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Danno amministratore: nuovo art. 2486 c.c. si applica?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5252/2024, ha stabilito che la nuova formulazione dell’art. 2486 c.c., che introduce un criterio presuntivo per la quantificazione del danno amministratore (il ‘differenziale dei patrimoni netti’), si applica anche ai giudizi pendenti al momento della sua entrata in vigore. La Corte ha chiarito che tale norma non modifica la fattispecie di responsabilità, ma fornisce al giudice un criterio di valutazione del danno, avendo quindi una natura latamente processuale e applicandosi secondo il principio ‘tempus regit actum’. Di conseguenza, è stato rigettato il ricorso di un’amministratrice che contestava l’applicazione di tale criterio a fatti anteriori alla riforma.

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Danno Amministratore: il Nuovo Art. 2486 c.c. si Applica ai Giudizi Pendenti?

La responsabilità degli amministratori di società è un tema cruciale nel diritto societario, specialmente quando un’impresa entra in crisi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 5252/2024) ha affrontato una questione fondamentale: come si calcola il danno amministratore e, soprattutto, le nuove regole si applicano a fatti avvenuti prima della loro introduzione? La risposta della Corte fornisce un’importante chiave di lettura sulla natura delle norme che regolano la quantificazione del danno.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dall’azione di responsabilità promossa dalla curatela fallimentare di una S.r.l. contro la sua ex amministratrice. L’accusa era quella di aver proseguito l’attività d’impresa nonostante la perdita del capitale sociale, aggravando così il dissesto e causando un notevole danno patrimoniale. Il Tribunale, in primo grado, aveva condannato l’amministratrice a risarcire i danni, quantificandoli sulla base della perdita netta registrata in un esercizio specifico, maggiorata da altre voci.

La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la decisione, escludendo dal calcolo una parte del danno relativa a fatture non contabilizzate, ma confermando l’impianto principale della condanna e il criterio di calcolo utilizzato, basato sul ‘differenziale dei patrimoni netti’. L’amministratrice ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo l’inapplicabilità alla sua vicenda della nuova formulazione dell’art. 2486 del codice civile, introdotta dal Codice della Crisi d’Impresa, in quanto i fatti contestati erano anteriori alla riforma.

La Questione del Danno Amministratore e la Norma Applicabile

Il cuore del ricorso verteva sull’articolo 2486, terzo comma, del codice civile. Questa norma, nella sua versione aggiornata, stabilisce che il danno amministratore, derivante dalla gestione non conservativa dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla cessazione della carica e il patrimonio netto al momento in cui si è verificata la causa di scioglimento.

L’ex amministratrice sosteneva che questa norma, introducendo un criterio presuntivo e di fatto un’inversione dell’onere della prova, avesse natura sostanziale e non potesse quindi applicarsi retroattivamente a un giudizio pendente per fatti passati. La Corte d’Appello, invece, l’aveva ritenuta una norma di carattere processuale, soggetta al principio tempus regit actum (il tempo regola l’atto), e quindi immediatamente applicabile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, offrendo una motivazione chiara e approfondita. I giudici hanno chiarito che la novella legislativa non ha modificato la fattispecie della responsabilità civile, né il diritto al risarcimento. Piuttosto, ha codificato un meccanismo di liquidazione del danno che la giurisprudenza aveva già in precedenza ritenuto legittimo e applicabile in via equitativa.

Il punto cruciale della decisione è la qualificazione della natura della norma. La Cassazione ha specificato che non si tratta di una presunzione in senso tecnico che sposta l’onere della prova (come disciplinato dall’art. 2697 c.c.). Si tratta, invece, di una direttiva metodologica rivolta al giudice per la valutazione e l’apprezzamento delle conseguenze dannose della condotta illecita. In altre parole, la norma indica al giudice quale criterio utilizzare per liquidare il danno, a meno che le parti non forniscano elementi concreti per l’applicazione di un criterio diverso e più aderente alla realtà del caso.

Definendola come una norma ‘latamente processuale’, la Corte ha concluso che essa è destinata a disciplinare gli effetti non ancora esauriti del fatto dannoso, come la sua liquidazione in un giudizio in corso. Pertanto, si applica anche ai processi pendenti al momento della sua entrata in vigore, perché il suo scopo è stabilire un criterio valutativo del danno, non un nuovo onere probatorio a carico delle parti.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 5252/2024 consolida un importante principio in materia di danno amministratore. La norma sulla quantificazione presuntiva del danno basata sul differenziale dei patrimoni netti ha piena applicazione anche nei giudizi iniziati prima della sua introduzione. Questa interpretazione offre certezza giuridica e uniformità di trattamento, confermando che il legislatore ha inteso fornire ai tribunali uno strumento standardizzato ed efficace per liquidare un danno la cui ricostruzione analitica è spesso complessa. Per gli amministratori, ciò rafforza l’importanza di agire con la massima prudenza e di adottare immediatamente le misure conservative richieste dalla legge non appena si verifichi una causa di scioglimento della società.

Come si calcola il danno causato da un amministratore che prosegue l’attività sociale dopo la perdita del capitale?
Secondo l’art. 2486 c.c. e l’interpretazione della Cassazione, il danno si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto della società al momento in cui l’amministratore cessa la carica (o in un momento successivo come il fallimento) e il patrimonio netto al momento in cui si è verificata la causa di scioglimento, salvo che venga fornita la prova di un diverso ammontare.

La nuova regola di calcolo del danno amministratore (art. 2486 c.c.) si applica ai fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la norma ha natura ‘latamente processuale’, in quanto fornisce al giudice un criterio per la valutazione del danno. Pertanto, si applica anche ai giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore, secondo il principio ‘tempus regit actum’.

La presunzione del ‘differenziale dei patrimoni netti’ inverte l’onere della prova a carico dell’amministratore?
No. La Corte ha chiarito che non si tratta di una presunzione in senso proprio che inverte l’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 c.c. È piuttosto una regola di giudizio per il giudice, un criterio di quantificazione del danno che può essere superato se in causa emergono elementi che giustificano l’uso di un metodo di calcolo diverso e più aderente alla realtà concreta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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