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Danno comunitario: tutela anche senza contratto scritto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18935/2024, ha stabilito un principio fondamentale a tutela dei lavoratori precari della Pubblica Amministrazione. Anche in assenza di un contratto scritto, e quindi in presenza di un rapporto formalmente nullo, il lavoratore ha diritto al risarcimento del cosiddetto ‘danno comunitario’ se subisce una reiterazione abusiva di contratti a termine. La Corte ha chiarito che la nullità formale, imputabile alla P.A., non può vanificare la tutela sostanziale imposta dal diritto dell’Unione Europea contro l’abuso dei contratti precari.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno comunitario: La Cassazione tutela i precari anche senza contratto scritto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha rafforzato significativamente la protezione dei lavoratori precari nel settore pubblico, affermando che la tutela contro l’abuso dei contratti a termine, incluso il risarcimento del danno comunitario, sussiste anche quando il rapporto di lavoro è formalmente nullo per mancanza di forma scritta. Questa decisione chiarisce che le inadempienze formali della Pubblica Amministrazione non possono tradursi in un pregiudizio per il lavoratore.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un operaio forestale della Regione Sicilia, impiegato per anni attraverso una successione di rapporti di lavoro a tempo determinato. Il lavoratore si è rivolto al tribunale per chiedere la conversione del suo rapporto in uno a tempo indeterminato e il risarcimento del danno per l’abusiva reiterazione dei contratti. La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva respinto le sue richieste. Secondo i giudici di secondo grado, i contratti erano radicalmente nulli per mancanza della forma scritta, un requisito essenziale per i contratti della Pubblica Amministrazione. Tale nullità, a loro avviso, impediva di configurare un’abusiva reiterazione e, di conseguenza, escludeva il diritto al risarcimento forfettario noto come ‘danno comunitario’.

La Decisione della Cassazione sul Danno Comunitario

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la prospettiva della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso del lavoratore. Gli Ermellini hanno sottolineato che la normativa europea (in particolare la Direttiva 1999/70/CE) mira a prevenire l’abuso dei contratti a termine e impone agli Stati membri di prevedere sanzioni efficaci e dissuasive. Questa tutela ha una portata ampia e si applica a tutti i ‘rapporti di lavoro a tempo determinato’, indipendentemente dalla loro qualificazione nel diritto interno e anche se il contratto formale è nullo.

Il punto centrale della decisione è che la mancanza della forma scritta, un’irregolarità imputabile principalmente al datore di lavoro pubblico, non può essere usata come scudo per eludere le responsabilità derivanti dall’abuso. Anzi, la mancata stipulazione per iscritto è essa stessa una violazione delle norme poste a garanzia del lavoratore e a presidio della trasparenza. Sarebbe contrario a ogni logica e al principio di effettività della tutela consentire che un’illegittimità (la mancanza di forma) ne ‘assorba’ e annulli un’altra (l’abuso nella reiterazione), lasciando il lavoratore privo di protezione.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato il suo ragionamento su diversi pilastri giuridici. In primo luogo, ha ribadito che la tutela contro l’abuso dei contratti a termine è un principio cardine del diritto sociale europeo, che deve trovare applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale, comprese le pubbliche amministrazioni. La nozione di ‘lavoratore a tempo determinato’ ai sensi della direttiva è ampia e funzionale, mirando a coprire la sostanza del rapporto piuttosto che la sua forma.

In secondo luogo, la Cassazione ha chiarito che il delicato equilibrio tra il diritto europeo (che impone una sanzione effettiva) e il diritto costituzionale interno (che riserva l’accesso al pubblico impiego tramite concorso, impedendo la conversione automatica del contratto) è stato raggiunto proprio attraverso l’introduzione della tutela risarcitoria del danno comunitario. Questa tutela, quantificata in un’indennità forfettaria tra 2,5 e 12 mensilità, non può essere condizionata al presupposto meramente formale di un contratto validamente stipulato per iscritto. Farlo significherebbe indebolire la tutela proprio quando la condotta del datore di lavoro è doppiamente illegittima.

La Corte ha inoltre richiamato precedenti in cui era stata riconosciuta una tutela analoga in casi di contratti di collaborazione privi di progetto o contratti a termine privi di causale, dove vizi di forma o di sostanza non avevano impedito il riconoscimento della tutela risarcitoria agevolata.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza stabilisce un principio di diritto di grande importanza: la tutela risarcitoria del lavoratore precario del settore pubblico, prevista in caso di abusiva reiterazione di contratti a termine (il cosiddetto danno comunitario), non viene meno se i contratti sono nulli per mancanza di forma scritta. Questa nullità, infatti, costituisce un’ulteriore violazione delle norme a protezione del lavoratore e non può vanificare la sanzione prevista per l’abuso sostanziale. La sentenza impugnata è stata quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà decidere nuovamente la controversia attenendosi a questo fondamentale principio, garantendo così una protezione effettiva e non meramente illusoria al lavoratore.

Un contratto di lavoro a termine con la Pubblica Amministrazione, nullo per mancanza di forma scritta, dà comunque diritto al risarcimento per reiterazione abusiva?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la nullità del contratto per mancanza di forma scritta non esclude il diritto del lavoratore alla tutela risarcitoria agevolata (c.d. danno comunitario) in caso di abusiva reiterazione di rapporti a termine da parte della pubblica amministrazione.

Perché la Corte di Cassazione ritiene che la nullità del contratto non escluda la tutela del lavoratore?
Perché la tutela contro l’abuso dei contratti a termine, imposta dal diritto dell’Unione Europea, ha una portata ampia e mira a proteggere il rapporto di lavoro nella sua sostanza. Permettere alla P.A. di evitare il risarcimento a causa di una sua stessa inadempienza formale (la mancata redazione del contratto scritto) sarebbe contrario al principio di effettività della tutela e premierebbe un comportamento doppiamente illegittimo.

Qual è la misura di risarcimento prevista in questi casi, definita ‘danno comunitario’?
La misura risarcitoria consiste nel diritto del lavoratore al pagamento di un’indennità onnicomprensiva in misura variabile tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Questo risarcimento prescinde dalla prova di un danno specifico, ferma restando la possibilità per il lavoratore di provare un danno maggiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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