Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5658 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5658 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
sul ricorso 7354/2021 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME rappresentate e difese dall’avvocato NOME;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME, costituitasi in sostituzione del precedente difensore AVV_NOTAIO. COGNOME NOME (deceduta);
-controricorrenti –
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME, costituitasi in sostituzione del precedente difensore AVV_NOTAIO. COGNOME NOME (deceduta);
-controricorrenti –
nonché contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE in persona del Legale Rappresentante pro tempore, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrenti – avverso la sentenza n. 904/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2023 dal Cons. NOME COGNOME.
Rilevato che:
il Tribunale di Velletri rigettò la domanda proposta da NOME COGNOME (usufruttuaria deceduta in corso di causa) e da NOME COGNOME per ottenere il risarcimento dei danni -maturati fino al momento della demolizione o riduzione- causati dalla costruzione illegittima di un edificio in un’ area confinante con la loro proprietà, sull’assunto che l’edificio era stato realizzato senza rispettare le distanze legali e in base a titoli concessori che erano stati successivamente annullati, in via di autotutela, dall’amministrazione comunale;
la Corte di Appello di Roma ha rigettato l’appello principale di NOME e NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, rilevando che:
«la rilevanza giuridica della licenza o concessione edilizia si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra pubblica amministrazione e privato, richiedente o costruttore, senza estendersi ai rapporti tra privati dato che il conflitto tra proprietari, interessati in senso opposto alla costruzione, va risolto in base al diretto raffronto tra le caratteristiche oggettive dell’opera, in queste compresa la sua ubicazione, e le norme edilizie che disciplinano le distanze legali»;
la domanda di risarcimento danni ex art. 872 c.c. (la sola riproposta nel giudizio di appello) andava disattesa nei confronti di tutti i convenuti, in quanto:
NOME e NOME COGNOME non avevano mai intrapreso alcun intervento edilizio, né risultavano titolari di alcuna concessione a edificare;
NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano visto riconosciuta dal Consiglio di Stato la piena legittimità della loro concessione e il c.t.u. aveva accertato l’insussistenza di violazioni relative alle distanze o ad altro, in quanto il loro edificio non fronteggiava alcuna costruzione;
quanto, invece, alla RAGIONE_SOCIALE, a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, sussisteva «a carico della proprietà attrice la riduzione sensibile del soleggiamento diretto, ma manca ogni valutazione e quantificazione del danno»; più precisamente, «alcuna prova e stata fornita dall’appellante del danno risarcibile e della sua quantificazione che riguarda il deprezzamento dell’immobile e la sua menomata facoltà di godimento sia per diminuzione di visuale, esposizione, luce, aria, sole, sia, più in generale, per la perdita di amenità, comodità, tranquillità dei luoghi circostanti»;
in accoglimento dell’appello incidentale di NOME e NOME COGNOME, la Corte ha riconosciuto agli stessi le spese del giudizio di primo grado; ha invece disatteso l’appello incidentale proposto, sempre contro la compensazione disposta dal Tribunale, da NOME COGNOME e NOME COGNOME;
hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidandosi a quattro motivi; hanno resistito NOME e NOME COGNOME, nonché, con distinto controricorso, NOME COGNOME e NOME COGNOME; con altro controricorso hanno resistito RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c.;
sono state depositate memorie di costituzione del nuovo difensore, in sostituzione del precedente deceduto, per NOME e NOME COGNOME e per NOME COGNOME e NOME COGNOME;
tutte le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
col primo motivo, le ricorrenti denunciano «violazione art. 360 n. 3 c.p.c. per mancata applicazione di art. 112 c.p.c.: omessa motivazione della irrilevanza probatoria delle violazioni da reato edilizio relative a richiesta risarcitoria ex art. 872 c.c. e 2043 c.c.. C ontraddittorietà manifesta per ‘irrilevanza della abusività del fabbricato rispetto alla prova offerta (sentenze AGA, confermate da sentenza di SSUU Corte di Cassazione)’. Irrilevanza dell’accoglimento -nelle more del presente giudizio- del permesso di sanatoria speciale ex art. 38 DPR 380/01 (comunicazione 21.5.2015 di provvedimento favorevole). Difetto di prova del danno da reato e del danno da presenza di effetti permanenti, per pretesa irrilevanza delle decisioni giudiziarie di annullamento delle concessioni edilizie»;
col secondo motivo, si denuncia «violazione dell’art. 360 c.p.c. n. 3 per violazione dell’art. 872 cc II comma relativamente alla norma: ‘colui che per effetto della violazione ha subito danno deve essere risarcito’, con omessa pronuncia di applicazione di art. 1226 c.c. come da domanda. La prova del danno è nelle sentenze»;
il terzo motivo deduce «violazione dell’art. 360 c.p.c. n. 3 in relazione all’omessa verifica di sussistenza in fatto di nuova costruzione, dipendente da ‘sopraelevazione ed ampliamento volumetrico’;
infine, col quarto motivo, sotto la rubrica «sulla trasmissibilità del diritto al risarcimento danni’, le ricorrenti, premesso di essere eredi di NOME COGNOME, deducono che «il danno da reato, che è un ‘danno permanente’, così come permanente l’effetto dell’abuso edilizio gravante sulla proprietà altrui, è del tutto trasmissibile al successore»;
il ricorso, esaminati congiuntamente i quattro motivi, va dichiarato inammissibile, in quanto:
i motivi difettano di specificità, giacché non indicano in modo puntale come e perché sarebbero state disattese le norme richiamate,
ma ne postulano la violazione in termini assolutamente generici, sulla base di argomentazioni di merito e sul presupposto di una rivalutazione dei fatti inibita in sede di legittimità;
per di più, omettono di confrontarsi adeguatamente con la ratio fondante della decisione che -senza accertare alcun reato- ha distinto il profilo pubblicistico da quello privatistico e ha escluso che sussistessero violazioni di norme rilevanti sul piano privatistico e, comunque, ha ritenuto non adeguatamente provati i danni che si assumevano causati dalla RAGIONE_SOCIALE, dal COGNOME e dal COGNOME;
l’evocazione dell’ art. 112 c.p.c. non prospetta -come necessarioun vizio di omessa pronuncia, bensì una contraddizione interna alla motivazione che, peraltro, parrebbe riferita alla decisione di primo grado (cfr. pagg. da 19 a 23) anziché alla sentenza impugnata;
all’inammissibilità del ricorso segue la condanna delle ricorrenti al pagamento dele spese processuali;
sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna le ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di lite liquidate, per ciascuna parte controricorrente, in euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, 18.12.2023