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Danno contratti a termine: sì al risarcimento PA

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9114/2019, ha stabilito che un lavoratore del settore pubblico, vittima di un utilizzo abusivo di contratti a termine, ha diritto a un risarcimento del danno anche se non può ottenere la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato. Riformando la decisione della Corte d’Appello, che aveva negato il risarcimento per mancata prova del danno, la Suprema Corte ha affermato che il cosiddetto ‘danno comunitario’ è presunto e deve essere liquidato secondo parametri specifici, invertendo di fatto l’onere probatorio a favore del lavoratore. Viene invece negato il diritto alla retribuzione per i periodi non lavorati tra un contratto e l’altro.

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Pubblicato il 13 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Danno Contratti a Termine nella PA: Risarcimento Garantito anche senza Conversione

L’abuso nella reiterazione dei contratti a termine nel pubblico impiego è una questione complessa e dibattuta. A differenza del settore privato, la conversione del rapporto in uno stabile non è la soluzione. Ma allora, quale tutela ha il lavoratore precario? Una fondamentale sentenza della Corte di Cassazione, la n. 9114 del 2019, chiarisce in modo definitivo il diritto al risarcimento del danno contratti a termine, stabilendo principi cruciali in linea con il diritto europeo.

I Fatti di Causa: Una Lunga Catena di Contratti a Termine

Il caso riguarda un’operatrice di sostegno assunta da un’Amministrazione Regionale con una serie di contratti a tempo determinato succedutisi ininterrottamente dal 2003 al 2009. Ritenendo illegittima tale prassi, la lavoratrice si è rivolta al Giudice del Lavoro chiedendo:

1. La trasformazione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato.
2. Il pagamento delle retribuzioni per i periodi di interruzione tra un contratto e l’altro (coincidenti con le vacanze estive).
3. Il risarcimento del danno per l’abusivo ricorso alla contrattazione a termine.

L’Iter Giudiziario: Dalle Corti di Merito alla Cassazione

Il Tribunale di primo grado aveva riconosciuto l’illegittimità della successione dei contratti. Pur negando la conversione del rapporto, in ossequio al divieto per il pubblico impiego, aveva condannato l’amministrazione a un risarcimento del danno (pari a 20 mensilità) e al pagamento delle retribuzioni per i periodi feriali.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato parzialmente la decisione. Pur confermando l’illegittimità della condotta del datore di lavoro, ha negato sia il risarcimento del danno, sostenendo che non fosse stato specificamente provato dalla lavoratrice, sia il pagamento delle retribuzioni intermedie. La lavoratrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

Il Principio sul Danno Contratti a Termine secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto le ragioni della lavoratrice sul punto del risarcimento, cassando la sentenza d’appello. Il cuore della decisione si basa sull’interpretazione della normativa nazionale alla luce della Direttiva europea 1999/70/CE e dei principi enunciati dalle Sezioni Unite della stessa Corte (sent. n. 5072/2016).

I giudici hanno stabilito che, di fronte all’abuso di contratti a termine nel settore pubblico, l’ordinamento deve prevedere una misura sanzionatoria effettiva, dissuasiva ed adeguata. Poiché la conversione del rapporto è preclusa, tale sanzione si identifica necessariamente in un risarcimento economico.

Le Motivazioni

La sentenza si articola su tre pilastri argomentativi fondamentali.

1. Il Divieto di Conversione nel Pubblico Impiego

La Corte ribadisce che, nel settore pubblico, la violazione delle norme sui contratti a termine non può portare alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Questo principio, sancito dall’art. 97 della Costituzione e dall’art. 36 del D.Lgs. 165/2001, impone l’accesso ai ruoli della Pubblica Amministrazione tramite concorso pubblico. Questa regola differenzia nettamente il regime pubblico da quello privato, dove la conversione è la sanzione principale.

2. La Natura del Risarcimento del Danno

Questo è il punto più innovativo e cruciale. La Cassazione chiarisce che il danno subito dal lavoratore non deve essere provato nel suo specifico ammontare. Si tratta di un “danno comunitario”, la cui esistenza è presunta iuris et de iure dalla semplice illegittima reiterazione dei contratti. Tale danno ha una valenza sanzionatoria per il datore di lavoro e compensatoria per il lavoratore. Il lavoratore non è onerato di dimostrare di aver perso altre occasioni (la cosiddetta perdita di chance), a meno che non voglia richiedere un danno superiore a quello forfettizzato previsto dalla legge. La Corte d’Appello ha quindi errato nel richiedere una prova che la legge, così interpretata, non esige.

3. Il Diniego delle Retribuzioni per i Periodi Intermedi

Su questo punto, la Cassazione dà ragione all’amministrazione. Poiché viene esclusa la conversione e, quindi, la costituzione di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, i singoli contratti a termine rimangono giuridicamente autonomi. Di conseguenza, non esiste un fondamento legale per richiedere la retribuzione per i periodi non lavorati intercorsi tra la scadenza di un contratto e la stipula del successivo.

Le Conclusioni

La sentenza ha un’enorme portata pratica. Un lavoratore pubblico che subisce un abuso nella stipula di contratti a termine non può aspirare al “posto fisso” tramite una sentenza, ma ha un diritto quasi automatico a un risarcimento economico. La Corte di Cassazione, annullando la decisione di secondo grado, ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Torino, che dovrà ora quantificare il danno dovuto alla lavoratrice applicando i corretti principi: il risarcimento è dovuto ed è presunto, senza che la dipendente debba fornire una prova complessa e specifica del pregiudizio subito.

Un dipendente pubblico con contratti a termine illegittimi ha diritto alla conversione in un posto a tempo indeterminato?
No. La legge italiana, in accordo con l’art. 97 della Costituzione, vieta la conversione automatica perché l’accesso ai ruoli della Pubblica Amministrazione deve avvenire, di regola, tramite concorso pubblico.

Se la conversione è negata, il lavoratore ha comunque diritto a un risarcimento per l’abuso dei contratti a termine?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’abuso deve essere sanzionato con una misura effettiva, che si traduce in un risarcimento del danno. Questo risarcimento è la tutela sostitutiva rispetto alla mancata conversione del rapporto di lavoro.

Il lavoratore deve dimostrare di aver perso altre occasioni di lavoro per ottenere il risarcimento?
No, non per ottenere il risarcimento standard. Il danno derivante dall’abuso (definito ‘danno comunitario’) è presunto e non richiede una prova specifica da parte del lavoratore. La prova di un danno ulteriore, come la perdita di un’opportunità concreta (‘perdita di chance’), è necessaria solo se il lavoratore vuole ottenere un importo superiore a quello liquidato in via presuntiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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