Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3178 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 3178  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
Oggetto: Responsabilità civile – diffamazione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8569/2021 R.G. proposto da
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME, come da procura speciale in calce al ricorso, domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA COGNOME CORTE di CASSAZIONE, INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in  persona  del  suo  Presidente pro  tempore , rappresentato e difeso dalle AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, come da procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio COGNOME prima;
-resistente – nonché contro
NOME COGNOME ;
-intimato –
CC 13 novembre 2023
Ric. n. 8569/2021
Pres. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE COGNOME
avverso la sentenza COGNOME Corte di appello di POTENZA n. 506/2020 depositata il 28/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 novembre 2023 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Fatti di causa
Con atto di citazione dell’aprile 2006 sono stati convenuti in giudizio da NOME COGNOME (allora sostituto procuratore COGNOME Repubblica in servizio presso il Tribunale Penale di RAGIONE_SOCIALE), NOME COGNOME e NOME COGNOME (rispettivamente, il primo quale giornalista ed il secondo quale Direttore responsabile pro tempore del RAGIONE_SOCIALE) per sentirli condannare al risarcimento del danno conseguito alla reputazione dell’attore, asseritamente patito a seguito COGNOME pubblicazione di articoli sul ‘RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘ avvenuta il 26 novembre 1998 ed il successivo 11 dicembre 1998, in cui si riferiva, tra le altre cose, che un magistrato avrebbe ricevuto favori dalla polizia ‘deviata’ per avere archiviato frettolosamente indagini scomode.
Il Tribunale di Potenza, in accoglimento COGNOME domanda, ritenuto il pregiudizio in  re  ipsa ,  condannava i convenuti al pagamento in favore dell’attore  del  risarcimento  del  danno  quantificato  in  complessivi  Euro 80.000,00, oltre interessi e spese di lite.
2 . Avverso la sentenza del Tribunale, il RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avanti alla Corte d’Appello di Potenza; si costituiva l’appellato, restava contumace NOME COGNOME .
L a Corte d’Appello di Potenza con sentenza n. 506/2020, in parziale accoglimento  dell’appello  ed  in  riforma  COGNOME  sentenza  impugnata, ha ridotto il quantum del risarcimento e condannato il RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, in solido tra loro, al pagamento, in favore di COGNOME COGNOME minor somma pari ad euro 25.000,00, oltre interessi dalla sentenza  al  saldo,  con  condanna dell’appella nte  e  del  contumace  a
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rifondere in favore dell’appellato le spese di lite del doppio grado per due terzi, compensata la quota restante.
Avverso  la  sentenza  di  appello,  NOME  COGNOME  ha  proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE, sebbene intimato, NOME COGNOME non ha ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell ‘ art. 380-bis 1 c.p.c.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni. La parte ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni COGNOME decisione
Con il ricorso NOME COGNOME lamenta:
1.1. Con il primo motivo, la violazione dell’ art. 132 n. 4 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n.4 c.p.c. ‘ error in procedendo ‘ ; in particolare, deduce che la Corte di Appello di Potenza, accogliendo parzialmente l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE, nella parte in cui quest’ultimo aveva rilevato l’ingiustificata quantificazione del danno da reputazione, liquidato equitativamente dal primo giudice in euro 80.000,00, oltre interessi dalla sentenza al saldo, non avrebbe, a sua volta, fornito una motivazione quanto alle ragioni per le quali, discostandosi da quanto sostenuto dal Tribunale di Potenza, aveva ritenuto di utilizzare quali parametri di quantificazione del danno «la posizione del diffamante, di media notorietà, la diffusione solo regionale del giornale e la sussistenza di soli due episodi diffamatori», escludendo la sussistenza di «altro pregiudizio di natura personale e professionale» perché non «dedotto, ancor prima che provato dal diffamato» e senza richiamare quali criteri dettati dall’RAGIONE_SOCIALE Giustizia di RAGIONE_SOCIALE del 2018 siano stati in concreto applicati.
1.2. Con il secondo motivo, la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. in relazione all’art. 651 cpp ‘ error in iudicandi ‘ ; nello specifico, il ricorrente deduce che la Corte di Appello, nella determinazione del quantum
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risarcitorio, non ha preso in considerazione la posizione del soggetto leso, in riferimento sia al profilo oggettivo COGNOME violazione commesso, in relazione alla gravità dell’accusa infondatamente mossa, che a quello soggettivo, relativo alla personalità del soggetto offeso e all’incidenza che la notizia diffamatoria aveva presumibilmente avuto in riferimento al contesto sociale e professionale cui si riferiva, incidente in via diretta RAGIONE_SOCIALE stessa reputazione del diffamato. Al riguardo, lamenta in sostanza un ‘ erronea qualificazione giuridica dei fatti, come allegati e provati nell’atto introduttivo, attraverso le risultanze del processo definito con la sentenza COGNOME Corte di Appello, Sez. penale di Bari, n.1023/2005, di cui il Giudice d’a ppello non avrebbe tenuto conto, operando una modificazione soggettiva e riparametrando il quantum risarcitorio tenendo conto delle qualità dei diffamanti e non già del diffamato.
2. Il primo motivo è infondato.
Questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di risarcimento del danno causato da diffamazione a mezzo stampa, la liquidazione del danno non patrimoniale presuppone una valutazione necessariamente equitativa, la quale non è censurabile in cassazione, sempre che i criteri seguiti siano enunciati in motivazione e non siano manifestamente incongrui rispetto al caso concreto, o radicalmente contraddittori, o macroscopicamente contrari a dati di comune esperienza, ovvero l’esito COGNOME loro applic azione risulti particolarmente sproporzionato per eccesso o per difetto (Cass. Sez. 3, n. 13153 del 25/05/2017).
È stato altresì affermato che l’impiego, per la liquidazione equitativa del danno da diffamazione a mezzo stampa, dei criteri COGNOME tabella di RAGIONE_SOCIALE impone al giudice di dar conto, nella motivazione, dell’effettivo riscontro degli elementi di fatto riferibili a detta tabella, ai fini COGNOME riconduzione COGNOME fattispecie concreta ad una delle fasce di gravità ivi contemplate (Cass. Sez. 3,  26/06/2023 n. 18217 ).
Pertanto,  il  riferimento  formulato  da lla  Corte  d’appello  alle  tabelle milanesi,  rappresenta  un’esatta  applicazione  del  principio  fissato  dalla
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giurisprudenza di questa Corte, a fronte di una motivazione resa in prime cure  che  aveva  proceduto  ad  una  liquidazione  equitativa  c.d.  pura, ritenendo il pregiudizio in re ipsa, adottando viceversa un criterio contrastante con quanto affermato dal consolidato orientamento di questa Corte in materia (tra le tante: Cass. 3 Sez. 15/10/2015 n. 20895; Cass. Sez.  3 06/05/2020, n.  8508).
In proposito, la Corte d’appello dopo aver ritenuto che «il primo giudice non abbia in alcun modo indicato i criteri applicati e che hanno condotto alla quantificazione del danno lamentato in euro 80.000,00», ha affermato che «tenuto conto che il danno dedotto è il danno morale soggettivo, inteso come sofferenza interiore patita a seguito COGNOME diffusione dei due scritti diffamatori, di poter, ai fini di una valutazione equitativa, far ricorso ai criteri di massima dettati dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Giustizia Civile di RAGIONE_SOCIALE, elaborati nel 2018, attraverso l’esame di 89 sentenze emesse nel quadriennio 2014-2017 dai vari Tribunali in materia di diffamazione.
Quindi, partendo dalla considerazione che siamo in presenza di una diffamazione di media gravità, tenuto conto COGNOME media notorietà del diffamante, dell’esistenza di due episodi diffamatori e COGNOME diffusione solo regionale del quotidiano e che nessun altro pregiudizio di natura personale e professionale è stato dedotto, ancor prima che provato, dal diffamato, stimasi equo quantificare il danno sofferto in euro 25.000,00, oltre interessi dalla presente sentenza al saldo» ( pag. 5 COGNOME sentenza impugnata).
Sotto altro profilo, la motivazione resa dalla Corte di Appello risulta tutt’altro che apparente, illogica e contraddittoria; essa indica in modo piano e adeguato, come sopra meglio riportato, le ragioni del processo logico in base al quale ha proceduto alla liquidazione equitativa, fondando il proprio esercizio discrezionale su criteri oggettivi, in conformità ai principi di diritto su cui questa Corte ha improntato le proprie decisioni in materia di liquidazione del danno non patrimoniale da diffamazione (Sez. 3 n. 13153 del 25/05/2017).
Il secondo motivo è inammissibile.
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Come da tempo chiarito, l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo COGNOME sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso COGNOME controversia).
Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Costituisce, pertanto, un “fatto”, agli effetti dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. 1, 04/04/2014, n. 7983; Cass. Sez. 1, 08/09/2016, n. 17761; Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. Sez. 1, 05/03/2014, n. 5133).
Non  costituiscono,  viceversa,  “fatti”,  il  cui  omesso  esame  possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: le argomentazioni o deduzioni  difensive  (Cass.  Sez.  2,  14/06/2017,  n.  14802:  Cass.  Sez.  5, 08/10/2014, n. 21152); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze,  o  il “vario  insieme  dei  materiali  di  causa” (Cass.  Sez.  L, 21/10/2015, n. 21439).
Pertanto, la censura di omesso esame formulata dal ricorrente non coglie nel segno, giacché il giudice di appello ha espressamente considerato il danno morale soggettivo ai fini COGNOME liquidazione equitativa del quantum risarcitorio in materia di diffamazione.
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Dunque, la Corte del merito ha esaminato il fatto di cui si lamenta l’omessa considerazione, mentre le censure COGNOME parte ricorrente si rivolgono, nella sostanza, a criticare un vizio motivazionale (che non avrebbe tenuto conto ‘dell’ambito di efficacia extrapenale COGNOME sentenza di condanna emessa all’esito del giudizio penale” ) nell’ottica, non più scrutinabile, dell’abrogato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., peraltro adducendo una versione alternativa delle risultanze probatorie quale prospettazione non consentita neppure nel regime previgente.
4. Da ciò discende il rigetto del ricorso.
La peculiarità COGNOME questione e gli alterni esiti processuali giustificano la integrale compensazione delle spese tra le parti.
Il rigetto del ricorso comporta la dichiarazione di sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, spese compensate.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dei presupposti per il versamento, da parte COGNOME ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio COGNOME Terza Sezione Civile il 13