Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25596 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25596 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 22248 anno 2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO giusta procura speciale alle liti in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, INDIRIZZO ;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO ;
contro
ricorrente
avverso la sentenza n. 175/2021 della Corte di Appello di Brescia pubblicata in data 18/02/2021, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2024 dal
consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE DI RISPARMIO DEL VENETO RAGIONE_SOCIALE, quale cedente e la BANCA DI TRENTO E BOLZANO quale cessionario, in qualità di emittenti di assegni circolari per un importo di € 450.000,00 in favore di RAGIONE_SOCIALE chiedendo la condanna delle convenute alla restituzione della predetta somma, nonché il pagamento degli interessi legali maturati anche su un’ulteriore somma pari ad € 200.000,00 ed € 450.000,00 indebitamente sottratta e poi restituita. Inoltre, chiedeva il risarcimento del danno delle somme corrisposte per interessi e spese relativamente ai finanziamenti, sconti ed ogni altra operazione e ogni altro danno patito. La domanda si fondava essenzialmente sulla contestata apocrifia delle firme apposte sui moduli di richiesta di emissione di assegni circolari non riconducibili al legale rappresentante della odierna società ricorrente, con conseguente domanda restitutoria nei confronti della banca asseritamente responsabile dell’addebito per la emissione degli assegni circolari in quanto richiesti da soggetto diverso dalla società titolare del conto corrente.
Entrambe le convenute si costituivano eccependo la carenza di legittimazione passiva e nel merito evidenziando la insussistenza del nesso causale fra il danno patito e l’evento in assenza di prova circa la non debenza a RAGIONE_SOCIALE (soggetto beneficiario dei circolari) della somma ad essa pervenuta. Nel corso del giudizio di primo grado veniva disposta CTU grafologica che accertava la non riconducibilità delle firme al legale rappresentante della
società attrice.
Il Tribunale di Brescia con sentenza n. 1443/2017 respingeva la domanda attorea; pur dando atto della conclusione cui era pervenuta la CTU ha tuttavia ritenuto che le risultanze della CTU non fossero sufficienti per ritenere accertata la responsabilità della banca che attraverso il proprio funzionario aveva rilasciato gli assegni circolari in questione non risultando da alcuna norma o previsione contrattuale che il legale rappresentante della società fosse tenuto a comparire personalmente allo sportello per richiedere il rilascio degli assegni circolari. La domanda attorea veniva, pertanto, rigettata per mancanza di prova sull’an debeatur, e ciò doveva considerarsi assorbente rispetto ad ogni altra questione. Il giudice di prime cure ha quindi ribadito non esservi <> <>, il che avrebbe <> giustificato <> potevano essere interamente compensate tenuto conto del complessivo comportamento processuale tenuto anche dalle banche.
Con sentenza n. 175/2021 del 27/01/2021 la Corte di Appello di Brescia riformava in parte la sentenza di primo grado riconoscendo la debenza degli interessi richiesti a vario titolo, ma respingendo la domanda di natura restitutoria non avendo l’appellante fornito alcuna idonea indicazione in ordine ai propri rapporti con l’accipiens , per cui non sarebbe stata possibile alcuna valutazione circa un effettivo pregiudizio patrimoniale ed in ordine alla effettiva consistenza del danno subito. In sintesi, ad avviso della corte territoriale ove l’appellante fosse stata creditrice della accipiens nessun danno sarebbe derivato in concreto con conseguente infondatezza della domanda restitutoria.
La sentenza, non notificata, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE, con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi cui la Banca RAGIONE_SOCIALE SAN RAGIONE_SOCIALE S.P.A. quale incorporante delle due originarie convenute ha resistito con controricorso.
La Procura Generale ha depositato note scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la censura di cui al n. 4 dell’art. 360 c.p.c. per nullità della sentenza o del procedimento in quanto la Corte d’Appello avrebbe deciso tenendo conto di due circostanze fattuali mai allegate né emerse o comunque provate nel corso del giudizio.
In particolare, la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto non sussistente la prova di inesistenza di un debito del beneficiario dei titoli che avrebbe giustificato la domanda di rimborso per il pregiudizio asseritamente patito. La Corte di Appello, dunque, avrebbe ritenuto rilevanti e provate due circostanze non dedotte in giudizio circa la avvenuta consegna e l’incasso dei titoli alla beneficiaria RAGIONE_SOCIALE, ponendo a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, non rientranti nel suo potere officioso.
Nel secondo e terzo motivo viene censurata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. anche in relazione agli artt. 1218 e 1223 c.c.. , nonché in tema di riparto dell’onere probatorio, avendo la corte erroneamente ritenuto che il danno poggiasse sulla prova circa la carenza di un debito da parte dell’odierna ricorrente, mentre ad avviso di quest’ultima il danno subito consisterebbe nel pregiudizio patito per la diminuzione patrimoniale causata dal funzionario della banca derivante dalla
emissione degli assegni tramite firme apocrife.
Ad avviso del ricorrente la deduzione di circostanze diverse idonee ad elidere o diminuire il danno avrebbe la natura di eccezione in senso stretto non disponibile ex officio dal giudice. Inoltre, l’onere probatorio sarebbe dovuto ricadere sulla banca quale unico soggetto in grado di accertare l ‘ esistenza di un pregresso debito del beneficiario nei confronti della ricorrente. L’ultimo motivo censura per violazione di legge in relazione agli artt. 2033, 2697 c.c. e 82 RD 1736/1933 nella misura in cui la corte territoriale avrebbe subordinato la fondatezza dell’azione ripetizione risarcitoria al previo esperimento dell’azione di dell’indebito nei confronti della beneficiaria degli assegni.
In sintesi, ad avviso della ricorrente da un lato mancherebbe la prova del pagamento degli assegni alla beneficiaria, quale presupposto dell’indebito, dall’altro l’azione spetterebbe al solvens che nel caso di specie è la Banca che quale delegato di pagamento in assenza di delega (atteso l’accertamento dell’apocrifia delle firme) sarebbe l’unico soggetto legittimato all’azione nei confronti del delegatario.
I motivi di ricorso, trattabili congiuntamente, sono inammissibili. Come è pacifico, il ricorso per cassazione deve contenere a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421; Cass. 24/02/2020, n. 4905). In particolare, è necessario che venga contestata specificamente, a pena di inammissibilità, la «ratio decidendi» posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989).
Orbene, la questione intorno a cui ruota il ricorso è costituita dalla
affermazione del giudice territoriale secondo cui la mera emissione di assegni circolari a favore di un determinato beneficiario, anche se avvenuta per errore in ordine al soggetto richiedente l’emissione predetta, non è idonea ad integrare un pregiudizio patrimoniale ex se con conseguente obbligo restitutorio della provvista nell’ammontare indicato nei titoli.
Ciò posto, è in primo luogo da sgombrare il campo dalle questioni sollevate dal ricorrente in ordine alla mancata allegazione dei fatti concernenti l’incasso dei titoli da parte della beneficiaria RAGIONE_SOCIALE utilizzata dal giudice di appello. A tal riguardo, è evidente che tali profili, ad avviso del giudice di appello, costituiscono il necessario presupposto della domanda restitutoria per il danno patrimoniale costituito dal pagamento non giustificato in favore del beneficiario degli assegni. Altrimenti la domanda idonea ad evitare l’incasso e , quindi, a ricostituire l’addebito per l’emissione dei titoli circolari sarebbe stata quella di restituzione dei titoli nei confronti del beneficiario, domanda che nel caso di specie non è stata formulata dall’odierna ricorrente.
Pertanto, è da rilevarsi come la corte territoriale abbia valutato la inesistenza del pregiudizio patito dal ricorrente, nella misura in cui costui non ha indicato, ossia allegato, i profili di inesistenza di un debito nei confronti della beneficiaria che avrebbero giustificato una effettiva diminuzione patrimoniale correlata ad un pagamento non dovuto a soggetto non creditore dell’emittente .
D’altra parte, secondo la corte d’appello, la domanda risarcitoria era da considerare carente sin dal primo grado di giudizio proprio sotto il profilo allegatorio, non avendo l’odierna ricorrente dedotto la eventuale sorte dei rapporti intercorrenti con la prenditrice dei titoli, con conseguente allegazione relativa alla inesistenza di rapporti debitori con la prenditrice medesima.
Tale ratio decidendi non viene specificamente aggredita nel ricorso le cui censure sono tutte fondate sul pregiudizio patrimoniale derivante dalla emissione di assegni circolari a favore di un determinato beneficiario, anche se avvenuta per errore in ordin e al soggetto richiedente l’emissione predetta.
Ma la ricorrente non si confronta neppure con un ulteriore profilo motivazionale articolato dalla corte distrettuale.
Si assume che il pregiudizio derivante dall’addebito dell’importo contenuto nei titoli sarebbe stato evitato laddove il correntista avesse immediatamente richiesto al beneficiario la restituzione degli assegni; tale condotta non sarebbe stata evidentemente attuata proprio in quanto vi era una situazione di debito/credito fra le parti che avrebbe indotto la odierna ricorrente a non esercitare tale facoltà.
In questa prospettiva la Corte di Appello ha valutato la condotta delle parti come emergente dal giudizio nella misura in cui ha ritenuto l’incasso da parte del beneficiario un antecedente logico di natura fattuale necessario ma non sufficiente per l’insorgere dell’obbligo da parte della banca di rimborsare l’importo degli assegni, atteso che la ricostituzione della provvista sarebbe stata ammissibile, nel caso di errore della banca nella identificazione del soggetto richiedente l’emissione dei titoli, solo nel caso di pregiudiz io patrimoniale effettivo derivante dall’incasso dei titoli, peraltro evitabile da parte del creditore richiedendo immediatamente i titoli al beneficiario.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna alle spese della società ricorrente secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte
contro
ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 12.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione