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Danno da costruzione illegittima: inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dagli eredi di un proprietario che chiedevano un risarcimento per un danno da costruzione illegittima realizzata su un terreno confinante. La Corte ha stabilito che l’annullamento dei permessi di costruire attiene al rapporto pubblicistico e non prova di per sé un danno privatistico. Il ricorso è stato respinto per genericità dei motivi, in quanto non specificava adeguatamente gli errori della sentenza d’appello e non forniva prova concreta del danno subito, come la diminuzione di valore dell’immobile o la perdita di luce e visuale.

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Danno da costruzione illegittima: quando il ricorso è inammissibile

Affrontare una causa per un danno da costruzione illegittima richiede non solo la prova della violazione delle norme edilizie, ma anche la dimostrazione specifica e puntuale del pregiudizio subito. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’Ordinanza n. 5658/2024, ribadisce questo principio fondamentale, dichiarando inammissibile un ricorso proprio per la sua genericità e la mancata prova del danno effettivo. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La controversia nasce dalla richiesta di risarcimento danni avanzata dai proprietari di un immobile nei confronti dei vicini. Questi ultimi avevano realizzato una costruzione su un’area confinante, a dire dei primi, in violazione delle distanze legali e sulla base di titoli concessori che, in un secondo momento, erano stati annullati in autotutela dalla stessa amministrazione comunale.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda di risarcimento. I giudici di merito avevano evidenziato una distinzione cruciale: la legittimità o meno di una licenza edilizia è una questione che riguarda il rapporto tra il costruttore e la Pubblica Amministrazione (profilo pubblicistico). I rapporti tra proprietari confinanti, invece, sono regolati dalle norme del Codice Civile sulle distanze (profilo privatistico). Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva ritenuto che non vi fosse prova della violazione di norme rilevanti sul piano privatistico e, in ogni caso, che i richiedenti non avessero fornito alcuna prova concreta e quantificata del danno asseritamente subito, come la riduzione del soleggiamento o il deprezzamento dell’immobile.

Insoddisfatti della decisione, gli eredi del proprietario originario hanno proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di diverse norme e l’omessa valutazione di elementi che, a loro dire, avrebbero dovuto portare a un esito diverso.

La Decisione della Corte di Cassazione e le sorti del danno da costruzione illegittima

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. La decisione si fonda su un principio cardine del processo civile: la specificità dei motivi di ricorso. Secondo i giudici, non è sufficiente lamentare genericamente una violazione di legge; è necessario spiegare in modo puntuale e argomentato come e perché il giudice di merito avrebbe sbagliato nell’applicare le norme al caso concreto.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto i quattro motivi di ricorso inammissibili per un “difetto di specificità”. Le motivazioni principali possono essere così riassunte:

1. Genericità delle censure: I ricorrenti hanno postulato la violazione di legge in termini “assolutamente generici”, basandosi su argomentazioni di merito e presupponendo una rivalutazione dei fatti, attività che è preclusa in sede di legittimità.
2. Mancato confronto con la ratio decidendi: Il ricorso non si è confrontato adeguatamente con la ratio fondante della decisione d’appello. La Corte territoriale aveva chiaramente distinto il profilo pubblicistico (legittimità dei permessi) da quello privatistico (violazione delle norme sulle distanze e prova del danno), concludendo che non erano state provate violazioni rilevanti tra privati né, comunque, i danni conseguenti. I ricorrenti, invece, hanno continuato a insistere sull’abusività del fabbricato come prova del danno, senza scalfire il ragionamento del giudice precedente.
3. Assenza di prova del danno: La Corte d’Appello aveva sottolineato come non fosse stata fornita alcuna prova del danno risarcibile e della sua quantificazione (es. deprezzamento, perdita di visuale, luce, aria). Il ricorso per cassazione non è riuscito a dimostrare l’errore in questo accertamento, limitandosi a riaffermare l’esistenza di un danno in re ipsa derivante dall’abuso edilizio, tesi non accolta.

Le Conclusioni

La decisione in esame offre importanti spunti pratici per chiunque intenda agire in giudizio per un danno da costruzione illegittima. L’annullamento di una concessione edilizia non comporta automaticamente il diritto a un risarcimento da parte del vicino. È indispensabile distinguere il piano dei rapporti con la Pubblica Amministrazione da quello dei rapporti tra privati. Per ottenere un risarcimento, il danneggiato deve provare due elementi distinti: la violazione di una norma posta a tutela dei suoi diritti (come quelle sulle distanze) e, soprattutto, l’esistenza e l’entità del concreto pregiudizio economico o di godimento che da tale violazione è derivato. Un ricorso, sia in appello che in Cassazione, deve essere specifico, dettagliato e confrontarsi punto per punto con le motivazioni della sentenza che si impugna, pena una declaratoria di inammissibilità.

L’annullamento del permesso di costruire da parte del Comune è sufficiente per ottenere un risarcimento dal vicino?
No. La Corte chiarisce che la rilevanza del permesso di costruire si esaurisce nel rapporto tra il privato e la pubblica amministrazione. I rapporti tra vicini sono regolati dalle norme del codice civile sulle distanze, e un’eventuale violazione deve essere provata autonomamente, a prescindere dall’illegittimità del titolo edilizio.

Cosa deve provare chi chiede un risarcimento per una costruzione che viola le distanze?
Non basta dimostrare la violazione delle norme edilizie. È necessario fornire una prova concreta e quantificata del danno subito, come il deprezzamento dell’immobile o la riduzione di luce, aria e visuale. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso anche perché non era stata fornita tale prova.

Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per “difetto di specificità”. I motivi erano generici, non si confrontavano adeguatamente con la ratio della decisione della Corte d’Appello e si limitavano a postulare una violazione di legge senza indicare puntualmente come e perché le norme invocate sarebbero state disattese dal giudice precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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