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Danno contratti a termine: no prova agevolata

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15814/2024, ha stabilito che non si applica la presunzione agevolata della prova per il danno da contratti a termine illegittimi stipulati prima dell’entrata in vigore della direttiva comunitaria 1999/70/CE. La lavoratrice che chiedeva il risarcimento avrebbe dovuto fornire prova specifica del danno subito, non potendo beneficiare dell’agevolazione probatoria riconosciuta dalla giurisprudenza per i rapporti successivi.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno Contratti a Termine: Niente Prova Agevolata per i Rapporti Ante-Direttiva

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del danno contratti a termine, specificando un importante confine temporale per l’applicazione delle agevolazioni probatorie. La Suprema Corte ha chiarito che la presunzione di danno, introdotta per sanzionare l’abuso di contratti a tempo determinato, non si applica ai rapporti di lavoro sorti e conclusi prima dell’entrata in vigore della direttiva europea 1999/70/CE. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una lavoratrice si era rivolta al tribunale per chiedere la conversione di una serie di contratti a termine stipulati con un ente pubblico a partire dal 1986, oltre al risarcimento del danno per l’illegittima apposizione del termine. La sua domanda era stata respinta sia in primo grado che in appello. In particolare, la Corte d’Appello aveva escluso la possibilità di riconoscere un risarcimento basato sulle presunzioni elaborate dalla giurisprudenza di legittimità (sentenza Sezioni Unite n. 5072/2016), poiché i contratti in questione erano antecedenti all’entrata in vigore della direttiva 1999/70/CE. I giudici di secondo grado avevano inoltre sottolineato che la lavoratrice non aveva fornito alcuna allegazione o prova specifica del danno che asseriva di aver subito.

Contro questa decisione, la lavoratrice ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente interpretato e applicato la disciplina nazionale e comunitaria, negandole il diritto al risarcimento.

L’analisi del danno contratti a termine in Cassazione

La ricorrente ha basato il suo ricorso su tre motivi principali, lamentando la violazione di diverse norme, tra cui l’art. 36 del d.lgs. 165/2001 e i principi derivanti dalla direttiva comunitaria. Il cuore dell’argomentazione era che l’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite sulla prova del danno comunitario dovesse applicarsi a tutti i casi di abusiva reiterazione di contratti a termine, a prescindere dal momento della loro stipulazione. Si sosteneva, inoltre, che il danno fosse da considerarsi in re ipsa (cioè implicito nella violazione stessa) e dovesse essere liquidato in via equitativa dal giudice.

La Corte di Cassazione ha ritenuto tutti i motivi infondati, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo un’importante chiave di lettura sull’ambito di applicazione delle tutele risarcitorie.

Le Motivazioni della Decisione

Il punto centrale della decisione della Suprema Corte risiede nella natura e nella finalità dell'”agevolazione probatoria” introdotta dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 5072/2016. I giudici hanno spiegato che tale meccanismo presuntivo non è un principio generale di interpretazione, ma una misura specifica nata dalla necessità di adeguare l’ordinamento italiano al diritto dell’Unione Europea, in particolare alla clausola 5 dell’accordo quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE.

L’obiettivo di tale clausola è imporre agli Stati membri di prevedere misure efficaci e dissuasive per prevenire e sanzionare l’abuso di contratti a tempo determinato. La presunzione di un danno, quantificato in una misura standard, risponde proprio a questa esigenza di dissuasione. Di conseguenza, secondo la Corte, questa agevolazione probatoria può essere invocata solo per i rapporti di lavoro a termine sorti quando la direttiva era già in vigore e l’ordinamento interno doveva esservi conformato.

Per i contratti antecedenti, come quelli del caso in esame, non si può parlare di un obbligo di adeguamento alla normativa europea. Pertanto, si applicano le regole ordinarie sull’onere della prova: il lavoratore che lamenta un danno deve allegare e dimostrare concretamente in cosa sia consistito tale pregiudizio. La Corte ha ribadito che, in assenza di una prova specifica, il giudice non può procedere a una liquidazione equitativa, poiché questa presuppone che l’esistenza del danno sia stata accertata.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio netto: il danno contratti a termine stipulati prima dell’entrata in vigore della direttiva 1999/70/CE non è presunto. La tutela risarcitoria per il lavoratore non è esclusa, ma è subordinata alla dimostrazione puntuale del pregiudizio subito. Questa ordinanza rafforza la distinzione tra le tutele applicabili ai rapporti di lavoro a seconda del contesto normativo vigente al momento della loro costituzione, sottolineando come le misure sanzionatorie di derivazione europea non possano avere un’applicazione retroattiva.

La presunzione di danno per l’abuso di contratti a termine si applica ai rapporti nati prima della direttiva 1999/70/CE?
No, secondo l’ordinanza, la presunzione di danno (agevolazione probatoria) si applica solo ai rapporti sorti dopo l’entrata in vigore della direttiva 1999/70/CE, poiché è una misura finalizzata a garantire l’effetto dissuasivo richiesto dalla normativa europea.

Cosa deve fare un lavoratore per ottenere il risarcimento per contratti a termine illegittimi stipulati prima della direttiva 1999/70/CE?
Il lavoratore deve seguire le regole ordinarie sull’onere della prova. Deve quindi allegare specificamente e dimostrare con prove concrete di aver subito un danno a causa della reiterazione illegittima dei contratti.

La Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria?
No, la Corte territoriale non ha omesso di pronunciarsi. Ha esaminato la domanda ma l’ha respinta perché ha ritenuto non applicabile l’agevolazione probatoria e ha evidenziato che la lavoratrice non aveva fornito alcuna prova del danno subito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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