giuridica del danno, infatti, era da individuarsi nell’ordine del giudice penale, non nella consulenza tecnica che ne costituiva solo un presupposto.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Cassazione si fondano su principi consolidati. In primo luogo, il diritto di critica, pur tutelato costituzionalmente, non è illimitato, ma incontra barriere invalicabili nel rispetto della dignità e della reputazione altrui, riassunte nel requisito della continenza formale e sostanziale. In secondo luogo, il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito: non si possono riproporre questioni di fatto già decise nei gradi precedenti, ma solo censure relative alla violazione di norme di diritto. Infine, viene ribadito che la responsabilità per un danno richiede la prova di un nesso causale diretto e immediato tra la condotta e l’evento, nesso che in questo caso è stato interrotto dalla decisione autonoma di un’autorità giudiziaria.

Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. Evidenzia come la critica, specialmente se espressa su piattaforme pubbliche come internet, debba essere esercitata con grande responsabilità. Attribuire a un professionista non solo l’errore, ma anche l’intento doloso o la disonestà, senza prove concrete, integra quasi certamente un danno da diffamazione. La decisione sottolinea inoltre la distinzione fondamentale tra il ruolo dei giudici di merito, che accertano i fatti, e quello della Corte di Cassazione, che vigila sulla corretta applicazione del diritto. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, il messaggio è chiaro: la libertà di espressione è sacra, ma non può mai diventare un pretesto per attacchi personali e gratuiti.

Quando una critica online si trasforma in diffamazione risarcibile?
Secondo la pronuncia, una critica diventa diffamazione risarcibile quando supera i limiti della “continenza”. Ciò avviene quando si utilizzano espressioni offensive e allusive che aggrediscono l’onore e la reputazione personale, attribuendo condotte disoneste o gravemente scorrette, invece di limitarsi a esprimere un dissenso sulle questioni professionali.

È possibile chiedere il risarcimento al perito se la sua consulenza ha portato alla confisca di un bene?
La decisione chiarisce che la causa giuridica diretta del danno (in questo caso, la distruzione dell’auto) è il provvedimento del giudice, non la perizia su cui esso si basa. Pertanto, la Corte ha ritenuto non sussistente un nesso causale diretto tra la condotta del perito e il danno, rendendo la domanda di risarcimento nei suoi confronti inammissibile e infondata.

Perché la Corte di Cassazione può dichiarare un ricorso inammissibile senza entrare nel merito dei fatti?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non un terzo grado di merito. Il suo compito è assicurare la corretta applicazione della legge, non rivalutare le prove o ricostruire i fatti già accertati dai tribunali di primo e secondo grado. Una richiesta di riesaminare i fatti, come avvenuto in questo caso, è quindi considerata inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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