LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Danno da demansionamento: come si calcola il risarcimento

Un dipendente di un istituto di credito subisce un prolungato demansionamento. Dopo un lungo iter giudiziario, la Corte di Cassazione chiarisce i criteri per la quantificazione del danno professionale. La Corte conferma che il danno deve essere provato, anche tramite presunzioni, e che la liquidazione equitativa del giudice deve essere basata su valori attuali. La decisione finale si concentra sulla correzione del calcolo delle spese legali, stabilendo un principio chiave sul valore della controversia ai fini tariffari, confermando nel merito la valutazione sul danno da demansionamento.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno da demansionamento: la Cassazione sui criteri di calcolo del risarcimento

Il danno da demansionamento rappresenta una delle questioni più delicate nel diritto del lavoro, poiché tocca la dignità e la professionalità del lavoratore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali su come tale danno debba essere provato e, soprattutto, liquidato. Analizziamo una vicenda giudiziaria complessa che ha attraversato tutti i gradi di giudizio, offrendo spunti fondamentali sulla quantificazione del risarcimento e sulla liquidazione delle spese legali.

I Fatti: Una lunga battaglia per il riconoscimento professionale

Un dipendente di un importante istituto di credito si è trovato, per un lungo arco temporale di quasi un decennio, ad essere assegnato a mansioni inferiori rispetto alla sua qualifica. Questa situazione ha dato il via a un contenzioso legale volto a ottenere il riconoscimento dell’illegittimità della condotta del datore di lavoro e il conseguente risarcimento dei danni subiti, sia alla professionalità che alla salute.

Il percorso giudiziario: dal Tribunale alla Cassazione

Il percorso processuale è stato particolarmente articolato:

* Primo Grado: Il Tribunale ha riconosciuto il demansionamento, liquidando un risarcimento basato su percentuali diverse della retribuzione per i differenti periodi, oltre a un indennizzo per danno biologico e non patrimoniale.
* Secondo Grado: La Corte d’Appello ha riformato la decisione. Pur estendendo il periodo di demansionamento accertato, ha sorprendentemente negato il risarcimento per il danno alla professionalità, riducendo drasticamente le altre voci di danno.
* Primo Ricorso in Cassazione: La Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello, stabilendo un principio fondamentale: il danno alla professionalità non è automatico, ma può essere provato anche tramite presunzioni. Il caso è stato quindi rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.
* Giudizio di Rinvio: La Corte d’Appello, uniformandosi ai principi della Cassazione, ha finalmente riconosciuto l’esistenza del danno professionale e lo ha liquidato in via equitativa, determinando una somma residua dovuta al lavoratore dopo aver scomputato un cospicuo acconto già versato dalla società.

È contro quest’ultima decisione che entrambe le parti hanno nuovamente proposto ricorso in Cassazione.

La quantificazione del danno da demansionamento

Il lavoratore ha contestato la quantificazione del risarcimento, ritenendola arbitraria e non adeguatamente motivata. In particolare, lamentava che il danno non fosse stato rivalutato dal momento in cui si era verificato. L’azienda, dal canto suo, contestava l’esistenza stessa di un danno risarcibile, sostenendo che il giudice di rinvio non avesse valutato correttamente le prove.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha messo un punto fermo su diverse questioni, rigettando quasi integralmente le doglianze di entrambe le parti, ma accogliendo un punto cruciale sollevato dal lavoratore.

La reiezione del ricorso della società

Gli Ermellini hanno respinto il ricorso dell’istituto di credito, affermando che la Corte d’Appello, in sede di rinvio, aveva correttamente seguito le indicazioni fornite. Aveva esaminato in modo approfondito gli elementi di fatto (la durata del demansionamento, la natura della professionalità coinvolta, le conseguenze sulla carriera) e aveva logicamente concluso per l’esistenza di un danno risarcibile, fornendo una motivazione adeguata e non meramente apparente.

La valutazione del danno da demansionamento e la liquidazione “all’attualità”

La Corte ha rigettato anche i principali motivi del ricorso del lavoratore, chiarendo un aspetto tecnico fondamentale sulla liquidazione del danno. Il lavoratore lamentava la mancata rivalutazione monetaria. La Cassazione ha spiegato che il calcolo effettuato dalla Corte d’Appello era una liquidazione “all’attualità”. Ciò significa che l’importo totale del danno era stato calcolato esprimendone già il valore monetario al momento della decisione, includendo quindi implicitamente gli effetti della svalutazione intercorsa. Di conseguenza, era corretto detrarre da questo importo l’acconto versato, anch’esso rivalutato alla data della decisione. Si trattava di un confronto tra due somme monetariamente omogenee, rendendo infondate le censure del lavoratore su questo punto.

L’accoglimento del motivo sulle spese legali

L’unico motivo di ricorso accolto è stato quello relativo alla liquidazione delle spese legali del primo grado di giudizio. La Corte ha stabilito che, per determinare i compensi, si deve fare riferimento al valore della somma effettivamente riconosciuta al vincitore (il decisum) e non a quella originariamente richiesta. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva liquidato un importo per il primo grado (3.800,00 €) palesemente inferiore ai minimi tariffari previsti per una causa il cui valore effettivo superava i 260.000,00 €. La Cassazione ha quindi cassato la sentenza su questo punto e, decidendo direttamente nel merito, ha riliquidato le spese del primo grado in un importo congruo (9.459,00 €).

Le Conclusioni: Principi chiave e implicazioni pratiche

Questa ordinanza ribadisce principi consolidati e ne chiarisce l’applicazione pratica:

1. Prova del danno professionale: Il danno da demansionamento non è mai presunto in re ipsa, ma richiede una prova specifica da parte del lavoratore, che può essere fornita anche attraverso elementi presuntivi (qualità e quantità dell’attività lavorativa svolta, durata del demansionamento, ecc.).
2. Liquidazione equitativa “all’attualità”: Quando il giudice liquida un danno in via equitativa a distanza di tempo, deve farlo “all’attualità”, ossia calcolando un importo che già tenga conto della perdita di potere d’acquisto della moneta. Su tale somma, interessi e rivalutazione decorreranno solo dalla data della pronuncia al saldo effettivo.
3. Spese legali e valore della causa: Per la liquidazione delle spese legali, il parametro di riferimento è il valore di quanto effettivamente ottenuto dalla parte vittoriosa, e i giudici sono tenuti a rispettare i minimi tariffari previsti per quello scaglione di valore.

Il danno da demansionamento è automatico in caso di assegnazione a mansioni inferiori?
No, non è automatico. Secondo la Corte, il danno deve essere specificamente allegato e provato dal lavoratore. Tale prova può essere fornita anche attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, come la qualità e la durata del demansionamento e la natura della professionalità coinvolta.

Come si calcola il risarcimento per danno da demansionamento?
Il giudice procede a una liquidazione in via equitativa, che può basarsi su una percentuale della retribuzione come parametro di riferimento. La Corte di Cassazione ha specificato che tale liquidazione deve avvenire “all’attualità”, ovvero l’importo stabilito deve già riflettere il valore del danno al momento della decisione, comprensivo quindi della svalutazione monetaria intercorsa. Ulteriori interessi e rivalutazione decorrono solo da tale data fino al saldo.

Per calcolare le spese legali, si considera il valore richiesto o quello effettivamente riconosciuto?
Di norma, per la liquidazione dei compensi a carico della parte soccombente, si fa riferimento alla somma effettivamente attribuita alla parte vittoriosa (il cosiddetto “decisum”) e non a quella originariamente domandata. Il giudice deve poi applicare le tariffe professionali corrispondenti allo scaglione di valore del decisum.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati