Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 26080 Anno 2025
Civile Sent. Sez. U Num. 26080 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
SENTENZA
sul ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione iscritto al n. 7288/2024 R.G., proposto nel giudizio n. 1516/2022 dinanzi al TRIBUNALE di RIMINI da:
COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME
–
RICORRENTI – contro
COMUNE DI RIMINI, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME COGNOME
-CONTRORICORRENTE-
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare la giurisdizione ordinaria.
Udito l’avv. NOME COGNOME .
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno evocato in giudizio il Comune di Rimini dinanzi al locale Tribunale ordinario, esponendo che il permesso n. 1555/08, da loro ottenuto per demolire e ricostruire un fabbricato in zona agricola con incremento di 3 unità immobiliari rispetto al manufatto preesistente, era stato annullato con sentenza del Consiglio di Stato n. 5170/2020 su ricorso di NOME COGNOME proprietaria di un immobile a confine, poiché le disposizioni del PRG consentivano la creazione di un’unica unità aggiuntiva.
Hanno chiesto il risarcimento del danno per aver in buona fede confidato nella legittimità del provvedimento amministrativo ampliativo.
Il Comune ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sul rilievo che l’art. 7 del d.lgs. n. 104/2010 (c.p.a.) attribuisce alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie in cui si faccia questione di comportamenti riconducibili ‘anche mediatamente all’esercizio del potere amministrativo’ nelle materie dell’urbanistica e dell’edilizia.
Il Tribunale ha rinviato la causa in decisione sull’eccezione di giurisdizione e poi, preso atto della proposizione del regolamento preventivo, ha sospeso il giudizio.
Il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME si compendia in un unico motivo.
Il Comune di Rimini ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie illustrative.
Il PG ha depositato conclusioni scritte.
Con ordinanza interlocutoria il regolamento è stato rimesso in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motiv o di ricorso i ricorrenti sostengono che la domanda ricadrebbe nella giurisdizione ordinaria, poiché il pregiudizio lamentato non è conseguenza immediata e diretta del rilascio del permesso a costruire successivamente annullato, ma è effetto di una condotta complessiva del Comune contraria alle regole di correttezza, avendo i ricorrenti acquistato un piccolo fabbricato agricolo, confidando incolpevolmente di poterlo demolire e ricostruire con un ampliamento della volumetria sulla base di una prassi consolidata del Comune, che aveva rilasciato analoghi permessi ad altri proprietari, consentendo di ampliare i loro immobili. Il Comune ha affermato che la lesione denunciata sarebbe pur sempre intimamente collegata al contatto tra le parti svoltosi nell’ambito del procedimento amministrativo esitato nel rilascio del permesso a costruire dichiarato illegittimo e che il danno, per come ipotizzato dagli attori, sarebbe conseguenza di un comportamento contrario a buona fede connesso almeno in via indiretta a ll’esercizio del potere amministrativo, per cui la lite ricadrebbe nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (G.A.) ai sensi dell’a rt. 133, comma primo, lettera f), del d.lgs. 104/2010, in applicazione dei principi della giurisprudenza costituzionale di cui alle pronunce n. 204/2004 e n. 191/2006.
1.1 Il Procuratore Generale ha invece sostenuto che, in caso di lesione dell’affidamento incolpevole nella legittimità di un provvedimento successivamente annullato, si prescinde dal modo in cui il potere amministrativo è stato esercitato, in quanto la lesione non è cagionata dal provvedimento favorevole illegittimo, ma
dall’incolpevole affidamento del privato nella sua legittimità e dal suo successivo e legittimo annullamento. In dette ipotesi si delineerebbe una responsabilità da contatto sociale qualificato che scaturisce da una condotta che ha violato le regole civilistiche di buona fede e correttezza, alla cui osservanza è tenuto qualsiasi consociato -inclusa la P.A. – in base alle norme di diritto comune.
Il P.G. ha ricordato che tali principi sono consolidati nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite ed hanno trovato anche di recente motivata conferma in risposta ai rilievi formulati dall ‘A dunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 20/2021.
La questione rende necessario ripercorrere l’evoluzione interpretativa della giurisprudenza in tema di danno recato al cittadino da ll’ affidamento incolpevole nella legittimità di un provvedimento amministrativo e saggiarne la tenuta alla luce di talune recenti novità normative in tema di procedimento amministrativo e di danno nella materia dei contratti pubblici (art. 1, comma 2 bis, legge n. 241/1990 e 5 del d.lgs. n. 36/2023).
2.1 Il problema del riparto della giurisdizione in questa materia si è posto dopo che la sentenza di queste S.U. n. 500/1999 aveva riconosciuto, in generale, la risarcibilità della violazione dell’interesse legittimo.
Il successivo art. 7 della legge n. 205/2000, sostituendo l’art. 35 del d.lgs. n. 80/1998, aveva previsto, a modifica del primo periodo del terzo comma dell’art. 7 della legge n. 1034/1971, che il G.A., nell’ambito della sua giurisdizione, conosce di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, abrogando ogni altra disposizione che prevedesse la
devoluzione al giudice ordinario delle controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti amministrativi.
La norma, ampliando la previsione del l’art. 34 del d.lgs. 80/1998, aveva assegnato al GA la cognizione delle azioni risarcitorie per lesione dell’interesse legittimo non più limitatamente alle materie di giurisdizione esclusiva, ma anche nella giurisdizione di legittimità, a definitivo superamento delle posizioni espresse dalla sentenza n. 500/1999, per la quale il risarcimento del danno costituisce oggetto di un diritto soggettivo su cui pronuncia il giudice ordinario.
2.2. In questo mutato contesto, tre decisioni di queste S.U. hanno stabilito che, nel sistema della legge n. 205/2000, la tutela risarcitoria contro l’agire illegittimo della P.A. spetta al giudice ordinario solo in casi marginali (cd. controversie meramente risarcitorie), circoscritti alle ipotesi di: a) riparazione del pregiudizio ascrivibile ad attività materiali della PA; b) lesione di diritti incomprimibili; c) attività svolta dalla P.A. in condizione paritetica; d) lesione del patrimonio del privato quale effetto indiretto del mancato o dell’illegittimo esercizio di poteri ordinati a tutela del privato, ricadendo ogni altro caso nella giurisdizione amministrativa (cfr. Cass., S.U., n. 13659/2006, n. 13660/2006, n. 13661/ 2006).
Nel l’ assetto della giurisdizione delineato a seguito degli interventi normativi dei primi anni del nuovo millennio, la fattispecie del danno da lesione dell’affidamento incolpevole si presentava tuttavia di non agevole inquadramento. Infatti, se, da un lato, il privato non poneva in discussione l’illegittimità del provvedimento ampliativo e il danno lamentato non era conseguenziale all’annullamento , per altro verso, il pregiudizio si inverava nell’ambito dell’adozione di provvedimenti amministrativi, tipica espressione del potere della P.A.
Il dubbio investiva la qualificazione della situazione soggettiva fatta valere dal danneggiato e l’individuazione dell’origine, provvedimentale o da comportamento materiale, del danno nelle materie di giurisdizione esclusiva.
Le pronunce della Corte costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006 avevano -difatti -affermato che la giurisdizione esclusiva si estende alle liti in cui si faccia questione di diritti soggettivi o interessi legittimi, sempre che l’amministrazione agisca come autorità , sebbene non solo attraverso provvedimenti, ma anche tramite comportamenti posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico o ‘ ad esso ricollegabile in via mediata ‘ , ad eccezione dei meri comportamenti materiali avulsi da tale potere.
Nel 2011, l’ opzione a favore della giurisdizione del G.O. è stata teorizzata da queste S.U. (cfr. Cass., S.U., n. 6596/2011) in esplicita adesione alla premessa, tratta da Corte cost. n. 191/2006, che nelle azioni risarcitorie non occorre stabilire se al verificarsi di un danno ingiusto corrisponda un diritto soggettivo del danneggiato, poiché il risarcimento non è una nuova materia attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo, ma uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello demolitorio. Pertanto, secondo le S.U. , ‘ affinché si possa predicare la sussistenza della giurisdizione amministrativa, anche nel caso in cui l’azione di danno venga svolta autonomamente e successivamente rispetto alla domanda volta alla rimozione del provvedimento illegittimo, è necessario che il pregiudizio di cui si chiede la riparazione nei confronti della pubblica amministrazione sia direttamente collegato alla illegittimità del provvedimento amministrativo. Occorre che la causa petendi dell’azione di danno, tanto se introdotta contestualmente all’azione demolitoria, quanto nel caso in cui venga introdotta
successivamente, sia la illegittimità dell’agire della pubblica amministrazione, poiché la giurisdizione amministrativa postula una controversia sulla legittimità dell’agire autoritativo della pubblica amministrazione ‘.
Per contro, se il danno è conseguenza solo indiretta del provvedimento illegittimo, quest’ultimo degrada a mero comportamento e ad elemento concorrente di una fattispecie di illecito per violazione del principio del neminem laedere , imputabile alla pubblica amministrazione per aver ingenerato nel destinatario l’incolpevole convincimento di poter confidare nella legittimità del provvedimento ampliativo (Cass., S.U., n. 6596/2011, n. 6595/2011, n. 6594/2011).
È stata dunque individuata, sin dalle pronunce del 2011, una fattispecie di danno da comportamento materiale, inizialmente ricondotta all’art. 2043 c.c. , ma -come si osserverà in dottrina e in giurisprudenza (Cass., S.U., n. 24438/2011) -assimilabile a ll’illecito contrattuale, poiché il danno si verifica nel contesto di una preesistente relazione con la P.A. ed è innescato dalla trasgressione di doveri di condotta e di correttezza da cui è gravata l’amministrazione nei confronti del privato.
3. La soluzione elaborata dalle citate pronunce n. 6594, n. 6595 e n. 6596/2011 ha trovato, salvo poche eccezioni (Cass. S.U. n. 8057/2016 e Cass. S.U. 13454/2017), ripetute conferme nella successiva giurisprudenza di queste S.U. (Cass., S.U., n. 17586/2015, n. 12799/2017, n. 15640/2017, n. 19171/2017, n. 1654/2018, n. 4996/2018, n. 22435/2018, n. 32365/2018, n. 4889/2019, n. 6885/2019 e n. 12635/2021).
In particolare, Cass., S.U., n. 17586/2015 ha confermato la giurisdizione ordinaria anche all ‘indomani dell’entrata in vigore
de ll’ art. 7 c.p.a. e del successivo art. 30, comma secondo, (che consente la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria), affermando che nei casi di affidamento incolpevole il danno non è conseguenza della lesione di un interesse legittimo, ma del diritto all’integrità del patrimonio che il privato subisce per effetto di una condotta scorretta dell’amministrazione .
La pronuncia ha ribadito la giurisdizione ordinaria anche nelle particolari materie in cui il GA conosce del risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi, sull’assunto che la lesione non è riconducibile al provvedimento e non è all’origine di alcun pregiudizio, venendo in rilievo come fatto oggettivo ( id est , come comportamento materiale), poiché in tal caso è sollecitato al giudice non un controllo sull’esercizio del potere dell’amministrazione, ma la valutazione della condotta della P.A. secondo i principi del ‘ neminem laedere ‘ .
3.1. Il fondamento spiccatamente relazionale della responsabilità, non più ascritta al settore d all’art. 2043 c.c., ma al contatto sociale qualificato tra privato e amministrazione, e la sua scaturigine da condotte materiali hanno trovato, invece, compiuta elaborazione nella pronuncia n. 8236/2020, sul rilievo che l’affidamento incolpevole (concettualmente distinto dall’affidamento legittimo che viene in considerazione come limite al potere di annullamento e di autotutela amministrativa) è una situazione autonoma, tutelata in sé, non nel suo collegamento con l’interesse pubblico, come affidamento di natura civilistica, che si sostanzia nella fiducia, nella delusione della fiducia e nel danno subìto a causa della condotta dettata dalla fiducia mal riposta, quale aspettativa di coerenza e non
contraddittorietà del comportamento dell’amministrazione fondata sulla buona fede.
Un danno provocato non dalla violazione delle norme pubblicistiche che disciplinano l’agire dei soggetti pubblici e ne condizionano la validità, ma dalle regole di condotta che trovano il loro aggancio nel più generale dovere di solidarietà sociale, sancito dall’art. 2 Cost., che grava reciprocamente su tutti i membri della collettività e che diviene più intenso, specificandosi nel dovere di correttezza e di protezione, quando tra i consociati si instaurano momenti relazionali socialmente o giuridicamente qualificati, tali da generare, anche reciprocamente, ragionevoli affidamenti sull’altrui condotta conforme a buona fede (Cass., S.U., n. 8236/2020).
Il rapporto tra il privato e la pubblica amministrazione è perciò assunto a fatto idoneo a produrre obbligazioni «in conformità dell’ordinamento giuridico» (art. 1173 c.c.) dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione, bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, giusta gli artt. 1175 (correttezza), 1176 (diligenza) e 1337 (buona fede) del codice civile.
3.2. A ll’esito di tale percorso interpretativo, si è pervenuti a delineare un ‘ articolata casistica della responsabilità da affidamento. Essa può scaturire: a) dall’aver la P.A. generato un affidamento incolpevole nella legittimità del provvedimento e dalla successiva rimozione legittima a seguito di annullamento (come nel caso esaminato da Cass., S.U., n. 17586/2015); b) dall’affidamento generato nell’ambito di un procedimento conclusosi con un provvedimento negativo legittimo ; c) dalla mancata adozione di un provvedimento (Cass., S.U., n. 8236/2023).
La nozione di comportamento materiale appare focalizzata non solo e non tanto sul modo in cui si configura nei singoli casi il rapporto (di maggiore o minore collegamento) tra la condotta dannosa e le
concrete modalità di esercizio del potere amministrativo, poiché la derivazione del pregiudizio da un mero comportamento materiale non è apparsa inconciliabile con lo svolgimento di un’attività provvedimentale (il rilascio del permesso a costruire illegittimo), a condizione che il danno non venga dedotto come conseguenza diretta ed immediata dell’illegittimità dell’atto secondo un criterio di causalità giuridica ex art. 1223 c.c., esplicitamente evocato, in particolare, sin dalle pronunce del 2011.
Cass., S.U., n. 8236/2020 spiega che «Il comportamento rilevante ai fini dell’affidamento del privato, infatti, si pone su un piano diverso rispetto da quello della scansione degli atti procedimentali che conducono al provvedimento con cui viene esercitato il potere amministrativo. Detto comportamento si colloca in una dimensione relazionale complessiva tra l’amministrazione ed il privato, nel cui ambito un atto provvedimentale di esercizio del potere amministrativo potrebbe mancare del tutto (come nel caso oggetto del presente giudizio) o, addirittura, essere legittimo».
Si postula, per la sussistenza della responsabilità, un necessario concorso di elementi ulteriori, in aggiunta al provvedimento annullato, che possono inerire allo stesso contenuto del provvedimento, o anche estranei al diretto esercizio del potere dell’amministrazione, relativi all’agire dell’amministrazione nelle fasi precedenti all’adozione dell’atto o anche successivi, ricollegabili a comportamenti dell’ amministrazione o di terzi o, ancora, relativi alla situazione in cui si trovava lo stesso beneficiario o a fatti a lui noti. (Cass., S.U., n. 17586/2015).
Tali argomentazioni sono state condivise ed ulteriormente sviluppate da Cass., S.U., n. 2175/2023 (seguita poi da Cass., S.U., n. 3514/2023, n. 10880/23, n. 25324/2023, n. 13191/2024 e n. 13964/2024), in replica alle obiezioni formulate da ll’ Adunanza
Plenaria con sentenza n. 20/2021, che, ponendo l’accento sul l’introduzione del comma 2 bis dell’art. 1 della legge n. 241/1990 ad opera dell’art. 12, comma prima, lettera 0a), della legge n. 120/2020, aveva sostenuto che il danno da affidamento incolpevole deriva dalla lesione di un interesse legittimo pretensivo di cui deve conoscere il GA anche nell’ambito della giurisdizione di legittimità.
All’Adunanza plenaria si è obiettato che la buona fede che rileva nella genesi del danno non trova fondamento normativo nella legge n. 241/1990 sul procedimento, che attiene alle modalità di esercizio del potere amministrativo cui si contrappone l’interesse legittimo, ma è regola di diritto civile e si correla ad un diritto soggettivo.
Si è osservato che la legittima aspettat iva rientra nell’ambito dei beni protetti dal disposto dell’articolo 1 del Protocollo 1 alla CEDU (Protezione della proprietà), secondo l’interpretazione della Corte EDU fin dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE c. Irlanda del 29 novembre 1991, per cui l ‘aspettativa legittima al rilascio dei permessi a costruire è da intendere alla stregua di una componente dei beni del privato richiedente (Cass., S.U., n. 2175/2023).
4. Le S.U. ritengono di dover preliminarmente confermare che il privato che lamenti la lesione dell’affidamento incolpevole nella legittimità di un provvedimento ampliativo annullato o nella correttezza del comportamento dell’amministrazione fa valere un diritto soggettivo, non un interesse legittimo.
Quest’ultimo non può più considerarsi situazione soggettiva solo indirettamente protetta, subordinatamente all’interesse pubblico, o, ancora, come pretesa alla legittimità del provvedimento amministrativo, ma è interesse volto a conseguire o conservare un bene della vita, obiettivo finale che il privato può ottenere solo tramite l’intervento del potere pubblico , nei cui confronti l’interessato
è titolare di facoltà volte ad orientare ed indirizzare a suo favore le scelte dell’amministrazione .
Se , com’è pacifico, la giurisdizione si stabilisce sulla base della domanda, in ragione del petitum sostanziale (Cass., S.U., n. 2368/2024, n. 9771/2020; n. 23600/2020, n. 20350/2018), appare innegabile che, nei casi di violazione dell ‘affidamento incolpevole, l ‘azione risarcitoria non postula la lesione di un interesse legittimo.
Infatti, il danneggiato non mette in discussione la legittimità del provvedimento ampliativo, non richiede la riparazione del pregiudizio causato dalla perdita del bene cui aspirava e che gli è stato negato (legittimamente), non lamenta di aver titolo a conservare l’utilità ottenuta con il provvedimento annullato, né assume che siano state violate quelle facoltà, anche procedimentali, che egli può legittimamente esercitare al cospetto di un potere amministrativo, ma si duole del dispendio di risorse, delle spese inutilmente sostenute, delle opportunità alternative pregiudicate, ossia di pregiudizi cui non sarebbe andato incontro se l’ amministrazione non l’avesse indotto a confidare nel rilascio del provvedimento ampliativo.
Il fondamento della domanda non è l’illegittimità dell’atto , ma la scorrettezza del comportamento della PA.
La sola emissione di un provvedimento ampliativo illegittimo non genera affidamento e non integra, né esaurisce, la corrispondente fattispecie dannosa che, invece, esige il tradimento della fiducia, dell’aspettativa di coerenza e non contraddittorietà riposta dal privato nel comportamento dell’Amministrazione, che si ricollega a doveri di correttezza e buona fede che informano qualsiasi rapporto giuridico, inclusa la relazione asimmetrica tra l’amministrazione , titolare di poteri autoritativi, e il privato (Cass., S.U., n. 8236/2020).
4.1. A tale ricostruzione si è obiettato (Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 20/2021) che l’affidamento non è situazione giuridica autonoma , ma è principio regolatore di ogni rapporto giuridico, anche quelli di diritto amministrativo, e se ne è tratta la conseguenza che, in presenza di un’attività provvedimentale , sorge l’« aspettativa del privato alla legittimità del provvedimento amministrativo rilasciato », che, se frustrata, può essere fonte di responsabilità.
La semplice adozione di un atto illegittimo sarebbe lesiva dell’interesse del destinatario a che l’amministrazione eserciti il potere osservando le regole pubblicistiche che ne condizionano la validità. Non sarebbe – invero – concepibile alcun effetto ampliativo della sfera privata senza l’esercizio legittimo , conforme a diritto, del potere amministrativo.
La mancata osservanza del dovere di correttezza lederebbe una situazione soggettiva del privato che si rapporta pur sempre all’esercizio del potere pubblico, si manifesti esso con un provvedimento tipico o con un mero comportamento. «L’affidamento “si proietta” sulla positiva conclusione del procedimento e dunque sull’attuazione dell’interesse legittimo di cui il medesimo privato è portatore, ma che diventa in sé tutelabile in via risarcitoria se l’amministrazione con il proprio comportamento abbia suscitato una ragionevole aspettativa, poi delusa, sulla conclusione positiva del procedimento. Si tratta, quindi, di aspettative correlate ad «interessi legittimi concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo» ai sensi dell’art. 7, comma 1, CPA, la cui lesione rimane devoluta al giudice amministrativo» (così, Consiglio di Stato, Ad. Plen. n. 20/2021).
4.2. All’ Adunanza plenaria ha replicato la pronuncia n. 2175/2023, cui si ritiene di dover aderire, ma con le precisazioni che seguono.
È stato evidenziato da queste S.U. (oltre alla citata Cass., S.U., n. 2175/2023, anche le successive Cass., S.U., n. 3514/2023 e n. 10880/2023), che l’interesse legittimo , essendo situazione soggettiva rivolta ad un bene della vita, è soddisfatto anche dal provvedimento ampliativo viziato, ma ciò senza escludere che l ‘interesse sia pienamente soddisfatto solo da un atto amministrativo che sia al riparo dal rischio di annullamento (cfr. Cass., S.U., n. 8236/2020, par. 21).
Si è inteso affermare che, dal punto di vista del privato, la legittimità dell’agire amministrativo non è fine a sé stessa, né costituisce un obiettivo cui sia specificamente funzionale tale situazione soggettiva, chiamata a confrontarsi con il potere amministrativo.
La legittimità del provvedimento rileva perché assicura una maggiore stabilità nel tempo del vantaggio ottenuto, ma l’ effetto utile viene in considerazione se il bene della vita doveva esser attribuito e non quando sia stato legittimamente negato.
In tale ultima evenienza , la precarietà dell’attribuzione determinata dal provvedimento annullato resta elemento neutro, a fortiori come possibile fonte di danno, poiché sin dall’inizio nessuna utilità poteva essere attribuita o conservata dal privato, neppure temporaneamente.
Ciò non significa che l’interesse legittimo possa trovare soddisfazione in modo non conforme a legge, ma solo che la legittimità dell’azione amministrativa non è il punto di approdo di tale situazione attiva a prescindere dalla spettanza del vantaggio perseguito, interesse cui non può essere arrecato danno solo perché l’agire della p.a. non sia stato legittimo nel provvedere. Il danno sussiste, invece, qualora la p.a. neghi in modo illegittimo la soddisfazione dell’interesse al provvedimento, sacrificando l’interesse pretensivo ad ottenerlo (cfr., testualmente, Cass., S.U., n. 17586/2015).
4.3. Trasposti tali concetti sul piano dei rimedi, la dogmatica dell’interesse legittimo come situazione so stanziale (non strumentale ma) finale, ossia volta ad un’utilità pratica, trova non a caso rispondenza nella tecnica risarcitoria elaborata sin da Cass., S.U., n. 500/1999, basata sul postulato che un danno risarcibile da lesione dell’interesse legittimo pretensivo può sussistere solo a condizione che il bene della vita che il privato aveva inteso ottenere gli spettasse effettivamente o, in presenza di un potere discrezionale della PA, che questi avesse concrete possibilità di ottenerlo. Tale posizione è stata condivisa dalla giurisprudenza amministrativa, la quale ha sostenuto che « declinata nel settore relativo al ‘ risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi ‘ di cui al sopra citato art. 7, comma 4, CPA, il requisito dell’ingiustizia del danno implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo avrebbe avuto titolo per mantenere o ottenere, secondo la dicotomia interessi legittimi oppositivi e pretensivi» (in tal senso, Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 7/2021, par. 12).
Nessun risarcimento è d’altronde accordato qualora l’interesse legittimo possa ricevere tutela con l’accoglimento dell’azione di annullamento causato da una illegittimità di carattere formale, da cui non deriva un accertamento di fondatezza della pretesa del privato, ma un vincolo per l’amministrazione a rideterminarsi, senza esaurimento della discrezionalità che le compete (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 13/2008).
Anche nelle ipotesi in cui il procedimento non sia stato definito nel rispetto dei termini di legge mediante un provvedimento espresso, il risarcimento -ugualmente ricondotto dall’orientamento prevalente alla lesione di un interesse legittimo sulla base dell’art. 2 bis L.
241/1900 (Consiglio di Stato, n. 3568/2025, n. 3375/2024, n. 8299/2023) -si reputa subordinato alla spettanza del l’utilità richiesta dal privato, con esclusione della riparazione di perdite ricollegabili al mero ritardo in sé.
Tali esemplificazioni e le considerazioni svolte circa la valenza sostanziale dell’interesse legittimo ne pongono in risalto la natura di situazione soggettiva proiettata su un risultato pratico, non direttamente sulla legittimità del provvedimento ampliativo; la sua lesione assume a presupposto il diniego illegittimo del bene della vita (o la compromissione della possibilità di conseguirlo), sicché esulano dallo spettro delle sue possibili ricadute dannose le perdite prodotte da comportamenti doverosi preposti a protezione della sfera del privato.
5. La responsabilità da lesione dell’affidam ento presuppone la delusione della fiducia nella correttezza dell’azione amministrativa (Cass., S.U., n. 8236/2020, n. 2175/2023, n. 9636/2015, n. 15250/2014), non riconducibile all’interesse legittimo , ma al diritto soggettivo alla autodeterminazione del singolo nelle scelte che comportano impegno di risorse, al riparo da ingerenze illecite o da comportamenti scorretti altrui, la cui protezione si realizza, sul piano positivo, mediante l’imposizione di doveri di comportamento (reciproci), ispirati a buona fede tra i soggetti, privato o pubblico, di una relazione, paritaria o asimmetrica, che si instaura in vista della conclusione di un contratto o dell’emissione di un provvedimento amministrativo.
Il fulcro della pretesa risarcitoria risiede nella violazione dei doveri che la disciplina ha recepito nella conformazione normativa del contenuto del rapporto amministrativo (art. 1, comma 2 bis, L. 241/1990), non di regole che incidono sulla validità dei provvedimenti adottati.
La cogenza di doveri di protezione della sfera giuridica del privato cui la P.A . è tenuta a conformarsi senza margini di apprezzamento è riconosciuta dalla stessa giurisprudenza amministrativa, convinta della indissolubile coesistenza, nell’ambito del procedimento, di regole pubblicistiche incidenti sulla validità degli atti, e obblighi di condotta imposti per prevenire possibili ricadute negative nella sfera del privato dell’agire amministrativo , anche quando si traduca nel legittimo diniego di un provvedimento ampliativo (cfr. in tal senso, esplicitamente Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 5/2015, par. 32).
L’affidamento incolpevole può esser leso anche se il procedimento amministrativo non sia sfociato nell’adozione di alcun provvedimento espresso (Cass., S.U., n. 8236/2020), o nel caso di adozione di un provvedimento negativo legittimo, a conforto del fatto che le regole comportamentali operano su un piano diverso da quello della legittimità, poiché queste ultime incidono sulla validità degli atti, le altre sono fonte di responsabilità.
La P.A. è -in definitiva – obbligata non solo alla corretta adozione delle scelte amministrative, ma anche ad adeguare le proprie condotte nella consapevolezza che lo svolgimento di attività amministrativa può determinare un ‘ indebita ingerenza nella sfera dei destinatari ed indirizzarne erroneamente le scelte, indipendentemente dalla fondatezza della pretesa al conseguimento delle bene della vita cui è finalizzato l’interesse legittimo .
5.1. La postulata coesistenza, nell’ambito di uno stesso procedimento e in capo al medesimo soggetto, di una duplice posizione di interesse legittimo e di diritto soggettivo, anziché costituire un’a nomalia teorica, contraria ai principi (come sostiene Consiglio di Stato, n. 9467/2024), è connaturale alla stessa previsione di ipotesi di giurisdizione esclusiva. Poiché il limite di detta giurisdizione risiede nel fatto che la P.A. abbia agito come autorità,
si conferma che l’esercizio di un potere amministrativo non esclude , ma si confronta anche con situazioni attive aventi il rango di diritti soggettivi (Corte cost., n. 204/2004), che è poi quanto si desume dall’art. 7, comma primo, c.p.a..
Il fatto che l’amministrazione agisca, nei singoli casi, come autorità ed eserciti un potere non comporta una doverosa sussunzione di ogni situazione soggettiva attiva del privato nel la categoria dell’interesse legittimo.
È nelle sole materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall’articolo 133 c.p.a., che il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi (art. 7, comma quinto, c.p.a.); nella giurisdizione di legittimità resta invece inderogabile il criterio generale di riparto basato sulla natura della situazione sostanziale lesa dall’esercizio o dal mancato esercizio del potere, la cui qualificazione -nei singoli casi – costituisce un prius ai fini della esatta perimetrazione degli ambiti di giurisdizione.
In continuità con i principi espressi dalla Corte costituzionale (sentenza n. 191/2006), occorre ribadire che il risarcimento del danno non costituisce una materia a sé suscettibile di formare oggetto di giurisdizione amministrativa a prescindere dalla natura della situazione soggettiva incisa dal provvedimento amministrativo.
A ll’infuori delle ipotesi di giurisdizione esclusiva, la tutela risarcitoria, dato il suo carattere rimediale e servente, è affidata al giudice della situazione soggettiva lesa, come prescrive l’art. 7 , comma quarto, del codice del processo amministrativo che attribuisce alla giurisdizione generale di legittimità le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno
« per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali» , pure se introdotte in via autonoma.
Deve concludersi, quindi, che , all’infuori delle materie di giurisdizione esclusiva elencate dall’art. 133 c.p.a., in caso di violazione d ell’affidamento incolpevole la giurisdizione sulle azioni risarcitorie appartiene al giudice ordinario.
6. Nel danno da lesione dell’affidamento per l’illegittimo rilascio di un permesso a costruire, si verte in una materia in cui il giudice amministrativo conosce anche dei diritti soggettivi ai sensi dell’art. 133, comma primo lettera f), c.p.a.. Per radicare detta giurisdizione, è necessaria l’ulteriore verifica volta a stabilire se la lesione sia riconducibile a comportamenti posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico o ad esso collegati almeno in via mediata, o a meri comportamenti materiali avulsi da tale potere, poiché quest’ultimo caso la giurisdizione compete al giudice ordinario.
Come detto, è orientamento consolidato di questa Corte che il provvedimento illegittimo viene in rilievo esclusivamente quale uno dei fatti costitutivi del diritto al risarcimento e come fattore eziologico del danno, così da degradare a mero comportamento non espressione di potere amministrativo (Cass., S.U., n. 8236/2020; e n. 2175/2023).
Il comportamento connesso all’esercizio del potere amministrativo non è quello semplicemente occasionato dall’esercizio del potere o finalizzato all’adozione del provvedimento discrezionale , né quello che si inserisca semplicemente nella sequenza delle attività esitate nel provvedimento, ma solo quello che trovi oggettiva giustificazione e previsione nella norma attributiva del potere e che da essa sia contemplato come oggettivamente necessario per l’attuazione del potere (Cass., S.U., n. 2052/2016, n. 27325/2024, n. 33690/2023, n. 32324/2022, n. 11451/2022, n. 32180/2018 ed altre).
Queste conclusioni vanno attualizzate -nella materia della lesione dell’affidamento – alla luce del l’evoluzione del quadro normativo che ha preso avvio dall ‘introduzione del comma 2 bis dell’art. 1 della legge n. 241/1990, per approdare, da ultimo, alla disciplina del danno da affidamento nella materia dei contratti pubblici (art. 5 d.lgs. n. 36/2023), normativa che offre nuovi spunti per la soluzione della questione di giurisdizione di cui si discute, oltre che per la messa a fuoco del ruolo svolto dai doveri di buona fede sanciti in via generale dal citato art. 1, comma 2 bis.
Il nuovo regime delle procedure ad evidenza pubblica, con riferimento ad una fase precedente all’aggiudica zione in cui la scelta del contraente si compie secondo moduli pubblicistici e con la spendita di poteri amministrativi, pone in evidenza che l’affidamento del privato è connesso all’esercizio d i tale potere.
L ‘art. 5 del d.lgs. n. 36/2023 prevede, al primo comma, che nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportano reciprocamente nel rispetto dei principi di buona fede e di tutela dell’affidamento, e, nel secondo comma, che nell’ambito del procedimento di gara, anche prima dell’aggiudicazione, sussiste un affidamento dell’operatore economico « sul legittimo esercizio del potere» e sulla conformità del « comportamento amministrativo» al principio di buona fede.
Ai sensi del terzo comma del citato art. 5, nei casi in cui non spetta l’aggiudicazione, il danno da lesione dell’affidamento è limitato ai pregiudizi economici effettivamente subiti e provati, derivanti « dall’interferenza del comportamento scorretto » sulle scelte contrattuali dell’operatore economico.
Nella relazione ministeriale al d.lgs. n. 36/2023 è spiegato che la norma ha recepito i principi formulati dall’Adunanza Plenaria con le sentenze nn. 5/2018, in tema di responsabilità precontrattuale della
P.A., e nn. 19/2021, 20/2021 e 21/2021 in tema di attività provvedimentale, nel senso che l’affidamento va inteso come limite al potere amministrativo che può venire in considerazione sia in materia di diritti soggettivi, che di interessi legittimi, e che la lesione dell’affidamento che si produce nell’ambito del procedimento di gara attraverso comportamenti, presenta un collegamento forte con l’esercizio del potere .
Pertanto, anche quando il privato lamenta la lesione della propria libertà di autodeterminazione negoziale, la relativa controversia risarcitoria non può che rientrare nella giurisdizione esclusiva che si estende, oltre che ai comportamenti amministrativi (in base alla previsione generale contenu ta nell’art. 7 c.p.a.), anche alle ‘controversie risarcitorie’ .
6.1. La stretta connessione tra affidamento ed esercizio del potere amministrativo e la natura amministrativa -non materiale – del comportamento da cui scaturisce l’affidamento tutelabile trova no una esplicita base normativa nel codice dei contratti. Tale connessione non si manifesta solo nella materia contrattuale, ma in ogni ipotesi in cui l’esercizio del potere amministrativ o può generare affidamento incolpevole e quindi, particolarmente, nell’attività provvedimentale.
I comportamenti che la PA pone in essere in quanto investita del poteredovere di provvedere risultano almeno mediatamente ricollegabili al potere esercitato nei singoli casi, proprio in virtù del fatto che il danno da lesione dell’ affidamento scaturisce dalla violazione dei doveri comportamentali che condizionano il modo in cui il potere della P.A. deve essere esercitato.
Nella complessiva vicenda da cui si determina la lesione, le condotte che abbiano causato un affidamento incolpevole, poi deluso, non sono disancorate dal potere che la P.A. è sollecitata ad esercitare in
vista dell’emissione di un provvedimento ampliativo, ma trovano in tale attività di natura amministrativa la loro stessa ragion d’essere . Esse si svolgono in una cornice in cui i principi di buona fede e collaborazione evocati dall’art. 1, comma 2 bis della legge n. 241/1990, concorrono a conformare l’attività dell’amministrazione, quali proiezioni dei doveri generali che trovano base ordinamentale nell’art. 2 Cost. e che si declinano in tale settore con modalità coerenti con le peculiarità del rapporto giuridico preso in considerazione.
In definitiva, il fatto che non sia in discussione e non debba scrutinarsi la legittimità del provvedimento ampliativo o di quello di annullamento non significa che le condotte produttive del danno risarcibile non siano comunque connesse all’esercizio del potere esercitato, nei singoli casi, dall’amministrazione, ciò per la decisiva considerazione che il potere -che si esprime anche mediante comportamenti -trova un ulteriore ed esplicito limite nelle regole di buona fede e di tutela dell’affidamento, sicc hé il giudizio sulla responsabilità investe inevitabilmente il modo in cui è esso è stato esercitato, anche se non sotto il profilo del rispetto delle regole di validità.
Nel mutato quadro normativo l’art. 1, comma 2 bis della legge n. 241/1990, non può relegarsi a norma meramente riassuntiva dei casi in cui la legge sul procedimento amministrativo accorda tutela ad interessi del privato di natura procedimentale (ad esempio: alla celere definizione del procedimento entro un termine ragionevole, al rispetto dell’obbligo informativo che si innesca con l’avvio del procedimento, all’acquisizione di atti e document i dell’istruttoria procedimentale), né la funzione di modellare l’esercizio del potere al cospetto dell’interesse legittimo (in tal senso, Cass., S.U., n. 8036/2020, par. 21), ma possiede una portata prescrittiva più
generale, quale proiezione nel rapporto amministrativo di doveri sanciti dall’art. 2 C ost..
Ne consegue che la buona fede che informa i rapporti tra PA e privato è, a un tempo, regola di condotta e metro di valutazione di comportamenti che, pur se non tipizzati dalla norma attributiva del potere, risultano espressione -diretta o indiretta – de ll’esercizio del potere e possono dar luogo a responsabilità per i danni anche in presenza di un provvedimento negativo legittimo.
Inoltre, comportamento amministrativo non è solo quello meramente attuativo di un provvedimento già emesso, ma anche quello adottato nel corso della relazione dinamica tra Pa e privato innescata dalla richiesta di provvedimento favorevole o posto in essere prima dell’avvio di un procedimento, allorquando ad. es. l’amministrazione, fornendo rassicurazioni o informazioni infondate, abbia indotto il privato a richiedere un provvedimento ampliativo nel convincimento, incolpevole, che l’avrebbe certamente ottenuto.
Per tutte queste ragioni, va affermato che l’azione di risarcimento del danno per lesione dell’incolpevole affidamento nel rilascio di un provvedimento annullato (o legittimamente negato) è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle materie indicate da ll’art. 133 c.p.a., in tal modo realizzando quell’auspicata concentrazione, limitatamente a tale ambito, degli strumenti di tutela dinanzi ad un unico giudice (Corte cost. n. 191/2006).
Resta ferma, come anticipato in chiusura del paragrafo 5, la giurisdizione del G.O. nei casi che esulano dalle materie affidate alla giurisdizione esclusiva del G.A.
Rientra, dunque, nell’ambito della giurisdizione esclusiva del G.A. la domanda proposta dagli attori, giacché afferente alla materia dell’edilizia e dell’urbanistica.
L’ esame della citazione introduttiva rende evidente che gli stessi attori non hanno lamentato di aver subito un danno quale diretta conseguenza dell’illegittimità del permesso a costruire inizialmente ottenuto e poi annullato dal giudice amministrativo, ma di esser stati indotti ad acquistare un immobile per procedere all’edificazione di un nuovo fabbricato con aumento di volumetria, confidando nella prassi del Comune di autorizzare tale aumento sulla base di un’interpretazione delle norme locali , poi risultata infondata, e nelle risposte ai quesiti previamente indirizzati all’amministrazione circa i limiti dell’intervento edificatorio ammissibile .
Gli attori, quindi, hanno sostenuto di aver fatto preciso affidamento su tale comportamento fin dal momento in cui avevano acquistato il terreno con fabbricato in zona agricola proprio al fine di dare attuazione al proprio progetto edificatorio, divenuto irrealizzabile (cfr. citazione pag. 3).
Pertanto, sulla base dei principi illustrati in precedenza e tenuto conto del petitum sostanziale della domanda, in rapporto alla causa petendi , va dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, al quale spetterà di verificare in concreto la sussistenza dei presupposti per la configurabilità della responsabilità dell’amministrazione comunale .
La causa pendente davanti al Tribunale dovrà essere riassunta nel termine di legge dinanzi al T.A.R. territorialmente competente.
Le spese del presente regolamento e quelle del giudizio dinanzi al Tribunale sono integralmente compensate in considerazione del parziale mutamento di giurisprudenza.
P.Q.M.
dichiara la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dinanzi al quale rimette le parti con riassunzione nel termine di legge; dispone l’integrale compensazione delle spese del presente
regolamento preventivo e di quelle del giudizio introdotto dinanzi al Tribunale di Rimini.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione in data 24.6.2025.
IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE NOME COGNOME COGNOME COGNOME