Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11072 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11072 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17737/2023 R.G. proposto da :
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, con domiciliazione digitale legale
-ricorrente-
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME (CODICE_FISCALE), con domiciliazione digitale legale
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, con domiciliazione digitale legale
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4574/2023 depositata il 23/6/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9/1/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME:
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME COGNOME conveniva nel 2018 davanti al Tribunale di Roma NOME COGNOME ed NOME COGNOME, il primo quale intervistato e il secondo quale giornalista intervistatore, avevano dato luogo ad un servizio nel programma ‘Nemo’ di Rai 2 diffuso il 25 maggio 2007, nel quale avrebbero diffuse dichiarazioni nei suoi confronti diffamatorie; chiedeva pertanto la loro condanna a risarcirgli i conseguenti danni.
Rimasti entrambi i convenuti contumaci, il Tribunale, con sentenza n. 22432/2019, rigettava, ritenendo che si trattasse di giornalismo di inchiesta, richiedente una meno vigorosa verifica di attendibilità.
Il COGNOME proponeva appello, gli appellati rimanendo contumaci; la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 8574/2023, accoglieva il gravame, condannando gli appellati in solido a risarcire l’appellante del danno non patrimoniale patito, nella misura di euro
20.000 oltre interessi, e a far pubblicare il dispositivo su ‘La Repubblica’.
Ha presentato ricorso lo COGNOME; ha presentato un successivo ricorso il Piano; da tali ricorsi, riuniti in un unico giudizio, il COGNOME si è difeso con rispettivo controricorso. Tutte le parti hanno poi depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso dello Schwazer si articola in tre motivi.
1.1 Il primo motivo, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n. 4 c.p.c., denuncia violazione delle norme relative alla notificazione quanto agli atti citazione di primo grado e in secondo grado nonché degli articoli 24 e 111 Cost.
Afferma il ricorrente che l’avviso di ricevimento dell’atto di citazione di primo grado presenta una firma di ricezione a lui attribuita, ma che egli disconosce e per cui dichiara che ‘provvederà a impugnare la notificazione’ , proponendo querela fi falso in via principale davanti alla competente autorità giudiziaria. Inoltre, vi sarebbe un’errata indicazione del numero civico 3 anziché 3A -del luogo ove notificare, per cui la notifica sarebbe nulla.
1.2 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 21, 111 Cost., 2043 c.c., 115, 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
Si osserva che la sentenza si basa sul provvedimento del Gip del Tribunale di Roma con cui, accogliendo l’opposizione ad archiviazione del Fischetto, era stato ordinato al Pubblico Ministero di formulare l’imputazione. Tuttavia, provvedimenti posteriori avrebbero ‘sovvertito e contraddetto’ tale provvedimento: il Gip del Tribunale di Roma nel 2022 avrebbe dichiarato non doversi procedere perché il fatto non costituisce reato e, inoltre, nelle more, il 18 febbraio 2021 il Gip del Tribunale di Bolzano aveva archiviato il procedimento penale avviato nei confronti dello
COGNOME – in cui diverse erano le persone offese – per non aver commesso il fatto.
Pertanto, il giudizio di fatto compiuto dalla Corte territoriale contrasterebbe col fatto notorio.
1.3 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione delle norme relative alla prova, nonché degli articoli 115, secondo comma, c.p.c., 1126, 2055, 2056, 2059 c.c., 111 Cost., 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
Si censura ‘l’erronea affermazione della sussistenza del danno, nella riconosciuta mancanza della specifica prova del pregiudizio sofferto dall’appellante’, per avere il giudice d’appello liquidato la somma di risarcimento di danno equitativamente quantificata ‘pur essendo stata parte appellante alquanto generica nell’allegazione e prova delle poste di danno’. Si osserva che l’indagine del giudice di merito deve riguardare specificità e rilevanza delle prove, e non può costituire ‘un’inammissibile sanatoria della genericità delle deficienze dell’articolazione probatoria’ (Cass. 14364/2018).
Liquidando poi in via equitativa, il giudice d’appello avrebbe violato l’articolo 1226 c.c., il quale è norma sussidiaria, non sostitutiva (Cass. 26051/2020); tale norma, peraltro, ‘presuppone l’esistenza d’un danno’, che qui invece sarebbe ‘incerta’, per cui non vi sarebbe ‘spazio’ per applicarla.
Il ricorso del Piano è composto da quattro motivi.
2.1 Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 21 Cost., 2043 c.c., 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c.
Si richiama la giurisprudenza relativa al giornalismo di inchiesta per affermare che, in tal caso, ‘il giornalista -intervistatore non risponde del contenuto delle dichiarazioni del intervistato, salvo l’ipotesi di partecipazione attiva o manipolativa dell’intervistatore’ stesso.
2.2 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 111 Cost.,
132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.: si lamenta che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe contraddittoria e incomprensibile.
2.3 Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 21, 111 Cost., 2043 c.c., 115, 116, 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
Si richiamano (dichiarando di allegarle) le pronunce finali dei Gip di Bolzano e di Roma -le stesse richiamate nel ricorso COGNOME -, sostenendo che così ‘l’accertamento giudiziale sulla scorta del quale la Corte di merito è giunta alle conclusioni qui impugnate’ è stato ‘superato’, e anzi ‘capovolto’ a favore dello COGNOME e del Piano e a sfavore del Fischetto. Sarebbe palese, quindi, che il giudice d’appello abbia commesso ‘la violazione delle norme sopra invocate’, perché quanto detto dallo COGNOME ‘era vero o perlomeno altro che infondato’, e il Piano avrebbe raccolto l’intervista ‘nella piena osservanza dei principi etici e deontologici’ propri del giornalista.
Se poi il COGNOME avesse davvero agito osservando l’articolo 116 c.p.c., avrebbe allegato le due decisioni; l’esito delle vicende giudiziarie di cui sopra sarebbe comunque un fatto notorio, ma il giudice d’appello non avrebbe tenuto conto, violando le norme invocate.
2.4 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1226, 2055, 2056, 2059 c.c. 111 Cost., 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
Violando le norme indicate in rubrica, la Corte territoriale avrebbe liquidato un risarcimento al COGNOME non seguendo ‘il principio giuridico … dell’allegazione e della prova del danno conseguenza’, affermando invece che, ‘pur essendo stata parte appellante alquanto generica nell’allegazione e prova delle poste di danno, …è da ritenersi sussistente, secondo l’ id quod plerumque accidit , un
minimo di conseguenze dannose non patrimoniali derivanti dall’accertata lesione della reputazione dell’appellante stesso’.
Il ricorrente osserva che non vi era alcuna prova acquisita sull’esistenza del danno, visti gli esiti dei due procedimenti penali.
3.1 Seguendo la ben nota e costituzionalmente sensibile modalità della ragione più liquida (cfr. tra gli arresti massimati, da ultimo, Cass. ord. 41019/2021, Cass. ord. 32650/2021, Cass. ord. 30745/2019, Cass. ord. 10839/2019 e S.U. ord. 23542/2015), deve accogliersi l’ultimo motivo (terzo per COGNOME e quarto per Piano) di entrambi i ricorsi – che è sostanzialmente uguale in essi -, perché il giudice d’appello, in effetti, riconosce una sorta di danno in re ipsa , così affermando, a pagina 8 della sentenza: ‘ Ed invero, al di là dell’annosa diatriba giuridica della distinzione tra <> e <> e sulla sussistenza o meno <> di un danno derivante dalla lesione della reputazione …, va evidenziato come, in base ad una inferenza … fondata sull'<>, detta lesione determina <> un <> ineludibile di conseguenze dannose ‘; ne deriverebbe che ‘ danni-conseguenza della lesione alla reputazione ‘ possono ritenersi ‘ provati sussistenti … a titolo di presunzioni semplici o fatti notori ‘; e di qui la conclusione che, pur essendo la parte appellante ‘ generica nell’allegazione e prova delle poste di danno, … è da ritenersi sussistente, secondo l’id quod plerumque accidit, un minimo di conseguenze dannose non patrimoniali derivanti dall’accertata lesione della reputazione ‘. Tali minime conseguenze dannose la corte territoriale dichiara poi di liquidarle equitativamente ai sensi degli articoli 1226 e 2056 c.c.
3.2 È dunque evidente che il giudice d’appello si è fatto carico dell’ an , oltre che del quantum , esonerando il preteso danneggiato da allegare e provare entrambi, perché, in sostanza, come ben si legge tra le righe della sua motivazione (in particolare dove proprio
si lamenta di quel che definisce ‘ annosa diatriba giuridica sulla distinzione tra <> e <> e sulla sussistenza o meno <> di un danno derivante dalla lesione della reputazione ‘), ritiene il danno sussistente, e quindi riconoscibile, ‘ in re ipsa ‘, ovvero presente ‘ ipso facto ‘, salvo poi, nella parte finale delle sue argomentazioni in materia, tentando di schermare questa posizione, chiaramente confliggente con la consolidata giurisprudenza di legittimità, con il riferimento a – però per nulla identificate, neppure come dedotte dal Fischetto ‘presunzioni semplici’, che subito dopo traduce in (anche questi generici e pertanto assertivi) ‘fatti notori’, ritornando così, implicitamente ma inequivocamente, al nudo ‘ in re ipsa ‘.
Vanno dunque accolti entrambi i ricorsi per il rispettivo ultimo motivo (terzo per il ricorso COGNOME, quarto per il ricorso Piano), che assorbe ogni altro motivo e conduce con evidenza, oltre che a cassare la sentenza d’appello, ad assumere la decisione nel merito, rigettando, per la carenza di allegazione e di prova che la stessa Corte territoriale in realtà riconosce per quanto si è appena rilevato, la domanda risarcitoria del Fischetto.
Considerata l’alternatività delle posizioni assunte dai giudici di merito, si stima equo compensare le spese per tutti i rapporti processuali.
P.Q.M.
Accoglie l’ultimo motivo di ciascuno dei ricorsi, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del Fischetto nei confronti di entrambe le controparti, compensando tutte le spese di lite.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2024