Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20427 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20427 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8579-2021 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2377/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 24/09/2020 R.G.N. 3225/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
Risarcimento
danni
R.G.N. 8579/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 14/05/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Napoli accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla Telecom Italia s.p.a. contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 2112/2013 e, in riforma della stessa sentenza, che per il resto confermava, rigettava la richiesta di risarcimento del danno da dequalificazione proposta da NOMECOGNOME
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, pur confermando essere emersa la prova della deprivazione delle mansioni di geometra subita dal lavoratore a far tempo dalla fine del luglio 2003, riteneva che da ciò non emergeva automaticamente un obbligo della società datrice di lavoro di risarcire un ipotetico danno.
2.1. Osservava, infatti, che il danno da demansionamento non è mai in re ipsa , ma deve essere specificamente allegato e provato dal lavoratore, richiamando a riguardo taluni precedenti di legittimità.
La Corte, quindi, considerava che, nel caso di specie, nessuna allegazione specifica del pregiudizio patito a causa della privazione delle mansioni di geometra risultava essere stata fatta nel ricorso di primo grado, nel quale potevano leggersi solo generiche affermazioni, quali quelle che la Corte trascriveva in sentenza. Aggiungeva che non risultava descritto alcun concreto episodio dal quale potesse evincersi l’esistenza di un effettivo pregiudizio.
Avverso tale decisione NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Ha resistito l’intimata società con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo è rubricato: ‘Sulla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e dell’art. 115, comma 2, c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)’. Trascritta la motivazione dell’impugnata sentenza che censura, e richiamati taluni precedenti di legittimità in tema di prova presuntiva, segnatamente circa la prova dei danni derivanti da demansionamento, deduce il ricorrente che . Secondo il ricorrente, ‘Infatti, diversamente da quanto ritenuto dai Giudici a quibus , sulla scorta del disposto di cui all’art. 115, comma 2, c.p.c., in base ad una valutazione complessiva e necessariamente diacronica dei dati concreti e specifici presenti nel ricorso introduttivo era possibile ancorare una valutazione presuntiva del preg iudizio subito dal NOMECOGNOME In t al senso richiama i punti da 1 a 22 del ricorso ex art. 414 c.p.c., nonché le pagine da 7 a 16 dello stesso atto, ed assume di aver allegato: – la natura, la portata e l’importanza delle mansioni disimpegnate sino al luglio del 2003; – la forzata inattività cui era stato costretto a far data dal luglio 2003; l’impossibilità di utilizzare e accrescere la propria competenza professionale da un lato e la inevitabile dispersione del know how acquisito dall’altro; – la
conoscibilità della mortificazione subita perché attuata nel medesimo ambiente di lavoro del Dendrella.
Il secondo motivo è rubricato: ‘Sulla violazione dell’art. 115, comma 2, c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.)’.
Il terzo motivo è rubricato: ‘Sull’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.)’. Deduce che <la Corte di Appello di Napoli, con la motivazione posta a base della decisione resa, integrata dal fatto che il lavoratore non avesse allegato alcun pregiudizio derivante dal dedotto demansionamento (' Non risulta descritto alcun concreto episodio dal quale possa evincersi l'esistenza di un effettivo pregiudizio '), ha omesso l' esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dall'esame del complessivo ricorso ex art. 414 c.p.c. azionato dal sig. COGNOME
Il primo ed il secondo motivo di ricorso possono essere congiuntamente esaminati.
4.1. Invero, com'è agevole constatare, lo svolgimento del secondo motivo (v. pagg. 28-44 del ricorso) è praticamente pressoché identico allo svolgimento del primo (v. pagg. 11-28 del ricorso).
Le due censure si differenziano sol perché il primo motivo fa riferimento al mezzo di cui all'art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c., denunciandosi la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., oltre che dell'art. 115, comma secondo, c.p .c.; mentre il secondo motivo fa riferimento all'ipotesi di cui
all'art. 360, comma primo, n. 4), c.p.c., denunciando la violazione del solo art. 115, comma secondo, c.p.c.
Tanto notato, le due censure sono inammissibili.
Giova premettere che la Corte territoriale nella propria motivazione ha fatto riferimento a precedenti di legittimità, in tema di prova del danno derivante da demansionamento, espressivi del medesimo indirizzo cui si riferisce anche il ricorrente (cfr. pag. 5 della sua sentenza).
In particolare, ha richiamato Cass. n. 21/2019, secondo la quale il danno derivante da demansionamento e dequalificazione professionale non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale, ma può essere provato dal lavoratore, ai sensi d ell'art. 2729 c.c., attraverso l'allegazione di elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, potendo a tale fine essere valutati la qualità e quantità dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione.
E non è in discussione che, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, espresso più volte anche a Sezioni unite (cfr. Sez. un., 22.2.2010, n. 4063; id., n. 6572/2006), ed anche di recente confermato (cfr. Cass., sez. lav., 11.11.2022, n. 33427), in tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva -non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale -non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio,
sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo, dovendo il danno non patrimoniale essere dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità, conoscibilità all'interno ed all'esterno del luogo di lavoro dell'operata dequalificazione, frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto), si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all'esistenza del danno.
Inoltre, è pressoché costante nei precedenti di legittimità, con precipuo riferimento al danno alla professionalità, il riferimento ad elementi presuntivi utilizzabili, quali la qualità e quantità dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione (cfr., tra le altre, più di recente, Cass. n. 34073/2021); ma non si è mancato di includere tra tali elementi anche l'anzianità di servizio (cfr. Cass. n. 3822/2021; n. 4652/2009; n. 15955/2004).
Tuttavia, come riportato in narrativa, la Corte distrettuale ha considerato che 'nessuna allegazione specifica del pregiudizio patito a causa della privazione delle mansioni di geometra risulta essere stata fatta nel ricorso di primo grado, nel quale po ssono leggersi solo generiche affermazioni', quali quelle a pag. 12, a pag. 13 e a pag. 15 di tale atto, che la Corte ha trascritto in sentenza. Ha aggiunto che: 'Non risulta descritto
alcun concreto episodio dal quale possa evincersi l'esistenza di un effettivo pregiudizio'.
Dunque, è evidente che la Corte ha riscontrato nel ricorso introduttivo del giudizio un difetto di specifica allegazione, prima che di prova, di elementi in grado, ove dimostrati, di prestarsi a fungere da indizi gravi, precisi e concordanti, a loro volta, idonei ad integrare una prova presuntiva di danni derivati dal demansionamento.
Occorre ora ricordare che, secondo altro consolidato indirizzo di legittimità, con riferimento agli artt. 2727 e 2729 c.c., spetta al giudice di merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (così, tra le altre, Cass., sez. lav., 27.6.2022, n. 20530; Cass. n. 10908/2023).
Ebbene, rileva il Collegio che le sovrapponibili deduzioni svolte dal ricorrente nei due primi motivi fanno esclusivo riferimento al contenuto del ricorso introduttivo del giudizio,
Tuttavia, il ricorrente non si duole direttamente dell'interpretazione di quell'atto di parte, che ha dato la Corte d'appello, bensì, omisso medio , denuncia la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e dell'art. 115, comma secondo, c.p.c.
Inoltre, il ricorrente neppure deduce che gli elementi asseritamente allegati in quell'atto non fossero stati specificamente contestati dalla controparte ai fini di cui all'art. 115, comma primo, c.p.c., onde poter essere idonei ad un
ragionamento presuntivo circa la prova dei danni da demansionamento.
E in proposito nota il Collegio che l'appello di Telecom aveva trovato accoglimento appunto nella parte in cui vi si deduceva che 'nel ricorso introduttivo non vi era alcuna allegazione circa il danno subito dal lavoratore a causa del dedotto demansionamento, né ulteriori elementi erano emersi a seguito dell'istruttoria svolta' (cfr. pag. 4 dell'impugnata sentenza).
Del resto, il ricorrente deduce piuttosto in entrambi i primi due motivi la violazione dell'art. 115, comma secondo, c.p.c., senza neanche specificare su quali 'nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza' la Corte avrebbe potuto fondare il proprio convincimento nel senso da lui sostenuto.
Parimenti inammissibile è il terzo motivo.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, più volte espresso anche Sezioni unite, l'art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., riformulato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell'ordinamen to un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), specificandosi che l'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie
(così Sez. un. n. 8053/2014; Sez. un. n. 19881/2014); che in tale paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive o di censure proposte (Sez. un. n. 20399/2019). E' stato, inoltre, precisato che non costituiscono fatti il cui omesso esame possa cagionare il vizio in parola: a) le argomentazioni o deduzioni difensive; b) gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze astrattamente rilevanti; c) una moltitudine di fatti e circostanze, o il vario insieme dei materiali di causa; d) le domande o le eccezioni formulate nella causa di merito, ovvero i motivi di appello, i quali costituiscono i fatti costitutivi della domanda in sede di gravame (in tal senso, riassuntivamente, Cass. n. 18318/2022; ma v., ex plurimis , in termini analoghi Cass. n. 10321/2023; n. 5616/2023; n. 26364/2022).
Rileva preliminarmente il Collegio che anche il terzo motivo riproduce ampiamente il contenuto deduttivo dei due motivi precedenti (v. pagg. 45-54 del ricorso).
Ma soprattutto il ricorrente, in realtà, non deduce l'omesso esame circa un fatto storico, principale o secondario, decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti nei sensi sopra specificati, bensì si duole che la Corte non ab bia 'esaminato e considerato nel suo complesso il ricorso ex art. 414 c.p.c. proposto dall'odierno ricorrente'.
Il ricorrente, in quanto soccombente dev'essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell'adunanza camerale del 14.5.2025.