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Danno ambientale: quale legge si applica? La Cassazione

Una società energetica è stata ritenuta responsabile per danno ambientale. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la legge applicabile è quella in vigore al momento del fatto inquinante e non la normativa successiva. La sentenza chiarisce l’applicazione del principio ratione temporis in materia di danno ambientale.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno ambientale: la legge applicabile è quella in vigore al momento del fatto

Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione affronta un’importante questione in materia di danno ambientale, stabilendo un principio cardine sull’individuazione della normativa applicabile. La vicenda riguarda la responsabilità di una società energetica per l’inquinamento di alcuni terreni, e la decisione chiarisce che per determinare la responsabilità dell’agente si deve fare riferimento alla legge in vigore al momento in cui si sono verificati i fatti, secondo il principio del ratione temporis.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore energetico veniva citata in giudizio dal Ministero competente per aver causato un danno ambientale. Nello specifico, l’accusa era di aver inquinato terreni di proprietà ministeriale, situati in prossimità di un sito di interesse nazionale, a causa di un insufficiente sistema di contenimento degli inquinanti. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello confermavano la responsabilità della società.
La società decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sollevando otto motivi di impugnazione. Tra le principali difese, la società sosteneva:
– L’erronea applicazione della normativa, ritenendo che dovesse applicarsi il più recente Codice dell’Ambiente (D.Lgs. 152/2006) e non la precedente legge 349/1986.
– Di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno e che il Ministero avesse ritardato le procedure di bonifica.
– L’esistenza di un inquinamento diffuso nell’intera area, che rendeva impossibile attribuire la responsabilità esclusiva alla sua condotta.

Danno Ambientale e Principio Ratione Temporis

Il cuore della controversia giuridica risiede nell’individuazione della legge applicabile. Gli eventi inquinanti contestati si erano verificati in un arco temporale compreso tra il 2003 e il febbraio 2006. Il Codice dell’Ambiente, invocato dalla società ricorrente, è entrato in vigore solo il 29 aprile 2006.
La Corte di Cassazione, rigettando il motivo di ricorso, ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: per la definizione del danno ambientale e l’identificazione dell’attività che determina la responsabilità, si deve fare riferimento alla normativa vigente al momento della commissione dei fatti. Pertanto, nel caso di specie, la norma corretta da applicare era l’art. 18 della legge 349/1986.

La questione del concorso di colpa del Ministero

Un altro punto sollevato dalla ricorrente riguardava il presunto concorso di colpa del Ministero. La società lamentava che l’amministrazione, avendo assunto nel 2003 la gestione degli interventi di bonifica del sito, avesse ritardato l’approvazione dei progetti, aggravando la situazione.
Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto alla società. I giudici hanno osservato che l’impegno concreto del Ministero nella bonifica, tramite la sottoscrizione di un Accordo di Programma, era successivo ai fatti di causa, risalendo al 2007. Di conseguenza, non era possibile configurare un concorso di colpa per eventi dannosi già verificatisi.

Le Motivazioni della Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato infondati o inammissibili tutti i motivi di ricorso. In primo luogo, ha sottolineato che il riesame dei fatti e la valutazione delle prove (come i risultati delle campagne di monitoraggio che avevano accertato la responsabilità della società) sono compiti esclusivi dei giudici di merito e non possono essere oggetto del giudizio di legittimità.
Per quanto riguarda la normativa applicabile, la Corte ha chiarito che il principio ratione temporis è fondamentale. La responsabilità per danno ambientale deve essere accertata sulla base delle leggi in vigore quando l’illecito è stato commesso. Le normative successive, come il Codice dell’Ambiente, non possono avere efficacia retroattiva per definire una responsabilità sorta in precedenza.
Infine, la Corte ha respinto le censure di natura procedurale, come l’extrapetizione, affermando che la Corte d’Appello si era pronunciata conformemente alla domanda del Ministero, che richiedeva l’accertamento della diffusione dell’inquinamento a partire dai terreni della società verso l’ambiente circostante. Ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi basati su un presunto omesso esame dei fatti, in virtù del principio della “doppia conforme”, non avendo la ricorrente dimostrato una diversità nelle ragioni di fatto tra la sentenza di primo grado e quella d’appello.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione consolida un importante principio giuridico in tema di illecito ambientale. La decisione riafferma che la successione di leggi nel tempo non sposta i termini della responsabilità: chi ha inquinato risponde secondo le norme vigenti al momento della sua condotta. Questo garantisce certezza del diritto e rafforza il principio “chi inquina paga”, impedendo che modifiche legislative successive possano essere utilizzate per eludere responsabilità pregresse. La sentenza, inoltre, chiarisce i limiti del sindacato di legittimità, ribadendo che la valutazione delle prove e dei fatti è di competenza esclusiva dei giudici di merito.

In caso di danno ambientale, quale legge si applica se la normativa è cambiata nel tempo?
La sentenza stabilisce che si applica la legge in vigore al momento in cui si sono verificati i fatti inquinanti, in base al principio ‘ratione temporis’. Non si può applicare retroattivamente una normativa più recente, come il Codice dell’Ambiente, a fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore.

È possibile per un’azienda essere esonerata dalla responsabilità per danno ambientale se l’inquinamento è diffuso in un’area vasta?
No. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto la società responsabile perché le prove (come le campagne di monitoraggio) hanno dimostrato che la sua specifica attività omissiva è stata la causa della diffusione dell’inquinamento, indipendentemente dal contesto di un sito già compromesso.

Il ritardo della Pubblica Amministrazione nell’approvare i progetti di bonifica può essere considerato un concorso di colpa nel danno ambientale?
No, la Corte ha escluso il concorso di colpa del Ministero. La motivazione è che l’impegno dell’amministrazione negli interventi di bonifica è iniziato in un momento successivo a quello in cui si erano già verificati i fatti che hanno causato il danno ambientale contestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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